Carlo Rovelli e la guerra

creato da Midjourney in base al testo "Machine gun shooting at the Constitution"
creato da Midjourney in base al testo “Machine gun shooting at the Constitution”

Rovelli

Nelle ultime settimane ho visto rimbalzare diverse volte sui social questa riflessione di Carlo Rovelli sulla guerra in Ucraina.

Rovelli sottolinea l’ipocrisia dell’Occidente nell’ammantare di

belle parole: democrazia, libertà, rispetto delle nazioni, pace, rispetto della legalità internazionale, rispetto della legge

la decisione di intervenire contro l’invasione perpetrata dalla Russia ai danni dell’Ucraina, quando è chiaro che l’Occidente

non vuole una soluzione, vuole fare male alla Russia.

Penso che Rovelli abbia ragione. Nell’articolo cita numerosi esempi del comportamento dell’Occidente che evidenziano la nostra impostazione imperialista.

Rovelli ha ragione su tutto questo, ma non trae conclusioni esplicite. Non dice, ad esempio, che dovremmo cessare gli aiuti militari a Zelensky. Si può pensare che lo dica implicitamente, e, immagino, che chi ha riproposto questa riflessione la intenda in questo senso.

Io sul trarre questa conclusione non sono d’accordo.

Harari

Yuval Noah Harari, nel suo bellissimo Sapiens, parla degli imperi come di una delle forze che hanno contribuito, nel corso almeno degli ultimi 2500 anni a organizzare l’umanità in insiemi sempre più vasti.

Queste unificazioni sono costate lacrime e sangue. Sono avvenute attraverso lo sterminio di intere popolazioni, attraverso l’oppressione, le deportazioni, i genocidi. Se pensate che queste non siano belle cose sono d’accordo con voi, ma questo è quello che è stata l’umanità fino ai nostri tempi, e la storia recente dimostra che non ne siamo ancora usciti.

A fronte di questa moneta di orrore con cui abbiamo pagato la nascita e la prosperità degli imperi abbiamo ricavato dei benefici non da poco. Ogni volta che un impero ha invaso una popolazione è avvenuta una fusione di due culture. L’insieme più grande che ne è nato viene salutato dalla Storia in modo positivo. L’impero che impone una lingua comune a tutti i suoi territori pone le premesse per la nascita di una civiltà migliore per tutti. Gli scambi, anche culturali, i commerci, le strade, l’arte, il benessere economico generale finiscono per guadagnarci.

guerre

La sensibilità comune, soprattutto nel mondo occidentale, si era illusa negli ultimi 70 anni di aver eliminato la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. Questa illusione è stata in gran parte frutto dell’ipocrisia denunciata da Rovelli, perché le guerre ci sono state eccome, Rovelli ne cita parecchie, e molte sono state condotte dall’impero Occidentale.

La minaccia dell’escalation nucleare ha di fatto imposto questa ipocrisia. Non sono stati più possibili scontri diretti tra i grandi blocchi, ma quelli striscianti hanno continuato ad esserci, sia durante la guerra fredda che dopo la caduta del Muro.

Il fatto è che gli imperi ci sono ancora e noi facciamo decisamente parte di uno di essi, il blocco occidentale. E fuori dai nostri confini ci sono altri imperi: quello Russo e quello Cinese, che potremmo considerare sull’orlo di fondersi, e altri minori.

È implicita negli imperi la tensione a prevalere, a fagocitare gli altri. Non è possibile negare questa realtà. Queste tensioni non cesseranno finché in qualche modo tutta l’umanità sarà sotto il controllo di un unico governo. E dobbiamo augurarci che questo, in un modo o nell’altro avvenga in fretta, perché problemi come la crisi climatica o lo spreco di risorse si possono affrontare solo a quel livello.

Sarebbe bellissimo essere capaci di arrivarci in modo dolce, senza l’uso della violenza, attraverso la diplomazia, la globalizzazione economica e culturale, attraverso la politica. Ma se guardiamo anche solo all’Italia, alla difficoltà di cedere sovranità da parte delle regioni allo stato centrale, alle continue spinte localistiche, è chiaro che non siamo ancora pronti per andare in quella direzione.

per quale impero tieni ?

