Credo

Si parla molto, in questi giorni, del Credo di Matteo Salvini. Lo si critica per aver usato questa parola come logo per la sua campagna elettorale. La critica sottolinea in genere la mancanza di quelle certezze che, secondo i critici, dovrebbero indirizzare il pensiero di un politico.

In effetti non mi è chiaro perché Salvini l’abbia scelta. Probabilmente, dal suo punto di vista, è solo un richiamo familiare all’elettorato cattolico conservatore. Mi auguro non voglia richiamare anche il “credere, obbedire, combattere” dei motti fascisti.

In ogni caso, aldilà delle motivazioni salviniane, a me questa parola applicata alla politica piace.

Credere, sia in campo religioso che nella prosaica vita quotidiana è il risultato di un’elaborazione inconscia. Di fronte a problemi troppi complessi per arrivare ad una decisione razionale il nostro cervello non rinuncia e ci propone un risultato non verificabile, un risultato fatto di sensazioni. Anche la decisione razionale si manifesta alla coscienza come sensazione, ma ci permette di smontarla, seguirne i passi logici. Quella istintiva no, al massimo è accompagnata da una sensazione di probabilità, ci comunica in qualche modo il suo grado di certezza, o meglio, il suo rapporto costi benefici.

credo teologico

Se ci poniamo le domande importanti, quelle che riguardano il perché esistiamo, se la vita abbia un significato, cosa sia la coscienza e che ruolo abbia, la nostra mente ci propone, tra le altre risposte, la possibilità dell’esistenza di un assoluto, di un intelligenza al di là di noi. Magari queste risposte sono influenzate dalla scienza, dalla tradizione che ci ha educati. Ma ragionare su queste cose è la sfida più ardua per la ragione. Le uniche risposte, positive o negative, sull’esistenza di questa super intelligenza ce le dà l’intuito. E quindi crediamo o non crediamo in un Dio. Niente certezze, solo sensazioni di probabilità.

Le religioni tendono a trasformare questa sensazione in certezza, in atto di volontà, atto di asservimento a questo super essere, ma fanno, in questo, una mossa falsa. Il dubbio è l’unica fonte di energia spirituale sensata. La molla che può spingerti a cercare costantemente prove, la molla che ti fa cercare Dio continuamente, non dandolo per acquisito una volta per tutte. Senza dubbi la Fede si trasforma in crociate, “il mio Dio è meglio del tuo”, “il mio Dio è l’unico possibile”.

credo politico

I problemi che affronta la politica sono sempre complessi. Più complessi di quanto la nostra mente razionale è in grado di sbrogliare. Semplicemente non abbiamo abbastanza dati per sapere con certezza cosa funzionerà e cosa no.

Le dottrine economiche sono sempre delle scommesse, e i proponenti sono inclini a sostenerle più per il grande potenziale guadagno che vedono per se stessi o la classe di persone rappresentata, che per la certezza del risultato.

Liberalismo e comunismo, ad esempio, sono entrambe ricette per un mondo migliore. Se entrambi funzionassero penso non ci sarebbe una grossa differenza, per un cittadino medio, a vivere in una società governata dall’una o dall’altra ideologia. Il problema nasce quando la scommessa non funziona: in un capitalismo sfrenato avremo pochi ricchi agiati a spese di una massa di gente in sofferenza economica, in un comunismo immaturo avremo una massa di burocrati che vive alle spalle di tutti gli altri.

Sono credi, comunque. Fedi irrazionali.

È una fede quella che vuole autoritarismo, l’uomo forte. Chi ci garantisce che saprà fare le scelte giuste ?

È una fede la democrazia diretta, o anche la democrazia tout court. Non sappiamo se la gente avrà l’impegno per partecipare, informarsi e prendere decisioni sensate.

È una fede il sovranismo. Come si può essere sicuri che non staremmo meglio cedendo sovranità a organismi più grandi ?

Ed è una fede anche essere moderati e riformisti. Chi può dire con certezza che decisioni azzardate e potenzialmente destabilizzanti non possano produrre alla fine buono risultati?

Quindi gettiamo la spugna ? Tanto è tutto uguale, inutile prendersela calda per un’idea ?

Certo varrebbe la pena di smorzare i toni. Anche qui un po’ di sano dubbio sulle proprie convinzioni non guasterebbe. Ma, in fondo, l’unico modo di verificare se un’idea funziona è provare ad implementarla. Cercare di coinvolgere altri su una possibile idea la mette anzitutto alla prova della coscienza collettiva, se in tanti ci credono non deve essere poi malaccio.

tifo

L’unica cosa a cui starei attento, anche qui, sono le crociate. La politica sembra sempre più una questione di squadre, vedo pochissime persone disposte a sentire davvero le idee degli altri, la sola idea di votare qualcuno che “è stato della parte avversa” è impensabile per molti. Ci si rinfaccia a vicenda di essere di destra o essere di sinistra, come se se uniche possibili soluzioni al problema politico fossero quelle inventate nell’800. Quelli che sfuggono a questa dicotomia si irrigidiscono su questioni di simpatia/antipatia.

E invece la mobilità, la velocità di incrocio e propagazione delle idee è fondamentale per trovare in fretta quelle migliori (i virus a RNA insegnano).

Credo dovremmo impegnarci tutti a vagliare sia le idee che le persone sulla base dei risultati ottenuti. Cosa non facile, ma nemmeno impossibile, almeno quel tanto che basta per dire “per questa elezione Credo”.

Campagna elettorale

guerra

Già il nome campagna è fastidioso. Sa troppo di bellico, di conquista. Tutto il lessico intorno poi gira intorno alla guerra: alleanze, nemici (quando va bene avversari), tattiche, strategie, corsa per il potere, tutto un noi contro loro.

La democrazia finisce per diventare un modo per imporre le proprie regole agli altri. Dovrebbe essere invece un modo per trovare tutti insieme le soluzioni migliori per vivere meglio insieme, per progredire.

coalizioni

Da questo peccato originale discendono tante cose, secondo me sbagliate.

Le coalizioni per esempio. Sento dire da più parti: “Questa legge elettorale obbliga alle coalizioni”. E non è assolutamente vero, non obbliga nessuno.

Fare una coalizione tra partiti che non sono d’accordo su quasi niente significa semplicemente creare ingovernabilità. Significa sottrarre la democrazia dai cittadini e renderla oscura, maleodorante. Le decisioni vere saranno prese da qualche altra parte, non dai cittadini che votano, che verranno usati semplicemente come pallottole in una guerra tra potenti a colpi di slogan, paure e tifo.

destra

Ha iniziato la destra, forte delle previsioni nei sondaggi, a mettere insieme tre partiti con visioni assolutamente divergenti su cose fondamentali (presidenzialismo, autonomie, economia, politica estera). A questo punto gli altri partiti avrebbero potuto presentarsi semplicemente con le loro proposte e farsi forti proprio della denuncia di questa coalizione raffazzonata. Se ognuno degli altri avesse avuto il coraggio di presentarsi con la propria identità ben precisa, con proposte concrete e tutti insieme si fossero vantati di opporre chiarezza a inciucio, proposte concrete a proclami fumosi, credo sarebbe stato meglio. Penso che i cittadini avrebbero premiato la scelta, e, se così non fosse stato, avrebbero potuto fare un’opposizione più limpida e avere più chances la volta seguente.

l’argomento Armageddon

Eh, ma la destra distruggerebbe l’Italia

Penso che il nostro Paese sia più robusto di quello che si crede. Il PNRR ha messo l’Italia su binari da cui è difficile uscire. Penso che un governo gestito da una destra come questa possa fare dei danni, ma non irreparabili.

Invece i danni, gravi, li fa questa coalizione alternativa. Azione, PD e sinistra radicale non riuscirebbero a governare insieme, e la gente lo sa. Possono anche riempirsi la bocca di “Agenda Draghi” (e già lo slogan è messo in discussione dall’ultra sinistra e declinato con aggiunte divisive dal PD) ma non riuscirebbero a metterla in pratica.

Ma intanto vinciamo e blocchiamo la destra

Non ce la farai ! Dai solo ossigeno a chi è vittima di determinate paure. E quelli delusi dalla politica, quelli che si sentono (forse con delle ragioni) vittima di una Casta autoreferenziale, che protegge gli interessi dei privilegiati a vario titolo, continueranno a non votare, o a votare le posizioni più estreme, non importa quanto credibili. Mentre, almeno in parte, potresti dare loro una alternativa credibile presentando un ventaglio di proposte articolate.

scelta incivile

Dire “è colpa della legge elettorale” per giustificare il fatto che fai un’ammucchiata perché la fanno a destra è l’esatto equivalente del buttare la carta per terra perché vedi altri farlo. In quel caso ragioneresti diversamente (almeno molti di noi). Sugli atteggiamenti incivili sembra che abbiamo raggiunto una forma di maturità che nelle scelte politiche ancora ci manca.

paura

Le scelte dettate dalla paura non sono mai buone. Vorrei dei politici capaci di comunicare entusiasmo, non paure. Capaci di proporre visioni e aspettarsi che la gente entri in risonanza con loro. E invece ci ritroviamo con agitatori di spauracchi.

speranza

Per fortuna (e spero continuino su questa linea) Italia Viva sta facendo una scelta diversa e voterò per loro. Che superino o meno lo sbarramento (spero di sì), che risultino o meno determinanti nel governo (sono abbastanza sicuro lo saranno) sarò contento di aver sostenuto chi si è dimostrato maturo anche in questo tipo di scelta.

