Two Days After

Ho ricevuto questo commento al post precedente dal mio amico Pino Gangemi, che ringrazio. Siccome è un commento piuttosto articolato, e credo meriti di essere letto, ne ho fatto un post.


Dissento e proverò a motivarne le ragioni con pacatezza, sulla falsariga di quanto hai scritto tu.

Il grande saggio

Mi sento anch’io in lutto, nel dopo voto, perché non mi piace affatto questa Italia che vota Lega perfino a Lampedusa e Riace o, più in generale, in tutto il Sud. Fino a qualche anno addietro, il “capitano” cantava canzoncine sui napoletani che “puzzano come cani” e invocava un intervento risolutivo del Vesuvio. Se è lecito cambiare idea, a me risulta insopportabile la troppo corta memoria dei miei conterranei che farebbero bene a rileggere lo statuto del partito ex padano che, però, non ha affatto ripudiato la secessione. Chi pagherà un prezzo molto alto se saranno approvate le nuove regole per l’autonomia regionale saranno proprio i meridionali, masochisti per scelta o per ignoranza.

Perché intristirsi delle reazioni di molti a causa del risultato delle elezioni, sia pure ampiamente prevedibile? Limitarsi alla sola curiosità e non evidenziare il proprio disagio mi sembrerebbe davvero bizzarro, come se potessimo asetticamente partecipare al contributo di nuova conoscenza che ne deriva, mettendo da parte ogni altro sentimento: un cicinin disumano, a mio parere. Il voto, semplificando, è davvero una gara, nel senso che determina vincitori e sconfitti nonostante i voli pindarici di molti politicanti che trionfano persino quando perdono. Esattamente come prevede la democrazia che assegna l’esercizio del potere ai primi e la facoltà di controllo ai secondi. Come non preoccuparsi ancor di più se il partito vittorioso persegue obiettivi e traduce in leggi dello Stato argomenti quali la “legittima difesa preventiva”, la “flat tax” che, se fosse davvero piatta, risulterebbe anticostituzionale, l’utilizzo della ruspa per eliminare i campi rom senza minimamente preoccuparsi di una qualche soluzione alternativa, l’interdizione a priori dei porti a qualunque nave che salva esseri umani? La netta vittoria di un partito il cui leader, capo del governo “de facto”, mira all’ulteriore aumento del nostro colossale debito pubblico e risponde “Chi se ne frega?” quando qualcuno gli fa notare il conseguente incremento dello spread dei nostri titoli di Stato?

Mi domando: chi stabilisce, a partire da una presunta saggezza collettiva, quali siano le idee migliori o le soluzioni più adatte? Un algoritmo che non è asettico poiché qualcuno l’ha implementato o lo implementerà seguendo criteri difficilmente verificabili e condivisibili?

L’ondata nera e la sicurezza

La paura di un ritorno del fascismo, in una forma storicamente diversa, non è solo legittima ma, addirittura, doverosa. Lo dobbiamo a quelli che il fascismo, o qualunque altro tipo di dittatura, ha ucciso, incarcerato, torturato, esiliato. La paura, se motivata e non indotta o fomentata da un ministro degli interni, è lo strumento indispensabile per intravedere un pericolo e, possibilmente, prevenirlo. Purché non degeneri in immotivata ossessione, naturalmente.

Restando nell’ambito della semplificazione economica “destra-sinistra”, non è affatto vero, purtroppo, che la ridistribuzione della ricchezza avvenga in modo automatico, anzi: la forbice della disuguaglianza si allarga sempre di più. Basta leggere il “Rapporto Oxfam” discusso a gennaio di quest’anno durante l’Economic Forum di Davos. Nel 2018, la ricchezza dei 3,8 miliardi di persone più povere della terra è diminuita dell’11% contro un incremento del 12% dei più ricchi. Una situazione analoga si registra in Italia, particolare trascurato anche dalla sinistra – o meglio, dal centro-sinistra – al governo nel nostro Paese negli ultimi anni. Ma quest’argomento, certo, riguarda più il capitalismo che il fascismo.

Ridurre a folklore le manifestazioni degli attuali gruppi neofascisti e, di contro, le “reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra” significa dimenticare cosa è accaduto in Italia non solo durante il ventennio ma anche a partire dalla strage di Piazza Fontana in poi, gli anni del terrorismo nero che è stato una concausa della nascita del terrorismo rosso. Personalmente non ritengo efficace partecipare alle proteste contro Casa Pound o Forza Nuova ma non mi sento affatto di giudicare coloro che lo fanno come persone animate da preconcetti e prive di un reale oggetto del contendere.

I migranti

Xenofobia, egoismo e paura immotivata non sono sufficienti per etichettare come fascista chi li prova ma costituiscono una buona base per avviarsi su quella strada. Il fenomeno della migrazione rappresenta un problema davvero enorme che l’Europa dovrà affrontare più seriamente di quanto non abbia fatto e non faccia. Davvero la soluzione è quella di Salvini e dei suoi amici di Visegrad che vogliono, semplicemente, impedire gli arrivi a tutti i costi? Le azioni messe in pratica dal ministro della paura, colpevolmente supportato dai 5S, non si sono limitate alla fantomatica chiusura dei porti ma hanno sistematicamente smantellato ogni simulacro di accoglienza. Negli ultimi anni in Germania sono arrivate milioni di persone mentre l’Italia non ha neppure firmato il “Global Migration Compact” dell’Onu, una semplice dichiarazione dei principi che dovrebbero regolare il flusso mondiale dei migranti. E, ancora: immaginiamo, per un momento, che nel nostro Paese scompaiano tutti gli extra comunitari irregolari ad oggi presenti e non ne arrivi più nemmeno uno. Si risolverebbero, per incanto, tutti i veri problemi degli italiani quali la disoccupazione, la criminalità organizzata, la corruzione, la decrescita economica, il debito pubblico, la burocrazia, le lungaggini della giustizia e … chi più ne ha più ne metta?

La difesa delle forze di polizia, sempre e comunque, come lavoratori che fanno il loro mestiere è molto “pasoliniana” e sarebbe anche del tutto legittima se non fossero mai accaduti, ad esempio, i fatti di Genova, della scuola Diaz e di Bolzaneto. In quei luoghi la violenza è venuta da una parte sola, pianificata e costruita ad arte come costruite ad arte e del tutto false erano le prove per giustificarla. Ammiro i non violenti ma non sono, e non aspiro ad essere, il Mahatma Gandhi.

Antifascisti

Il prefisso “anti”, nelle sue diverse accezioni, significa “contro”. Rispetto al fascismo, che sia solo propaganda ideologica o regime totalitario, non si può essere “non” ma decisamente “anti”. Sarebbe bastato un cicinin di “anti”, a partire dal primo dopoguerra fino alla marcia su Roma, per evitarci vent’anni di dittatura ed una seconda guerra mondiale. L’illuminata classe dirigente liberale dell’epoca ha considerato il fascismo, nonostante tutte le sue innumerevoli manifestazioni violente, poco più che un fenomeno temporaneo e, soprattutto, controllabile. Conosciamo bene le conseguenze e, se la Storia davvero insegna qualcosa, dovremmo aver imparato l’importanza, in certe occasioni, di essere “anti”. Questo non significa impedire ad una casa editrice di partecipare al Salone del Libro ma, se fossi stato costretto a scegliere – come è accaduto – tra Casa Pound e la partecipazione di Halina Birenbaum, una delle ultime sopravvissute alla Shoah, non avrei avuto dubbi. Non cerco affatto nemici “a priori” ma questo non significa che i “nemici” da cui stare in guardia non ci siano e che, nel caso, vadano combattuti.