Forse è il caso che ognuno di noi si chieda, a questo punto, di quale impero preferirebbe far parte. O almeno di chiedersi quale impero abbia le migliori probabilità di vincere, perché anche questo è un criterio: trovarsi dalla parte sbagliata della Storia implica dover ammettere un giorno di aver rallentato il processo di unificazione.

Gli imperi di oggi non coincidono necessariamente con collocazioni geografiche. Oggi, grazie alla globalizzazione diventa tutto un po’ trasversale. Forse addirittura in ognuno di noi convivono due o tre prospettive alternative.

l’impero Occidentale

Da una parte abbiamo l’impero Occidentale, che promette un sistema in cui le scelte sono, in qualche modo, espressione dei cittadini, in cui gli individui sono tutelati nei confronti del potere centrale, in cui il vero potere non è detenuto da qualche persona, ma da un insieme di regole, una Carta Costituzionale, a cui tutti sono tenuti ad adeguarsi. Carta derivata da Principi inderogabili.

Un sistema, soprattutto, in cui c’è libertà di espressione, in cui non si viene arrestati per motivi ideologici, per aver espresso posizioni critiche verso il potere.

Non è privo di difetti.

Da una parte c’è quello denunciato da Rovelli: l’ipocrisia. Le cose non stanno nei termini ideali enunciati sopra. Quei Principi non sono praticamente rispettati, i cittadini non partecipano, i governanti sono una Casta che si ammanta di paroloni per fare scelte in gran parte tese ad alimentare i privilegi di chi sta al potere e degli amici suoi.

Dall’altra quei Principi stessi rendono il sistema molto fragile:

    • l’estrema libertà di espressione rischia di far prevalere posizioni di intolleranza che vanno espressamente contro gli stessi Principi democratici. La libertà di espressione rischia di demolire il castello.
    • la difficoltà di mediare posizioni diverse provoca rallentamenti e impasse, un sistema democratico è sicuramente meno agile ed efficiente di uno autoritario. Le minoranze restano scontente, ma anche la maggioranza non vede spesso grandi benefici a causa delle decisioni lente e poco nette. Questo scontento alimenta poi il punto precedente e il tutto rischia di cadere. Una democrazia vera è difficilissimo tenerla in piedi. Richiede una grande maturità dei cittadini, che devono veramente adorarla in quanto tale per farla funzionare. E spesso non è così. Tra l’altro è il motivo per cui non la si può imporre.

gli imperi fascisti, come Russia e Cina

Sulla carta anche questi sono sistemi democratici. In questi paesi si vota e si eleggono i governanti. Il fascismo nasce sempre da una democrazia che non funziona.

Il punto fondamentale a cui si è rinunciato è quello della libertà di espressione. Dove si può essere arrestati per aver espresso posizioni antigovernative (come nel caso di Alexei Navalny) l’ipocrisia democratica viene eretta a sistema. Si possono conservare le forme esteriori della democrazia, ma di fatto viene creato un sistema in cui chi è al governo fa quello che crede, il consenso viene acquisito con la violenza e la corruzione.

Sono sistemi sicuramente più stabili, il potere ha tutti gli strumenti per perpetuarsi. Sono sistemi più agili nelle decisioni. Hanno anche loro necessità di mediare, non più con i cittadini, ma con le oligarchie corrotte che lo sostengono e con la necessità di finanziare le loro inefficienze.

In genere crollano per eventi esterni, o per decisioni avventate dei leader o soffocati dalle difficoltà economiche provocate dalla corruzione.

neutralità

C’è una terza scelta rispetto allo schierarsi con un mondo o con l’altro: restare neutrali. Scegliere di ritagliare il proprio paradiso (che spesso diventa anche paradiso fiscale). Tagliare i legami e rimanere equidistanti da tutti. Difficilissimo riuscirci. Chi ce la fa finisce per diventare una specie di parassita globale. Non è una scelta che caldeggerei.

