I 21 comandamenti

Il diavolo non esiste

Il Diavolo è sicuramente un soggetto interessante, ed è stato protagonista di straordinarie opere figurative e letterarie. Mi vengono in mente Dante e soprattutto Saramago col suo bellissimo “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”.

Ma, guardandolo dal punto di vista teologico/filosofico credo sia la prima cosa che uno rifiuta della religione Cristiana, appena inizia ad applicare un po’ di spirito critico.

Se si arriva da un’educazione cattolica è un po’ più difficile. Se ti riempiono la testa da piccolo con un sacco di dogmi senza senso, ma vedi tanti adulti intorno darle per scontate, la reazione immediata è del tipo “non capisco ancora, prima o poi capirò”. Poi, crescendo, ti accorgi che neanche gli adulti intorno capiscono davvero, semplicemente si fidano di qualcos’altro. Questo qualcos’altro inizialmente pensi, accetti, che sia Dio che ha rivelato a qualcuno tanto tempo fa delle cose che si sono tramandate nel tempo. Se cerchi di capire un po’ di più ti accorgi presto che molti di questi dogmi sono nati nel corso del tempo. Sono stati aggiunti al corpo dogmatico principale, non senza controversie, e che spesso sono frutto di atti legislativi tesi più a tenere in piedi un’organizzazione molto terrena, la Chiesa, che a interpretare il pensiero di un Dio.

In effetti il concetto del Diavolo è visto con sospetto da molti anche all’interno della Chiesa. Che lo si immagini come essere con le corna e gli zoccoli e padrone di un inferno incandescente, come vuole la cultura popolare e molta iconografia, o che lo si guardi in maniera più filosofica come potenza, Dio alternativo, che giustifica la presenza del male nel mondo, è un concetto che fa acqua da tutte le parti.

È un’idea che serve in tutte le religioni (o almeno quelle con qualche elemento di dualismo) a giustificare l’esistenza della sofferenza e delle tentazioni.

Se vogliamo pensare a Dio come a un essere immensamente buono, che ci ama, da dove nasce la sofferenza ? Come giustifichiamo un Dio che ci ha creati con la possibilità di soffrire ? Allora tanto buono non deve essere. E se ci ha creati lui perché è così difficile seguire le sue prescrizioni ? Deve essere colpa di qualcun altro. Inventiamolo.

Libertà

La risposta ufficiale a queste domande (l’ha data anche Papa Francesco nella sua recente intervista in TV, che non mi è piaciuta), è che Dio ha voluto lasciarci liberi di scegliere.

È una risposta che non condivido. Ma dai, Dio, mi metti davvero a giocare per qualche decennio in un videogame e, se perdo, mi fai vivere tutta l’eternità nella sofferenza ? Ma chi ti ha chiesto di farmi giocare ?

Senza contare che questa presunta libertà è tutta da dimostrare. Gli scienziati tendono a trovare un sacco di conferme all’idea che le nostre scelte siano perlopiù il risultato di reazioni chimiche tra gli elementi del nostro organismo. Queste reazioni sono condizionate dall’ambiente circostante, dalla nostra eredità genetica, dal microbioma (l’insieme dei batteri all’interno del corpo), dal viroma (l’insieme dei virus al nostro interno), dalla nostra educazione e posizione sociale.

Penso che la nostra libertà spesso si riduca a prendere coscienza di quali meccanismi, o stimoli, abbiano ispirato una determinata scelta.

Dualismo

Il dualismo poi crea problemi filosofici non da poco. Ammettiamo anche che esista il Diavolo e che il male sia opera sua, mentre Dio resta quello che vuole solo il nostro bene. Ok, ma quel Diavolo chi l’ha creato ? Se è davvero allo stesso livello di Dio, non creato da lui, vuol dire che Dio non è onnipotente, se l’ha creato lui mi ricorda Putin che dice “no, non voglio invadere l’Ucraina” mentre manda agenti provocatori a far scoppiare disordini per avere la scusa per l’invasione.

Insomma non se ne esce.

Ma serve

Però un Diavolo ci servirebbe.

Nelle religioni dualiste, o dualiste mascherate come il Cristianesimo, il Diavolo serve a giustificare la sofferenza e le tentazioni. A noi, agli uomini del nostro tempo, forse non serve più a quello.

Quanto alla sofferenza direi che la scienza ha ampiamente spiegato che il dolore, a livello del singolo organismo, è semplicemente la nostra bussola biologica per evitare situazioni dannose. La sofferenza, come il piacere, ci serve da rotaia per muoverci lungo il percorso su cui la nostra macchina organica funziona meglio. A livello sociale la sofferenza, intesa come tensione tra gli individui, la morte degli individui stessi, è la base del meccanismo evolutivo biologico. I singoli individui possono soffrire, vedere le loro possibilità restringersi fino a scomparire, per il bene della specie.

Ma non solo. L’umanità, con la sua evoluzione culturale prende in mano questi meccanismi ancestrali, e li migliora. La sofferenza dei singoli viene diminuita dalla medicina, dalla solidarietà, dall’educazione, la diplomazia e il commercio che evitano le guerre.

Quindi non ci serve più il concetto di Diavolo per giustificare la sofferenza, sappiamo cos’è e abbiamo un’idea su come gestirla.

Per quanto riguarda le tentazioni la cosa è più complicata.

Se accettiamo l’idea che il bene dell’umanità nel suo insieme è più importante di quello dei singoli individui, abbiamo bisogno di re-introdurre il concetto di peccato. Ci servono regole per comportamentali per il singolo per fare in modo che questo si adegui agli interessi della collettività.

Potremmo definire peccato qualsiasi comportamento individuale che favorisca il bene dell’individuo a scapito di quello della specie.