Le alternative

La sinistra paga, ancora oggi, un suo difetto atavico e devastante: come in una religione, ogni partito, gruppo, persona che ne fa parte ritiene di possedere la sua propria verità. Quando, ovviamente, tali verità tutt’altro che oggettive, contrastano fra di loro, ci si massacra allegramente all’interno della sinistra stessa, dimenticando del tutto quali siano i veri avversari. Al momento lo stanno facendo i simpatizzanti del PD e quelli che, all’interno del M5S, si ritengono di sinistra. Trovare una sintesi è difficile, così come difficile è proporre soluzioni di problemi complessi che siano semplici e immediatamente comprensibili.

La riduzione dell’utilizzo del contante, ad esempio, è stata proposta in più occasioni, a partire da Bersani, e, pur essendo semplice e comprensibile, è stata accolta con scarso riscontro e scarsissimo entusiasmo. Considererei un passo avanti significativo se la sinistra riuscisse, finalmente, a formulare e mettere in pratica qualche concreta proposta per migliorare, almeno un poco, la vita dei meno abbienti. Istruzione e asili nido davvero gratuiti per tutti, ad esempio.

Insomma

All’interno del Movimento 5 stelle, per quanto mi sforzi, non riesco a vedere neppure un indizio di dialogo interno: al primo accenno di dissenso le espulsioni sono immediate come dimostrano i casi, ad esempio, di Pizzarotti e di De Falco. Mi è insopportabile che l’ultima parola sia stata sempre e comunque riservata a quel sovrano senza trono che è Beppe Grillo, il garante unico, indiscusso e indiscutibile. Possiamo considerare davvero come terreno di confronto l’incontrollabile piattaforma Rousseau sulla quale perfino la formulazione del quesito riguardo a Salvini e la nave Diciotti risultava quanto meno equivoca? È sintomo di reale dibattito interno affidare agli iscritti, con un voto on line, la conferma o meno di Di Maio come capo politico o, invece, è solo un rifuggire la propria responsabilità individuale di fronte ad una catastrofe elettorale? Il PD ha molti difetti ma ritengo le primarie e lo svolgimento di un regolare congresso un “minimo sindacale” che va comunque difeso e preservato.

Ad una seria riflessione autocritica dovrà seguire la ricostruzione di un’alternativa credibile. Un’impresa non da poco e che, nei fatti, non potrà che passare da nuove elezioni e da un periodo in cui le carte le avrà probabilmente in mano il centro-destra o, addirittura, la destra-destra. Sempre che non ci si scatafasci prima, a causa della situazione economica e dell’aria che tira. Speruma bin …

Day After

Qualche considerazione sui risultati delle europee.

Il grande saggio

La maggior parte delle persone che conosco è in lutto, scrive disperata sui social che vuole emigrare, che la gente è scema o ignorante, qualcuno sparge colpe verso questo o quell’altro che doveva fare o non fare qualcosa che lui aveva detto da sempre. Qualcuno, della lega, gongola.

A me intristisce più questo tipo di reazione che il risultato in sé (peraltro ampiamente prevedibile). Finché non riusciremo ad aspettare il risultato elettorale con curiosità piuttosto che trepidazione, finché non riusciremo a guardare l’esito del voto come indicazione delle aree da migliorare, come giudizio di un saggio sulle nostre idee, piuttosto che come benedizione o maledizione, non saremo pronti per la democrazia.

Perché di un saggio, un grande saggio, si tratta. Il voto non è una gara. È un affidare ad un’intelligenza superiore una scelta che nessuno di noi ha gli strumenti per compiere con cognizione di causa. La visibilità sugli eventi, la conoscenza dei dettagli, la capacità di elaborazione di ognuno di noi è estremamente limitata. La saggezza collettiva, il merge dei mille punti di vista, non è solo un modo per mettersi d’accordo, è uno strumento potente per fare emergere le idee migliori, le soluzioni più adatte. Lo sperimentiamo ormai tutti i giorni: le pagine che le ricerche su internet portano alla nostra attenzione sono frutto di miliardi di micro votazioni. Quello che chiamiamo intelligenza artificiale non è altro che la cristallizzazione di miliardi di decisioni prese da esseri umani su vari problemi.

Funziona !

Sarà da migliorare, certo. Tutto è migliorabile, ma fidiamoci dello strumento che abbiamo ora: è il migliore possibile.

L’ondata nera

Nelle reazioni noto in particolare la paura di un ritorno al fascismo. Non la condivido. Anzitutto distinguerei bene gli spostamenti a destra dal fascismo. I primi sono assolutamente leciti e, in alcuni casi, auspicabili. Sono convinto che l’alternanza destra/sinistra sia semplicemente un motore con cui riusciamo a procedere. Nei periodi di stagnazione economica c’è bisogno di destra, di dare corda a chi ha l’entusiasmo di fare (certo, per guadagno personale, ma è la spinta a fare più potente che conosciamo), la destra accumula risorse, in mano a pochi, ma le accumula. Raggiunto un certo livello di ricchezza di pochi e di accresciuta tensione sociale, c’è bisogno di sinistra, c’è bisogno di ridistribuzione, ci si può permettere una maggiore attenzione ai più deboli.

Il fascismo mi sembra un’altra cosa. Non conosco l’ideologia che sta dietro ai gruppi neofascisti, se c’è. Mi son fatto l’idea che sia grosso modo folklore. Di cattivo gusto, certo, ma, visti anche i numeri, non mi sembrano fenomeni preoccupanti. Mi sembra, anzi, che si nutrano dello scandalo che danno, delle reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra. Molte di queste, a loro volta (non me ne vogliano), mi sembrano esibire semplicemente un folklore di natura opposta. Sono abbastanza convinto che entrambi i gruppi, spogliati dei preconcetti e degli opposti simboli, faticherebbero a trovare il reale oggetto del contendere.

I migranti

No, non penso che ci sia voglia di fascismo in chi ha votato lega. Certo c’è xenofobia, egoismo, paura. Certo abilmente amplificati e pilotati. Ma anche sottovalutati e, passatemelo, disprezzati dalla sinistra. Disprezzare il sentimento di paura verso l’immigrato è un modo sicuro per buttare chi questo sentimento ce l’ha nelle braccia di chi invece lo coccola. Credo sia stato un grosso sbaglio della sinistra, e dovrebbe essere ora un grosso tema di riflessione. Prendersela con Minniti che provava a risolvere un problema comunque reale (anche se abilmente amplificato) ha dato più forza agli untori.

La sicurezza

Continuo a pensare al video di quella signora che inveiva, in una manifestazione contro Casa Pound, verso i poliziotti urlando “Voi da che parte state?”. La faccia del poliziotto in prima fila lo diceva molto chiaramente da che parte stava: dalla parte di quello che ha bisogno di portare a casa uno stipendio a fine mese, e in quel momento si chiede perché non ha fatto il bidello.

“Sì, ma quelli inneggiavano alla violenza, stavano facendo apologia di reato e la polizia non faceva niente”, direte voi. Ma l’unico modo sensato di reagire alle idee violente è con idee non violente, e queste ultime non le puoi imporre con la violenza. L’unico modo sensato di reagire è manifestare pacificamente, dialogare con gli indifferenti, questo sposta i voti nella direzione giusta.

Quel video, diffuso e ridiffuso da militanti si sinistra per dimostrare la cattiveria della polizia, ha di fatto spostato molti voti verso chi invece la polizia la difendeva dicendo che i delinquenti erano gli antifascisti.