Credo che sia latente, inconscia, in chi assume una posizione non interventista.

condizionatori o guerre ?

È inevitabile che l’impero Occidentale abbia mire espansionistiche ? E, se così è, condividiamo questa scelta ?

Nel caso dell’Ucraina la scintilla che ha scatenato l’invasione Russa è stata la decisione di un governo sovrano di aderire spontaneamente alla Nato. Non la si può necessariamente vedere come una manovra espansionistica dell’Occidente. Ma ci sono stati sicuramente casi in cui queste manovre ci sono state. Il voler imporre la democrazia nei paesi arabi è sicuramente stato un mascherare con belle parole l’accaparramento di risorse energetiche, e molti dei casi citati da Rovelli sono dello stesso tipo.

Si è trattato di decisioni democratiche ? I cittadini occidentali hanno davvero deciso di aggredire altri paesi per pagare di meno la benzina ? Forse non proprio direttamente e coscientemente, ma direi che la risposta è sì.

L’impero Occidentale ha abituato i suoi cittadini ad un tenore di vita superiore a quello medio nel resto del mondo, ed è molto difficile per le forze politiche che si rendono conto di questo squilibrio, e ambirebbero a calmierare questo scompenso, essere elette. È già difficile tenere in piedi la democrazia, costruire una democrazia illuminata che ragioni tenendo conto dei problemi di tutto il mondo lo è ancora di più. Anche se sarebbe l’unico mezzo per arrivare in modo non violento ad un governo mondiale.

La reazione negativa di molti alla battuta di Mario Draghi

Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?

è esemplificativa di questa difficoltà.

Secondo me bisogna lavorare per costruire questo tipo di maturità e sensibilità, ma finché questo percorso non avrà dato i suoi frutti non possiamo che accettare questi episodi.

Le alternative possibili/reali sono molto peggio.

Two Days After

Ho ricevuto questo commento al post precedente dal mio amico Pino Gangemi, che ringrazio. Siccome è un commento piuttosto articolato, e credo meriti di essere letto, ne ho fatto un post.


Dissento e proverò a motivarne le ragioni con pacatezza, sulla falsariga di quanto hai scritto tu.

Il grande saggio

Mi sento anch’io in lutto, nel dopo voto, perché non mi piace affatto questa Italia che vota Lega perfino a Lampedusa e Riace o, più in generale, in tutto il Sud. Fino a qualche anno addietro, il “capitano” cantava canzoncine sui napoletani che “puzzano come cani” e invocava un intervento risolutivo del Vesuvio. Se è lecito cambiare idea, a me risulta insopportabile la troppo corta memoria dei miei conterranei che farebbero bene a rileggere lo statuto del partito ex padano che, però, non ha affatto ripudiato la secessione. Chi pagherà un prezzo molto alto se saranno approvate le nuove regole per l’autonomia regionale saranno proprio i meridionali, masochisti per scelta o per ignoranza.

Perché intristirsi delle reazioni di molti a causa del risultato delle elezioni, sia pure ampiamente prevedibile? Limitarsi alla sola curiosità e non evidenziare il proprio disagio mi sembrerebbe davvero bizzarro, come se potessimo asetticamente partecipare al contributo di nuova conoscenza che ne deriva, mettendo da parte ogni altro sentimento: un cicinin disumano, a mio parere. Il voto, semplificando, è davvero una gara, nel senso che determina vincitori e sconfitti nonostante i voli pindarici di molti politicanti che trionfano persino quando perdono. Esattamente come prevede la democrazia che assegna l’esercizio del potere ai primi e la facoltà di controllo ai secondi. Come non preoccuparsi ancor di più se il partito vittorioso persegue obiettivi e traduce in leggi dello Stato argomenti quali la “legittima difesa preventiva”, la “flat tax” che, se fosse davvero piatta, risulterebbe anticostituzionale, l’utilizzo della ruspa per eliminare i campi rom senza minimamente preoccuparsi di una qualche soluzione alternativa, l’interdizione a priori dei porti a qualunque nave che salva esseri umani? La netta vittoria di un partito il cui leader, capo del governo “de facto”, mira all’ulteriore aumento del nostro colossale debito pubblico e risponde “Chi se ne frega?” quando qualcuno gli fa notare il conseguente incremento dello spread dei nostri titoli di Stato?