La cultura laica ha già accettato questa idea da secoli. I peccati più gravi sono puniti dalle leggi. Se ammazzo qualcuno perché ostacola i miei interessi, se rubo, se violento donne o bambini, se anche solo metto a rischio il benessere degli altri, ad esempio guidando un’auto troppo velocemente, vengo punito dalle leggi.

Altri peccati sono veicolati dal senso comune. Se non mi lavo e puzzo o non mi vesto decentemente, se non imparo un mestiere e non cerco un lavoro, se anziché dialogare urlo, se non ho un minimo di cultura, se non mi informo, se non dimostro un minimo di benevolenza e gentilezza verso gli altri, vengo automaticamente classificato dalla maggior parte delle persone che mi circondano come un sub umano. Vengo gradatamente estraniato dal contesto civile.

Ma chi definisce cosa è peccato e cosa no ?

Le religioni hanno giocato storicamente un ruolo importante in questo. Molti dei comportamenti sanzionati dalle leggi e dal senso comune arrivano direttamente da quello che la religione dominante in quel dato territorio riteneva peccato.

Quindi il Diavolo ci serve, non tanto per giustificare il concetto di tentazione (il fatto che l’individuo senta il proprio benessere in conflitto con quello della comunità), ma per analizzare queste dinamiche e definire quali comportamenti sono da considerare buoni e quali cattivi.

Forse Mosè sul Sinai ha parlato col Diavolo non con Dio, è più facile derivare norme comportamentali dal concetto di Male che da quello di Bene assoluto.

E allora ricreiamolo

Proviamo, allora, a ridefinire il concetto di Diavolo.

Guardando la storia umana dall’alto possiamo scorgere una direzione abbastanza definita su cui l’umanità si sta muovendo.

Vi consiglierei, a questo proposito, di leggere il libro “Sapiens. Da animali a dèi” di Yuval Noah Harari. Parlerò di questo libro in uno dei prossimo post, sto ancora mettendo a posto le mie note. È una carrellata dell’evoluzione della nostra specie negli ultimi 100 mila anni.

Harari identifica in questa evoluzione diversi filoni che, insieme, stanno portando l’umanità a diventare sempre più unita e sempre più sganciata dall’evoluzione biologica.

Credo che questa visione del sentiero che stiamo percorrendo possa essere accettata sia da un punto di vista laico che da quello di un credente. La direzione verso cui ci stiamo muovendo possiamo vederla sia come frutto di una casualità, sia come etero guidata da qualche intelligenza superiore. La percepiamo come incerta in entrambi i casi.

Se è oscuro il punto di arrivo è però abbastanza chiaro da cosa ci stiamo allontanando. Abbiamo favorito:

  • i comportamenti individuali che hanno portato all’unificazione di gruppi di individui in organizzazioni sempre più vaste.
  • i comportamenti dettati più dall’evoluzione culturale che dagli istinti di cui ci ha fornito l’evoluzione genetica.

Quindi definirei il Diavolo come uno dei poli che determina questa direzione. Ci stiamo allontanando da lì. Qualsiasi comportamento che ci riporti verso quel punto di partenza è da definire ispirato dal Diavolo e quindi peccato.

Qualsiasi comportamento che divida anziché unire.

Qualsiasi comportamento dovuto a scelte istintive, non mediate dalla consapevolezza di dove stiamo andando tutti insieme.

Possiamo ridefinire Dio nello stesso modo ?

Credo di no. L’evoluzione culturale ha lavorato per un tempo molto limitato, circa 50 mila anni, negli ultimi due o tre mila ha avuto una grande accelerazione che è diventata spaventosa nell’ultimo paio di secoli. Non è una linea retta e predire il futuro da quello che leggiamo nel passato è impossibile.

Secondo Harari tra non molte generazioni gli individui potrebbero essere talmente diversi da ora (grazie a biotecnologie, possibilità di impiantare coscienze su organismi non biologici etc.) che è impossibile immaginare il futuro dell’umanità (tenendo anche in conto la possibilità che la nostra specie si estingua in un disastro ecologico).

Quindi no, non possiamo definire Dio in questo modo. Come credenti possiamo accettare l’idea che esista, che parli nelle nostre coscienze, che ci guidi su un cammino che ha un senso, ma non possiamo capire più di questo. Come non credenti possiamo solo incrociare le dita.

I comandamenti

 

Stabilito qual’è la bussola, visto che negli ultimi 500 anni ci siamo mossi parecchio forse è il caso di riguardare la mappa e decidere da che parte andare. Potremmo risalire sul Sinai e riscrivere le tavole della legge, questa volta in digitale (Mosè si è limitato a 10 perché doveva scoprire sulla pietra con un martello, qui possiamo metterne un po’ di più).

Una lista stilata oggi potrebbe comprendere:

  1. Paga le tasse. Senza barare. Servono per migliorare la vita di tutti. Se sei uno dei fortunati che ha di più della media non sentirti sminuito dal dover dare di più a tua volta. Il mondo è stato generoso con te, ricambia con entusiasmo.
  2. Controlla come vengono usate le risorse comuni. Non firmare assegni in bianco ai politici, esigi trasparenza, informati, controlla, eleggi chi fa meglio per il bene di tutti.
  3. Esigi che i politici che eleggi lavorino per cedere sovranità, dove è possibile, a organizzazioni sempre più ampie. E controlla anche i politici di queste organizzazioni.
  4. Partecipa alla vita politica, se ne hai le capacità anche in prima persona.
  5. Coltiva il tuo potenziale. Studia, non solo a scuola, ma per tutta la vita.
  6. Cerca un lavoro, non farti mantenere se puoi. Cerca un lavoro che ti dia pienezza, che ti faccia usare tutte le tue capacità.
  7. Non sgomitare, cerca di non prevaricare sugli altri. In una disputa cerca il miglior compromesso per tutti. Nella contesa per un incarico riconosci il valore di chi è meglio di te e sostieni il tuo valore se sei tu il migliore. Cerca il bene comune non il tuo, devi comprendere il punto di vista degli altri e le loro capacità. E accetta che le decisioni prese insieme possano non essere sempre le migliori, una decisione sbagliata presa insieme è meglio di un conflitto perenne o di una scissione.
  8. Trovati degli amici. Non vivere senza relazioni. Un legame forte con alcune persone è un buon allenamento per creare legami con tutte le persone del mondo.
  9. Non accumulare ricchezze per paura del futuro. Il denaro, le risorse servono a spingere avanti il mondo e non possono farlo se non vengono scambiati. Rischia i tuoi averi, anche con l’obiettivo di moltiplicarli, ma mettili in gioco, finanzia imprese che ritieni utili. Se hai una casa in cui non abiti, anche per un periodo, affittala.
  10. Se hai un’idea per un progetto non partire da solo. Parlane ad altri e realizzatelo insieme. Condividi i guadagni e i rischi.
  11. Mira a comprendere sempre meglio te stesso. La tua salute, le tue capacità, i tuoi limiti.
  12. Ama l’arte. Leggi, ascolta musica, visita musei, impara a suonare uno strumento.
  13. Non nasconderti. Non fingerti diverso da quello che sei. Odia la privacy e spingi perché vengano cancellate le leggi che la sostengono. Quanto più gli individui sono trasparenti ed esposti al reciproco controllo/aiuto tanto più facile sarà creare una società che funzioni più come organismo che come insieme di individui isolati. Permetti che i tuoi averi, le tue scelte, anche il tuo DNA siano visibili ai ricercatori. E controlla che uso viene fatto di questi dati.
  14. Non sindacare sulle scelte politiche, sessuali, etiche altrui. Se hai idee diverse dialoga, cerca di trovare insieme agli altri le soluzioni migliori. Ma tieni presente che solo comportamenti individuali liberi (non costretti o inibiti dagli altri) hanno l’energia per sostenere una macchina sociale funzionante. In generale un comportamento scorretto è meglio di un individuo depresso, finché il danno che reca alla comunità non è elevato.
  15. Ridi, rilassati, divertiti, perdi tempo. Ed evita l’eccesso di tutte queste cose.
  16. Evita l’ansia, la fretta di raggiungere risultati, l’ambizione. Evita anche l’eccesso di pigrizia.
  17. Cammina molto. Non usare l’auto per andare dove basta una bici.
  18. Cerca momenti di riflessione. Medita regolarmente. La meditazione ti rimette in fase col mondo, e, se ci credi, con Dio.
  19. Non restare soffocato in una situazione, un lavoro, una relazione. Ma non gettare la spugna troppo in fretta. Anche riuscire a salvare un rapporto con una persona, trovare nuovi punti di intesa, migliorare un posto di lavoro è un bel risultato.
  20. Non fare più figli di quelli a cui puoi dare una vita decente e una buona educazione. Ai figli bisogna dedicare tempo, valuta quanto ne hai. Ma se possiedi risorse e tempo fanne.
  21. Cerca di capire quando la tua vita diventa solo più fonte di sofferenza per te e per gli altri. Quando ti rendi conto non hai più nulla da dare comincia a disfarti dei tuoi averi e lascia spazio agli altri.

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Photo by Chinnu Indrakumar on Unsplash
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L’attenzione sulla pancia

Qualche giorno fa è morto Thich Nhat Hanh e il mio amico Antonio ha messo su Facebook un video di Vito Mancuso che legge uno scritto di questo monaco buddista.

Il video è questo.

Ho trovato il brano straordinariamente bello. Anche il fatto che fosse offerto a delle persone in carcere mi ha dato da pensare. Uno strumento per affrontare tempi difficili.

Un suggerimento semplice per affrontare i momenti in cui rischiamo di perdere il controllo. Sicuramente utile. Però la meditazione non è solo questo per me. Quello che mi accorgo di cercare di più in questa pratica è una connessione. Non so con cosa o chi. Qualcosa. Qualcuno.

Mi sono ritagliato un momento per meditare alla sera, prima di andare a letto. Quando riesci a farlo diventare un’abitudine non puoi più farne a meno. Aspetto questo momento come la telefonata a un amante lontano che non hai potuto sentire tutto il giorno.

Preghiere

Il Papa da Fazio (ho detto qui che non mi è piaciuto, ma questa cosa l’ho apprezzata) ha descritto la preghiera come l’ansia di ricevere attenzione che prova un bambino verso il padre. Ansia che manifesta con continui “perché”, dove non è importante la risposta quanto il fatto che una risposta venga data.

Ansia di comunicare.

Certo anche ansia di essere riconosciuti, credo che il Papa sottolinei più questo aspetto. Ansia di essere degni di uno sguardo, di un po’ di tempo, di essere ascoltati. Ma anche curiosità per le risposte, in fondo quei “perché” ci sono. Quindi sì, ansia di comunicare.

Le notifiche del cellulare

Quando il cellulare emette la notina per dirti che c’è un nuovo messaggio da leggere innesca una scarica di qualche ormone che dà piacere.

Non so che ormone sia. Dopamina ? Comunque è molto evidente, e se ne diventa facilmente dipendenti. Dipendenti al punto che tendiamo a prendere in mano il cellulare tante volte durante il giorno, per vedere se qualche notifica ce la siamo persa. Magari c’è qualche messaggio che è li che aspetta di essere letto. Qualche notizia interessante. Qualche app da aggiornare. Qualche acquisto online che sta per essere spedito.

E anche queste sensazioni sono facilmente identificabili se ci facciamo caso. Sensazioni un po’ simili all’ansia, alla sete.

Ci ho messo un po’ a capire che erano simili alla sensazione di cui dicevo sopra, quella che precede la meditazione. L’ansia di comunicare anche qui.

