O Pedrouzo

L’ultima tappa prima di Santiago, ancora 20 km e si conclude questa avventura.

Posto strano, piccolissimo. Credo che qui si veda più che altrove l’azione deformante che ha il Camino sui villaggi che attraversa. E non può che essere così visto il fiume di denaro che questa realtà trasporta.

Qui doveva esserci fino a non molti anni fa un’economia da paesino montano, tuttalpiù con qualche alberghetto destinato a turisti amanti delle passeggiate o della pesca (c’è un grosso negozio del settore). Ora non c’è una casa che non abbia attaccato alla porta il cartello “Pensione”. La strada principale, una delle poche strade del paese, è una fila ininterrotta di ristoranti per tutte le tasche. E tutto questo considerando che i pellegrini che si fermano qui non devono essere moltissimi, da Arzua a Santiago sono 38 km, e non credo siano pochi quelli abbastanza allenati da saltare quest’ultimo passo.

il percorso

Passeggiata sotto la pioggia stamattina, quasi costante, e temperatura decisamente fredda. Mi sono beccato una mezza congestione bevendo una birra gelata in un posto in cui mi ero fermato a prendere fiato. Vabbè, incidenti di Camino.

I volontari di Don Fabio

Poco prima dell’arrivo c’era il solito gruppo di volontari che ti invitava ad andare a messa, praticamente l’unica attrazione qui. Mi sono fermato a parlare un po’ con loro, erano italiani. Parlavano di questo Don Fabio come di una specie di guru. Con due princípi, a uno dei quali a quanto pare, ho già inconsapevolmente aderito: per il Camino si parte da soli. Il secondo principio è che se quando arrivi a casa stai ancora bene devi tornare. Lo so, è un po’ confuso, ma è quello che ho capito. Questi volontari sono tornati. Forse si torna per capire bene il secondo principio. Non so.

la seconda casa del filosofo

Sono passato davanti a un’altra casa dello stesso filosofo che spiegava la Bibbia. Si vede che rende. Soliti cartelli appesi, ma ce n’era anche uno con citazioni di vari scrittori sul significato del viaggiare. Bello.

l’argentino

Un terzo spunto spirituale della giornata è stato passare davanti a un posto, una bella tettoia ad uso camminatori-che-si-devono-fermare-mentre-piove. Sotto la tettoia si è insediato un tipo con la barba, argentino, che ha scritto un libro sulla sua esperienza del Camino. Lo tiene esposto, tradotto in un paio di lingue, su un banchetto con incensi, caramelle e cassettina per le offerte. Gli ho lasciato due euro e preso un segnalibro col link, magari lo andrò a cercare. Ho letto qualche frase in una pagina aperta a caso e non mi spiaceva.

Potrei tornare e aprire un banchetto in cui pubblicizzo il mio blog. L’argentino è lì da nove anni, dice.

gli abitanti del Camino

C’è molta gente che vive sul Camino e del Camino. Voglio dire, a parte i professionisti, i padroni degli albergue, hotel, pensioni, ristoranti e negozi. Ci sono tante realtà minuscole, precarie. Dal tipo di Santiago che faceva il Camino al contrario andando ad Assisi, suonando la chitarra e raccogliendo elemosine, ai tanti con un banchetto in cui ti offrono frutta o da bere in cambio di quello che vuoi.

vivere da Cristiani

Comunque alla messa di Don Fabio non ci sono andato. Riflettevo però sul significato religioso del Camino. C’è un aspetto che non mi sembra venga citato, anche se da una predica in spagnolo potrei essermelo perso. C’è qualcosa di autenticamente Cristiano nel camminare. In fondo tutto il racconto del Vangelo, anche attraverso le varie sfaccettature dei quattro narratori è il racconto di una camminata. Gesù non fa altro che spostarsi da un paese all’altro, e incontra gente che si mette a camminare con lui perché dice cose interessanti, cose di vita eterna, cose sul significato della vita (evidentemente gli altri parlavano solo di pesci, sport e figa).

A me non si è radunato intorno ancora nessuno, ma c’è ancora una tappa.