Antifascisti

Perché anti ? Perché non si dice non fascisti ? Anche accettando che il fascismo non sia un periodo storico finito quasi ottant’anni fa, ma un veleno ancora circolante e pronto a contaminarci, ha davvero un opposto ? Un solo opposto ? Non so cosa viene in mente a voi, ma se esiste un distillato di fascismo che, al di là del richiamo folkloristico o della nostalgia/rievocazione storica, può ancora albergare nel cuore delle persone, e contro cui ha assolutamente senso lottare, è semplicemente questo: Fascismo è imporre le proprie idee con la violenza e non col dialogo. Ma non è esattamente quello che fanno gli antifascisti ? Cosa voleva fare quella signora in quella manifestazione se non imporre la sua idea con la forza? Si illudeva di convincere qualcuno che già non la pensava come lei? Cos’è stato impedire ad una casa editrice di esporre al salone del libro ? (una casa editrice, non un’armeria !). Perchè anti ? Non è che è già segno di fascismo questa ansia di trovare nemici ?

Le alternative

E che alternative c’erano ? Una sinistra che non riesce ad aggregarsi su niente ? Preda di personalismi e lotte interne ? Che non ha democrazia interna ? Immagino che molti non siano d’accordo su questo, mi piacerebbe parlarne, ma mi sembra che quel poco di dialogo interno limitato e zoppicante che sono riusciti a mettere su i cinque stelle sia più di quello che offre il PD ai propri iscritti (non ditemi che la democrazia interna sono le primarie, please).

Le proposte economiche della sinistra, quando ci sono, sono blande e poco attraenti. Non credo ci vorrebbe molto. Ad esempio non abbiamo un partito che propone l’eliminazione del denaro contante per eliminare evasione, corruzione e malaffare, sarebbe una proposta assolutamente di sinistra e spopolerebbe: perché diavolo non la fanno ?

Insomma

Questa per la sinistra deve essere una sfida, non una maledizione. Una splendida occasione per una riflessione autocritica.

E per i leghisti c’è poco da gongolare: l’Europa non è come la sognavano loro e per l’Italia isolarsi rischia di essere un boomerang. Si stanno mettendo al timone di una barchetta nella tempesta, spero ne siano consapevoli.

blogalacazz numero tre

il due l’ho scritto ma era triste e lo tengo lì forse tutti sono tristi i blogalacazz non so ma quello di più e poi se sono a la cazz mica devono essere in ordine questo è un blogalacazz silenziosoelettorale ieri ho visto salvini da mentana e mi è sembrato molto plasticoso probabilmente ha gente molto brava che lo aiuta a confezionare il prodotto e lui è decisamente bravo nella parte quando gli ha chiesto del giornalista di repubblica picchiato dalla polizia ha iniziato a biascicare di codici identificativi per i poliziotti e ha subito abilmente deviato sul fatto che la polizia stava contrastando gente con casco bastoni e pietre e dagli torto è buffo ma sembra che quelli che partecipano a questo tipo di manifestazioni portino acqua al mulino di salvini e la polizia quando cede a comportamenti selvaggi giochi contro di lui strano poi vederlo baciare rosari a me il rosario piace è un’altra delle manifestazioni tradizionali della religione che ho rivalutato mi ricorda i mantra questo ripetere ossessivamente le stesse frasi ha qualcosa di magico il suono ti ipnotizza ti trasforma non credo sia questo il motivo per cui salvini bacia le corone comunque forse fa semplicemente parte del plasticoso o c’entra la supersizione se è così non lo biasimo abbiamo bisogno anche di superstizione se invece è un accattivarsi i credenti mi chiedo perchè ne senta il bisogno qualcuno dice che è una crociata contro il cattolicesimo progressista di francesco mi sembra un pensiero troppo sottile per salvini se mai sente il bisogno di discolparsi agli occhi dei credenti per certi aspetti del suo agire politico a volte mi sembra che non stiamo tutti ben dividendo il ruolo del buon samaritano da quello del politico credo servano entrambi ma traguardano il bene in momenti diversi il buon samaritano ti cura le ferite subito il politico è il chirurgo che magari le ferite te le fa nell’immediato per farti star meglio dopo in quest’ottica ci sta che salvini o renzi o la meloni o la merkel si preoccupino di bloccare l’immigrazione di regolarla di pagare qualcuno perchè blocchi le persone lontano dall’europa forse si può anche capire che si provi a fermarle in mare che si lotti contro le organizzazioni che hanno navi e vanno a cercare di salvare naufraghi perchè in qualche modo invogliano disperati a provarci quello che non capisco se sei un politico serio è perchè non ti dai da fare per creare percorsi legali per entrare in italia perchè non abolisci la bossi fini che ha creato questa massa di persone che stanno illegalmente in italia e non possono essere reimpatriate non capisco perchè fermi gli sprar che erano i luoghi in cui il buon samaritano poteva svolgere il suo lavoro bene e con buoni risultati aiutando esseri umani a integrarsi non capisco perchè a livello internazionale ti associ con chi non vuole farsi carico di un’europa unita che affronta insieme questi problemi hai voglia a baciare rosari se è questo che vuoi farti perdonare

Democrazia Assistita

Photo by Bonnie Kittle on Unsplash

Un mio amico che in gioventù frequentava ambasciatori e nobiltà varie, mi raccontava di non so quale contessa che sosteneva che le tre cose di cui non bisogna mai parlare in società sono: sesso, religione e politica. Delle prime due un po’ ho già accennato. Per allontanare definitivamente questo blog dai conviti sociali mi mancava la terza, e l’occasione possono essere le imminenti elezioni europee.

Software che ti consiglia il partito

L’idea per questa chiacchierata arriva dal fatto di aver trovato, via FaceBook, un link ad un sito (euandi2019) che ti suggerisce quale partito votare in base alle risposte che dai ad una serie di domande proposte. Un software divinatorio simile è presente sul sito de LaStampa, ne ha uno anche Repubblica e c’è anche questo (isidewith), che non è male. Perlomeno offre link di approfondimento sui temi che ti propone.

Dopo aver giocato un po’ con tutti ed aver visto i risultati e i commenti di qualche amico che ha fatto lo stesso, la sensazione generale è che questi test proiettino una visione appiattita della politica: i partiti sembrano tutti uguali. Sensazione anche più acuta nel caso i test emettano percentuali di aderenza ad un partito o all’altro: ti viene detto, in genere, di essere allineato a partiti da cui ti senti molto distante.

Il test de LaStampa produce meno questo effetto, ma c’è il trucco. Credo che per ogni argomento abbiano chiesto ai vari partiti la domandina/filtro da mettere. Il risultato è che a seconda della formulazione della domanda scelta, si seleziona molto nettamente un partito o l’altro, ma spesso è solo uno scherzo retorico: le risposte non sono poi così diverse. Guardate, ad esempio, le domande sul problema migranti:

  • Le leggi sull’immigrazione le fa l’Italia, non l’Ue. Protezione frontiere e respingimenti dei migranti
  • Redistribuire migranti, strategia comune per bloccare irregolari e rimpatriare chi non ha diritto. Piano Marshall per l’Africa
  • Ricollocazione obbligatoria dei migranti, rimpatri volontari e più fondi all’Africa
  • Ingresso per ricerca lavoro, canali per richiedenti asilo, soldi per inclusione sociale, chiusura Cie, abolizione norme contro soccorso in mare
  • Ripartire migranti tra Stati, sanzioni per chi non li accetta, gestione comune delle frontiere, vie legali per profughi e più fondi per l’Africa
  • Difendere propri confini aumenta conflitto tra Stati. Serve piano europeo per ingressi, espulsioni, garanzie, integrazione

Si delineano bene i due schieramenti opposti di chi vuole il totale respingimento da una parte o la incondizionata accoglienza dall’altra, e in mezzo varie proposte moderate che di fatto non si escludono a vicenda. Francamente non saprei attribuirle ad un partito o all’altro, ma sembrano destinate a riconoscere un’appartenenza di pancia più che una posizione su cui ha senso esprimere un parere.

Insomma, mi piace l’idea di questi orientatori al voto, ma la si potrebbe realizzare meglio. Ho apprezzato il fatto che il test euandi 2019 si prenda la briga di dirti da chi è fatto, e con quale metodologia.1.

