Quinta Crociata

Ritirata

È caduto.

Sto guardando quello col surf, sembrava bravo. Probabilmente anche quelli bravi cadono.

Incredibile come basti una sedia di plastica sulla spiaggia per creare un momento magico. Il sole e un venticello leggero che ti accarezzano, il rumore e il profumo delle onde. E quelli che passano. Adesso due arabi che parlottano, uno a piedi nudi. Un altro dietro coi capelli bianchi e gli occhiali da sole, cammina più veloce, li sta raggiungendo. Adesso uno più giovane in canottiera, la felpa annodata alla cintura. La gente è vestita pesante in genere. Prima una ragazza è stata per un po’ a guardare il mare con la schiena appoggiata al palo che dice “SWIMMING PROHIBITED”. Lo dice anche in arabo e in ebraico. Credo. Uno pensa di essere circondato da tante stele di Rosetta, ma magari non è così. In arabo potrebbe dire “ma guarda ‘sti coglioni che stanno tutto il tempo a fare una mazza e guardare il mare”. E in ebraico: “Ehi arabo! Guarda che ho capito!”.

L’altoparlante sta dicendo di uscire dall’acqua in tutte le lingue. Credo. Stelo è uno stelo anche lui.

Fabri e Dona si sono alzati presto e sono andati in giro. Lory è andata a sedersi da qualche parte qua dietro. Tra un po’ dobbiamo liberare l’appartamento e un taxi ci porta al Ben Gurion. Pare ci siano controlli lunghissimi, dicono di andare lì tre ore prima.

Il nome dell’aeroporto richiama parecchi film di spionaggio.

Ora passa uno che corre, va da destra verso sinistra, fisico asciutto. Prima ne è passato uno bello grassottello che andava da sinistra verso destra. Ne potremmo dedurre che lì a destra ci sia qualcosa che fa dimagrire.

Lory si è alzata ed è lì davanti che si fa un selfie col mare. Si è seduta anche lei su una delle sedie di plastica. Chissà chi le ha messe.

Staremmo volentieri qui per sempre.

Quarta Crociata

A casa di Tom e Alina

A Tel Aviv alla densità di rabbini che vedevamo a Gerusalemme si sostituisce quella delle reti wifi. La password del nostro wifi è il numero di telefono di Alina, servisse.

All’autista del taxi Tel Aviv non piace perchè non c’è niente. “There is only the beach”. Vedremo. D’altra parte per lui sono importanti solo i luoghi sacri della cristianità: lui vive di quello. Quando contrattavamo il prezzo ha tenuto a farci sapere che lavora molto a Milano coi francescani, e ci ha chiesto se eravamo cristiani, quasi come patente per essere accolti nel suo taxi.

Cena

Enzo: – Guarda! C’è un Pizza Hut.

Edo: –

Enzo: – Ma è la catena di pizze più famosa al mondo.

Edo: È anche famosa tra gli italiani per fare schifo.

Enzo: Gli italiani hanno la puzza sotto il naso.

Edo: Hanno la pizza sotto il naso.

È finita ad hamburger.

Spesa

Ieri abbiamo comprato un po’ di roba al supermercato. La cosa essenziale erano le cialde per la macchinetta del caffè, ma le ho sbagliate (credevo che le nes-qualcosa fossero tutte uguali, invece le nescafè che ho preso io sono più grandi delle nespresso che accetta la macchinetta). Quindi colazione al bar, c’era un altro gruppo di italiani: siamo dovunque.

Davanti al bar era scoppiato un idrante.

Nella nostra strada, due isolati più in là c’è una casa che somiglia alla Pedrera di Gaudì

Old Jaffa

(ma si dice iafo)

Abbiamo affittato le bici e ci siamo fatti tutto il lungo mare fino alla città vecchia.

Bellissimo.

Ci sono ogni tanto degli spot con macchine da fitness all’aperto (tipo i giochi dei bimbi, ma per grandi, e ci giocano anche i bimbi): mi sembrerebbe un’ottima idea per tutte le città.

All’arrivo alla città vecchia le bici non sapevamo dove lasciarle: tutti gli slot occupati, eccetto tre che erano rotti (qualcuno si è preso le bici a forza, lasciando l’attacco dentro … siamo proprio dovunque).