Carlo Rovelli e la guerra

creato da Midjourney in base al testo "Machine gun shooting at the Constitution"
creato da Midjourney in base al testo “Machine gun shooting at the Constitution”

Rovelli

Nelle ultime settimane ho visto rimbalzare diverse volte sui social questa riflessione di Carlo Rovelli sulla guerra in Ucraina.

Rovelli sottolinea l’ipocrisia dell’Occidente nell’ammantare di

belle parole: democrazia, libertà, rispetto delle nazioni, pace, rispetto della legalità internazionale, rispetto della legge

la decisione di intervenire contro l’invasione perpetrata dalla Russia ai danni dell’Ucraina, quando è chiaro che l’Occidente

non vuole una soluzione, vuole fare male alla Russia.

Penso che Rovelli abbia ragione. Nell’articolo cita numerosi esempi del comportamento dell’Occidente che evidenziano la nostra impostazione imperialista.

Rovelli ha ragione su tutto questo, ma non trae conclusioni esplicite. Non dice, ad esempio, che dovremmo cessare gli aiuti militari a Zelensky. Si può pensare che lo dica implicitamente, e, immagino, che chi ha riproposto questa riflessione la intenda in questo senso.

Io sul trarre questa conclusione non sono d’accordo.

Harari

Yuval Noah Harari, nel suo bellissimo Sapiens, parla degli imperi come di una delle forze che hanno contribuito, nel corso almeno degli ultimi 2500 anni a organizzare l’umanità in insiemi sempre più vasti.

Queste unificazioni sono costate lacrime e sangue. Sono avvenute attraverso lo sterminio di intere popolazioni, attraverso l’oppressione, le deportazioni, i genocidi. Se pensate che queste non siano belle cose sono d’accordo con voi, ma questo è quello che è stata l’umanità fino ai nostri tempi, e la storia recente dimostra che non ne siamo ancora usciti.

A fronte di questa moneta di orrore con cui abbiamo pagato la nascita e la prosperità degli imperi abbiamo ricavato dei benefici non da poco. Ogni volta che un impero ha invaso una popolazione è avvenuta una fusione di due culture. L’insieme più grande che ne è nato viene salutato dalla Storia in modo positivo. L’impero che impone una lingua comune a tutti i suoi territori pone le premesse per la nascita di una civiltà migliore per tutti. Gli scambi, anche culturali, i commerci, le strade, l’arte, il benessere economico generale finiscono per guadagnarci.

guerre

La sensibilità comune, soprattutto nel mondo occidentale, si era illusa negli ultimi 70 anni di aver eliminato la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. Questa illusione è stata in gran parte frutto dell’ipocrisia denunciata da Rovelli, perché le guerre ci sono state eccome, Rovelli ne cita parecchie, e molte sono state condotte dall’impero Occidentale.

La minaccia dell’escalation nucleare ha di fatto imposto questa ipocrisia. Non sono stati più possibili scontri diretti tra i grandi blocchi, ma quelli striscianti hanno continuato ad esserci, sia durante la guerra fredda che dopo la caduta del Muro.

Il fatto è che gli imperi ci sono ancora e noi facciamo decisamente parte di uno di essi, il blocco occidentale. E fuori dai nostri confini ci sono altri imperi: quello Russo e quello Cinese, che potremmo considerare sull’orlo di fondersi, e altri minori.

È implicita negli imperi la tensione a prevalere, a fagocitare gli altri. Non è possibile negare questa realtà. Queste tensioni non cesseranno finché in qualche modo tutta l’umanità sarà sotto il controllo di un unico governo. E dobbiamo augurarci che questo, in un modo o nell’altro avvenga in fretta, perché problemi come la crisi climatica o lo spreco di risorse si possono affrontare solo a quel livello.

Sarebbe bellissimo essere capaci di arrivarci in modo dolce, senza l’uso della violenza, attraverso la diplomazia, la globalizzazione economica e culturale, attraverso la politica. Ma se guardiamo anche solo all’Italia, alla difficoltà di cedere sovranità da parte delle regioni allo stato centrale, alle continue spinte localistiche, è chiaro che non siamo ancora pronti per andare in quella direzione.

per quale impero tieni ?

Forse è il caso che ognuno di noi si chieda, a questo punto, di quale impero preferirebbe far parte. O almeno di chiedersi quale impero abbia le migliori probabilità di vincere, perché anche questo è un criterio: trovarsi dalla parte sbagliata della Storia implica dover ammettere un giorno di aver rallentato il processo di unificazione.

Gli imperi di oggi non coincidono necessariamente con collocazioni geografiche. Oggi, grazie alla globalizzazione diventa tutto un po’ trasversale. Forse addirittura in ognuno di noi convivono due o tre prospettive alternative.

l’impero Occidentale

Da una parte abbiamo l’impero Occidentale, che promette un sistema in cui le scelte sono, in qualche modo, espressione dei cittadini, in cui gli individui sono tutelati nei confronti del potere centrale, in cui il vero potere non è detenuto da qualche persona, ma da un insieme di regole, una Carta Costituzionale, a cui tutti sono tenuti ad adeguarsi. Carta derivata da Principi inderogabili.

Un sistema, soprattutto, in cui c’è libertà di espressione, in cui non si viene arrestati per motivi ideologici, per aver espresso posizioni critiche verso il potere.

Non è privo di difetti.

Da una parte c’è quello denunciato da Rovelli: l’ipocrisia. Le cose non stanno nei termini ideali enunciati sopra. Quei Principi non sono praticamente rispettati, i cittadini non partecipano, i governanti sono una Casta che si ammanta di paroloni per fare scelte in gran parte tese ad alimentare i privilegi di chi sta al potere e degli amici suoi.

Dall’altra quei Principi stessi rendono il sistema molto fragile:

    • l’estrema libertà di espressione rischia di far prevalere posizioni di intolleranza che vanno espressamente contro gli stessi Principi democratici. La libertà di espressione rischia di demolire il castello.
    • la difficoltà di mediare posizioni diverse provoca rallentamenti e impasse, un sistema democratico è sicuramente meno agile ed efficiente di uno autoritario. Le minoranze restano scontente, ma anche la maggioranza non vede spesso grandi benefici a causa delle decisioni lente e poco nette. Questo scontento alimenta poi il punto precedente e il tutto rischia di cadere. Una democrazia vera è difficilissimo tenerla in piedi. Richiede una grande maturità dei cittadini, che devono veramente adorarla in quanto tale per farla funzionare. E spesso non è così. Tra l’altro è il motivo per cui non la si può imporre.

gli imperi fascisti, come Russia e Cina

Sulla carta anche questi sono sistemi democratici. In questi paesi si vota e si eleggono i governanti. Il fascismo nasce sempre da una democrazia che non funziona.

Il punto fondamentale a cui si è rinunciato è quello della libertà di espressione. Dove si può essere arrestati per aver espresso posizioni antigovernative (come nel caso di Alexei Navalny) l’ipocrisia democratica viene eretta a sistema. Si possono conservare le forme esteriori della democrazia, ma di fatto viene creato un sistema in cui chi è al governo fa quello che crede, il consenso viene acquisito con la violenza e la corruzione.

Sono sistemi sicuramente più stabili, il potere ha tutti gli strumenti per perpetuarsi. Sono sistemi più agili nelle decisioni. Hanno anche loro necessità di mediare, non più con i cittadini, ma con le oligarchie corrotte che lo sostengono e con la necessità di finanziare le loro inefficienze.

In genere crollano per eventi esterni, o per decisioni avventate dei leader o soffocati dalle difficoltà economiche provocate dalla corruzione.

neutralità

C’è una terza scelta rispetto allo schierarsi con un mondo o con l’altro: restare neutrali. Scegliere di ritagliare il proprio paradiso (che spesso diventa anche paradiso fiscale). Tagliare i legami e rimanere equidistanti da tutti. Difficilissimo riuscirci. Chi ce la fa finisce per diventare una specie di parassita globale. Non è una scelta che caldeggerei.

Credo che sia latente, inconscia, in chi assume una posizione non interventista.

condizionatori o guerre ?

È inevitabile che l’impero Occidentale abbia mire espansionistiche ? E, se così è, condividiamo questa scelta ?