Forse il problema è che le differenze tra i partiti non sono davvero così evidenti, o, più probabilmente, fanno tutti attenzione a non dire con troppa precisione come la pensano davvero. Ma allora su che base votiamo? Riusciremo mai ad uscire davvero dal tifo calcistico e decidere su cose concrete? Paradossalmente la ventata populista sembra produrre un effetto positivo in questo: almeno riesci a trovare delle posizioni da cui nettamente ti senti respinto. Insomma, si ha un po’ la sensazione di stare scegliendo qualcosa, ma è una magra consolazione.

Come lo si potrebbe fare

Credo che Il software applicato al voto, alla democrazia in generale, potrebbe fare molto di più. Proviamo a ragionarci un po’, e magari a stendere delle specifiche preliminari.

Di cosa abbiamo bisogno? Il problema di fondo è come permettere ad un gruppo numeroso (50 milioni se consideriamo l’Italia o 400 milioni per l’Europa) di persone di prendere decisioni per il bene collettivo.

Queste decisioni possono riguardare:

  • direttamente i vari temi
  • le persone a cui delegare queste scelte
  • i gruppi (partiti) a cui deleghiamo la scelta delle persone a cui verranno delegate le scelte
  • varie sfumature tra le tre.

Tutti i test elencati sopra sembrano indirizzare la scelta sui temi, il che, per inciso, è strano. Se alla fine quello che voto sono nomi di persone, quello che veramente mi servirebbe per decidere seriamente è l’Anagrafe degli Eletti proposta dai Radicali e la voglia/il tempo per analizzarli. E magari giornali/blog/social networks che predigeriscano per me le informazioni che contiene.

Sicurezza, trasparenza … ca va sans dire.

Ma torniamo al software: un requisito fondamentale dovrà ovviamente essere l’identificazione univoca del votante, e la sicurezza che non voti sotto coercizione. L’anonimità del voto potrebbe non essere un requisito fondamentale: se voto persone o partiti è importante, per evitare voti di scambio o rappresaglie, ma se voto idee, diventa fondamentale non solo l’appoggio ad un’idea altrui, ma la discussione, la partecipazione a crearla, modificarla. Tutte cose che sembrano quasi in contrasto con l’anonimato. Il voto palese (o meglio la discussione palese) sembra, tra l’altro, di per sé una soluzione all’identificazione del chiamante: se quello che esprimo non è solo un sì o un no, ma un pensiero un minimo più elaborato, è difficile che qualcuno lo possa fare al mio posto, per lo meno in massa.

Altri requisiti di carattere generale dovrebbero essere l’assoluta trasparenza: il codice deve essere open source, le basi dati devono essere ispezionabili da chiunque. Deve essere robusto, a prova di hacker, ospitato su server pubblici (altro inciso: non è strano che i 5S, anche una volta al potere, non abbiano reso statale ed estesa a tutti la piattaforma Rousseau ?).

Niente partiti precostituiti

Supponiamo di eliminare i partiti. Lo scopo del partito in fondo è proprio quello che assumerebbe questo software: identificare i contorni di insiemi di idee che possano essere votati da una maggioranza di votanti e realizzati da un gruppo di eletti.

Fermiamoci a questo “identificare un insieme di idee”. E’ questo che dovremmo fare: dato un pool di idee, possibili soluzioni a problemi, sceglierne un sottoinsieme che sia appoggiato da una maggioranza. O forse, meglio: scegliere più sottoinsiemi appoggiati da gruppi significativi.

La differenza tra queste due formulazioni è la differenza tra democrazia diretta e rappresentativa (vedi sotto).

Le idee

Immaginiamo di essere riusciti, in qualche modo, ad inserire in una base dati una serie di proposte politiche. Non so, cose del tipo: “Liberalizziamo le droghe leggere”, “Fermiamo la TAV”, “Spariamo ai migranti quando li vediamo in mare”, “Diamo 10000 euro al mese a quelli che si chiamano Vincenzo” etc.. Il tutto magari affiancato da un insieme di link a documenti, discussioni (ad es. su Kialo) che ne permettano l’approfondimento.

La base dati e il software permettono ad ognuno di esprimere la sua preferenza o avversione verso un insieme molto ampio di queste idee. E’ già una sfida di per sé, soprattutto la formulazione, l’inserimento, la discussione, l’evitare doppioni lasciando però respiro alle diverse sfumature. Supponiamo, però, di esserci riusciti: le idee sono lì e sono solo più da votare.

I votanti

Supponiamo a questo punto di aver trovato il modo per far votare tutto a tutti (in realtà è il votare stesso a definire l’insieme utile delle idee: quelle che nessuno vota è come non esistessero).

Supponiamo anche di essere stati capaci di dare pesi diversi ai diversi votanti in modo sensato (potreste non essere d’accordo, ma a me sembra che, come per l’anonimato, passare dal votare persone al votare idee comporti il superamento di qualche tabù: se voto idee sarebbe davvero triste se non tenessi in qualche modo conto di quanto un votante ha davvero capito l’argomento, ad esempio).

Ma supponiamo di aver superato anche questo ostacolo e di avere in questa base dati l’elenco delle idee e, associato ad ogni idea, la valutazione di ogni singolo votante, assieme all’importanza che il votante dà alla questione, e alla competenza del votante stesso.

Democrazia diretta o partiti dinamici

A questo punto può partire un’elaborazione con due obbiettivi abbastanza diversi:

  • posso cercare di individuare un’insieme di idee appoggiato dalla maggioranza più ampia e qualificata possibile.
  • posso cercare di identificare gruppi di votanti coesi e più ampi possibile.

In pratica è la scelta tra democrazia diretta e rappresentativa.

Diretta

Nel primo caso ho tirato fuori dai votanti le decisioni finali: quello che mi serve sono dei tecnici che le attuino. Ho sicuramente scontentato più gente: il set di scelte che emerge sarà quello che scontenta un po’ di meno. Non genererà grandi passioni, ma sarà immediatamente chiaro cosa fare.

Rappresentativa

Nel secondo caso ho creato dei partiti. Ho selezionato gruppi di persone che la pensano in modo simile su molti temi. Ho identificato idee ben rappresentate. Gli appartenenti a questi gruppi saranno appassionati, vitali. Ma nessun singolo gruppo potrà prevalere in assoluto sugli altri. Per attuare le idee di un gruppo ho bisogno di rappresentanti che sappiano mediare con gli altri gruppi/insiemi-di-idee. I rappresentanti, in questa seconda ipotesi saranno politici, non tecnici.

Variabile

La cosa interessante è che questa distinzione, tra democrazia diretta e rappresentativa, può non essere netta, (posso dosare quanto il sistema deve cercare ampio consenso a scapito di coesione, in pratica posso scegliere a priori il numero di partiti da 1 a N) e soprattutto questa scelta può essere essa stessa oggetto di voto.

Le persone

Ovviamente bisognerà votare anche gli eletti, tecnici o politici che siano. Se uno vuole candidarsi semplicemente lo dice: io sono a disposizione. Siccome i potenziali eletti sono anche votanti il sistema potrebbe proporre ad ogni votante i candidati che hanno votato in modo simile a lui e, in puro stile social network, tirare fuori la squadra di governo o il partito in base alle reputazioni dei vari profili. La partecipazione alle discussioni, l’aver proposto le idee più votate, la competenza, diventano punti che portano ad essere eletti.

Vincoli

Nessun’idea è un’isola. Le idee si condizionano a vicenda, specialmente sul piano economico. Potrebbe non avere senso votare per il reddito di cittadinanza e contemporaneamente votare per un abbassamento delle tasse. O comunque, se auspico che determinate scelte, che comportano nell’immediato introiti minori, abbiano un effetto economico positivo nel tempo devo tenere conto della variabile temporale. Se voto per una scommessa devo tenere conto del suo piano B. Ci sono scelte che sono ambientali (non nel senso di Greta, ma nel senso che condizionano molte altre scelte). Il software che permette di votare dovrebbe tenere conto di questi vincoli, e non permettere voti incoerenti. Votare dovrebbe essere, in qualche modo, simile a giocare a Sim City.