Mercatini

C’era questo ragazzo simpaticissimo a cui abbiamo lasciato un capitale per dei ninnoli che costavano meno della metà alla bancarella dopo.

E c’era questo negozio di cose artistiche tenuto da due brasiliani a cui abbiamo lasciato cinque capitali per delle donne lunghe di legno e delle galline di terracotta.

Due passi e sei nel mercatino delle pulci, in cui vendono scarpe usate e simili.

Estrema povertà e estrema ricchezza convivono spalla a spalla. Ma è comunque una povertà dignitosa, sguardi segnati e profondi.

Si mangia

Siamo finiti in un posto caro, spero sia buono.

Buonissimo in effetti. È la prima volta che mangio dei falafel che non sono secchi dentro. Davvero buoni. E il cameriere mi ha fatto i complimenti per la scelta.

Stanchi

Ho comprato una tastiera bluetooth con layout israeliano. Non che ci tenessi alla seconda cosa, anche se fa molto “Ce l’ho da quando ero nel Mossad”, l’ho presa per il bt, e ho messo il layout US international, ma per il momento non ho la mappatura dei caratteri accentati, trovero’ il modo. Comunque e’ una figata.

Alla fine, caro tassista, anche se a Tel Aviv ci fosse solo la spiaggia varrebbe la pena venirci e forse viverci (non fosse così costosa … ). Ci siamo divertiti un sacco con le bici, abbiamo girato per i negozi, speso altri due capitali in ninnoli, e visitato la zona con gli edifici bauhaus.

Ci sono un sacco di negozi che vendono oggetti artistici, anche molto belli.

Muezzin

Alla fine avevo capito male, pensavo che, a parte la zona di Gerusalemme che era condivisa tra le tre religioni monoteistice il resto di Israele fosse rigorosamente ebraico.

Invece il miscuglio continua anche qui, la città vecchi è piena di arabi, e ci sono ovunque torrette coi muezzin che cantano. E molte chiese cristiane, in genere antiche.

Cena

Edo ha scelto un ristorante vegano, abbiamo tipo attraversato il mar rosso per arrivarci, ma vedendolo ci è sembrato un po’ tristino, abbiamo scelto la creperie di fianco, tristina anche lei, ma un po’ meno.

A me ‘sta cosa che non si possa avere una crepe prosciutto e formaggio dà fastidio.

Terza Crociata

Oggi ci sarebbe piaciuto andare a Betlemme, ma pare si debba andare fino al confine in taxi, attraversare a piedi uno o due posti di blocco e prendere un mezzo dall’altra parte. Viceversa al ritorno. Troppo: non ci andremo.

Piove e fa freddo. Andremo al monte degli ulivi, in taxi forse.

Intanto lasciamo il Post, mi spiace.

È passata una ad invitarci a una seduta di yoga e meditazione per digerire, mi sa che ci vado.

Prese

Ci sono le prese quasi come in Italia (comunque compatibili coi caricatori).

Taxi

Sembra che i Taxi girino, ma al sabato costano il doppio.

Sa che prendiamo un pullman. Io avrei preferito andare a piedi.

Pulman

Bisogna prendere il 275. Gentilissimi per le indicazioni. Il biglietto costa circa un euro e paghi quando vuoi: puoi pagare mentre sali, se l’autista è già lì, oppure prima di uscire, oppure ti alzi durante la corsa, mentre l’autista sta guidando, vai da lui, lui smette di guidare (il bus non smette di andare avanti), gli dai i soldi e lui ti dà il biglietto e il resto.

Fermate

Il concetto di fermata è virtuale. Le fermate ci sono, Edo con moovit le vedeva ed ha anche capito dove scendere. Qualcuno aspettava il pullman in strada e l’autista si è fermato e l’ha fatto salire, ed ha anche fatto scendere gente (al volo, con la porta aperta senza fermarsi, devo dire). Ma nei posti in cui la gente saliva e scendeva non c’era nessun segnale. Si sa che lì c’è una fermata.

Monte degli olivi

Non c’è niente. Si vede Gerusalemme dall’altra parte della valletta. Un cimitero di lapidi senza foto, qualcuna senza nome. Riscendiamo in pullman.

Spianata delle moschee.