Nel caso dell’Ucraina la scintilla che ha scatenato l’invasione Russa è stata la decisione di un governo sovrano di aderire spontaneamente alla Nato. Non la si può necessariamente vedere come una manovra espansionistica dell’Occidente. Ma ci sono stati sicuramente casi in cui queste manovre ci sono state. Il voler imporre la democrazia nei paesi arabi è sicuramente stato un mascherare con belle parole l’accaparramento di risorse energetiche, e molti dei casi citati da Rovelli sono dello stesso tipo.

Si è trattato di decisioni democratiche ? I cittadini occidentali hanno davvero deciso di aggredire altri paesi per pagare di meno la benzina ? Forse non proprio direttamente e coscientemente, ma direi che la risposta è sì.

L’impero Occidentale ha abituato i suoi cittadini ad un tenore di vita superiore a quello medio nel resto del mondo, ed è molto difficile per le forze politiche che si rendono conto di questo squilibrio, e ambirebbero a calmierare questo scompenso, essere elette. È già difficile tenere in piedi la democrazia, costruire una democrazia illuminata che ragioni tenendo conto dei problemi di tutto il mondo lo è ancora di più. Anche se sarebbe l’unico mezzo per arrivare in modo non violento ad un governo mondiale.

La reazione negativa di molti alla battuta di Mario Draghi

Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?

è esemplificativa di questa difficoltà.

Secondo me bisogna lavorare per costruire questo tipo di maturità e sensibilità, ma finché questo percorso non avrà dato i suoi frutti non possiamo che accettare questi episodi.

Le alternative possibili/reali sono molto peggio.

Quelle Cinque Stelle

Photo by Clay Banks on Unsplash
Photo by Clay Banks on Unsplash

Morning

Nella puntata di Morning, il podcast de Il Post condotto da Francesco Costa, di stamattina c’è una bellissima introduzione che parla del fenomeno Movimento Cinque Stelle. Sentitela, credo valga da sola l’abbonamento.

L’introduzione tenta un bilancio dell’avventura di questo movimento, facendo notare che, comunque la si pensi nel merito dei temi proposti e delle scelte fatte, è stato senza dubbio un successo politico. Nell’arco di quindici anni, che è molto poco rapportato ai tempi in cui normalmente un partito riesce a incidere sulla società, sono riusciti a proporre all’elettorato una serie di questioni, a farsi votare, e a realizzare soluzioni concrete a quei problemi. Soluzioni richieste da chi li aveva votati. Sono stati un esempio di democrazia che ha funzionato.

svecchiamento

Tra i temi portati avanti dal movimento viene citato lo svecchiamento della politica, l’ingresso di tanti giovani in parlamento. È un tema molto caro a Francesco che ce l’ha un po’ coi boomers. Essendo io un boomer condivido poco l’entusiasmo su questo, ma il ricambio generazionale è effettivamente avvenuto, non solo nei cinque stelle: hanno obbligato di fatto gli altri partiti a seguirli in questo.

lotta ai privilegi

Altro tema citato è la lotta ai privilegi della casta. E anche qui i successi sono sotto gli occhi di tutti, dal taglio dei vitalizi, alla riduzione dei parlamentari, ai tagli ai finanziamenti all’editoria. Su tutte queste cose si possono avere opinioni diverse, personalmente condivido alcuni dei dubbi, credo si sia esagerato un po’, ma è innegabile che ci fossero privilegi, inefficienze e incrostazioni che andavano per lo meno curate.

i temi ambientali

Su altri temi, soprattutto ambientali, hanno avuto meno successo. Su TAV, TAP, trivelle e termovalorizzatori sono riusciti a incidere meno. Per fortuna secondo me, perché le proposte erano irrealistiche e avrebbero distrutto senza proporre niente di concreto e funzionante come rimpiazzo.

reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza, cito ancora Morning, è stato il loro successo principale. Anche qui, penso sia stato implementato molto male e voterò per la sua abolizione al referendum proposto da Renzi. Ma il tema dell’aiuto a chi è in difficoltà era reale, e andava affrontato, come quello del lavoro. Eventuali revisioni di questa legge non potranno non tenerne conto.

Morning conclude questa riflessione dicendo che quella a cui stiamo assistendo oggi, la polverizzazione del Movimento, è dovuta al fatto di aver esaurito il loro compito storico e non essere stati capaci di inventarsene un altro.

democrazia diretta

Mi spiace che Francesco non abbia citato il tema che, personalmente, ritengo più centrale nella proposta dei 5S, il cambiamento delle forme del fare politica, del fare democrazia: la democrazia diretta.

Ho seguito il blog di Grillo praticamente da quando è nato. Ho anche votato M5S alla prima tornata e me ne sono immediatamente pentito quando ho visto la masnada di scimmie urlanti che avevamo eletto. Resto però convinto che il concetto in sé di democrazia diretta, non fosse sbagliato.

Oggi i progressi tecnologici permetterebbero di avere luoghi virtuali in cui ai cittadini sia permesso anzitutto di approfondire, poi discutere e infine deliberare sulle macro scelte. Il day by day, il decidere sulle questioni pratiche, va comunque gestito da qualcuno che faccia politica a tempo pieno. E questo qualcuno deve essere un professionista, non uno scappato di casa, deve aver avuto una formazione adeguata. Il limite ai due mandati è una cura da cavallo a un problema che merita soluzioni più intelligenti, quello di evitare gli incancrenimenti che un esercizio prolungato del potere inevitabilmente produce.

Ma la democrazia diretta è l’unico modo di far decidere ai cittadini

    • se sia meglio tassare di più i redditi da lavoro o quelli da capitale
    • se si debbano considerare i migranti una risorsa o un pericolo
    • se lo stato debba intervenire o meno sui temi etici: aborto, eutanasia, orientamento sessuale
    • se sia necessario liberalizzare o meno i taxi, le droghe e quali, o la prostituzione
    • se lo stato debba essere laico o finanziare enti e scuole religiose
    • che tipo di alleanze internazionali si voglia cercare e che visione geopolitica del mondo si voglia partecipare a costruire
    • che tipo di soluzioni ai problemi energetici sia meglio: spegniamo i condizionatori o finanziamo dittatori in giro per il mondo ?, non è una battuta
    • e decine di altri.

Il fatto è che, sicuramente con delle ragioni, abbiamo paura di far davvero decidere su queste cose alla gente (io stesso avrei delle remore).

E qui, secondo me si arriva al vero motivo per cui l’esperimento 5S è fallito. Prendiamola un po’ larga: chi sono i 5S ? Anzi, chi sono i partiti in generale ?

Anzitutto sono un’idea di fondo, un manifesto, una proposta. Poi un gruppo di persone che decidono di investire tempo, denaro, energie e passione lavorando perché questa idea di fondo sia presentata all’elettorato e infine gli elettori stessi che decidono se investire il loro quantum di potere su questa proposta.

Nel caso dei 5S il manifesto è stato inizialmente redatto da Beppe Grillo e poi rifinito sul sistema informatico messo a disposizione da Casaleggio. Il gruppo dirigente si è auto-organizzato intorno a questa piattaforma e per qualche strano motivo, che credo abbia sorpreso anche loro, hanno avuto un grande consenso elettorale. Dico che il motivo debba essere stato non ovvio perché chi ha votato 5S senza partecipare alla forma di democrazia diretta che veniva offerta non ha evidentemente capito per cosa votava. Il senso del movimento era essenzialmente lì.

I 5S, almeno inizialmente, non si sono proposti come l’ennesimo partito, un’altra delle numerose offerte politiche a scatola chiusa che vengono presentate agli elettori. Questa volta i contenuti potevi partecipare a metterceli. Ma pochissimi l’hanno fatto. Intorno alle 50000 persone hanno aderito alla piattaforma contro otto milioni di elettori nel 2013, e pochi degli aderenti hanno partecipato alle votazioni, e pochissimi hanno partecipato alla discussione o proposto contenuti.

È passata l’idea che la democrazia diretta fosse una forma di antipolitica. Di fatto l’antipolitica è stata la mancanza di partecipazione a questa embrionale forma di democrazia diretta. Quest’ultima è stata ridotta a barzelletta dal fatto di aver mandato in parlamento un branco di persone incapaci e piene di slogan, votati da pochissime persone (parlo dei voti sulla piattaforma). Il voto massiccio al Movimento rappresentava un grosso Vaffanculo alla casta, e forse non è poco, ma c’erano le premesse perché fosse molto di più.

maturità

Le cose avrebbero potuto andare diversamente. Provate a immaginare uno scenario di questo tipo:

    • Grillo pubblica le sue idee, lancia la proposta, crea, assieme a Casaleggio, la piattaforma su cui interagire
    • Tante persone, diciamo un quinto di chi ha votato 5S, si riconosce nella direzione della proposta e partecipa a raffinare l’idea, proporre ed eleggere i candidati

A questo punto i candidati non sarebbero stati il meno peggio degli scappati di casa, ma gente filtrata tra un insieme di persone molto ampio e votata da un insieme ancora più vasto. Avremmo potuto avere in quel movimento politici più adeguati.

