Recensione Misuratore Energia Emporia Vue

Ho comprato e installato questo aggeggio, e registro le mie impressioni.

A cosa serve

A misurare i consumi elettrici. Fornisce un indicazione, aggiornata ogni secondo, della potenza prelevata o, se si ha un impianto solare, della potenza fornita alla rete.

Sapere quanto si sta consumando è utile per ridurre i consumi, ma diventa essenziale se si dispone di un impianto fotovoltaico.

L’energia prodotta in eccesso dai pannelli viene, in genere, venduta alla rete, che in teoria funge da batteria economica. Quando ho energia in più la vendo e la ricompro nei tempi di magra. Tutto questo se si ha un contratto di scambio sul posto, cosa comune alla maggior parte delle installazioni.

Lo scambio sul posto sulla carta suona bene, di fatto è molto penalizzante sul piano economico. È molto più vantaggioso usare la propria energia che metterla in rete e riprenderla successivamente, perché questo scambio riguarda solo il valore dell’energia, non vengono calcolate le tasse, che incidono in percentuale significativa sul costo al kWh.

Usare al meglio l’energia prodotta non è semplice. Impone anzitutto un cambio di abitudini. Accendo la lavatrice quando c’è il sole, per dire. Ma non basta. Se, ad esempio, voglio accendere anche la lavastoviglie mi conviene ancora ? C’è abbastanza sole per reggere i due elettrodomestici e quant’altro è acceso in casa in quel momento ? Poter visualizzare il consumo serve a questo. Certo posso andare a leggerlo sul contatore, ma è meno agevole e lì non ho la storia dei consumi e non posso innescare automatismi legati alle varie condizioni.

Ad esempio potrei voler accendere automaticamente una stufa elettrica o una pompa di calore quando ho energia in eccesso e la temperatura in casa è sotto una certa soglia, e spegnerla, sempre automaticamente, quando una di queste condizioni venga meno.

Gli impianti solari più recenti, soprattutto se dotati di batterie di accumulo, arrivano con questa funzionalità di serie, per quelli più vecchiotti occorre risolvere con apparati esterni.

Installazione

La visualizzazione dei dati di consumo istantanei e storici viene fornita da un’app sul telefono (Android o IOS).

L’oggetto arriva senza manuali di istruzioni. L’app, una volta creato un account offre una guida, ma è fatta per il pubblico americano ed è di scarso aiuto.

L’alimentazione dell’apparecchio richiede un attacco 120/240V. Si può quindi collegare direttamente al contatore (con le dovute cautele) se non si dispone di una presa nei paraggi. Non è dotato di presa, comunque, ma di quattro fili di colore diverso. I diversi colori servono per il collegamento a un impianto trifase. Per un normale contatore monofase italiano vanno connessi in questo modo: il nero alla fase, bianco, rosso e blu al neutro. Per capirlo ho dovuto giracchiare in internet. Ho inserito queste connessioni in una presa volante e le ho infilate in una presa.

Serve anche una connessione wifi che arrivi nei pressi del contatore, perché il dispositivo parla con qualche server in internet, a questo server si accede con l’app sul telefono.

L’ultima cosa da collegare è la pinza amperometrica. Un gancetto che va messo intorno al filo di fase che esce dal contatore. Nel caso si disponga di impianto fotovoltaico la pinza deve prendere anche il cavo che arriva dai pannelli. Ci sono vari tipi di schemi per il montaggio dei pannelli, la situazione può essere differente in altre installazioni. Comunque per il collegamento della pinza ho cercato, senza successo, indicazioni su internet. Alla fine ho scritto una mail al loro supporto e mi hanno risposto nel giro di poche ore.

Uso

Una volta connesso il tutto l’app visualizza, oltre al consumo istantaneo, lo storico dei dati. Si può scegliere come granularità i secondi, i minuti, ore, giorni, settimane, mesi o anni.

L’indicazione dei consumi appare con barrette blu, che diventano verdi quando i consumi sono negativi (si sta producendo più energia di quanta se ne consuma).

È possibile in teoria attivare degli automatismi, tipo accendere qualcosa quando si produce energia in eccesso, ma questa funzionalità è prevista solo se si usano prese intelligenti prodotte da Emporia. La cosa sarebbe già di per sé penalizzante. Se si aggiunge il fatto che queste prese sono prodotte solo per lo standard USA e non sono vendute da noi è chiaro che la funzionalità è semplicemente assente.