Vincoli a lungo termine

Un ultimo aspetto che questo software dovrebbe tenere in conto è quello del tempo. Le scelte di governo hanno uno span temporale. Anche quelle che sembrano di portata immediata acquistano o perdono valore a seconda di scelte che vengono fatte prima o dopo. Le scelte economiche soffrono del debito prodotto dalle generazioni precedenti e migliorano o peggiorano il futuro delle prossime. Alcune scelte, come i piani di ricostruzione a fronte di guerre o crisi, hanno span più lunghi di quelli di un singolo governo.

Per evitare che un periodo di cattivo governo possa avere conseguenze nefaste a lungo termine, ai singoli governi vengono posti pesanti limiti, ad esempio sulla possibilità di indebitarsi. Un’altra fonte di limitazioni sono gli accordi economici tra gli stati.

Il software di voto deve tenere conto di tutto questo e permettere le scelte che ipotecano maggiormente il futuro solo sulla base di maggioranze estremamente ampie, o in casi estremi, vietarle del tutto. Potrebbe esserci un rispetto per le prossime generazioni cablato nel codice.

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Ma si può fare ?

Direi di si, e sono pronto a scommettere che un social network con caratteristiche simili a queste verrà fuori in tempi brevi. Credo che a quel punto non sia nemmeno necessario che qualcuno lo incoroni e lo metta al potere. Milioni di persone che convergono su un insieme di idee governano. Punto. Il resto sono chiacchiere e distintivo.

  1. Dicono anche che il programma deriva da un SW su GitHub, chiamato Societly. Sono andato a vedere ed è presentato come “Web application to help university clubs and societies manage their members”. Bah …

Piazza Statuto

Ci sono i piccioni. Ne ho due che camminano qui davanti. Cazzo!, puoi volare e cammini! Hanno l’aria speranzosa, sì vede che qualcuno gli dà da mangiare qui. Sorry ragazzi, non ho niente.

È bella la gente sulle panchine, nessuno ha fretta. Circa la metà ha uno smartphone, due bevono un’aranciata e si baciano, gli altri guardano nel vuoto: meditano. Anche qualcuno di quelli col telefono medita: c’è uno che lo tiene sul palmo della mano, il dorso poggiato sul ginocchio, lì pronto, ma lo sguardo punta lontano.

Su una delle panchine c’è una gazzetta dello sport. Da sola. Deve essere triste essere una gazzetta dello sport su una panchina vuota. Cerca di afferrare il vento per andarsene, ma riesce solo a sventolare qualche foglio.

Tra un po’ apre la pizzeria, sono arrivato troppo in anticipo. No, forse era segretamente pianificato per stare un po’ qui.

Questi vecchi palazzi su piazza Statuto sono molto belli, non dev’essere male viverci.

C’è una schiusa di insetti. Sono tantissimi. Se guardi in controluce, il sole è basso a quest’ora, lì vedi danzare in mezzo ai pampini. Qualche piccione attraversa questa tempesta per andarsi a posare sulla fontana. Qualche piccione vola dopotutto.

Uno di quelli sulle panchine sembra un clochard, ha un sacco di borse e borsette e sembra piuttosto giovane. Ha anche una ventiquattrore.

Un signore anziano si è alzato dalla panchina, era uno di quelli che guardavano nel vuoto, aria distinta. Penso abiti in uno dei palazzi qua intorno. È ora di cena.

Ho messo via anch’io il cellulare per un po’, perso a guardare l’ultima luce che gioca con la fontana.

Intanto il clochard si è allontanato, ma ha lasciato le sue cose sulla panchina, forse dormirà lì.

Sono arrivati due a sedersi sulla panchina della gazzetta. La stanno leggendo, a volte basta saper aspettare. Discutono ad alta voce di un articolo: non sono italiani, una lingua latina direi. Ai due che si baciavano si è aggiunta una signora che stava facendo foto alla fontana. Credo sia la madre di lei, vanno verso il fondo della piazza, non sono italiani neanche loro.

Devo andare, ho in faccia l’aria instupidita da questa strana bellezza. Come sottofondo andrebbe bene “La sera dei miracoli” di Dalla.

(volutamente senza titolo)

In sostanza volevo solo rispondere ai commenti che ha fatto Vic al post “Piccoli Schrödinger crescono: il credente e l’Option<T>”, ma erano troppe cose per metterle in un commento. E poi, pensandoci bene, quello di cui vorrei parlare è un po’ il Manifesto di questo blog. Quello che davvero vedo come fondamento sia della spiritualità che della tecnologia, e di tutte le cose umane. Talmente centrale che non riesco a trovare un nome: vengono in mente cose come meditazione, zen, ridimensionamento della razionalità, wu wei, consapevolezza, mindfullness e tanti altri, ed è tutta roba che gira intorno al nocciolo della questione senza coglierlo completamente, e, del resto, come potrebbe ?

Colui che sa, non parla; colui che parla non sa

(Lao Tzu, 500 a.C.)

Così il titolo è “(volutamente senza titolo)” con le sue belle parentesotte che ne fanno un metatitolo per un meta post.

Photo by Ollie Walls on Unsplash. 1

Osho

Tra le tante cose che ho letto sulla meditazione, le parole di Osho sono quelle che, secondo me, riescono a dare maggiormente l’idea, e, soprattutto, chiariscono il perché della difficoltà di parlarne. Tutto ruota intorno al concetto di razionalità. Pensare, non so se ci avete fatto caso, è solo una delle tante cose che sappiamo fare. E si può tranquillamente smettere di farla, ogni tanto. E se si smette di farla non si smette di esistere, non si smette di percepire il mondo esterno, e anche (soprattutto) quello interno. Se si smette di farla non si smette di essere capaci di prendere decisioni, non si smette di essere capaci di agire, anzi, sembra che si riesca a fare molte di queste cose meglio.

Osho, a chi obiettava a questa possibilità di smettere di pensare dicendo: “Eh, ma io ho la mente, non posso non pensare”, rispondeva: “Hai anche le gambe, eppure ogni tanto smetti di camminare”.

Smettere di pensare (meditare, per gli adepti) è un atto naturale, che ogni tanto tutti fanno, magari inconsapevolmente, magari guardando un paesaggio fumando una sigaretta, o perdendosi in una danza o guardando negli occhi un amico davanti ad un bicchiere di vino. Molti di noi, però, non hanno la capacità di fare di questa esperienza un fatto abituale, se non centrale, della nostra vita, o semplicemente non ne sentono la necessità. Forse è una cosa che va re-imparata dagli animali (questo, probabilmente, è all’origine dei nomi di tante posizioni yoga), e penso sarebbe bello se fosse insegnata ai bambini. Provo a dirvi perchè.

Il film

Quando pensiamo a cosa ci rende diversi dagli animali, a parte i peli più corti, o l’assenza di penne e artigli, viene in genere in mente l’autocoscienza. Cogito ergo sum, diceva il bravo Descartes: identificava il pensare col pensare a sé stessi, pensare a qualcosa che ci contiene. Perché abbiamo questa capacità? A cosa serve in termini evolutivi?

Serve a interagire con gli altri. E’ il set su cui giro il film che sto proiettando a beneficio degli altri. Le cose che dico agli altri sono tutte in relazione a me stesso, fateci caso, per questo il set deve contenere anche me.

Il linguaggio è il passo successivo, è la distribuzione di questo film.