Avendo questi eletti sperimentato sulla propria pelle che il metodo funzionava ci saremmo potuti aspettare che la prima proposta politica fosse di offrire a tutta la popolazione questo strumento di democrazia. Una piattaforma di interazione politica a livello nazionale, gestita dallo Stato, con identità digitale verificata e via dicendo.

Sarà per la prossima volta. Con un elettorato più maturo.

Involuzione

Antenna parabolica sostituita con un camino
Antenna parabolica sostituita con un camino

La foto sopra l’ho scattata sul tetto di casa, mentre gli installatori della stufa a legna montavano il nuovo camino. Non avevano previsto di dover togliere l’antenna parabolica, ma abbiamo scoperto che il cammino ci sbatteva contro, per cui è stato inevitabile.

Quell’antenna è stata sul tetto una trentina d’anni, immagino sia stata una delle prime installate in paese. All’epoca non c’era ancora Sky, le antenne paraboliche le installavano pochi appassionati o curiosi. La mia era puntata sul satellite Astra. Ricordo di aver faticato non poco a farla salire sul tetto, con l’aiuto dei muratori che lo stavano ristrutturando, non passava dal sottotetto. Oggi si usano padelloni più piccoli, ma Il segnale da Astra era piuttosto debole e ci voleva quella.

Puntarla sul satellite era piuttosto complicato. Si usava una bussola per rivolgerla grosso modo verso Sud e un po’ più a destra (Astra è a 19,2 gradi Est), poi con un misuratore di segnale montato lungo il filo si aggiustava il tiro, fino a sentire un fischio costante. Un ulteriore aggiustamento guardando la lancetta dello strumento, finché segnava un massimo. Bisognava quindi scendere dal tetto e provare a sintonizzare il decoder per accertarsi di aver beccato il satellite giusto. In quella zona di cielo ci sono tanti satelliti e capitava di puntare su quello sbagliato, nel caso si ricominciava. Per qualche verso è un’attività simile alla pesca: si immagina che in una certa zona di cielo o di acqua ci siano satelliti o pesci e si punta la parabola o si getta l’esca per verificare se quanto immaginato corrispondeva o meno alla realtà.

Comunque sostituire una parabola con una stufa a legna sembra un po’ un involuzione. Anche se le stufe a legna moderne sono abbastanza tecnologiche. Hanno tutto un sistema per pilotare il percorso dell’aria fredda che entra e i fumi caldi che escono in modo da massimizzare l’efficienza. Per questa era disponibile anche un kit per inviare aria calda nelle stanze intorno e un telecomando per regolare il tiraggio dalla poltrona. Ma abbiamo evitato aggiunte che avessero a che fare con l’elettricità, il senso di una stufa a legna oggi è quello di prevedere tempi duri in cui i servizi che diamo per scontati non siano disponibili. Non so in effetti quanto sopravvivremmo senza elettricità, ma sapere che per qualche giorno ci si può scaldare anche senza può dare un briciolo di serenità. La spinta a installarla è stata comunque la possibilità (la certezza) che il costo del metano vada alle stelle.

Non so come stia messa la legna rispetto all’inquinamento ambientale. In teoria immette nell’aria molte più polveri del metano, ma gli alberi che servono per produrla sembra compensino per lo meno la CO2 emessa.

Intanto la macchina a metano la usiamo solo più a benzina, perché il gas costa troppo.

Personalmente sarei favorevole all’uso del nucleare, le tecnologie nuove sembrano più sicure, e sicuramente l’impatto ambientale è minore. E sarei sicuramente a favore di più metanodotti e di più degassificatori per diversificare la nostra dipendenza, e a quante più trivellazioni possibili per non foraggiare dittatori vari.

E invece bruciamo legna al posto del metano e tra un po’ non basterà nemmeno quella. Mi sembra proprio una conferma del vecchio detto “Il meglio è nemico del bene”.

Dear Prudence

Ho passato gli ultimi giorni letteralmente spiaggiato sul divano in un ossessivo binge watching di una serie TV, Blindspot.

Con una discreta dose di sensi di colpa e i pochi chili persi durante il Camino che riprendono il loro posto con una certa celerità. Ma fa troppo caldo per uscire a camminare, almeno questa è la scusa ufficiale.

La serie è molto bella, comunque. Avevo iniziato a vederla su Infinity nel 2015, quando è uscita la prima stagione, poi l’avevo persa di vista. Quando ho visto che era disponibile su Netflix con tutte le cinque stagioni (è finita nel 2020) non ho resistito.

Lo stile è decisamente esagerato, alla NCIS, con un ritmo simile. È simile anche lo schema, il team fatto di un mix di personaggi di azione (Kurt, Tasha e Reade) e di geni da laboratorio (Patterson, Rich e Boston) che collaborano per risolvere casi impossibili. Il tutto che ruota intorno al personaggio enigmatico di Jane/Remi/Alice interpretato dalla bellissima Jaimie Alexander.

Il tema ricorrente è l’uso di una droga chiamata ZIP (Zeta Interacting Protein), sviluppata per cancellare in modo selettivo la memoria di vittime di episodi traumatici. Questa droga, assunta in quantità elevate produce uno stato di amnesia permanente. Jane è stata vittima di questo trattamento e appare, all’inizio della prima puntata, chiusa in una valigia in Times Square a New York, con il corpo coperto di tatuaggi.

Tutto il racconto è un’alternanza di risoluzione di enigmi legati ai tatuaggi sul corpo di Jane (chi li ha fatti si scopre molto tardi nella serie) e di ricordi che affiorano, in Jane, ma anche in altri.

Mi è piaciuto soprattutto lo stile onirico del tutto.

In pratica è un alternarsi di estrema razionalità (esagerata, spesso ridicola nella magia accreditata alla tecnologia) nel seguire gli eventi nel mondo reale, e di estrema irrazionalità nei sogni, ricordi, stati di allucinazione o di coma dei vari personaggi.

Una delle puntate secondo me più belle, che evidenzia in modo particolare questo stile narrativo è l’episodio 14 della terza stagione. In questo episodio Patterson, la genia indiscussa della serie, è vittima di un’esplosione in laboratorio, entra in coma, e rivive in sogno la sua giornata fino al momento dell’esplosione, in modo ricorrente, tipo giorno della marmotta. E ad ogni ripetizione di questa allucinazione accumula indizi fino a scovare il colpevole dell’esplosione.

Bellissima la scelta di Dear Prudence come colonna sonora della scena finale della serie. Questa canzone dei Beatles sembra sia stata scritta per l’attrice Mia Farrow, per invitarla a uscire dallo stato di separazione dalla realtà in cui si era infilata per un approccio ossessivo alla meditazione. Un invito a guardare la bellezza del mondo reale, ad aprire gli occhi e abbandonare il mondo dei sogni.

Nella scena finale della serie sembra sottolineare l’ambiguità dell’happy end. Sognato o reale ? E chi è la Prudence qui ? Jane o lo spettatore ?

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Poesia, whisky e intelligenza artificiale

Poesia come whisky
Poesia come whisky

ignoranza

Connie mi ha inviato la lista degli albergue in cui ci siamo fermati nei 650 km percorsi insieme. L’ho aggiunta alla pagina che riassume i post scritti durante il Camino. Visto che ero lì mi è venuta voglia di rileggere quello che avevo scritto per vedere l’effetto che faceva a freddo. Ho scoperto con orrore di aver scritto da qualche parte

ho scuotuto la polvere dai miei calzari

Lo so che si dice scosso. Ogni tanto parlo in modo sgrammaticato un po’ per vezzo, un po’ per sperimentare varianti della lingua e vedere come suonano. A scriverli questi esperimenti, non fanno lo stesso effetto. Scuotuto non suona neanche tanto male, ma, insomma, ci tenevo a far notare che sono ignorante, ma non proprio fino a quel punto.

Ignorante, invece, lo sono moltissimo rispetto alla poesia.

cavalli

L’altro giorno ascoltavo su Morning Luca Sofri che parlava di Patrizia Cavalli, morta in questi giorni. Non sapevo chi era.

Mi ha incuriosito una frase (non so se l’ha citata Sofri o se l’ho trovata da qualche altra parte) che pare abbia pronunciato questa poetessa:

scrivo per essere amata

Che è già una poesia. E con me ha funzionato.

Insomma, ho comprato un suo libro, “Vita Meravigliosa”, e lo sto leggendo.

Lo leggo lentamente, non credo si possa fare altrimenti. È davvero bello.