L’azienda dichiara che è prevista l’integrazione con i vari Google Assistant, Alexa e Siri. Questo aprirebbe la possibilità di usare smart plugs di altri fornitori, ma non dichiarano quando la cosa sarà possibile.

Pro

Economico

Oggetto abbastanza economico, paragonato ad altri della stessa categoria. Su Amazon costa circa € 83.

Buon supporto

Supporto clienti molto veloce a rispondere alle mail, addirittura di sabato.

Contro

Nasce per gli Americani

È chiaramente pensato per il mercato americano. L’installazione è piuttosto complicata e poco chiara per i nostri contatori.

Poco accurato

Questa è la nota più dolente, ma sinceramente non so se i dispositivi concorrenti facciano meglio. Le caratteristiche tecniche non vengono dichiarate in modo chiaro da nessun venditore.

Per misurare la potenza bisogna moltiplicare la lettura dell’intensità di corrente per il voltaggio. Di base il device assume che il voltaggio sia 120 V e usa un moltiplicatore (un numero configurabile nell’app) per adattare il calcolo alla tensione 220 Volt. Armeggiando con questo numero si riesce a ottenere una lettura simile a quella del contatore in un dato istante. Il problema è che la tensione di rete cambia continuamente (+- 10% rispetto alla tensione nominale di 220V).

Un apparato serio dovrebbe quindi leggere questa tensione in tempo reale per dare una lettura corretta. La cosa strana è che il voler fornire questa funzionalità sarebbe l’unico motivo che giustifica l’esistenza dei fili colorati da connettere alle varie fasi. Per cui resto un po’ basito.

Alternative

Un’alternativa che merita qui citare, è l’Open Energy Monitor. Si tratta di un progetto Open Source. Sono open sia il software che l’HW, basato sui popolari Arduino e Raspberry PI.

Il sito ha il merito, tra l’altro, di spiegare bene non solo l’implementazione e l’uso del dispositivo, ma anche la teoria alla base. Ovviamente non soffre di nessuno dei difetti menzionati sopra, ma richiede di essere un po’ più smanettoni.

Si trova già montato, ad un prezzo più alto di quello richiesto per acquistare un oggetto simile sul mercato normale, lo vende una ditta a gestione familiare in Inghilterra, per cui anche le spese e il tempo di spedizione non sono trascurabili.

Viene a costare molto meno se si ha voglia di assemblarlo da sé, meno ancora se si ha qualche Arduino o Raspberry PI sparsi per casa (capisco che non sia da tutti 😄).

Se poi avete qualche esperienza nell’usare un saldatore e qualche linguaggio di programmazione le possibilità di customizzazione sono infinite.

Come si dovrebbe eleggere il presidente della Repubblica

(O qualsiasi altra carica dello stato)

Non so voi, ma io ad assistere in tv allo spettacolo del parlamento immobilizzato giorni o settimane per l’elezione del presidente mi intristisco.

Siamo nel 2022, non è possibile che si voti ancora con schede di carta, su cui si può scrivere nomi che non hanno nessuna garanzia di individuare senza ambiguità una persona, con la successiva conta fatta a mano. Ieri ci hanno messo 5 ore. Intanto il paese è paralizzato, non prendiamo decisioni di politica estera in un momento critico e l’attività legislativa è congelata.

E quindi, caro Parlamento, visto che non ci arrivi, ti detto il nuovo regolamento.