L’ascolto è una cosa più complicata: gli altri devono diventare personaggi del mio film, devo adattare il mio film in modo che questi attori/altri, questi personaggi-che-non-sono-io nella mia testa, siano coerenti con le parole e il linguaggio non verbale che i miei sensi percepiscono da chi mi circonda. Il passaggio dall’infanzia/adolescenza all’età adulta è sostanzialmente un affinamento di questa capacità di sincronizzare il nostro film con quello degli altri: la versione adolescenziale del film vede il nostro personaggio come assoluto protagonista, col passare degli anni dobbiamo rendere il film compatibile con altri film in cui il nostro personaggio non è il centro del mondo. Quindi, gradatamente, ci ritagliamo parti diverse, fino a che il nostro personale film diventa una delle telecamere di un film più grande, che contiene tutta l’umanità.

Il vantaggio evolutivo di questa nuova capacità, di questa simulazione che ci contiene è proprio il film globale. Il film ci permette di vivere meglio, di essere la specie dominante del pianeta, dopo le zanzare: ci permette di scambiarci le istruzioni per difenderci dalle belve, quelle per scuoiare una lepre e per accendere il fuoco per cucinarla, e quelle per metterne la foto su instagram.

La trappola

Ma il film è anche una trappola. Essere animali sociali è diventato così importante che siamo arrivati a identificare il film con la realtà. Il meccanismo mentale che usiamo per girare il film, il pensiero lento, mediato, soggetto a mille filtri, a mille freni inibitori, utili a fare in modo che il film sia accettabile per la società, è diventato il nostro unico modo di pensare.

1 In quel momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù, dicendo: «Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?» 2 Ed egli, chiamato a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3 «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.

(vangelo di Matteo 18,1-3) 2

Quando il bambino inizia a girare il suo film, e ancor più quando inizia a sincronizzarlo col film degli altri, perde la sua spontaneità, sta perdendo la capacità di pensare correttamente. Per molti il risultato sarà un passare la vita a fingere un personaggio senza nessuna originalità, prodotto solo dal riflesso degli altri attori.

Il Basic

Tanti anni fa sono nati, nel mondo informatico, i cosiddetti linguaggi interpretati. Servivano a permettere agli esseri umani un uso più agevole e più immediato e interattivo delle risorse del computer. Lo facevano simulando una macchina astratta, più adatta alla comprensione umana. Ogni istruzione umana, destinata alla macchina virtuale veniva tradotta in istruzioni per la macchina reale. Questo comportava un dispendio enorme di energie computazionali: un linguaggio interpretato era3 decine di volte più lento di uno scritto nel linguaggio nativo del computer.

Il nostro modo di pensare in genere assomiglia a questi linguaggi: si svolge in questa arena finta (creata dal pensiero stesso, quello vero, che resta dietro le quinte). Questo pensiero simulato, il pensiero razionale, tenta di dare logicamente conto di tutti i suoi passaggi, e contemporaneamente tiene conto dei limiti in cui il nostro personaggio pubblico si muove, tiene conto delle cose che gli è permesso dire, e quindi anche pensare. E, per questo, è lento, terribilmente lento.

Meccanismi evolutivi: il motore di simulazione

Ok, ora dobbiamo fare un passettino indietro. Incartiamo provvisoriamente il set per girare il film e mettiamolo sullo scaffale: dobbiamo montare un paio di altri semilavorati e poi assembliamo il motore completo.

La capacità di crearlo questo set, questa simulazione, è una delle meraviglie di cui ci ha dotato l’evoluzione. Ce l’hanno anche altri animali, ma non così sviluppata. Siamo capaci di simulare le cose mentalmente, prima, o invece, di farle. Non è legato alla razionalità: provate a immaginarvi alla guida della vostra auto mentre imboccate un incrocio leggendo un whatsapp sul telefono, il semaforo è rosso e nell’altra direzione arriva un TIR a tutta velocità. Gustate il rumore dello schianto, delle lamiere e dei vetri fracassati, del vostro corpo schiacciato e dilaniato insieme. Ecco, era un esempio di invece. E, benché io abbia provato a trasmetterlo a parole, non servono parole per provare questa esperienza: si può riprodurre tutta con le emozioni. Se eseguita bene fa anche accelerare il battito cardiaco, e fa passare la voglia di leggere messaggi guidando. Simulazioni analoghe sul cibo producono salivazione e succhi gastrici, sul sesso cose analoghe. Non so se vi è mai capitato di partecipare a quelle cose che chiamano meditazione (credo siano una cosa leggermente diversa), in cui c’è qualcuno che vi guida per una scala in discesa, la porta da aprire, il prato col laghetto e il senso di calma e benessere che ne deriva … stessa cosa: siamo davvero capaci di andarcene con la mente in posti inesistenti, di creare mondi nuovi, di viverne le sensazioni, e le fisicità (credo sia la funzione dei neuroni specchio).

Mettiamo anche questo semilavorato, la capacità di simulazione mentale, sullo scaffale, lo riprendiamo tra breve.

Meccanismi evolutivi: carota e bastone

Photo by pixpoetry on Unsplash

Ad un certo stadio dell’evoluzione nasce la necessità di fare in modo che organismi complessi, ma non ancora sufficientemente intelligenti, perseguano determinati obbiettivi: nutrirsi, riprodursi, difendersi, evitare sostanze tossiche etc … Come si raggiunge questo risultato? Non potendo semplicemente spiegarglielo, perché non sono in grado di capire, si installa in loro il meccanismo dolore/piacere programmandoli perché rifuggano il primo e ricerchino il secondo. Si associano questi meccanismi a determinati ormoni, neurotrasmettitori, e si fa in modo che gli ormoni che determinano la sensazione di piacere vengano prodotti a fronte di azioni da perseguire e viceversa con gli altri.

La nostra mente risponde ciecamente a questi automatismi. In situazioni conflittuali vince la somma algebrica delle sensazioni: rubo la lepre appena cacciata dal vicino (assecondo sensazione piacevole) o non rischio che il villaggio mi si rivolti contro e mi banni (rifuggo da sensazione spiacevole).

In genere non ci facciamo caso, ma la maggior parte delle nostre decisioni viene presa in questo modo.

Le sensazioni di piacere (ma anche quelle del dolore) indotte da questi meccanismi creano dipendenza: le cerchiamo anche nei momenti di tranquillità. Il nostro tempo mentale è in gran parte occupato dalla ricerca di modi per generare le sensazioni piacevoli o è preda ansie, paure, preoccupazioni che sono il nostro pessimistico prepararci a fuggire in anticipo da quelle negative.

Meditazione come riscatto da tutto questo

Ok, prendiamo tutti i pezzi: la capacità di simulazione mentale, il film a beneficio degli altri, i meccanismi automatici che prendono decisioni per noi. Sono tre aspetti che caratterizzano il modo di pensare dell’uomo primitivo. Sono le stampelle che l’evoluzione ci fornisce finché non diventiamo capaci di camminare con le nostre gambe.

Ma si può andare oltre: c’è una saggezza antica che ha ispirato tutte le religioni del mondo e che in anni recenti si è smarcata da qualsiasi connotazione spirituale. Sta imponendo sé stessa come arte di vita, come modo di funzionare meglio. Si chiama meditazione.

Agisce proprio sui tre aspetti di cui abbiamo parlato:

  • Anzitutto aiuta a mettere a fuoco i condizionamenti ormonali. Ci rende consapevoli di quanto siamo in continua ricerca di sensazioni piacevoli e in continua fuga da altre e questo basta a ridimensionare la dipendenza, a renderla meno tirannica.
  • Aiuta a mettere in pausa il dialogo interno. Ci permette di uscire ogni tanto dal set. Girare il film è alla base del nostro essere sociale, non possiamo rinunciarci, ma possiamo usare parte delle nostre energie per essere qualcosa, non solo sembrarlo.
  • Aiuta a usare la simulazione mentale in modo cosciente, come uno strumento che possiamo adoperare quando serve, ma ogni tanto anche posare.