Tentiamo di andarci, non so cos’è.

Ehi, ferma mentre sto scrivendo mi ha circondato un gruppo di giapponesi con guida. Si sono seduti sulle panchine attorno alla mia (qualcuno anche sulla mia) e hanno letto insieme ad alta voce, in inglese, il vangelo del paralitico di Bethesda (sono di fronte alla piscina), ora la guida (deve essere un prete) sta spiegando il miracolo paragonando la malattia al peccato. Ora continuano a leggere. Forse non sono giapponesi, asiatici comunque. Ho proprio la guida che mi parla nelle orecchie, situazione un po’ strana, ma qui è tutto strano. Il prete sta ripetendo la storia che Gesù ci salva dal peccato originale. Come ha preso piede ‘sta storia, non c’entra niente col vangelo. Se Gesù apparisse qui adesso lo prenderebbe a ombrellate in testa.

Cantano Amazing Grace. Intonati. Amen. Se ne vanno. Ho chiesto a una di loro: erano di Singapore.

Dicevo che volevamo andare alla spianata delle moschee, ma non ti ci fanno andare, non so perché, sembra che oggi sia chiuso.

Souvenirs

Ci siamo fatti l’ennesima traversata del mercato nella città vecchia. Camminando a velocità pollo-da-spennare, ne siamo usciti con due ombrelli, un mezuzah (oggetto di culto ebraico), due magnetini shalom da frigorifero, un paio di reebook per Lory (“le scarpe più comode che abbia mai avuto”) e svariati shekel di meno in tasca.

Cenacolo No

Abbiamo incrociato un gruppo di italiani di Pisa e del Lago di Garda. Andavano al cenacolo. Li abbiamo seguiti per un’ora, sbagliando strada varie volte. Avevano la stessa guida di Fabrizio e Dona.

Alla fine siamo arrivati ad un rockfeller museum all’interno del quale ci doveva essere il cenacolo, ma non ho capito perchè non ci siamo andati … troppo stanco.

Getsemani (ma lo scrivono diverso)

Eravamo sulla strada e ci siamo trascinati fin lì.

Strana cosa questi posti simbolo. Come fai a conservare per duemila anni un albero d’ulivo, la sala di un ristorante, una mangiatoia, una piscina ? Ci costruisci una chiesa, magari qualche centinaio di anni dopo, e quella chiesa va in rovina e allora gliene fai un’altra sopra e va in rovina anche quella, e allora un’altro gruppo di fissati né fa un’altra sopra la tua e allora ti metti a bisticciare con questi qua dicendo che il posto era prima tuo …

In questi posti ci vedi qualcosa solo se ce l’hai dentro, sono come le fermate virtuali del pullman.

Verso Tel Aviv

Usciti dal Getzemani abbiamo trovato un taxi, che per 700 shekel ci ha portati a Tel Aviv. Insisteva per portarci a Betlemme, dice che lui faceva servizio religioso e al confine non lo fermavano. Gli ho detto che eravamo stanchi e comunque a Betlemme avremmo visto solo un’altra chiesa. No, secondo lui c’era proprio la mangiatoia, quella mangiatoia

Seconda Crociata

Mercato

Siamo andati al Mahanè Yehuda Maeket. In teoria c’eravamo già stati ieri sera perché abbiamo cenato lì vicino, ma il mercato era chiuso.

Io ho sempre avuto un rapporto conflittuale coi mercati, come con tutti i posti in cui le code non sono ben definite e la gente urla, ma devo dire che sia questo che quello di Barcellona mi sono piaciuti. Vendono molto street food, in effetti c’è più quello che prodotti da portar via. Ed è molto dedicato ai turisti, anche se gente locale ce n’è tanta. Un sacco di semi, noci, fragole enormi, melograni ancora più enormi e pompelmoni. E coppolette di lana, e succhi d’arancia e melograno, e dolci molto invitanti.

Commozione

Comunque ripensando al museo, sono uscito con gli occhi lucidi, anche altri.

Non mi sembra cosa da poco, per un evento così lontano nel tempo e di cui si è ormai sentito parlare in tutte le salse. Ma rimangono impressi gli oggetti appartenuti alle persone, le foto che avevano in tasca. La vasca con le scarpe delle vittime colpisce molto. La struttura stessa dell’edificio trasmette angoscia: questo lungo procedere verso l’uscita che vedi dall’inizio, ma il cammino è ostacolato da mille trincee che dovrai attraversare. Bravi, davvero bravi.