E poi c’è il discorso della precarietà. Il succo del discorso di Gesù è “non preoccupatevi”. Del domani, di cosa mangerete, di dove dormirete, neanche del fatto che stiano per arrestarvi e condannarvi a morte. Dio veste da principi i fiori e riempie la pancia agli uccellini, cosa non farà per i suoi figli.

Ecco, credo che il Camino in origine simboleggiasse questo. Fosse un momento in cui, pure se con qualche rete di protezione, si poteva sperimentare uno stile di vita più Cristiano. Che in soldoni vuol dire più precario, con meno sicurezze.

Per rispondere alla domanda di Vic nel suo bel commento al post precedente, direi che forse cercavo questo. E non c’è più. O forse non ho avuto il coraggio di provarci fino in fondo. Forse il Camino lo si fa più volte per questo, per farlo meglio da questo punto di vista, per farlo abbandonando sempre più certezze.

feldenkrais

Ma c’è dell’altro. O forse è la stessa cosa, ma vista da un punto di vista più razionale.

Tra le cose che ho letto di Moshe Feldenkrais mi ha colpito in particolare il fatto di spostare i confini del nostro sè. Quando pensiamo ai confini del nostro essere, ai pezzi che possiamo comandare o attraverso cui riceviamo stimoli dal mondo esterno, pensiamo generalmente alla pelle. Feldenkrais sposta questo limite al sistema nervoso. Tutto quello che è fuori è in qualche modo parte del mondo esterno, e questo vuol dire che lo possiamo manipolare, cambiare.

Nel corso della nostra vita non facciamo altro che imparare, il nostro sistema nervoso non fa altro che imparare ad interagire con questo mondo esterno di cui fa parte una discreta parte del nostro stesso corpo.

E possiamo imparare male, imparare modi sbagliati di interagire, coi nostri muscoli, ma anche con le altre persone, col mondo in generale. Il metodo che Feldenkrais propone, a livello fisico, consiste nel farti sperimentare nuove possibilità. Prendere coscienza di muscoli che non sapevi neanche di avere, ad esempio.

Ecco, penso che un’esperienza come il Camino de Santiago rientri in qualche modo in questo tipo di operazione. Un periodo di tempo in cui fai una vita completamente diversa. Un momento in cui il tuo sistema nervoso perde tutte le consuetudini di riferimento. Vedi persone diverse, abiti in posti diversi, con molte meno comodità e sicurezze, ti costringi a un’attività fisica inconsueta, restringi i tuoi averi a quel poco che puoi portare in uno zaino. Sei di fatto costretto a re-imparare a vivere. O almeno ti viene presentato un possibile modo diverso in cui si può vivere. Alla fine avrai preso coscienza di queste nuove possibilità, come fossero muscoli di cui non sospettavi l’esistenza, e magari qualcosa si integrerà nella tua vita normale.

i sorrisi

E poi i sorrisi.

La cosa più bella del Camino è che è un posto in cui la gente si sorride. Non sempre, ma quei “Buen Camino” sono quasi sempre accompagnati da un sorriso. Un modo di dirsi con gli occhi “Che figata essere qui. Che bello che ci sia anche tu”.

le amicizie

Laura mi ha fatto notare che il protagonista de “L’amore ai tempi del colera” si chiama Firmino, non Celestino, che è quello della profezia. L’ho letto tanto tempo fa, si vede che è ora di rileggerlo, è un libro bellissimo.

Cristina é arrivata a Sarria e dice che mi sono perso la parte più bella del Camino. Un motivo in più per tornarci.

Connie è a Ligonde, una sessantina di km da qui. Chissà, forse arriva a Santiago che sono ancora lì, mi piacerebbe salutarla prima di tornare a casa.

Queste nuove amicizie sono state il regalo più bello che il Camino potesse farmi.