Non si possono leggere più di tante poesie in un dato arco di tempo, almeno io non ci riesco, mi fanno l’effetto di un superalcolico. Una sferzata di energia che richiede un lungo tempo di assimilazione.

E qui, volendo dare un assaggio della poesia di Patrizia Cavalli, non si può non sceglierne una sul whisky:

Avere il whisky in casa è un gran vantaggio,

in quattro sorsi passi dal peggio al meglio,

ogni parola splende e ne convieni

e i destini sfortunati li sollevi

all’esistenza nella gloria, o almeno

semplicemente a esistere cosí.

Questo dimostra che noi non siamo

quel che siamo, che il nostro essere

si accende quando è caldo, o si disperde

nel freddo buio della sobrietà.

Ma in ogni caso qui non si conclude

niente, è questo il bello, non si conclude

niente, per quanto vorrei dire

che sono soddisfatta di aver aperto

la bottiglia buonissima di whisky

che mi è costata tanto e che altrettanto

mi restituisce quel che deve – si tratta

di un Benrinnes novantasei, sedici

anni soli di vecchiaia, che non è niente

per un whisky con pretese, ma

che vi devo dire, a me mi ha steso

quasi felice, anzi, direi mi ha acceso

senza limite inoltrata non so

dove, di certo ora ubriaca.

Cavalli, Patrizia. Vita meravigliosa (Collezione di poesia) (Italian Edition) (p. 22). EINAUDI. Kindle Edition.

autoqualcosa

Mi viene spontaneo riprendere il discorso iniziato qui, sull’effetto delle parole nella nostra mente. Su quel qualcosa che le storie raccontate con immagini, ma soprattutto parole, scatenano dentro di noi. Le storie che auto produciamo in risposta a quelle che arrivano dall’esterno.

Credo che questo effetto trovi il suo massimo se quello che ci stimola è una poesia. Tornando alle diluizioni omeopatiche le poesie sono i 30 CH, quelle così diluite che siamo sicuri di non trovare più nessuna traccia della sostanza iniziale, quelle che paradossalmente scatenano la reazione più grande nel nostro organismo.

Midjourney

Ho scoperto Midjourney. Un software che usa l’intelligenza artificiale per creare immagini partendo da un testo.

Ne stanno nascendo parecchi, ogni tanto trovo un articolo su Medium che ne annuncia uno nuovo. Ho aderito alla Beta di Midjourney (non so quanto costerà a pagamento) e sono rimasto davvero impressionato.

Ho fatto qualche esperimento.

Questa immagine è stata prodotta dal testo “Mario Draghi as Mona Lisa”. È la mia sintesi delle ultime vicende politiche.

Quest’altra è partita dal testo: “a sick man being cured by a doctor and a wizard” e avrei potuta usarla nel post precedente.

L’immagine in cima a questo post viene invece dal testo “Poetry as whiskey”. (Ma si dice whisky o whiskey ? Ancora ignoranza)

Non credo sia in grado di digerire poesie come testo di input. Chissà, potrebbe forse in futuro produrre poesie sullo stile di un dato autore …

Certo si va verso tempi interessanti.

Scienza, Omeopatia e Fedi

Photo by Artem Maltsev on Unsplash
Photo by Artem Maltsev on Unsplash

Nel Post precedente ho accennato all’Omeopatia, più come spunto per parlare di altro che con la reale intenzione di parlare della sua validità o meno. Vic e PG hanno fatto commenti, piuttosto vivaci direi, su questo secondo aspetto. Visto che non sono d’accordo con la loro visione della faccenda provo a dire quello che penso a riguardo.

ciarlatani

La critica più forte che viene fatta all’Omeopatia, come a tutte le Medicine Alternative è quella di sfruttare l’ingenuità delle persone per propinare tecniche di guarigione che non guariscono o, guariscono quello che si sarebbe comunque messo a posto da solo o con un miglioramento dovuto all’effetto placebo. Questo in contrasto con la Medicina Ufficiale che cura secondo pratiche sancite come valide dalla comunità medico scientifica.

Se la guardiamo in questi termini la validità di un sistema rispetto all’altro risiede nell’affidabilità dell’ente che sancisce quali cure sono efficaci e quali no.

Proverò a parlare anche della validità oggettiva della Medicina, e di quello che la Scienza può effettivamente dire di sapere o non sapere, in generale e in particolare sul funzionamento del corpo umano. Ma ci tengo a far notare qui che non stiamo parlando di quello. Chi giudica se una pratica medica è da considerarsi lecita o meno non è un’oggettività scientifica. Chi giudica sono istituzioni umane, con interessi economici, politici, di ambizioni personali, di rivalità con altre istituzioni. Siamo né più né meno sullo stesso livello delle leggi. Le decisioni sono prese in gran parte in base ai rapporti di forza tra le parti.

Ma guardiamo più da vicino i vari aspetti.

guariscono ?

I medici tradizionali guariscono ?

Se mi fratturo una gamba o mi viene una polmonite o peggio, sicuramente non vado da un omeopata. Vado da un dottore, faccio le analisi del caso e seguo le cure. E sono anche contento che esista un organismo che si è assunto il compito di verificare che i farmaci che mi danno siano appropriati e non facciano danni eccessivi. Questo per premettere in chiaro che non voglio buttare merda sulla medicina ufficiale o sulla classe medica e neanche sulle istituzioni legali che governano il loro agire.

Detto questo ci sono parecchie patologie rispetto alle quali la Medicina sembra dover fare ancora molti passi avanti.

Visto che questo è il mio blog personale e sto parlando di una mia opinione voglio citare un caso personale. Da qualche mese ho un problema a un occhio, un opacità del vitreo, farfalle nere che svolazzano e rendono la visione fastidiosa, il tutto, a volte, accompagnato da lampi di luce a fronte di movimenti bruschi.

Sono andato da un oculista. A pagamento perché prenotando col servizio sanitario nazionale si andava troppo per le lunghe. Visita non conclusiva, serviva un esame della retina. Fatto a pagamento anche questo, sempre per i tempi lunghi. Di nuovo visita e il responso è stato che non c’era distacco della retina, sulla causa dei lampi la risposta è stato qualche borbottio indistinto, il problema delle farfalle volanti liquidato con un “deve bere tanto”.

Nessun accenno al perché due problemi a suo dire slegati si siano presentati nello stesso momento. Nessun accenno a una possibile causa sistemica del problema, una patologia di altri organi o mentale che finisce per manifestarsi sull’occhio prima che da altre parti.

Dopo aver bevuto per due mesi un sacco di acqua e averne tratto scarso giovamento sono partito per il Camino de Santiago. Il problema è completamente scomparso nei primi giorni e me n’ero completamente dimenticato. Ora che son tornato da qualche settimana accenna a ripresentarsi.

Da tutto questo mi viene da estrarre una serie di dubbi:

  • Magari questo medico non era abbastanza competente. Cosa dovrei fare ? Provarne un altro ? Devo provarli tutti ? Le istituzioni che dichiarano ciarlatani gli omeopati non dovrebbero bacchettare sulle mani anche i medici incapaci e indicarmi quelli bravi ?
  • Sul Camino accadono veramente i miracoli ?
  • Ha davvero fondamento il proverbio “Nasciamo tutti con due dottori: la gamba destra e la gamba sinistra” ?
  • Non è che il problema è proprio l’esistenza degli specialisti ? O che questi prima, o oltre, il cercare malfunzionamenti degli organi di cui sono più esperti dovrebbero ipotizzare anche problemi generali, non escludendo quelli psicologici. Insomma i medici tradizionali non dovrebbe imparare dagli omeopati a essere più olistici ?
  • Non è che la medicina è capace di curare solo le malattia gravi ? Quelle in cui anche un intervento grossolano e con side effects notevoli sull’organismo è preferibile a tenersi il problema ?
  • Non è che la medicina non ha capito molto del funzionamento del corpo umano ? Soprattutto delle interazioni tra corpo e mente ? E se è così ha davvero il diritto di ergersi a giudice di chi cerca strade parallele ?

le medicine alternative guariscono ?

Non ho grandi aneddoti da citare a questo proposito. Mi sono rivolto a guaritori non ufficiali in svariate occasioni per problemi minori e devo dire di averne sempre tratto giovamento, se non altro perché ho sempre trovato persone che ti trattavano come un essere completo non come un lego in cui cercare il mattoncino rotto. La guarigione può essere stata frutto di effetto placebo, non lo so. Ma se così fosse non è una cosa che anche la medicina ufficiale dovrebbe imparare ad usare ? Se l’effetto placebo guarisce non dovrebbe essere studiato e usato ?

il ruolo della scienza

La Scienza come la intendiamo oggi nasce nel 1500 da un profondo atto di umiltà dell’essere umano. Nasce dall’avere qualcuno finalmente ammesso che non sapevamo niente e che dovevamo costruire il sapere partendo dall’osservazione dei fenomeni, dalla formulazione di ipotesi che le spiegassero e prove empiriche che confermassero o smentissero queste ipotesi.