Regolamento per l’elezione

  1. L’elezione si svolge in una giornata. Alla fine della giornata si avrà il nome della persona eletta. Se questo non avviene si manda a casa il Parlamento.
  2. L’elezione avviene in cinque fasi, distribuite ad ore precise nell’arco della giornata.
  3. Dispositivi
    1. La procedura è supportata da un sistema informatico locale.
    2. Il sistema è composto da un server ridondato ad alta resilienza e da una serie di terminali connessi al server tramite una rete locale non connessa alla rete pubblica.
    3. Saranno disponibili una serie di cabine distribuite fisicamente nel luogo in cui avviene la votazione. Le cabine saranno in numero sufficiente per garantire la conclusione delle varie fasi nell’arco di tempo previsto.
    4. Un display di generose dimensioni esporrà le statistiche durante la votazione e l’esito finale. Questi dati saranno anche disponibili on line per i giornalisti e i cittadini. Il collegamento del server alla rete pubblica permetterà solo il display dei dati e nessuna possibilità di modifica degli stessi.
    5. In ogni cabina sarà presente un terminale con il software per la votazione.
    6. Il software del sistema, sia quello sul server che quello sui terminali sarà open source. I candidati e i cittadini potranno visionarlo per accertarsi che implementi esattamente la procedura descritta in questo regolamento. Gli eseguibili del sistema, server e terminali, saranno autenticati con una chiave digitale ispezionabile da chiunque, sia sul server che sui terminali.
    7. Ogni operazione effettuata su questi terminali sarà anonima. Alla fine di ogni operazione I dati saranno processati dal server e aggregati ai dati totali, mentre i dati relativi alla singola operazione saranno cancellati.
    8. Eccezione al punto precedente sarà il fatto che l’operazione non sia stata valida, con conseguente perdita del diritto di voto dell’elettore. Questa eventualità sarà resa nota immediatamente.
  4. Fase 1. Collezione dei candidati.
    1. Inizia alle ore 08:00, si conclude alle ore 09:45.
    2. Ogni avente diritto al voto si recherà in una delle cabine .
    3. L’elettore potrà inserire da uno a cinque candidati. Per ognuno dovrà inserire Nome, Cognome e Data di Nascita, codice fiscale (in attesa di un identificativo digitale univoco). L’ordine di inserimento non ha, in questa fase, nessuna rilevanza.
    4. Es.
      Rocco Siffredi, 04/05/1964, SFFRCC64E04G141X
      Mario Draghi, 03/09/1947, DRGMRA47P03H501B
    5. Il tempo di voto avrà un time out, calcolato in base alla disponibilità dei terminale e del tempo a disposizione. Scaduto il tempo, se non sarà stata inserita una lista di candidati valida, l’elettore perde il diritto al voto e sarà escluso dalle fasi successive.
    6. Una volta che tutti gli elettori abbiano espresso la propria lista di candidati il sistema produrrà quella che nel seguito chiameremo <LISTA CANDIDATI>. In questa lista affluiranno tutti i nomi proposti. Ogni nome sarà presente una sola volta. La lista sarà in ordine alfabetico, basata sul Cognome, in seconda priorità sul Nome, e, in caso esistano ancora omonimie, su data di nascita e CF.
    7. La lista viene resa pubblica, presentata sul display generale e diffusa via internet.
  5. Fase 2. Prima chiama.
    1. Inizia alle 10:00, si conclude alle 11:45
    2. All’inizio della fase il server:
      1. predispone, nella sua memoria un dizionario che mette in relazione ogni candidato con le preferenze ricevute. Questo dizionario sarà chiamato nel seguito <CONTA1>
      2. Il dizionario sarà una tabella contenente i dati di <LISTA CANDIDATI>, quindi Nome, Cognome, Data di nascita, CF più un campo aggiuntivo: Voti.
      3. Al campo Voti di tutti i candidati viene assegnato il valore 0.
    3. Ogni elettore che ha ancora diritto si recherà in una delle cabine
    4. L’elettore potrà prendere visione della <LISTA CANDIDATI>.
    5. L’elettore dovrà inserire una lista di al massimo 20 nomi, scelti dalla lista.
    6. L’ordine è qui importante: il primo candidato in questa lista sarà quello a cui l’elettore assegnerà la preferenza massima, il secondo sarà un po’ meno preferito, il terzo ancora meno e via così.
    7. L’elettore dovrà indicare almeno una preferenza.
    8. L’operazione avrà un time out, calcolato come sopra. In assenza di un voto valido allo scadere del tempo l’operazione sarà considerata nulla e l’elettore perderà il diritto di voto, non partecipando alle fasi successive.
    9. Man mano che ogni elettore conclude la propria votazione il sistema esegue la seguente elaborazione:
      1. Assegna il nome <LISTA ELETTORE> alla lista inserita.
        1. Assegna alla variabile <VOTO> il numero di elementi della <LISTA CANDIDATI>.
        2. Estrae il primo elemento della <LISTA ELETTORE>.
        3. Identifica il candidato nella tabella <CONTA1>
        4. Somma il valore della variabile <VOTO> al campo Voti del candidato identificato.
        5. Decrementa di 1 il valore della variabile <VOTO>
        6. Elimina il primo elemento della <LISTA ELETTORE>
        7. Se esistono altri candidati nella <LISTA ELETTORE> torna al punto 2. Altrimenti l’operazione di voto si conclude.
    10. Una volta che tutti gli elettori abbiano espresso la propria preferenza il sistema riordinerà la tabella <CONTA 1> sulla base del campo Voti, in ordine discendente. In cima alla lista avremo quindi il candidato che ha ricevuto più preferenze.
    11. La tabella <CONTA 1> viene resa pubblica.
  6. Fase 3. Seconda chiama.
    1. Inizia alle 14:00, si conclude alle 15:45
    2. Gli elettori avranno avuto due ore per visionare il risultato della fase precedente e per consultarsi tra loro.
    3. Le operazioni sono identiche a quelle della Fase 2, se non per il nome della tabella prodotta, che sarà <CONTA 2>
  7. Fase 4. Terza chiama.
    1. Inizia alle 18:00, si conclude alle 19:45
    2. Gli elettori avranno avuto due ore per visionare il risultato della fase precedente e per consultarsi tra loro.
    3. Le operazioni sono identiche a quelle della Fase 3, se non per il nome della tabella prodotta, che sarà <CONTA FINALE>
  8. Fase 5. Verifica candidati.
    1. Inizia alle 20:00, si conclude al primo candidato che accetta l’incarico
    2. La tabella <CONTA FINALE> contiene la lista dei candidati in ordine di gradimento. Viene verificato il primo, se corrisponde senza ambiguità ad una persona reale, se questa ha i requisiti di eleggibilità e accetta l’incarico viene eletto, in caso contrario si passa al successivo, se esiste, in caso contrario si licenzia tutto il Parlamento e si va a elezioni.