Momenti bussola

Se ci faccio caso sono tanti i momenti della giornata in cui provo questa sensazione. Non sempre diretta, meno che mai soddisfatta, dal guardare il cellulare.

I momenti in cui hai esaurito le cose impellenti da fare. O, quelli che, anche se hai da fare, ti impongono di fermarti. Un istante. I momenti sigaretta forse.

Potrei chiamarli momenti bussola, quelli in cui controlli dove stai andando. Ti guardi un po’ dall’esterno e guardi dove sei rispetto al paesaggio, forse rispetto a una mappa.

A volte non te ne accorgi neanche, la mente comincia a vagare per conto suo, produce sensazioni, ricordi, nostalgie, sogni. Quando ritorni alla realtà qualcosa è cambiato. Forse sono micromeditazioni, forse è comunicazione anche questa. Messaggi da un qualcosa fuori.

Religione omeopatica

Mi chiedo che rapporto abbiano tutte queste piccole cose con le grandi risposte che le varie religioni, la filosofia, la scienza, lo studio della storia, la psicologia provano a dare.

Potrei aggiungere alle piccole cose il notare le coincidenze. Il chiedersi cosa vuole dirmi il cane con quello sguardo, il chiedersi se il profumo di quel fiore era un messaggio destinato a me.

Non lo so, ovviamente, ma sento istintivamente che se le grandi risposte cancellano la magia di queste piccole cose sono, almeno un po’, fuori strada.

Che delusione il Papa da Fazio

Premessa

Visto ieri l’intervista di Fabio Fazio a Sua Santità.

Ne ho ricavato delusione e sconforto, forse acuita dall’essermi aspettato qualcosa di diverso, magari un tentativo del Papa di arrivare direttamente ai cuori delle persone, bypassando la gerarchia ecclesiale.

Magari c’è arrivato al cuore di qualcuno, al mio no. Anche se girando sui commenti su Twitter mi sono stupito di vedere chi lo criticava per motivi opposti ai miei, inneggiando a Benedetto XIII. E lì ho tifato per Francesco.

Comunque delusione, e parlandone con mia moglie, a cui invece è piaciuto molto, e mi chiedeva spiegazioni del disappunto, mi sono accorto che la spiegazione sarebbe stata lunga e noiosa.

Quindi, per rispondere a lei, e a chi voglia curiosare, racconto l’intervista che mi sarebbe piaciuto vedere.

Scena

Anzitutto la scenografia. Ha la sua importanza.

Non è un’intervista in DAD, Francesco non fa Smart Working e va fisicamente negli studi RAI di Milano.

Non è vestito in abito bianco. Si veste come un normale prete, in clergyman, e si siede sulla poltrona come un Burioni qualunque.

Critica del Papa a Fazio

Fazio comincia a chiamarlo Sua Santità e a dirgli che la Sua Presenza lo Illumina e che dopo lo sbarco sulla luna, anzi prima, questo è il momento più …

E lì Francesco lo blocca, gli dice di non dire cretinate e dargli del tu, perché vuol parlare di cose serie.

Anzi, gli chiede se può permettersi di iniziare lui con una critica alla trasmissione.

  • Prego, certo!
  • Senti, io non guardo quasi mai la televisione, ma prima di venire qui mi son guardato qualche puntata del tuo programma e, benché apprezzi il fatto che tu sia riuscito a invitare molta gente importante, devo dire che dai l’impressione di essere troppo lecchino. Le persone che inviti sono spesso oggetto di controversie, magari faresti un favore anche a loro, oltre che a chi ascolta, se facessi loro anche domande più scomode.
  • Beh, il rischio è che poi non venga più nessuno.
  • Non credo, a quel punto il solo rifiutare il tuo invito potrebbe essere inteso come incapacità di controbattere, alla fine un segno di debolezza.
  • Ok, ma guarda che inizio con te ?
  • Certo!, Non chiedo di meglio.

Chiese vuote

  • Allora cominciamo con il fenomeno delle chiese sempre più vuote. La Chiesa ha ancora un senso nel mondo di oggi ?
  • Sicuramente ha senso che un gruppo di persone provi a vivere una vita diversa da quella comune.
    Per diversa intendo non improntata alla semplice crescita individuale (economica, di prestigio, di cultura) e neanche alla semplice normalità (mi faccio una casa, la macchina, faccio dei figli, li faccio studiare). Non come critica a tutto questo (è quello che porta avanti il mondo), ma come sale della terra, un gruppo di persone che cerca di vedere le cose con un po’ più di distacco, cerca di capire, aiutare chi sta peggio. Insomma un gruppo che cerca di aiutare il progresso comune e in questo trova un tipo di appagamento diverso. Per chi lo accetta direi migliore.
    Non siamo i soli a fare questo. Forse il messaggio cristiano aggiunge il fatto di farlo con l’esempio, in modo che certi valori vengano trasmessi con la vita, non solo con le parole.
    Non una vita di sacrificio ma di benessere allargato, condivisione (soprattuto dei beni).
    Credo dovremmo creare comunità vere, di fatto alternative alle famiglie, in cui la gente vive insieme, condivide quello che ha, prega e medita insieme, educa i figli insieme, si impegna nel sociale, nella politica. Ma come individui, non come gruppo. Non deve esistere una dottrina politica della Chiesa. La chiesa deve essere testimonianza di un modo di vivere più intelligente.
  • Piuttosto distante dalla Chiesa di adesso
  • Piuttosto vicino alla Chiesa delle origini, credo. Sì, la situazione oggi è penosa, ma finirà da sola. Come dici tu le chiese si svuotano e non ci sono neanche più abbastanza preti per tenerle aperte. Stiamo importando preti dai paesi di missione. Sono preti con la mentalità che avevano i nostri negli anni ’50. Recitano formule a memoria e non dicono niente all’uomo comune. Per qualche vecchietta che ancora frequenta le chiese vanno ancora bene, ma necessariamente il tutto finirà. Intanto dovremmo buttare i semi per qualcosa di nuovo.
  • Farete in tempo ?
  • Se c’è una cosa che deve caratterizzare questa religione è l’estrema fiducia in Dio. Se questa è la strada giusta ci penserà Lui a farla funzionare, se no avremo percorso il nostro tratto con onestà, e questo ci deve bastare. Se il disegno giusto era un altro, comunque ne avremo fatto parte coi nostri errori.