La meditazione ci indica un modo migliore di vivere, sblocca potenzialità inimmaginate.

Tornado alla spiritualità e all’option<T>

Sebbene la meditazione venga utilizzata in modo profiquo anche al di fuori di contesti spirituali, non è un caso che si sia sviluppata in ambiti monastici: l’attenzione ai propri meccanismi mentali, che la meditazione allena, porta a tuffarsi sempre più a fondo in sé stessi, fino a profondità che forse non possiamo più chiamare noi: le radici della pianta. Potremmo parlare di inconscio collettivo, o per chi crede di connessione con un assoluto.

Ritengo che l’esperienza spirituale che si raggiunge attraverso questa pratica sia l’unica degna di questo nome.

Sul piano razionale, sociale, qualsiasi parola riguardante la spiritualità non è altro che un indicazione, una suggestione per riferirsi a queste esperienze, che appartengono al lato non razionale della nostra mente. Per questo dicevo che parlare di fede, parlarne in modo razionale, dovrebbe essere sempre fatto con la riserva dell’incertezza. Credenti e non credenti non possono che parlarne in questo modo: i primi sapendo che non possono dimostrare la verità di ciò che sentono, i secondi sapendo che non possono razionalmente negarla.

  1. La foto secondo me rende bene il problema che la meditazione mira a risolvere: noi mettiamo a fuoco una rappresentazione del mondo. Per quanto bella e raffinata sia, stiamo guardando l’immagine, non la realtà.
  2. Questo identificare il regno di Dio di cui si parla nei vangeli col mondo limpido e scintillante a cui si ha accesso con la meditazione spero non suoni offensivo per nessuno. Tra l’altro è una cosa simile a quella che fa Igor Sibaldi nella sua bella traduzione del vangelo di Giovanni (“Il Codice Segreto del Vangelo”).
  3. Esistono ancora, ma ora son fatti molto meglio.

The Game

Appena finito di leggere il libro di Baricco: bello bello bello.

Però, va bene dover scegliere le montagne più alte, ma non parlare né di Linux, né di Firefox mi sembra eccessivo. Saranno un po’ correnti sotterranee e non montagne, ma se tutto questo è stato possibile è in gran parte merito dell’open-source, che, tra l’altro, ha valenze filosofiche mica da ridere: la sfida tra la protezione della proprietà intellettuale e la diffusione aperta a tutti delle idee, l’auto-organizzazione di migliaia di menti che collaborano ad un singolo progetto. Secondo me questi aspetti erano importanti almeno quanto il resto.

Il plumbing di internet, il lavoro, in massima parte open che rende disponibile la maggior parte di questi nuovi strumenti è un esempio di posto in cui non dominano le verità veloci, le informazioni viaggiano, velocemente sì, ma complete e ricche, tra menti esperte e senza bisogno di sintetizzazioni estreme: in confronto alle piccole forme areodinamiche delle verità veloci queste sono astronavi: sono sia aerodinamiche sia piene di un sacco di roba. E’ un mondo in cui la gente si confronta, per ora su temi tecnici certo1, ma con rispetto e competenza, un mondo in cui se non sai sei invitato e aiutato ad imparare. Un mondo in cui si riesce a conciliare, in qualche strano modo, fama, successo e umiltà e generosità.

Il giorno in cui il tipo di collaborazione che c’è nel mondo open-source si estenderà ad altri aspetti delle relazioni umane avremo davvero fatto un passo avanti enorme, l’oltremondo somiglierà davvero ad un paradiso.

Credo sia da ammirare l’approfondimento, anche tecnico, che Baricco ha fatto, ma credo che se avesse liquidato meno velocemente i nerd, se li avesse guardati non solo come “i programmatori che non si vedono e non disturbano”, ma come portatori, con la loro passione, di una filosofia un po’ più ricca del “Ci piace giocare”, ne avrebbe tirato fuori di più.

La filosofia nerd non è solo liberiamoci dei vecchi privilegi ed eliminiamo gli intermediari. Anche, certo, ma credo ci sia la capacità di assaporare, in anticipo su altre categorie, la possibilità di un mondo di abbondanza e armonia. Un gioco sì, ma di quelli da cui non hai più bisogno di uscire.

Stanno creando una musica che Baricco non sente. Ancora.

  1. Ma non solo: guardate cose come kialo, o medium. ↩︎

Bleib mit deiner Gnade bei uns

(resta con la tua grazia con noi)

Forse c’entra con la magia delle colline della Borgogna, ci sono posti magici, dove ti senti immerso nella bellezza e non sai dov’è. In fondo da quelle parti era già nata l’abbazia di Cluny, tanti anni prima. La storia della comunità di Taizé secondo me è una storia di bellezza. Bellezza sempre a metà tra il terreno e il soprannaturale, ma forse non esistono bellezze d’altro tipo.

Se provate a leggere qualcosa sulla vita di Roger Shutz troverete il racconto di quello che ha fatto durante la guerra per accogliere chi scappava dai nazisti, i passi che hanno portato alla costruzione della comunità, e troverete qualcosa sul suo impegno per l’ecumenismo, per riconciliare le varie confessioni in cui si è oscenamente diviso il cristianesimo (frere Roger era protestante). Ma secondo me per cogliere chi era veramente e capire perché la sua comunità abbia attirato così tante persone bisogna provare a leggere qualcosa che ha scritto, o, ancora meglio, sentirlo parlare.

Roger Shutz non era un grande teologo o un grande scrittore, non era un trascinatore di folle, non era neanche un grande organizzatore, o uno che costruisce cattedrali con l’eredità lasciatagli dalle vecchie contesse. Era chiaramente un uomo innamorato di qualcosa di profondo che sentiva dentro di sé, e riusciva, parlando con gli altri, ad aprire un canale che permettesse anche a loro di condividere quest’esperienza interiore.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».

(Vangelo di Luca, capitolo 24)

Non è la stessa bellezza ? Questo brano del vangelo parla di una persona che faceva ardere il cuore in petto agli altri quando parlava. I discepoli di Emmaus hanno riconosciuto Gesù perché ricordavano questa sensazione. Non è questo che chiamereste grazia ?

La musica

La bellezza attira altra bellezza, o la crea se non ce n’è. Se fate un salto Taizé, e girate per il posto, vedrete la semplicità, la povertà, l’essenzialità delle cose che magicamente si adorna della cura disinteressata di tanti, soprattutto ragazzi, che passano di là. Entrate nella chiesa, spartana e con queste meravigliose vetrate, e l’esplosione di colori e luci dell’altare, la gente che se ne sta lì in silenzio a tutte le ore del giorno e della notte. Guardate le poterie e gli oggetti artistici fatti da alcuni monaci come lavoro.

E tutto questo non è nulla rispetto alla musica.

Una comunità religiosa formata da persone di confessioni diverse deve ridurre all’essenziale le parole usate durante le preghiere. Deve prediligere una preghiera silenziosa. E quando centinaia e poi migliaia di persone ogni anno da così tanti paesi iniziano a radunarsi intorno alla collina e a voler partecipare alla preghiera dei monaci, la differenza delle lingue parlate rende l’uso delle parole ancora più difficoltoso. Persino l’escamotage di alternare le diverse lingue nelle varie letture ha l’effetto di spogliare la lingua della sua razionalità e ridurla a musica: ci sono parole a Taizé, ma per la maggior parte non le capisci. E allora resta il silenzio, e soprattutto la musica.

I canti di Taizè sono molto belli. Si tratta in genere di corali a quattro voci, o canoni in cui la stessa melodia si accavalla sfasata. Il testo è, in genere, una breve frase che viene ripetuta in modo ossessivo per tante volte, un mantra. Ogni ripetizione ornata in modo differente dagli strumenti e dalle diverse voci.