21 lezioni per il XXI secolo

Ho appena finito di ascoltare l’audiolibro di “21 lezioni per il XXI secolo” di Yuval Noah Harari. L’ho trovato molto bello e ho voglia di parlarne. Ringrazio di cuore Antonio per la segnalazione.

Il libro

È un racconto del mondo com’è ora, dei problemi che ha, e di ciò che li ha generati, dell’evoluzione, delle forze che lo stanno cambiando, inclusi i pericoli che corriamo per i prossimi decenni.

I miti

Parla soprattutto di narrazioni. Le storie che hanno plasmato la nostra civiltà. Invenzioni che parlano di cose inesistenti, ma che hanno la capacità di unire le persone in un sogno comune. Storie come il fascismo o il comunismo, ormai cassati dalla storia. E storie che ancora sopravvivono, come il liberalismo, le nazioni o le religioni.

Il libro è, per buona parte, una critica a questi miti residui dell’umanità. Critica composta e avvincente, che cerca di aprirci gli occhi sui pericoli che corriamo procedendo con una visione annebbiata, mentre gravi pericoli sono all’orizzonte.

Le pazzie

L’umanità prende spesso decisioni incomprensibili. Il terrorismo, che temiamo più di quanto dovremmo, visti i danni molto limitati che produce in termini di vite umane, e la guerra che, a differenza di quanto avveniva nei secoli scorsi, non ha più nessun potenziale vantaggio per chi la intraprende.

I pericoli dell’evoluzione tecnologica

Il grosso pericolo da cui Harari ci mette in guardia è connesso all’evoluzione tecnologica. L’evolversi delle tecnologie informatiche e biotecnologiche, l’Intelligenza Artificiale e la manipolazione genetica, aprono scenari in cui la differenza tra classi sociali rischia di esacerbarsi. L’IA, secondo l’autore, sfrutterà la scarsa capacità degli esseri umani di comprendere se stessi e gli altri per diventare il nodo in cui vengono prese tutte le decisioni, ridisegnando la mappa del potere. L’AI sarà aiutata in questo dal diffondersi di sensori biologici che capiranno l’essere umano meglio di quanto lui stesso o altri esperti possano fare.

Democrazia

Il concetto di democrazia è oggi basato sull’idea che le sensazioni degli individui, nel loro insieme, siano in grado di prendere le decisioni migliori. Cosa accadrà quando l’IA conoscerà gli individui meglio di loro stessi e dimostrerà di poter fare meglio di noi nel pilotare le nostre scelte ?

È molto interessante la descrizione del processo che porterà a questo. Processo ineluttabile e già in atto. Le biotecnologie permetteranno la creazione di umani di categoria avanzata, che non si ammaleranno, che avranno una aspettativa di vita più lunga, capacità cognitive, sensoriali e motorie superiori. È facile prevedere che questi miglioramenti saranno esclusivo appannaggio dei ricchi. I detentori delle infrastrutture a supporto dell’IA saranno i nuovi padroni del mondo. Senza contare il rischio che le macchine stesse prendano il sopravvento.