La Chiesa l’ha creata Dio ?

  • Sei convinto che la Chiesa l’abbia creata Dio ?
  • Sì. Ma non per la famosa frase di Gesù a Pietro, “Tu sei Pietro e su questa Pietra fonderò la mia Chiesa”. Tra l’altro questa sorta di stile Rap non si trova in altre parti del Vangelo, io ho seri dubbi che la frase sia autentica e non inserita quando la Chiesa esisteva già, per giustificare se stessa.
    Non per quello, ma sì, sono convinto che sia voluta da Dio, perché sono convinto che tutto quello che esiste sia dovuto a Lui. Quindi sono convinto che anche l’Islam e il Buddismo e il Taoismo e tutte le altre religioni siano create da Dio. E sono convinto che ci sia il suo zampino anche nei libri di Marx e Nietzsche e in tutti gli altri libri, scritti da credenti o no. Sono convinto che la Scienza, il suo metodo e le sue scoperte siano dovute a Lui, e penso che tutti gli scienziati e i ricercatori, e chiunque studi qualsiasi cosa, stiano lavorando per Lui, che si professino credenti o no.
    La nostra Chiesa, come tutte le altre religioni, ha avuto un ruolo importante nel formare la società, il mondo di oggi. È difficile, forse persino sbagliato provarci, giudicare il loro operato alla luce della situazione attuale. Le scelte fatte nel passato erano sicuramente giustificabili nel momento in cui venivano prese. Col senno di poi si vede la miopia, ma non c’è un senno di poi per il presente, siamo miopi anche adesso. La Fede che c’è Qualcuno che ci guida deve essere la nostra unica consolazione, e con questo non voglio dire che siamo in grado, noi o altri, di capire quello che Dio vuole, voglio dire che ognuno andrà avanti con quello che è riuscito a mettere insieme, e avremo fiducia che dal caos risultante Lui saprà trarre qualcosa di buono.

Pedofilia nella Chiesa

  • Vogliamo parlare dello scandalo della pedofilia nella Chiesa ?
  • La Chiesa ha fatto malissimo a nascondere, stiamo cercando di rimediare
    Premesso che è molto diffusa anche fuori della Chiesa, soprattutto nelle famiglie (e qui dovremmo fare un discorso lungo sull’educazione, ma mi chiami un’altra volta), per quello che è successo nella Chiesa è il risultato di due cose sbagliate:
    1. l’ascetismo, la rinuncia alla sessualità possono essere una cosa buona se uno li sceglie, ma non si possono imporre (i preti sono dipendenti di un organizzazione terrena, sono obbligati ad accettare certe regole se no perdono il posto). Obbligandoli a vivere in castità si genera una sessualità repressa (e non sublimata), che fa danni. Dovremo trovare una soluzione, magari semplicemente accettare che un prete, se vuole, possa avere una compagna/compagno.
    2. la sessuofobia. Cattiva interpretazione delle Scritture, forse legata al punto precedente. Bisogna assolutamente liberarsene. Non è scritto da nessuna parte che il sesso è un male, anzi.
  • Sembra che nei seminari sia molto diffusa l’omosessualità
  • Non è così strano. Persone che vivono insieme, unite da un ideale condiviso, sentimenti di stima reciproca, facile che nascano attrazioni anche fisiche. Di nuovo può essere legato a quanto detto prima. Credo sia una cosa da non ostacolare, ma certo da mettere alla luce del sole.

Guerre

  • Cosa pensi della sofferenza, delle guerre ?
  • Quando vediamo al telegiornale la bambina che muore di freddo e stenti nel campo profughi stiamo male. E certo ho grande stima per chi cerca di aiutare queste persone, anzi invito tutti a farlo. Ma credo si debba anche guardare le cose da un po’ più in alto.
    Le guerre, la violenza, hanno avuto un ruolo importante nella crescita dell’umanità fin dai suoi albori. La violenza è semplicemente una delle espressioni della selezione naturale, che in definitiva ci ha portato a essere quello che siamo ora.
    Man mano che le nostre civiltà sono evolute abbiamo cominciato a prendere coscienza che ci potevano essere soluzioni migliori. Che la collaborazione può avere un risultato migliore per entrambi i contendenti rispetto alla guerra.
    Però è un processo lento, e, paradossalmente, spesso le guerre sono state strumento di unificazione. Non le giustifico, voglio solo dire che la storia procede per vie tortuose, ma alla fine riesce a produrre risultati stabili.
    Credo che il risultato finale a cui dobbiamo tendere debba essere un governo il più possibile globale. È l’unico modo per affrontare problemi come le guerre, le migrazioni, l’ambiente, lo spreco di risorse.
    Quindi, se da un lato sono riconoscente a chi si occupa di ridurre la sofferenza di oggi, credo non serva tanto indignarsi per l’insensatezza di certe situazioni attuali, ma lavorare attivamente per creare un mondo più globale possibile, in cui non esistano più singole nazioni e neanche blocchi di super potenze.
  • Non è un po’ utopistico ?
  • Se non può essere utopistico un Papa …