L’effetto è straordinario: se sei in chiesa durante uno di questi canti, dopo poche ripetizioni cominci a cantare la melodia principale, anche se non conoscevi la musica, anche se non capisci le parole perché sono in una lingua che magari neanche identifichi.

Tante persone restano affascinate da questi canti: spesso, alla fine della preghiera, specialmente di quelle serali, tanti si fermano in chiesa e continuano a cantare, fino a notte fonda, un canto dietro l’altro. Qualcuno si addormenta lì, un’esperienza mistica improvvisata, un perdere il confine ben definito tra esperienza religiosa e amicizia e star bene lì, in quel momento, a fare una cosa bella che non ti aspettavi.

Le preghiere nelle città

Credo siano sensazioni come queste che hanno fatto in modo che molti, tornati a casa volessero ricreare questo tipo di esperienza nelle proprie città. Sono nate così quasi ovunque delle “Preghiere di Taizé” tenute, in genere, una volta al mese, in cui viene riproposto questo modo di pregare senza tanti discorsi, fatto di canti in tante lingue e di molto silenzio.

A Torino la preghiera di Taizé si tiene il primo venerdì di ogni mese, alle 21 nella chiesa di San Domenico, almeno nella stagione bella. A Genova anni fa era al Porto Antico, forse c’è ancora, ma non ricordo il giorno. L’estate scorsa ho provato ad andare a quella di Barcellona, casualmente ero lì nel giorno giusto del mese, ma una gentile parrocchiana mi ha detto che “a l’agost no hi és”. In quella di Torino a metà inseriscono uno spazio dedicato a qualche realtà locale, qualcuno che racconta una sua esperienza, in genere è un po’ noioso ed è un po’ una nota stonata nel contesto della preghiera, ma si sopporta e, per il resto, vale la pena di partecipare.

E ora fatevi un piacere

Trovatevi dieci minuti e un posto tranquillo, e magari qualcuno con cui condividere l’esperimento. Ascoltate qualcuno dei brani qui sotto, ho cercato di scegliere i più belli, leggete il testo e provate a cantare. Provateci anche se siete stonati e anche se non credete in niente1, giusto un breve viaggio in un posto bello.

A me piace in particolare De Noche, è l’ultima. Se siete di quelli, credo sia genetico: magari un giorno provo a parlarne, che ogni tanto si chiedono che ci facciamo qui, apprezzerete quest’idea che se immagini che l’acqua ci sia, basti la tua sete a indicarti dove cercarla.


Bleib mit deiner Gnade

Bleib mit deiner Gnade bei uns, Herr Jesu Christ.

Ach, bleib mit deiner Gnade bei uns, du treuer Gott!

(Resta con la tua grazia con noi, Gesù Cristo. Resta con la tua grazia con noi, Dio degno di fiducia)

In manus tuas Pater

In manus tuas Pater, commendo spiritum meum,

in manus tuas Pater, commendo spiritum meum.

(Nelle tue mani Padre consegno il mio spirito)

Bleibet hier und wachet mit mir

Bleibet hier und wachet mit mir.

Wachet und betet,

wachet und betet.

(Restate qui e vegliate con me. Vegliate e pregate, vegliate e pregate)

Laudate dominum

Laudate dominum laudate dominum omnes gentes alleluja

(Lodate il Signore genti tutte alleluia)

Laudate omnes gentes

Laudate omnes gentes,

Laudate Dominum.

(Lodate genti tutte, lodate il Signore)

The kingdom of God

The kingdom of God is justice and peace

And joy in the Holy Spirit

Come, Lord and open in us the gates of your kingdom

(Il regno di Dio è giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo. Vieni Signore e apri in noi le porte del tuo regno)

Bless the Lord

Bless the Lord, my soul

And bless God’s holy name

Bless the Lord, my soul

Who leads me into life

(Benedici il Signore, anima mia e benedici il suo santo nome. Benedici il Signore anima mia, lui che mi guida dentro la vita)

Nada te turbe

Nada te turbe, nada te espante;

quien a Dios tiene, nada le falta.

Nada te turbe, nada te espante:

sólo Dios basta.

(Niente ti turbi, niente ti spaventi, a chi ha Dio non manca nulla. Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio è abbastanza)

L’ajuda em vindrà del Senyor

L’ajuda em vindrà del Senyor,

Del Senyor, el nostre Déu,

Que ha fet el cel i la terra,

El cel i la terra.

(L’aiuto verrà dal Signore, il Signore nostro Dio, che ha fatto il cielo e la terra, il cielo e la terra)

Bonum est confidere

Bonum est confidere in Domino,

bonum sperare in Domino.

(È bene confidare nel Signore, è bene sperare nel Signore)

Cantarei ao Senhor

Cantarei ao Senhor, enquanto viver,

louvarei o meu Deus enquanto existir,

Nele encontro a minha alegria.

Nele encontro a minha alegria.

(Canterò al Signore finché vivrò, Loderò il mio Dio finché esisterò, In lui trovo la mia gioia, In lui trovo la mia gioia)

Behüte mich, Gott

Behüte mich, Gott

Ich vertraue, dir

Du zeigst mir den Weg zum Leben

Bei dir ist freude, freude in Fülle

(Salvami, Dio. Mi fido di te, Mi mostri la strada della vita. Con te c’è gioia, gioia in abbondanza)

Sit nomen Domini

Sit nomen Domini.

Sit benedictum.

Nunc et in saecula benedictum.

(Sia il nome del Signore, sia benedetto, ora e nei secoli benedetto)

I am sure I shall see

I am sure I shall see

the goodness of the Lord

in the land of the living.

Yes, I shall see

the goodness of our God,

hold firm, trust in the Lord.

Viešpatie, tu viską žinai

Viešpatie, tu viską žinai.

Tu žinai, kad tave myliu

(Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo)

Ubi caritas

Ubi caritas

Et amor

Ubi caritas

Deus ibi est

(Dove c’è carità e amore c’è Dio)

Dona la pace

Dona la pace, Signore,

a chi confida in te.

Dona la pace, Signore,

dona la pace.

Vieni Spirito creatore

È più bella in tedesco, ma non ho trovato lo spartitello.

El Senyor

El Senyor és la meva força,

el Senyos el meu cant.
Ell m’ ha estat la salvació,
en Ell confio i no tinc por

(Il Signore è la mia forza, il Signore è il mio canto. Lui è stato salvezza, in lui confido e non ho paura)

El alma que anda en amor

El alma que anda en amor ni cansa ni se cansa

(L’anima che cammina nell’amore non si stanca né si stanca)

Bendigo al Señor

Bendigo al Señor

porque escucha mi voz,

el Señor es mi fuerza,

confia mi corazón.

(Benedico il Signore perché ascolta la mia voce, el Signore è la mia forza, il mio cuore ha fiducia)

Wysławiajcie Pana

Wysławiajcie Pana, O

Wysławiajcie Pana, O

Spiewaj Panu cała ziemo,

Alleluja, Alleluja!

(Loda il Signore, canta il Signore terra tutta, alleluia alleluia)

Mon âme se repose

Mon âme se repose en paix sur Dieu seul:

de lui vient mon salut.

Oui, sur Dieu seul mon âme se repose,

se repose en paix.

(La mia anima riposa in pace solo su Dio: da lui viene la mia salvezza. Sì, solo su Dio la mia anima riposa, riposa in pace)

Toi, tu nous aimes

Toi, tu nous aimes

source de vie

(Tu ci ami, sorgente di vita)

De noche

De noche iremos, de noche,

que para encontrar la fuente

sólo la sed nos alumbra,

sólo la sed nos alumbra.

(Di notte andremo, di notte, per trovare la fonte, solo la sete ci illumina, solo la sete ci illumina)

  1. Dopo tutto fa bene.