Il concetto di uguaglianza tra esseri umani terrà ancora quando alcuni di noi avranno oggettivamente capacità cognitive superiori ?

Occupazione

In questo percorso la maggior parte dei mestieri umani scomparirà, perché le macchine sapranno fare meglio degli umani quasi tutto, compresi i lavori basati sulla creatività, come comporre musica o scrivere romanzi. L’umanità dovrà affrontare crisi occupazionali senza precedenti, e ripensare, di conseguenza, tutti i processi e gli equilibri economici. La necessità di leggi che impongano un reddito universale svincolato dal lavoro si scontrerà con la necessità di tassare pesantemente i pochi detentori del potere, con inevitabili scontri in cui le classi povere saranno disarmate.

La formazione e la meditazione

E come possono gli esseri umani prepararsi a questi cambiamenti ? Cosa dovrebbero studiare i giovani, ad esempio, per essere pronti per i pochi lavori disponibili domani ? La risposta di Harari è in qualche modo disarmante: non possiamo saperlo.

Come linee guida di fondo suggerisce ai giovani di non fidarsi degli adulti, perché la loro esperienza diventa sempre più inutile in questo nuovo mondo. Suggerisce anche di non fidarsi della tecnologia, perché si rischia di diventarne schiavi. L’unica cosa su cui ha senso investire è sulla conoscenza di se stessi. In quest’ottica è importante l’ultimo capitolo del libro, che parla della meditazione.

Commento

Delle cose che dice Harari mi lascia perplesso anzitutto l’affermare che le sensazioni siano un semplice calcolo biochimico. La scienza non può affermare una cosa del genere. La scienza, finché non sarà in grado di costruire un cervello funzionante, finché non sarà in grado di mettere qualcosa in provetta e farne uscire un’intelligenza indipendente, potrà solo dire di aver capito qualche frammento, come un medico del Medioevo che dissezionava un cadavere. Non siamo molto distanti da lì. Conosciamo qualche dettaglio in più ma non abbiamo la visione completa. Personalmente non credo che la scienza ce l’avrà mai.

Continua a piacermi di più l’idea che il cervello sia una sorta di radio, che comunica con un’intelligenza esterna, non fisica. La mia personale convinzione è che la vita e l’intelligenza esistano su un piano diverso da atomi e molecole.

Altro punto che ho trovato disturbante é la critica alle religioni. Ha ragione secondo me, sul fatto che siano superate, che ormai facciano più danni che altro etc, ma buttando via la spiritualità assieme alle religioni si rischia di buttare il bambino con l’acqua sporca.

Tolta la spiritualità resta un vuoto incolmabile. La spiritualità è una necessità dell’essere umano (in varia misura, magari). Questa mancanza di senso non può essere colmata in modo razionale, né scienza, né filosofia, né psicologia possono farlo.

L’idea di base dell’autore sulla religione

  1. Una cosa non vera che viene creduta da mille persone per un mese è una notizia falsa, una cosa non vera che viene creduta da un miliardo di persone per mille anni è una religione
  2. La grande domanda che gli esseri umani dovrebbero farsi non è “qual’è il senso della vita ?” bensì “come si esce dalla condizione di sofferenza ?”

Perché è una visione troppo limitata

Sul punto 1 sono d’accordo, ma non sul 2.

Sofferenza

Siamo sicuri che la sofferenza sia una cosa sbagliata ? Una cosa da evitare a tutti i costi ?

La sofferenza e l’infelicità, come il piacere e la gioia sono semplicemente sensori di cui l’evoluzione ci ha dotato per farci muovere in una certa direzione. Il dolore e il piacere, che condividiamo con gli organismi più elementari riguardano i bisogni fondamentali, nostri o della specie a cui apparteniamo.

La tristezza e la gioia sono propri di organismi più progrediti, ma sono sensori anch’essi. Ci dicono se le ultime scelte che abbiamo fatto hanno avuto un risultato per lo più positivo (in questo caso la sensazione di felicità ci dice semplicemente “ok, continua così”) o per lo più negativi (e in questo caso la tristezza ci avverte che c’è qualcosa di fondo da cambiare, l’ambiente, le relazioni, il nostro modo di pensare/operare).