Anche il procedere del racconto è un crescendo di angoscia e orrore: l’incredulità, all’inizio, per la teoria sulla razza, che bolleresti come semplicemente ridicola, poi i ghetti, le deportazioni, i campi di sterminio, la marcia della morte, gli uomini scheletro recuperati dai lager.

Ho comprato una graphic novel basata sul diario di Anna Frank.

Muro del pianto

Doveva esserci una preghiera per l’inizio dello shabat. L’abbiamo mancata credo, perché siamo stati un po’ lì, non succedeva granché e siamo andati via. Eravamo già lontani che abbiamo sentito dei canti, anche belli, dagli altoparlanti in giro per la città, peccato.

Comunque mentre eravamo lì abbiamo assistito a quella che, capisco ora, era la preparazione.

C’era gente che pregava contro il muro. Uno che si buttava contro il muro, facendosi male direi, e un altro che cercava di fermarlo.

Un gruppo numeroso era disposto in due cerchi concentrici e danzava cantando. Bello vedere gente che canta e danza, anche se è stato inquietante accorgersi che la metà dei danzanti era in tuta mimetica, con un mitra appeso alla spalla e una pistola alla cintura.

Mitra

La visione dei mitra è ricorrente. Nella piazza del muro del pianto c’era un discreto numero di soldati, senza contare che devi attraversare un controllo di sicurezza per entrare (ti aprono zaini e borse senza farsi problemi). Girando per la città vecchia è frequente trovare coppie di soldati, giovani, in genere un ragazzo e una ragazza col mitra in spalla e uno schermo dietro cui rifugiarsi in caso di attacco. Una delle ragazze non dimostrava più di quindici anni.

Santo sepolcro

Sono davanti al santo sepolcro. Fa un’impressione simile a quella di Lourdes o altri luoghi dove la religiosità popolare impera. Per lo meno gli addobbi sono kitsch allo stesso modo.

Sarei contento di vedere davvero i posti in cui Gesù di Nazareth ha vissuto, i luoghi di cui si parla nei vangeli. Non so quanto possano essere questi. Ho idea che i primi cristiani avessero altre preoccupazioni, e dubbi su quello che era davvero successo, e non reputassero così importante il feticismo delle vestigia fisiche della vita di Gesù. Tutto qui è diventato luogo di culto in anni successivi.

Una nota positiva è che è uno dei pochi posti in cui tutta la cristianità si riconosce, in cui non è divisa per sottigliezze teologiche o di potere.

Prima Crociata

Il viaggio

Check-in

Forte! Al gate ci sono i rabbini con la barba e i cappelli strani. Devo capire come si chiamano, i cappelli, non i rabbini. Uno era tipo quelle coppolette dei cardinali, che non sai come stanno su. L’altro era così

Volo

Il video di ElAl per dirti come chiudere le cinture o dove sono le uscite è molto bello: usano un sacco di trovate per renderlo meno noioso (il mentalist col 7 di cuori che vedi alla fine, l’aereo di carta in prospettiva, la tipa che raccoglie l’ombra … insomma fantastico devo cercarlo su google)

Ora danno un film coi sottotitoli in ebraico (immagino che l’audio sia in inglese, immagino si debbano usare le cuffie per sentirlo, ma ora non ne ho voglia).

Prima si vedeva la cartina con l’aereo. Malpensa è a 2770km da Tel Aviv.

Chissà se ci danno da mangiare.

Pranzo

Appena l’ho scritto hanno portato dei panini si poteva scegliere tra sandwich all’arrosto e qualcosa che non ho capito. Ho risposto “sandwich”, ma ho scoperto che la seconda cosa era un sandwich anche lei, per cui non so quale delle due mi abbiano dato. Gusto strano. Forse è il cibo kosher. Lory l’ha avanzato.

Il rabbino blu

Davanti c’è uno con la coppoletta da cardinale, ma blu.

Sta in piedi, nel vano dove ripostigliano robe grosse. Ha appoggiato un tablet sul counter e legge. Credo stia pregando, tipo breviario.