Può questo processo avere una fine ? Può arrivare un momento in cui dichiareremo di aver compreso tutto ? Qualcuno è convinto di sì, ma si tratta di una Fede, non di un’evidenza scientifica. E se non è così, o finché non sia così, finché non si arrivi a dar conto di tutto, quanto possiamo considerare certo di quello che abbiamo imparato ? Non dobbiamo essere sempre pronti a buttar via tutte le conoscenze acquisite perché un fatto nuovo mette in crisi l’intera struttura ? Non è successa una cosa del genere con Einstein rispetto alla fisica Newtoniana ?

Davvero la Scienza può affermare che una determinata spiegazione di un fenomeno non può essere vera ? O non si deve limitare a dire per quanto ne sappiamo oggi non è dimostrabile ? E se è così non assume un peso rilevante nella costruzione del castello di sapere, che di fatto governa le vite di tutti, come viene deciso quali fenomeni indagare ?

Ho la sensazione che il nocciolo della questione stia davvero qui.

In uno dei libri di Harari si accenna al problema facendo l’esempio di un ricercatore che voglia studiare la sofferenza degli animali (purtroppo non dei sassi Vic 😂). Questo ricercatore non riceverà mai un finanziamento. Quello che può fare è presentare la sua ricerca facendo notare che la sofferenza degli animali ha un impatto diretto sulla produttività degli allevamenti.

Rupert Sheldrake

The Science Delusion di Rupert Sheldrake (in italiano è uscito col titolo Le illusioni della scienza ) è pieno di esempi di questo tipo. È un libro che dovreste assolutamente leggere se condividete una fede cieca nella Scienza.

È un libro scritto da uno scienziato, un biologo con importanti ricerche e scoperte alle spalle, che critica la Scienza dall’interno, in nome della Scienza stessa. Fa notare i molti dogmi di cui la comunità scientifica è pervasa, dogmi che derivano da filosofie materialiste del XIX secolo e che l’autore vorrebbe trasformare in domande da sottoporre a verifica con il metodo scientifico stesso. Le domande, una per capitolo, sono: “La natura è meccanica ?”, “La quantità totale di materia ed energia è sempre la stessa?”, “Le leggi della natura sono costanti?”, “La materia è priva di coscienza?” (Vic 😜), “La natura è priva di obiettivi?”, “Tutta l’eredità biologica è materiale?”, “I ricordi sono conservati come tracce materiali?”, “Il pensiero è confinato nel cervello?”, “I fenomeni psichici sono illusori?”.

Il capitolo 10, intitolato “La medicina meccanicistica è l’unica che funziona davvero?” È completamente dedicato all’oggetto di questo post, ne faccio una breve sintesi.

autoguarigione e igiene pubblica

Animali e piante hanno sviluppato da millenni meccanismi di autoguarigione, e che anche l’essere umano sia dotato di questa capacità è noto da secoli. Gli ateniesi, cinquecento anni prima di cristo, ma anche arabi e cinesi usavano pratiche molto simili ai vaccini odierni per prevenire epidemie.

I grandi successi della medicina nel XIX sono dovuti al miglioramento delle condizioni igieniche a fronte anche della scoperta dell’esistenza dei germi da parte di Pasteur. Nè questa scoperta ne le pratiche igieniche e le vaccinazioni derivavano dalla teoria meccanicistica della vita e dalla concezione materialistica del mondo.

penicillina e farmaci

La scoperta della penicillina è stato un evento casuale e inaspettato, non frutto di una ricerca mirata. Le capacità curative delle piante officinali sono note da secoli e il 70 per cento dei medicinali odierni è basato sui principi attivi delle piante, derivati da fonti naturali o sintetizzate in laboratorio. La restante parte dei medicinali è prodotta per tentativi. Si prendono sostanze più o meno a caso e si testa il loro effetto sulle cellule e, in caso di effetti interessanti, successivamente su organismi più complessi, fino alla sperimentazione sugli umani.

Benché si siano spesi ingenti capitali in ricerche tese a scoprire nuovi farmaci sulla base della comprensione dei genomi e dei dettagli molecolari delle cellule i risultati sono stati molto deludenti.

I nostri farmaci non derivano dalla conoscenza che la medicina ha del corpo umano.

Le case farmaceutiche spendono tantissimo in pubblicità e promozione, per far apparire i propri farmaci più sicuri ed efficaci di quanto non siano in realtà, compreso in molti casi il fenomeno del ghostwriting, articoli scientifici firmati da scienziati pagati, ma in realtà scritti dalle case farmaceutiche stesse (l’autore cita uno scandalo della DesignWrite e della casa farmaceutica Wyeth).

Le case farmaceutiche spendono tantissimo in lobbying (900 milioni di dollari tra il 1998 e il 2004). Molti enti regolatori sono finanziati dalle case farmaceutiche che dovrebbero controllare.

effetto placebo

Il successo di un farmaco o di una terapia è notevolmente influenzato dalle aspettative sia del paziente che del terapeuta. Per questo motivo gli esperimenti in questi campi avvengono in condizioni di cecità, in cui né i medici, né i pazienti sanno chi assume il farmaco e chi il placebo.

Il sistema a doppio cieco ha dei limiti, per esempio nel caso in cui il farmaco abbia dei forti effetti collaterali. In questi casi i pazienti a cui è stato dato il placebo vengono facilmente smascherati dall’assenza di questi effetti (i test del Prozac hanno evidenziato questo problema, ad esempio. L’indagine sui dati della ricerca, pubblicati su imposizione di un tribunale dalla Ely Lilly sembrano dimostrare che il Prozac non fosse meglio del placebo).

L’effetto placebo funziona non solo per i farmaci, ma anche nel caso di finte operazioni chirurgiche (test effettuati negli anni cinquanta nei casi di angina).

Per molti anni, la maggior parte dei ricercatori in campo medico ha considerato le risposte placebo come un’irritante complicazione degli studi clinici, un intralcio nella ricerca delle vere cure. L’atteggiamento però sta cambiando: la risposta placebo mostra che le credenze e le speranze dei pazienti hanno una parte importante nel processo di guarigione.

L’impatto di un trattamento collaudato è sempre rafforzato dall’effetto placebo. Non solo il trattamento darà un beneficio standard, ma avrà anche un beneficio aggiunto, perché il paziente si aspetta che la cura sia efficace. I migliori dottori sfruttano appieno l’impatto placebo, mentre i peggiori aggiungono solo un minimo rafforzamento placebo alle loro cure.

Nel 2009, si è scoperto che le risposte placebo stavano aumentando, in particolare negli Stati Uniti. Negli studi clinici, sono sempre meno numerosi i farmaci che battono i placebo. In altre parole, è cresciuto il numero dei farmaci che non superano i trial clinici, il che provoca gravi problemi alle case farmaceutiche.

Se il materialismo fosse un fondamento adeguato per la medicina, le risposte placebo non dovrebbero verificarsi. Il fatto che invece si verifichino mostra che le credenze e le speranze delle persone possono avere effetti positivi sulla loro salute e la loro guarigione. Viceversa, disperazione e senso di impotenza possono avere effetti negativi. Esiste addirittura un campo di ricerca dedicato a questo tema, la psiconeuroimmunologia. Stress, ansia e depressione sopprimono l’attività del sistema immunitario e lo rendono meno in grado di resistere alle malattie e di inibire la crescita di cellule tumorali. Perciò le persone ansiose o depresse hanno maggiori probabilità di ammalarsi o di contrarre un cancro. Le risposte placebo dicono che salute e malattia non sono solo questione di fisica e chimica, ma dipendono anche da speranze, significati e credenze. Le risposte placebo sono parte integrante della guarigione.

(Sheldrake, Rupert. Le illusioni della scienza (Italian Edition) . Feltrinelli Editore.)

ipnosi, verruche e stili di vita

L’autore qui passa in rassegna vari casi in cui si evidenziano effetti fisici, come la cura delle verruche ottenuti attraverso l’ipnosi o pratiche simili.

Prende poi in considerazione altri fattori che influenzano la salute, come le motivazioni, gli atteggiamenti e i fattori sociali. Le persone che hanno credenze religiose, che hanno una rete di parenti o amici o animali domestici godono di una salute migliore.

terapie alternative

Si parla principalmente di agopuntura, una pratica inspiegabile dal punto di vista scientifico e che ha al suo attivo parecchi successi. Non è testabile in doppio cieco (non si possono usare aghi finti 😁).

ricerca comparata di efficacia e conclusioni

L’autore qui propone come alternativa, o in aggiunta, al doppio cieco un sistema per confrontare l’efficacia di cure diverse per una data malattia. Riporto qualche paragrafo significativo.