La ricerca della felicità in se stessa è una sciocchezza. Quando raggiungiamo una sensazione di gioia essa è per definizione effimera, perché riguarda il passato. Ci dice solo come siamo andati ultimamente. Se ci fermiamo lì, se vogliamo perpetuarla, si trasforma immediatamente in noia, che è il modo dei nostri sensori di dirci che dobbiamo muoverci, esplorare altro.

Pianificare la ricerca della felicità è una cosa assurda. Pianificare è ambito della razionalità, che è la parte più stupida della nostra mente. La razionalità è nata in funzione del linguaggio, è uno strumento di comunicazione, non serve a prendere decisioni corrette.

I limiti di una visione esclusivamente razionale

La razionalità, la logica, sa solo mettere in relazione le conoscenze che abbiamo, che sono infinitamente limitate rispetto all’insieme delle forze che influenzano le nostre vite.

Di fatto le nostre decisioni vengono prese ad un livello molto più profondo, un livello di cui, spesso, non ci rendiamo nemmeno conto.

Harari guarda a cose come le religioni, la spiritualità, la meditazione, con una mente razionale e, semplicemente non le capisce.

Il fallimento delle religioni

Tutto quello che Harari dice è vero, innegabile. Le religioni sono state, spesso, più un male che un bene. Probabilmente perché i loro stessi fautori non ne hanno capito il senso.

Il rischio a cui tutte le religioni sono state esposte (fallendo miseramente la prova) è stato quello di pensare, ad un certo punto, di aver capito, e, di conseguenza, di voler diffondere verso altri questa scoperta.

Ma il diffondere, il fare proseliti, anche quando sia scevro (e non lo è mai) da ricerca di potere o ricchezza, è, spesso, un’operazione basata sul linguaggio, sulla razionalità.

La conoscenza spirituale è per definizione poco chiara, piena di dubbi. Per qualche verso consiste proprio nella capacità di accettare il dubbio, accettare l’impossibilità di capire. Non può essere trasferita ad altri semplicemente con la parola. Se tento di codificare quella conoscenza in modo che sia raccontabile non posso che inventare narrazioni, favole. E non posso che dividere il mondo in amici (i fedeli, quelli che accettano le mie favole) e nemici (gli infedeli, quelli che le rifiutano), e magari prendere le armi contro i secondi. E tutto questo indipendentemente dal fatto che l’idea originaria contenesse o meno qualcosa di valido.

Ma la spiritualità non è quello. Se bolliamo tutta l’elaborazione non razionale come sciocchezza, e le nostre sensazioni come elaborazione biochimica, che magari oggi non comprendiamo, ma che la scienza riuscirà presto a chiarire, creiamo un vuoto incolmabile, ci tagliamo le braccia perché non abbiamo capito a cosa servono.

La spiritualità riguarda certo il dolore e la tristezza, come il piacere e la gioia, ma non per annullare i primi in favore dei secondi. Riguarda la capacità di rendere più sensibili questi e altri sensori e di integrarne le indicazioni. Sì, abbiamo anche altri sensori. Il senso del “significato globale”, che Harari liquida frettolosamente, è lì, forse sviluppato in misura differente tra le varie persone.

La meditazione

Il libro sfugge, in parte, a queste critiche dedicando l’ultimo capitolo alla meditazione. Un capitolo molto bello, tra l’altro.

La butta lì, come racconto di un’esperienza personale che ha trovato vantaggiosa.

Giustamente fa notare che la meditazione, pur essendo nata in seno delle religioni non prevede nessun dogma o atto di fede, ma è un semplice strumento che abbiamo a disposizione per migliorare le nostre vite, la nostra capacità di attenzione. Un allenamento a usare meglio la mente.

Purtroppo, anche qui, nel tentativo di scrostare la pratica meditativa dal retaggio religioso finisce per togliere un po’ troppo. C’è uno sforzo di rendere la meditazione un fatto razionale, e credo sia decisamente sbagliato. Indipendentemente dal fatto che un Dio esista o meno, e dal fatto che questa pratica possa metterci in comunicazione con lui, c’è molto, molto che non comprendiamo, su cui la meditazione getta un po’ di luce. Forse questo molto riguarda la comunicazione con gli altri esseri viventi, forse col passato della nostra specie. Forse sono anticipazioni confuse di cose su cui un giorno la scienza saprà fare piena luce.