Vic

E con questo spero di aver risposto a Vic 😁

foto

Colazione ad Arzua
Colazione ad Arzua
Spuntino per strada
Spuntino per strada
Il posto della semi congestione da birra gelata
Il posto della semi congestione da birra gelata
La birra gelata
La birra gelata
Appendiabiti con gli isolatori da alta tensione
Appendiabiti con gli isolatori da alta tensione
Le citazioni sui viaggi sulla seconda casa del filosofo
Le citazioni sui viaggi sulla seconda casa del filosofo
Il banchetto dell’argentino
Il banchetto dell’argentino
Una pagina del libro dell’argentino
Una pagina del libro dell’argentino
Scorcio di O Pedrouzo
Scorcio di O Pedrouzo
Chiesa di O Pedrouzo
Chiesa di O Pedrouzo
Casa con pecore a O Pedrouzo
Casa con pecore a O Pedrouzo
Pezzi poco pellegrini di un ristorante a O Pedrouzo
Pezzi poco pellegrini di un ristorante a O Pedrouzo
Una dottoressa austriaca che mi ha fatto la foto seguente. Ha fatto il Camino del Norte partendo da Bilbao il primo maggio. Dice che c’è molta meno gente.
Una dottoressa austriaca che mi ha fatto la foto seguente. Ha fatto il Camino del Norte partendo da Bilbao il primo maggio. Dice che c’è molta meno gente.
La foto che mi ha fatto la dottoressa austriaca
La foto che mi ha fatto la dottoressa austriaca

9 risposte a “O Pedrouzo”

  1. Sì, mi hai risposto Vins.
    E molto bene, as usual.

    Riguardo il “radunartisi intorno”, mi deludi! Ti paragoni al Messia, ma tu sei in vantaggio rispetto a Lui! (Dio mi perdoni 🙂 ).
    Gesù non aveva un blog in tempo reale, mentre intorno a te ci raduniamo ogni giorno quelli che leggiamo i tuoi articoli. E spero siamo più di 12, …anche se spesso ci sono solo io a spammare con i miei commenti più o meno sciocchi. 😀

    Molto meno sciocche sono le tue considerazioni che hai esposto in questo post.
    Apprezzo tantissimo la tua visione del vivere da Cristiano, in continua e proficua precarietà.
    E interessanti sono anche le idee di Feldenkrais. Dovrai consigliarmi un libro, quando ci vediamo.
    Quando ci vediamo?

  2. Il nostro sistema nervoso è più intelligente di noi diceva M. Feldenkrais. Si perché ha la capacità di imparare, sempre. Ma è anche un risparmiatore e maniaco dell’ordine, e così ogni volta che ripetiamo un’azione crea delle sinapsi e se la ripetiamo tante volte quelle sinapsi diventano ‘più forti”: le abitudini. E guai se non fosse così, questo ci permette di fare azioni quotidiane senza pensarci e per il sistema nervoso vuol dire un grande risparmio di energia e per noi la possibilità di portare l’attenzione ad altro. Quando apriamo la porta di casa, non pensiamo ogni volta a com’è fatta la maniglia e a come la dobbiamo afferrare per riuscire nell’intento e così per altre azioni più complesse come guidare una macchina.
    Le abitudini però si formano in un particolare periodo della vita e noi siamo in continuo cambiamento, quello che andava bene in passato, ora non lo è più.
    Come facciamo a cambiarle?

    Ingannando il sistema nervoso, o meglio disorientandolo portandogli qualcosa di nuovo, e il ‘Camino’ è sicuramente un bell’inganno 😉

    buona continuazione!

  3. Comunque sui sentieri alle persone che incontri spesso sorridi e dalle stesse ricevi in cambio sorrisi. Qualunque sia il sentiero. Dirò di più: negli ultimi 10 anni, le persone più interessanti che ho conosciuto le ho conosciute camminando (nonché camminando ho stretto qualche nuova (vera) amicizia)
    Riguardo al perché del camminare, le tue riflessioni sono interessanti, mi sa che devo recuperare i tuoi precedenti articoli (sono arrivato in ritardo lo so).

    1. Sì, molte delle cose che ho scritto immagino le si ritrovino in ogni cammino, qui credo però ci sia qualcosa di particolare, un misto di religiosità, storia, economia, moda che rende questo posto unico.

  4. Ciao Enzo, vorrei aggiungere che ciò che hai scritto qui sul Metodo Feldenkrais ha richiamato alla mia mente – credo per associazione – l’attrattore di Lorentz, che pare quasi essere un’ottima rappresentazione dei nostri comportamenti ripetitivi… Grazie per aver stimolato in me alcune riflessioni interessanti, di cui sentivo la necessità. Maja

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