Siamo arrivati

Mai visto un atterraggio così brutto.

Cena

In qualche modo siamo riusciti ad ordinare. Ho azzeccato lo starter, delle melanzane arrosto buonissime e sbagliato il secondo (agnello tritato nel pane pita, ma non avevo capito che lo tritavano). Dolci, buonissimi, musica arabo moderna fortissima.

Il Post Hostel è molto simpatico, tutto caruccio comunque (nel senso che costa tanto).

Notte di merda e colazione affollata.

Non ho chiuso occhio tutta la notte. Riscaldamento alto e piumone.

Colazione buffet con yogourt fiocchi e frutta buoni ma coda al caffè (c’erano anche uova al tegamino e verdura, magari domani provo).

È un posto con un bel feeling: oltre alle camere, che sono quello che sono, c’è questo grande spazio comune in cui oltre a mangiare la gente sta durante il giorno a leggere e ciaciarare. Ieri sera c’era su un divanetto un travestito bruttissimo con due coscione oscene di fuori, un po’ fatto credo, non sembrava molto presente. C’è anche musica live di sera. In media più giovani di noi gli ospiti.

Visita all’holocaust museum

Qui non ti fanno fotografare ma c’è il gioco The swastika’s Race to Victory, una specie di gioco dell’oca (da cui il passo probabilmente).

Ma Hitler non salutava col braccio allungato: faceva il braccino corto e alzava timidamente la manina in su.

Dà da pensare lo strappo psicologico subito dagli ebrei tedeschi che si erano integrati nella cultura tedesca. Questa li ha gradatamente estromessi e rifiutati.

Guardavo le foto di questi che hanno partecipato al meeting del 20 gennaio 1942 in cui è stata decisa la soluzione finale. Cercavo la cattiveria in quei volti, ma non c’è. Sembrano persone normali, pratiche, efficienti. Quelle che trovano le soluzioni, appunto. Qualche faccia un po’ più stupida forse, qualcuna più opportunista. Avremmo potuto esserci noi lì e avremmo fatto la stessa scelta.

Che incredibile organizzazione, pianificazione per questo sterminio.

Perché non si ripeta

Penseresti che sia di per sé cosa buona organizzare il lavoro di tante persone per un fine. Viene da pensare che i soldati avrebbero dovuto opporsi ad ordini inumani. Ma è anche di per sé un bene che molti possano eseguire ordini che non comprendono: è l’unico modo di sfruttare le decisioni dei pochi che sanno. In altri frangenti ha funzionato. Dov’è il male allora ? Cosa bisogna fare perché la pazzia non si ripeta ?

Forse un museo come questo può contribuire, ma penso che il problema alla base sia di prendere collettivamente coscienza del fatto che l’efficienza, la razionalità stessa sono solo strumenti, spesso limitati, non possono diventare fini. Non ha senso rincorrere il massimo dell’efficienza. I tedeschi di fatto hanno fatto questo. La supremazia raziale, pensiero disturbato, d’accordo, ma è ricerca di efficienza. Non è tanto il fine il pericolo, quanto l’utilizzo di uno strumento che quel fine aberrante non ti permette di mettere in discussione. L’efficienza è uno strumento, un’ arma, spesso a doppio taglio. Gli strumenti che ha senso usare per migliorare l’umanità sono ormonali, dolci, dubbiosi, disobbedienti. Hanno una loro anima, come il pennello del pittore o uno strumento musicale: l’artista può imprimere una sua direzione, una sua volontà solo accettando i limiti dello strumento e collaborando con esso.

Battutadelcazzo

Ma gli armeni dopo che li hanno sterminati si chiamano arfiù ?

Bici

Un sacco di bici elettriche pieghevoli in giro.

Non a pedalata assistita, con l’acceleratore. Molte col seggiolino porta bimbi, alcune con due. Tutte col portapacchi, son veramente usate al posto delle macchine.

Benché siamo capitati nei giorni più freddi che abbia visto questo paese da quando esiste ne girano molte.

Ebraico

Per creare questo linguaggio hanno acceso randomicamente i led di un display a sette segmenti, tutte le combinazioni che non avevano senso negli altri linguaggi le hanno messe in questo.