In ogni caso io non vorrei perdermi tutto questo.

Non capiremo mai il senso della vita, ma il desiderio di capire ce l’abbiamo, e proprio quello dovrebbe diventare la nostra bussola.

L’Hallelujah di Leonard Cohen

Davide guarda Betsabea che fa il bagno. Louis-Jean-François Lagrenée, Public domain, via Wikimedia Commons
Davide guarda Betsabea che fa il bagno. Louis-Jean-François Lagrenée, Public domain, via Wikimedia Commons

Buon 2022. Wow, prima volta che lo scrivo.

Se non altro come proposito di inizio anno vale la pena scrivere qualcosa su questo blog, abbandonato a se stesso ormai da troppo tempo.

Parleremo di una canzone: Hallelujah di Leonard Cohen.

In questi giorni ho riascoltato diverse volte questo bellissimo brano. Credo di essermela ritrovata in qualche playlist natalizia che mettevo per inondare la casa di aria di feste.

Una canzone stranamente/vagamente religiosa. Pare sia molto usata per matrimoni e funerali (al mio la metterei). Finora, avendone capito qualche parola qui e là, ho avuto l’impressione che questo uso pseudo religioso fosse per lo meno incauto. Ho dovuto in qualche modo ricredermi.

A furia di riascoltarla mi è venuta voglia di capire bene di cosa parla, ho cercato il testo, e ho letto un bell’articolo di Alan Light, sulla rivista RollingStones che ne parla.

L’articolo è un estratto di un intero libro che l’autore ha dedicato alla canzone. Voglio raccontare qui quello che mi ha colpito e qualche mia riflessione.

Versioni

La canzone è stata incisa per la prima volta nell’album Various Positions nel 1984. È stata poi cantata da tantissimi altri, compreso lo stesso Cohen in varie occasioni. Quello che stupisce immediatamente è che il testo della prima incisione è diverso da quello delle altre, sembra che l’autore si sia sforzato di rendere il significato della canzone un po’ più comprensibile nelle versioni successive. In alcune versioni ci sono strofe rimosse.

La versione che preferisco è la prima, sia come testo che per la parte musicale (viene eseguita molto lentamente, sembra una meditazione, coi colpi di basso che aggiungono un cuore pulsante alla voce sensuale e sognante di Cohen).

Questa versione si può ascoltare qui.

Struttura e traduzione

Anzitutto si tratta di uno di quei bellissimi pezzi di musica che raccontano se stessi, un po’ come Si Re Si Re Si Mi Si Mi, solo che qui il testo non narra la melodia ma l’armonia, la progressione degli accordi, che è quello che rende la canzone così bella. Infatti piaceva addirittura a Dio, dice l’autore, ma andiamo con ordine.

Davide e la musica

Gerard van Honthorst, Public domain, via Wikimedia Commons
Gerard van Honthorst, Public domain, via Wikimedia Commons

Quasi tutte le versioni iniziano con una citazione biblica (Primo libro di Samuele, capitolo 16 versetto 23), il racconto di Davide che scaccia gli spiriti cattivi da Saul con la sua musica.

Now I’ve heard there was a secret chord

That David played, and it pleased the Lord

Ho sentito di questo accordo segreto che suonava Davide e piaceva al Signore

But you don’t really care for music, do you?

Ma a te non interessa tanto la musica, vero ?

Qui Cohen sembra parlare a una ragazza che cerca di sedurre con la sua musica, ma scopre che lei è interessata ad altro. E comunque ci prova a coinvolgerla in questa sua passione musicale e le racconta com’era questo accordo, come fosse stato lì, come se lui stesso fosse Davide.

It goes like this

The fourth, the fifth

The minor fall, the major lift

Fa così: la quarta, la quinta, casca sul minore, risale sul maggiore

Gli accordi qui sono, in tonalità Do maggiore (ho trovato sia una partitura per chitarra in Do che una per piano in Do#, non so quale sia quella originale): FA maggiore (che è la quarta del Do), Sol maggiore (la quinta), La minore, FA maggiore.

The baffled king composing Hallelujah

Il re sorpreso, sconcertato mentre compone l’Alleluia

Qui sembra riferirsi al processo creativo in sé. Il compositore, l’artista non crea la sua opera, questa appare quasi casualmente, lui ne è solo il tramite, e ne è il giudice, la riconosce come buona e la solidifica, la condivide, ma lui stesso ne rimane stupito.