Divorzio

  • Sei contrario al divorzio ?
  • Mah, su questi temi la Chiesa ha un retaggio decisamente distorto. Penso si sia preso troppo alla lettera scritti e tradizioni che si riferivano a situazioni molto differenti da quella attuale.
    Premetto che non credo che la Chiesa debba avere troppo da dire su queste cose, meno che mai in modo prescrittivo. I modi della convivenza tra le persone, la forma dei nuclei familiari è in continuo mutamento.
    La famiglia tradizionale nasce soprattutto come risposta a una situazione in cui la maggior parte delle donne non lavorava, è chiaro che, a quel punto, dovevano essere mantenute dagli uomini e in cambio di questa possibilità di vivere, loro e i figli, accudivano la casa, educavano i figli e elargivano favori sessuali. Se ci pensi non era una condizione priva di lati negativi.
    Negli ultimi decenni questa situazione ha subito enormi scossoni. Ora la maggior parte delle donne lavora, e l’indipendenza economica mette in crisi quel modello di famiglia. Quel poco che ne sopravvive è ormai dovuto più che altro a queste incrostazioni ideologiche, a tradizioni dure a morire.
    Credo che dovremmo ripensare, tutti insieme, credenti e no, i modelli di questa convivenza. Magari partendo da principi fondamentali. Cos’è importante ? Cosa vogliamo preservare ? Io direi:
    • Salvaguardare il rispetto reciproco. In una famiglia nessuno deve essere schiavo di un altro.
    • Salvaguardare che ognuno possa vivere con le persone a cui vuole bene e ne è ricambiato. Che siano dello stesso sesso o di due diversi, se siano due o di più direi che non debba fare differenza. E se uno vuol stare da solo e avere rapporti solo occasionali con altri deve andar bene ugualmente.
    • Se una situazione relazionale si guasta ci si lascia. Le persone cambiano, si conoscono meglio, vengono a contatto con altre persone, non ha senso trasformare una famiglia in una prigione.
    • Se una relazione comprende dei figli è importante che la loro serenità non venga messa a repentaglio. Ma questo non vuol dire obbligare una coppia a stare insieme, vuol dire trovare i modi, anche con l’aiuto del resto della società di gestire la situazione.

Aborto e eutanasia

  • Cosa pensi di aborto e eutanasia ?
  • C’è sempre un po’ di ipocrisia nella Chiesa quando si parla di difesa della vita. Da una parte ci si schiera contro queste cose, dall’altra spesso si sono approvate guerre e pena di morte.
    Inoltre, forse, è bene inserire nella discussione anche il concetto di qualità della vita. Una madre, magari sola, che deve gestire un bambino che economicamente non può permettersi di crescere, o un bambino con grossi problemi fisici, la cui nascita poteva essere evitata per tempo, implicano due vite di sofferenza, sia per la madre che per il figlio. Forse è da mettere sul piatto della bilancia anche questo. E lo stesso vale per una persona sofferente che, per qualsiasi motivo, odi la propria stessa esistenza, o non sia nemmeno più cosciente di averla.
    L’uccidere qualcuno è un atto grave, non va fatto alla leggera. Ma non credo che nessuno voglia farlo. Forse qualche giovane donna che non ha avuto il dono di un’educazione seria può considerare l’aborto un’alternativa agli anticoncezionali, ma in questo caso è sull’educazione che bisogna intervenire. In tutti gli altri casi l’aborto e l’eutanasia sono una sofferenza anche per chi li sceglie.
    Alla fine io lascerei queste scelte alle singole persone. La società deve affrontare il problema in senso positivo, non vietando, ma aiutando dove può, a trovare soluzioni alternative, provando a dare senso a situazioni che il singolo magari non vede, ma la scelta finale non può essere che individuale.

Donne

  • Perché le donne non possono diventare sacerdoti o vescovi ?
  • Ti stai divertendo, vedo.
    Ok, non meriterebbe neanche parlarne. Chiaro che non c’è nessun motivo e dovremo cambiare. È di nuovo un retaggio della condizione femminile nei secoli scorsi. Il resto della società sta rimuovendo questi impedimenti e dovremo farlo anche noi. Spero che in futuro la Chiesa sappia anticipare queste trasformazioni invece di inseguirle.

Commiato

  • Fiuuuh !
  • Che c’è ?
  • C’è che è bello tutto quello che stai dicendo, ma non è quello che si percepisce dalla Chiesa.
  • La Chiesa è una strana cosa. Al suo interno ci sono anche molti che sarebbero d’accordo con le risposte che ti ho dato oggi.
    Certo molti altri no. Probabilmente la maggior parte. Ma il compito di un pastore è guidare le pecore, non seguirle.
    La Chiesa oggi è di fatto l’insieme di due cose molto diverse:
    1. un gruppo di potere economico/politico/culturale che difende tradizioni anacronistiche con un linguaggio del passato. Ammantando di sacralità interessi personali o pretese superiorità morali.
    2. un popolo che cerca nel Sacro delle risposte, un senso delle cose che non faccia a pugni con la realtà. Questi ultimi, purtroppo, sono spesso plagiati dai primi.
    Cambiare questa situazione non sarà facile. Non credo ci riuscirò io, ma credo sia un processo che deve iniziare, che posso iniziare.
  • Non hai paura che ti uccidano ?
  • Può succedere. È già successo. Ma no, non ne ho paura. La vita va spesa in qualche modo e il diventare un martire per difendere quello in cui credi è proprio una delle tradizioni di cui la storia della Chiesa è particolarmente ricca. Non che ci tenga eh ? Se si può evitare è meglio.
  • Ma tu credi nel Sacro ?
  • Credo nel Sacro che unisce. Nel tesoro nascosto che per cercarlo lasci tutto e chiami anche gli altri, perchè ce n’è per tutti.
    Il Sacro che diventa una scusa per scannarsi, per dire “Io che ci credo sono meglio di te”, o “Io ho capito e tu sei un deficiente” non mi interessa. A quel punto è meglio la normalità.