Mi domando: chi stabilisce, a partire da una presunta saggezza collettiva, quali siano le idee migliori o le soluzioni più adatte? Un algoritmo che non è asettico poiché qualcuno l’ha implementato o lo implementerà seguendo criteri difficilmente verificabili e condivisibili?

L’ondata nera e la sicurezza

La paura di un ritorno del fascismo, in una forma storicamente diversa, non è solo legittima ma, addirittura, doverosa. Lo dobbiamo a quelli che il fascismo, o qualunque altro tipo di dittatura, ha ucciso, incarcerato, torturato, esiliato. La paura, se motivata e non indotta o fomentata da un ministro degli interni, è lo strumento indispensabile per intravedere un pericolo e, possibilmente, prevenirlo. Purché non degeneri in immotivata ossessione, naturalmente.

Restando nell’ambito della semplificazione economica “destra-sinistra”, non è affatto vero, purtroppo, che la ridistribuzione della ricchezza avvenga in modo automatico, anzi: la forbice della disuguaglianza si allarga sempre di più. Basta leggere il “Rapporto Oxfam” discusso a gennaio di quest’anno durante l’Economic Forum di Davos. Nel 2018, la ricchezza dei 3,8 miliardi di persone più povere della terra è diminuita dell’11% contro un incremento del 12% dei più ricchi. Una situazione analoga si registra in Italia, particolare trascurato anche dalla sinistra – o meglio, dal centro-sinistra – al governo nel nostro Paese negli ultimi anni. Ma quest’argomento, certo, riguarda più il capitalismo che il fascismo.

Ridurre a folklore le manifestazioni degli attuali gruppi neofascisti e, di contro, le “reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra” significa dimenticare cosa è accaduto in Italia non solo durante il ventennio ma anche a partire dalla strage di Piazza Fontana in poi, gli anni del terrorismo nero che è stato una concausa della nascita del terrorismo rosso. Personalmente non ritengo efficace partecipare alle proteste contro Casa Pound o Forza Nuova ma non mi sento affatto di giudicare coloro che lo fanno come persone animate da preconcetti e prive di un reale oggetto del contendere.

I migranti

Xenofobia, egoismo e paura immotivata non sono sufficienti per etichettare come fascista chi li prova ma costituiscono una buona base per avviarsi su quella strada. Il fenomeno della migrazione rappresenta un problema davvero enorme che l’Europa dovrà affrontare più seriamente di quanto non abbia fatto e non faccia. Davvero la soluzione è quella di Salvini e dei suoi amici di Visegrad che vogliono, semplicemente, impedire gli arrivi a tutti i costi? Le azioni messe in pratica dal ministro della paura, colpevolmente supportato dai 5S, non si sono limitate alla fantomatica chiusura dei porti ma hanno sistematicamente smantellato ogni simulacro di accoglienza. Negli ultimi anni in Germania sono arrivate milioni di persone mentre l’Italia non ha neppure firmato il “Global Migration Compact” dell’Onu, una semplice dichiarazione dei principi che dovrebbero regolare il flusso mondiale dei migranti. E, ancora: immaginiamo, per un momento, che nel nostro Paese scompaiano tutti gli extra comunitari irregolari ad oggi presenti e non ne arrivi più nemmeno uno. Si risolverebbero, per incanto, tutti i veri problemi degli italiani quali la disoccupazione, la criminalità organizzata, la corruzione, la decrescita economica, il debito pubblico, la burocrazia, le lungaggini della giustizia e … chi più ne ha più ne metta?

La difesa delle forze di polizia, sempre e comunque, come lavoratori che fanno il loro mestiere è molto “pasoliniana” e sarebbe anche del tutto legittima se non fossero mai accaduti, ad esempio, i fatti di Genova, della scuola Diaz e di Bolzaneto. In quei luoghi la violenza è venuta da una parte sola, pianificata e costruita ad arte come costruite ad arte e del tutto false erano le prove per giustificarla. Ammiro i non violenti ma non sono, e non aspiro ad essere, il Mahatma Gandhi.