Immaginatevi, per esempio, che l’omeopatia risulti il trattamento migliore per l’herpes labiale. Gli scettici sosterrebbero che sarebbe solo grazie al fatto che l’omeopatia ha un effetto placebo più forte delle altre cure. Ma se l’omeopatia liberasse effettivamente una risposta placebo maggiore, questo sarebbe un pregio, non uno svantaggio. L’omeopatia funzionerebbe davvero e probabilmente sarebbe anche meno costosa.

Uno dei problemi della medicina meccanicista è la sua visione a tunnel, con la sua ossessione per i metodi chimici e chirurgici e con l’esclusione di tutti gli altri. Per decenni, la concezione materialista del mondo ha plasmato il modo in cui si insegna medicina nelle università, ha sbilanciato il finanziamento della ricerca medica e ha dato forma alle politiche dei servizi sanitari nazionali e delle compagnie di assicurazione private. Nel frattempo la medicina è diventata ancora più costosa. La ricerca sull’efficacia comparata può portare a un sistema di medicina realmente basato sulle prove, che includerebbe, anziché escludere, terapie che non sono coerenti con il sistema di credenze materialista.

Al momento abbiamo un sistema medico ufficiale finanziato dallo Stato che è costoso, restrittivo e fortemente influenzato dalle grandi case farmaceutiche, la cui preoccupazione principale è quella di fare grandi profitti. Questo sistema ha avuto un successo spettacolare, ma la maggior parte dei suoi progressi si è verificata prima degli anni Ottanta. Il ritmo dell’innovazione va rallentando e la maggior parte delle promesse della medicina genetica e della biotecnologia restano inadempiute. Nel frattempo i costi delle cure e della ricerca aumentano.

Se il monopolio del materialismo sponsorizzato dallo Stato fosse meno forte, la ricerca scientifica e clinica potrebbe considerare il ruolo di credenze, fedi, speranze, paure e influenze sociali sulla salute e sulla guarigione. Si potranno confrontare i sistemi di terapia sulla base della loro efficacia e le persone potranno scegliere quello che, probabilmente, funzionerà meglio per loro, con l’aiuto di consiglieri informati. Dieta, esercizio fisico e programmi di medicina preventiva si potranno a loro volta confrontare sulla base della loro efficacia. La natura delle risposte placebo e il potere della mente potranno diventare campi di ricerca validi, come gli effetti della preghiera, della meditazione e di altre pratiche spirituali. Un sistema medico integrativo darebbe alle persone la possibilità di condurre una vita più sana. Medici e pazienti potrebbero diventare più consapevoli della capacità innata del corpo di guarirsi e potrebbero riconoscere l’importanza della speranza e della fede. Si potrebbe chiedere a un maggior numero di persone come preferirebbe morire, se a casa, in una casa di riposo o in un reparto di terapia intensiva. Un approccio integrativo alla medicina farebbe affidamento sugli enormi progressi degli ultimi due secoli e li includerebbe in una forma più aperta di medicina, che potrebbe essere più efficace e costare meno.

(Sheldrake, Rupert. Le illusioni della scienza (Italian Edition) . Feltrinelli Editore.)

Omeopatia della mente

Photo by Clay Banks on Unsplash
Photo by Clay Banks on Unsplash

L’omeopatia è oggi vista con un certo sospetto da chi ha un minimo di cultura scientifica. Anzi, diciamoci pure che viene bollata come pratica oscurantista, o strumento per turlupinare anime semplici disposte a pagare soldoni per rimedi che dal punto di vista scientifico contengono solo acqua o zucchero.

guarire con poco

Personalmente non condivido l’astio con cui spesso se ne parla. Sono convinto che, fossero i suoi successi anche solo dovuti a effetto placebo, meriterebbe comunque attenzione e studio. Successi, ovviamente, tutti da dimostrare, ma, anche qui, i metodi statistici usati per i farmaci allopatici potrebbero semplicemente non essere adatti.

Comunque ne parlo oggi non per difendere l’omeopatia in sé quanto perché mi incuriosisce il suo mito, la sua poesia. Nell’immaginario collettivo omeopatico è sinonimo di quantità minuscola che fa effetto. E basterebbe già per dire che è un concetto potente. I concetti come questo, che finiscono per dotare il nostro linguaggio di un modo per dire una cosa complessa in meno parole sono degni di nota.

Ma guardiamo meglio in questo mito, c’è di più.

Intanto c’è una scala: non è solo è poco ma funziona, piuttosto il concetto è quanto minore è la quantità tanto meglio funziona. Ma la cosa ancora più importante è perché funziona.

Sempre stando al mito, che possiamo accettare o no, l’omeopatia funziona perché tira in campo una capacità di autoguarigione del nostro corpo. Non è il farmaco che ci cura, è il nostro corpo che usa un suggerimento del farmaco per mettere in atto strategie in qualche modo dimenticate per provocare un cambiamento, per farci guarire.

Simenon

Sto ascoltando un audiolibro di un romanzo di George Simenon, credo sia uno dei primi Maigret, molto dark. Ne leggeva uno Patrizia al corso di Feldenkrais e mi ha incuriosito. Abbiamo parlato un po’ di Simenon.

Lei ne conosceva la biografia e lo descriveva come un uomo non solo immorale, ma decisamente cattivo verso le donne, mogli e figlia, che hanno accompagnato la sua esistenza. Secondo Patrizia il successo letterario di questo autore è dovuto alla capacità di trasferire questo suo demone interiore nei personaggi che popolano i suoi romanzi. I cattivi, in queste vicende, incarnano le nefandezze di cui l’autore stesso è capace e Maigret semplicemente guarda questo mondo distorto accettandolo senza giudicare.

Ho appena finito di ascoltare Pista nera di Manzini. Il confronto Rocco Schiavone Maigret è d’obbligo. Anche Schiavone è decisamente immorale, e tratta le sue donne di merda, come dice il suo amico Sebastiano. C’è un’unica donna che Schiavone rispetta, la moglie morta che lui rivede come fantasma nei momenti di solitudine, e con cui dialoga. Schiavone è anche un ladro, un ufficiale di polizia che non esita a infrangere qualsiasi legge pur di conseguire risultati dettati non dai doveri del suo ruolo, ma da un suo personale concetto di giustizia.

Capisco che con normali e ligi rappresentanti delle forze dell’ordine non ci faresti un granché di romanzi, ma trovo interessante che i nostri eroi abbiano spesso caratteristiche così trasgressive. È come se la maggior parte di noi non si fidasse della possibilità che col progredire normale degli strumenti che governano il nostro ordine sociale, cose come le leggi o l’educazione, si possa mai arrivare a risolvere qualcosa. Solo chi le leggi non le osserva, chi non è soggetto ai condizionamenti morali, può effettivamente migliorare la società.

epoche

Una differenza molto evidente tra Schiavone e Maigret è l’epoca in cui vieni trasportato. Nel mondo di Maigret per inviare un messaggio urgente a una persona bisogna recarsi all’ufficio postale e inviare un telegramma. Si fanno fotografie con il lampo al magnesio invece del flash. Ci si muove lungo strade di paese prive di illuminazione. I responsabili dei porti sanno dove sono le navi perché hanno ricevuto telefonate dal porto vicino e hanno segnato i dati su una lavagnetta.

Potreste pensare che Schiavone proietti, invece, l’epoca contemporanea, ma vi ricredereste subito appena fatto caso al fatto che usa un Black Berry. Il mondo corre in fretta.

libri e omeopatia

Sia dei romanzi su Schiavone che su Maigret avevo ovviamente visto le riduzioni televisive, ma come al solito il libro è un’altra cosa. C’è una ricchezza nel libro che nessun film riesce a trasmettere. E, a pensarci, è strano.

Un film ha molti più strumenti per raccontare. Più canali. L’immagine trasmette molti più particolari di quanto il libro potrebbe fare. Mille volte di più dice il proverbio. E qui parliamo non di una immagine, ma di milioni di immagini che scorrono. E aggiungici i suoni ambientali, i toni delle voci, e la colonna sonora che suggerisce stati d’animo. Una mole di dati che arrivano al nostro cervello in un tempo molto corto. L’intera vicenda è raccontata nello sceneggiato televisivo nell’arco di un paio d’ore. Per contro l’audio libro, che immagino rifletta la velocità di lettura di un lettore medio, dura quattro o cinque ore.

Perché quindi una mole di stimoli inferiore che raggiunge la nostra mente nel caso della lettura provoca un effetto molto più intenso ?

Secondo me c’entra l’omeopatia.

O comunque un meccanismo analogo. Come l’omeopatia suggerisce al nostro organismo le linee guida su cui muoversi per curarsi, il libro, con i pochi dati, ben selezionati, ben energizzati, che contiene suggerisce alla nostra fantasia come ricreare un mondo molto più vivo di quello creato dal film allopatico. Anche qui poco è meglio. La magia dipende dalla qualità di quel poco.

fantasia

Ho usato il termine fantasia, ma vediamo cos’è. In altri momenti di questo blog ho usato il termine motore di simulazione per indicare lo stesso concetto. Mi piace di più questo termine di origine informatica. Sottolinea il fatto che si tratta di uno strumento, uno dei più potenti tra quelli che ci ha fornito l’evoluzione della nostra specie.