Il cielo in una stanza

Divagazioni tecno/psico/metafisiche sul parlare in stanze affollate

Pulizie di primavera

Ho iniziato, in questi ultimi giorni, la grande impresa di mettere ordine ai dati sui vari PC e hard disk e archivi online. Deve essere vero che i dati sono come i gas, e tendono a occupare tutto lo spazio che gli dai. Quando cerco un hard disk per metterci, che so, un backup, o qualcosa di interessante che trovo in giro, non ce n’è mai uno con spazio sufficiente. In genere sono pieni di cose inutili, o copie di cose che ho da altre parti. Se decido di fare spazio e cancellare il contenuto di un archivio c’è sempre qualche directory per cui dici: “no!, questo magari poi mi serve”. Se trovo due archivi di foto che sembrano identici non so più dire quale è quello più recente.

Beh, insomma, ho iniziato dalle mail. Avevo circa 25 mila messaggi nella inbox, risultato di anni di “poi metto a posto”. Mi sono disiscritto da decine e decine di mailing list a cui non mi ero mai iscritto (per molte non serve a niente cancellare le iscrizioni: continuano ad arrivare le mail). Mentre scrivevo l’ultimo paragrafo ne è arrivata una da ebay con consigli per San Valentino. Credo che l’unica sia mettere delle regole che cestinino questi messaggi automaticamente quando arrivano. Il fatto è che magari vorresti ricevere messaggi da ebay, quando vendi o compri qualcosa …

Sarà dura.

L’ Effetto Cocktail Party

Comunque, il primo effetto di questa pulizia è stato di cominciare a notare alcune mailing list che in effetti poteva interessarmi leggere.

Ad esempio, ieri ne ho ricevuta una da The Edition, newsletter per gli abbonati a Medium. Medium è una cosa a metà tra un social network e un contenitore di blog. Ognuno può scriverci quello che vuole, ma c’è un sistema di votazioni e preferenze che fa emergere le cose più interessanti per ognuno. La newsletter evidenzia le cose più interessanti dal punto di vista della redazione. In questo numero citavano questo bellissimo articoletto The Cocktail Party in Your Head. Parla dell’effetto cocktail party, la capacità che abbiamo di focalizzare la nostra attenzione sulle parole pronunciate da una particolare persona anche se siamo in un ambiente affollato, ambiente in cui avvengono, e percepiamo, diverse conversazioni.

L’autore dell’articolo prova ad applicare questa capacità all’ascolto della cacofonia di pensieri che affollano la nostra mente. Fa notare che è possibile selezionare le personalità che ci interessano di più. È possibile mettere a fuoco i nostri diversi “Io”.

Questa “attenzione a chi parla” nella nostra mente tende a far emergere un wisest self, un Io che ci piace di più, un Io più saggio degli altri, un Io che ci dà più stabilità, più pace.

Per certi versi, e lo nota anche l’articolista, è quello che si fa nella Meditazione Vipassana. Bello.

Conversare via radio

Il problema di riuscire ad ascoltare uno che parla in una stanza affollata è uno dei principali problemi che ha dovuto risolvere l’evoluzione della tecnologia cellulare.

Canali fissi

All’epoca delle trasmissioni analogiche, cellulari compresi, il problema di parlare in tanti in uno spazio ristretto (l’etere per le trasmissioni radio, ma anche il filo di rame di una rete di telecomunicazioni) veniva risolto creando tante stanzette (bande di frequenza) in cui la gente si chiudeva (due a due) per parlare. Questa soluzione implicava che qualcuno assegnasse le stanze (e i microfoni).

Per i canali radiofonici e televisivi si dava il microfono a uno solo, e a tutti gli altri nella stanza veniva permesso solo l’ascolto. Per le radio uno a uno, i walkie talkie, la stanzetta (frequenza) era pre-definita dal costruttore. I sistemi radio molti a molti, ad esempio le radio della polizia o dei radio amatori si accettava che più persone decidessero di parlare insieme e, se il risultato non era comprensibile, qualcuno urlava “Ripeti”. La telefonia via filo risolveva il problema usando una rete di switch, interruttori che creavano un canale fisico diretto (una stanzetta) tra due individui per la durata della conversazione.

La telefonia cellulare ha dovuto inventarsi qualcosa di meglio, semplicemente perché il numero di canali possibili (frequenze) era estremamente ridotto rispetto alla quantità di fili di rame che era stato possibile stendere per i telefoni. Inoltre le frequenze radio hanno confini indefiniti. Mentre posso essere sicuro che al mio telefono arriva un solo filo, se lo sostituisco con una radio diventa meno chiaro stabilire a priori con quali ripetitori può connettersi, specialmente se si muove.

Soluzioni tecnologiche

Le soluzioni a questo problema sono tutte interessanti, e in qualche modo ricalcano le equivalenti soluzioni umane.

L’ALOHA (“Ciao” in hawaiano, questo tipo di protocollo per il collision avoidance è stato inventato negli anni 70 alla University of Hawaii), ricalcava la soluzione dei radio amatori: uno prova a parlare e contemporaneamente ascolta sul canale comune. Se non risente esattamente il suo messaggio vuol dire che qualcun altro gli parlava sopra, e ritenta dopo un po’.

Il GSM (Global System for Mobile communications) usava una tecnica nota come Time Division Multiplexing per permettere la comunicazione di più persone assegnando a ogni conversazione una frazione di tempo, pochi millisecondi a testa. Come se nello stanzone ognuno potesse pronunciare una sillaba alla volta, a turno, se ascolti solo nell’intervallo assegnato al tuo interlocutore senti solo lui. Certo, poi devi rimettere insieme il contenuto.