Antifascisti

Il prefisso “anti”, nelle sue diverse accezioni, significa “contro”. Rispetto al fascismo, che sia solo propaganda ideologica o regime totalitario, non si può essere “non” ma decisamente “anti”. Sarebbe bastato un cicinin di “anti”, a partire dal primo dopoguerra fino alla marcia su Roma, per evitarci vent’anni di dittatura ed una seconda guerra mondiale. L’illuminata classe dirigente liberale dell’epoca ha considerato il fascismo, nonostante tutte le sue innumerevoli manifestazioni violente, poco più che un fenomeno temporaneo e, soprattutto, controllabile. Conosciamo bene le conseguenze e, se la Storia davvero insegna qualcosa, dovremmo aver imparato l’importanza, in certe occasioni, di essere “anti”. Questo non significa impedire ad una casa editrice di partecipare al Salone del Libro ma, se fossi stato costretto a scegliere – come è accaduto – tra Casa Pound e la partecipazione di Halina Birenbaum, una delle ultime sopravvissute alla Shoah, non avrei avuto dubbi. Non cerco affatto nemici “a priori” ma questo non significa che i “nemici” da cui stare in guardia non ci siano e che, nel caso, vadano combattuti.

Le alternative

La sinistra paga, ancora oggi, un suo difetto atavico e devastante: come in una religione, ogni partito, gruppo, persona che ne fa parte ritiene di possedere la sua propria verità. Quando, ovviamente, tali verità tutt’altro che oggettive, contrastano fra di loro, ci si massacra allegramente all’interno della sinistra stessa, dimenticando del tutto quali siano i veri avversari. Al momento lo stanno facendo i simpatizzanti del PD e quelli che, all’interno del M5S, si ritengono di sinistra. Trovare una sintesi è difficile, così come difficile è proporre soluzioni di problemi complessi che siano semplici e immediatamente comprensibili.

La riduzione dell’utilizzo del contante, ad esempio, è stata proposta in più occasioni, a partire da Bersani, e, pur essendo semplice e comprensibile, è stata accolta con scarso riscontro e scarsissimo entusiasmo. Considererei un passo avanti significativo se la sinistra riuscisse, finalmente, a formulare e mettere in pratica qualche concreta proposta per migliorare, almeno un poco, la vita dei meno abbienti. Istruzione e asili nido davvero gratuiti per tutti, ad esempio.

Insomma

All’interno del Movimento 5 stelle, per quanto mi sforzi, non riesco a vedere neppure un indizio di dialogo interno: al primo accenno di dissenso le espulsioni sono immediate come dimostrano i casi, ad esempio, di Pizzarotti e di De Falco. Mi è insopportabile che l’ultima parola sia stata sempre e comunque riservata a quel sovrano senza trono che è Beppe Grillo, il garante unico, indiscusso e indiscutibile. Possiamo considerare davvero come terreno di confronto l’incontrollabile piattaforma Rousseau sulla quale perfino la formulazione del quesito riguardo a Salvini e la nave Diciotti risultava quanto meno equivoca? È sintomo di reale dibattito interno affidare agli iscritti, con un voto on line, la conferma o meno di Di Maio come capo politico o, invece, è solo un rifuggire la propria responsabilità individuale di fronte ad una catastrofe elettorale? Il PD ha molti difetti ma ritengo le primarie e lo svolgimento di un regolare congresso un “minimo sindacale” che va comunque difeso e preservato.

Ad una seria riflessione autocritica dovrà seguire la ricostruzione di un’alternativa credibile. Un’impresa non da poco e che, nei fatti, non potrà che passare da nuove elezioni e da un periodo in cui le carte le avrà probabilmente in mano il centro-destra o, addirittura, la destra-destra. Sempre che non ci si scatafasci prima, a causa della situazione economica e dell’aria che tira. Speruma bin …