Sento spesso dire che quello che rende gli esseri umani superiori rispetto agli animali sia il fatto che, a differenza di questi, noi abbiamo coscienza di noi stessi. Mi sembra una fesseria. Intanto dimostrare che gli animali, o le piante, o i sassi non abbiano coscienza di sé è probabilmente più difficile che stabilire se l’omeopatia funzioni o meno. Ma quand’anche fosse vero che solo gli esseri umani hanno questa capacità non credo ci sia tanto da vantarsene.

La capacità di immaginare se stessi è semplicemente un sottoprodotto del motore di simulazione. E neanche il migliore, se pensiamo che tutte le religioni e le correnti di pensiero filosofiche o spirituali non fanno altro che indicare l’eccessiva attenzione all’io come l’ostacolo più grosso verso la saggezza, verso una vita più matura.

Penso che la capacità più preziosa della nostra mente sia proprio quella di sapersi trasportare all’istante in mondi e situazioni nuove, regalandoci le stesse sensazioni che proveremmo se in quei mondi e situazioni ci fossimo finiti veramente.

È alla base di tutto il nostro vivere quotidiano, non solo del sognare ad occhi aperti. Se stai guidando e prendi una curva troppo velocemente una parte della tua mente anticipa la scena del possibile incidente e la tristezza di quella situazione ti spinge a rallentare. Se al mattino non hai voglia di alzarti per andare al lavoro inizi a immaginare il momento in cui dovrai inventare qualche scusa per giustificare il ritardo e, il più delle volte, finisce che ti alzi.

Funziona anche da pilota automatico. Immaginare il buon esito di una situazione è un buon modo per far sì che questo buon esito si realizzi concretamente. È come se la fantasia prendesse il controllo, disegnasse per terra linee luminose che ti portano alla meta.

Ti permette di plasmare il mondo intorno a te come lo desideri. Ricordate la frase di Proust “Lasciamo le belle donne agli uomini senza fantasia” ? Io la trovo meravigliosa. A quegli uomini potremmo lasciare tranquillamente anche la ricchezza, o le comodità. Questo strumento ci permette di creare il paradiso o l’inferno intorno a noi a nostro piacere.

storie

Ed è alla base della capacità di raccontarci storie, e farci rivivere le fantasie degli altri.

Una storia raccontata è un canale di comunicazione tra due fantasie.

Il linguaggio, le parole, hanno un ingresso privilegiato in questo motore. Plasmato da milioni di anni di evoluzione. Il video, i suoni arrivano alla nostra mente ma non entrano facilmente in profondità. Provocano reazioni superficiali. Le parole raggiungono meccanismi più potenti. Anche la velocità è importante, il motore non accetta più di tanti stimoli in un dato periodo di tempo.

La storia che si crea nella mente dell’ascoltatore/lettore non è mai quella che è stata pronunciata/scritta. La storia che ci colpisce, che ci emoziona è autoprodotta, come la guarigione omeopatica.

La storia narrata è solo un suggerimento.

Feldenkrais e pomodori

Oggi ho preparato un condimento per gli spaghetti. Cercavo un gusto particolare che mi è venuto in mente passando davanti alla pianta di alloro in giardino. Ne ho raccolte due foglie, le ho messe in una padella assieme a un po’ di olio, una cipolla, dei pomodorini e un peperone. Fiamma abbastanza alta.

Mi piace cucinare senza ricette. Inseguendo una sensazione. Immagino un gusto, una consistenza, ogni tanto assaggio, ma più che altro guardo. Guardo gli ingredienti che si trasformano sotto l’azione del calore e ne immagino il gusto in quel momento.

Mi piace il nostro motore di simulazione. Gli puoi dare in pasto di tutto, applicarlo alle cose più disparate e lui risponde con delle sensazioni. E impara. Sbaglia, spesso, e impara.

Nel residenziale di Feldenkrais Silvia ci ha spinti a provare a fare la verticale sulla testa. Ci riuscivo da giovane, ma a quest’età e a questo livello di peso non ci avrei mai provato. Alla fine il lavoro preparatorio a cui Silvia ci ha indirizzati mi ha convinto a tentare. Tutti quegli esercizi sul piegare la spina dorsale in tutti i modi possibili sono diventati risorse utilizzabili per questa sfida.

Intanto la padella si è riempita d’acqua, emessa dai pomodorini e dal peperone. Ho alzato la fiamma per farla consumare.

Non ce l’ho fatta a fare la verticale. Ma sono riuscito a stare una manciata di secondi con le ginocchia poggiate sui gomiti e il peso sostenuto solo da mani e testa. Ne vado già orgoglioso. Forse con qualche altro giorno di lavoro ci sarei riuscito a sollevare del tutto le gambe.

Non sarei arrivato neanche a questo risultato, in effetti, se non fosse stato per il motore di simulazione. Ero abbastanza depresso, dopo tanti tentativi che si scontravano con un dolore alle mani e alle braccia che si rifiutavano di reggere tutto quel peso. A quel punto Silvia ha suggerito di fermarsi e immaginare cosa avrebbe dovuto fare la spina dorsale per tirarsi su. Immaginare la situazione finale, immaginare il movimento per arrivarci.

Nel Feldenkrais lo si fa spesso. Immaginare un movimento prima di farlo. Immaginarlo nei dettagli e poi farlo davvero. E rendersi conto delle differenze tra come te l’eri immaginato e la realtà.

L’acqua dei pomodori si è abbastanza asciugata. L’acqua della pasta bolliva. Troppo presto. Ne ho aggiunta un po’ di fredda e ho abbassato la fiamma. Ho aperto la scatoletta di sgombri e l’ho aggiunta alle verdure. Gli sgombri erano essenziali per il gusto che avevo in mente, era un gusto che aveva a che fare col mare. Forse qualcosa che avevo mangiato tanto tempo fa.

Il movimento immaginato è stato illuminante. Uno degli esercizi fatti a terra era proprio di raddrizzare la colonna vertebrale come serviva qui. Lo facevamo sdraiati su un fianco, ma la sensazione era quella. Ad un certo punto il peso sulle mani è diventato più sopportabile e anche il secondo ginocchio si è sollevato. Euforia per il traguardo raggiunto, ma soprattutto presa d’atto che la sensazione immaginata era simile a quella sperimentata.

Gli sgombri si sono frantumati tra la verdura. La fiamma molto alta comincia a bruciare qualcosa, devo mescolare con più attenzione. Butto gli spaghetti, la scatola dice 9 minuti. Il gusto del condimento lo immagino già buono ora, abbasso la fiamma per farlo addensare ancora un po’, immagino un gusto più yang.

La parola residenziale riferita ad un corso non l’avevo mai sentita. In pratica significa che vivi dove si tiene il corso, e che al posto di fare una lezione alla settimana ne fai tre o quattro al giorno.

E non si può sfuggire. Un giorno dopo un buon pranzo innaffiato da un ottimo Pigato ero andato a riposarmi in camera e mi ero addormentato. Lory è venuta a svegliarmi perché la lezione era già iniziata. A parte questo episodio il ritmo è piacevole.

E sono piacevoli le persone.

Non ci conoscevamo tutti. All’inizio c’è sempre un po’ di, non dico diffidenza, ma riservatezza reciproca. Ma passa rapidamente. Dopo un paio di giorni sembrano tutti amici di vecchia data.

La pasta è cotta. Dopo 9 minuti era cruda, l’ho lasciata ancora un po’. Scolata, buttata in padella assieme al resto e continuato a mescolare a fiamma alta per un altro paio di minuti. Spento la fiamma, aggiunto un cucchiaino di patè di olive, nel gusto che inseguivo c’era questa punta di aspro, e impiattato.

Il titolo del corso era relativo alla camminata fluida. Di cose direttamente legate al camminare ne abbiamo fatte poche. Un esercizio all’inizio, e alla fine, in cui provavamo a camminare tenendo una bacinella in bilico sulla testa e la lezione in spiaggia sul contrarre in modo ritmico le due diagonali spalla-anca. Bella la lezione in spiaggia dopo il bagno.

Il resto delle lezioni è stato più su vari modi di cadere e sulla verticale. Eppure alla fine col camminare c’entrava. Per qualche strano motivo la camminata, parlo della mia, più fluida lo è diventata.

L’esperimento culinario alla fine non è riuscito del tutto. Gli spaghetti erano molto buoni, ma il gusto che avevo in mente era un po’ diverso. Riproverò.

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Una sera del corso, cercando di filmare le tantissime lucciole.