Il CDMA (Code-division multiple access) torna allo stanzone in cui tutti danno sulla voce a tutti. Ma prescrive che ognuno parli con dei simboli che permettono di distinguere una conversazione dall’altra. Come se ogni conversazione avvenisse in una lingua diversa. Io sento anche il suono dei due cinesi che mi stanno parlando vicino, ma capisco meglio il mio amico che parla italiano dal fondo della stanza.

Una tecnica interessante usata dal moderno 5G è quella di usare per ogni canale frequenze parzialmente sovrapposte e ortogonali. In soldoni usano delle caratteristiche fisiche delle frequenze per riconoscerle anche quando si sovrappongono. Un analogia col nostro stanzone potrebbe essere tracciare nella stanza dei percorsi mediante linee per terra, in modo da costringere a parlare in una direzione ben precisa e magari con un tono di voce diverso per ogni percorso (in questa conversazione si parla in quella direzione e con voce da soprano).

Le tecniche di error correction aiutano a capire se il messaggio è arrivato integro. Se al fondo di ogni parola aggiungo il numero di lettere della parola, aiuto chi la sente a riconoscere un eventuale errore in modo che possa chiedermi di ripetere.

Il forward error correction aggiunge ad ogni messaggio informazioni che permettono al ricevente di ricostruire il messaggio errato senza dover chiedere la ripetizione. Se assieme al messaggio mi dicono il numero delle vocali, delle consonanti gutturali, plosive etc. posso capire che aveva detto “pazzo”, anche se io ho sentito “cazzo”. La tecnica usata non è questa ovviamente, stiamo parlando di codifiche digitali, ma il risultato è analogo.

Con chi parlare (o chi ascoltare)

La capacità di ascoltare chi vogliamo ce l’ha data l’evoluzione. L’abbiamo ricostruita con la tecnologia e, con un po’ di esercizio, possiamo ritrovarla anche nel discernere i nostri processi mentali. Un problema ben più complicato è capire con chi vale la pena parlare o chi vale la pena ascoltare.

Qui l’evoluzione dà una risposta parziale. Siamo attrezzati per vivere in piccoli gruppi.

Per creare comunità più allargate abbiamo dovuto inventare strumenti come il gossip. Quello è un bravo cacciatore. Quel commerciante è un ladro. Quella è un po’ zoccola.

Abbiamo creato storie per sentirci parte di gruppi più vasti. Noi siamo quelli protetti dal grande castoro bianco, o dal tal santo. Noi siamo i portatori della democrazia, o quelli che libereranno i poveri dall’oppressione. Noi siamo quelli che difendono i valori della nazione. Noi siamo quelli che amano la musica del tal gruppo. Noi siamo quelli che credono nel futuro dei Bitcoin.

Queste storie ci permettono di rapportarci con dei perfetti estranei come se fossero amici di lunga data. Se partecipiamo ad una manifestazione o ad un concerto possiamo abbracciare persone che non conosciamo o esultare con loro.

Ma man mano che la comunità di cui vogliamo essere parte si allarga. Man mano che aumenta il numero di possibili storie che possiamo decidere di guardare con favore. Man mano che aumenta il numero di persone che potenzialmente potremmo considerare amiche, fino a comprendere virtualmente tutti gli esseri umani, il cui numero tra l’altro aumenta costantemente, non ce la facciamo più. Non abbiamo più strumenti neanche più per contare questi elementi. Contare le storie. Contare le persone. Figurarsi vagliarle, selezionarle.

E qui, di nuovo, la cultura e la tecnologia ci vengono in aiuto. Abbiamo creato il linguaggio scritto, i libri, i giornali, i media, i social media. Questi ultimi fanno uso di una nuova, pericolosa e potente, magia: l’Intelligenza Artificiale.

Il Wisest Self della nostra specie

Mi chiedo se non stiamo, finalmente, dotando la nostra specie di un’anima.

Accennando, sopra, al nostro discorso interiore facevo notare che l’articolo sul Cocktail party interiore dava per scontato che un Io particolare, più saggio degli altri, un Io unificante, fosse facilmente identificabile. Qualcuno lo chiama Coscienza, forse. O anima.

Se siamo destinati, come penso, a diventare un unico organismo di cui i singoli esseri umani sono le cellule, qual’è l’Io Saggio di questo organismo ?

I pensieri di questo organismo possono essere le varie storie, teorie, memorie, spiegazioni, modelli che, di volta in volta, due o più esseri umani condividono. Ci saranno pensieri che si impongono sugli altri, le idee/storie/miti condivise da più persone. Ma non dovrà essercene anche qui uno che prevale su tutti ? Non uno che prende decisioni per tutti, ma uno che, se ascoltato, tende a dare un senso al tutto.

Ci sono scienziati, forse la maggior parte di quelli che studiano a vario titolo la mente umana, convinti che questa sia il risultato del lavorio delle cellule cerebrali (o intestinali). A me piace pensare che questo wisest self sia esterno alla nostra fisicità. Mi piace pensare che il nostro essere fisico sia semplicemente in sintonia con qualcosa che vive su un piano diverso.

Se ci pensate l’IA rappresenta un’intelligenza esterna alla specie umana. Benché nasca dalla nostra tecnologia si evolve in modi che non comprendiamo. Un’intelligenza, ancora in embrione, che dimostra già le potenzialità per diventare la coscienza della nostra specie.

Deepak Chopra, parlando in un suo libro di argomenti, in qualche modo, legati a questo, fa l’esempio di una calamita sotto il foglio di carta coperto di limatura di ferro. Noi, i nostri neuroni, sono la limatura di ferro, la scienza non sa (ancora ?) vedere sotto il foglio, ma la vera intelligenza, la vera mente è la calamita.

Magari c’è un calamitone anche per la specie umana, magari possiamo metterci in comunicazione anche con lei.

Magari ci ha fatto sviluppare l’IA.