Passioni Pericolose

Peter Paul Rubens, Public domain, via Wikimedia Commons
Peter Paul Rubens, Public domain, via Wikimedia Commons

Di nuovo una strofa presente in tutte le versioni. Di nuovo due citazioni bibliche, fuse tra loro, come fossero la stessa vicenda. E lo sono, in qualche modo: due uomini potenti che perdono la testa per due donne bellissime. Un po’ Kennedy/Monroe o Clinton/Lewinsky, o Berlusconi/Ruby.

Le citazioni parlano di Davide che vede dal tetto la bella Betsabea che fa il bagno e si innamora di lei (Secondo libro di Samuele, capitolo 11 versetto 2) e di Sansone (Libro dei Giudici, capitolo 16, versetti 4-21) che viene sedotto da Dalila e le rivela che il segreto della sua forza sta nel non essersi mai tagliato i capelli. Dalila, pagata dai Filistei, lo addormenta, lo lega, gli taglia i capelli.

Your faith was strong but you needed proof

You saw her bathing on the roof

Her beauty and the moonlight overthrew you

La tua fede era forte, ma volevi delle prove. L’hai vista dal tetto che faceva il bagno. La sua bellezza e la luce della luna ti hanno rovesciato

She tied you to a kitchen chair

She broke your throne, and she cut your hair

And from your lips she drew the Hallelujah

Ti ha legato alla sedia della cucina. Ha spaccato il tuo trono, ti ha tagliato i capelli. E dalle tue labbra ha tirato fuori un Alleluja

In quella sedia da cucina c’è forse un ricordo personale. Bellissimo quell’Alleluia tirato fuori dalle labbra di un uomo umiliato, sconfitto, ma comunque estatico, felice.

Cohen sembra qui sottolineare che l’estasi passionale è di per sé il colmo dell’espressione umana, al di là delle conseguenze, al di là del fatto che sia un Alleluia sacro o profano (holy o broken, vedremo dopo), quella gioia tirata fuori dalle labbra è una delle cose più importanti che possiamo avere.

Versione originale

Quelle che seguono sono le due strofe presenti solo nella versione originale del 1984.

Qui Cohen fa una riflessione sull’operazione che ha fatto, quella di unire l’Alleluia sacro (Davide che prega) con quello profano. Sembra rivolgersi a un credente che lo accusa di blasfemia.

You say I took the name in vain

I don’t even know the name

But if I did, well really, what’s it to you?

Tu dici che l’ho nominato invano. Ma io nemmeno lo conosco quel nome. Ma anche se fosse, perché è così importante per te ?

There’s a blaze of light

In every word

It doesn’t matter which you heard

The holy or the broken Hallelujah

C’è una fiammata di luce in ogni parola. Non importa quale Alleluia hai sentito, quello sacro o quello rotto

Sta dicendo:

“Non posso essere un blasfemo, sono un ateo. Non ho nominato il nome di Dio invano, perché quel nome neanche lo conosco.

Ma anche se lo conoscessi, perché guardi a cosa significa per me e non piuttosto a cosa significa per te ?.

Ho scritto delle parole bellissime, sei tu che scegli se sono un inno al Signore o semplicemente all’essere umano”

I did my best, it wasn’t much

I couldn’t feel, so I tried to touch

I’ve told the truth, I didn’t come to fool you

Ho fatto del mio meglio, non era tanto. Non potevo sentire, così ho provato a toccare. Ho detto il vero, non sono venuto a prenderti in giro

And even though

It all went wrong

I’ll stand before the Lord of Song

With nothing on my tongue but Hallelujah

E anche se fosse tutto andato male, se l’operazione non mi fosse riuscita. Starò davanti al Dio delle canzoni con nient’altro sulla lingua che Alleluia

Trovo bellissimo questo accenno al sentire o toccare. Sentire Dio, si parla di questo. Non è da tutti, forse è genetico. Ma chi non può sentire Lui può toccare la Sua creazione, e comunque gridare un’Alleluia.

Alla fine la canzone dice questo

Non ti parlo di Dio perché non lo conosco, non son sicuro che esista.

Non ti parlo dell’amore perché quello che ne ho capito è che puoi uccidere chi ti attira di più (da una delle versioni alternative).

Ti posso parlare della musica, che forse riesce a collegare il meglio dell’amore per Dio e dell’amore umano.

E a raccontarli.