K. Gibran
La fede è il senso del cuore, come la vista è il senso dell’occhio.
Forse sono un po’ infastidito proprio dalla parola Fede. La frase citata sopra, di K. Gibran, me la fa un po’ rivalutare. Il senso del cuore. Proprio bello. Ma credo che non venga intesa così dalle persone che si professano religiose. Credo che per loro non sia un senso del cuore, ma un parto del cervello. La fede, come è comunemente intesa è una decisione razionale. Provo ad indagare tra i miei ricordi, visto che ci sono passato. Direi che era uno scommettere su una cosa o un’altra. Pascal. Sarà vero quello che mi stanno raccontando o no ? E su che elementi baso questa decisione ? Persone che stimo ci credono. Migliaia di anni di storia, milioni di persone nel corso dei secoli. Elaborazioni infinite. Autorità, gerarchie, regni. D’altra parte milioni non ci hanno creduto. Eroi e martiri su entrambe le barricate. Santi ed eretici.
Anche gli eretici hanno avuto fede, sono morti per quello in cui credevano. Qual’è la differenza ? Che quelli che oggi detengono la versione ufficiale, quelli che hanno ereditato il simbolo del partito, hanno vinto. E quindi ti raccontano la storia dal loro punto di vista. Raccontano che la Chiesa è stata fondata direttamente da Dio, dire che quello era un uomo la sminuirebbe, traballerebbe tutto il castello. Per carità, tutto il rispetto per chi si sente di aderire a questo tipo di spiegazione. A me non dice più niente. Anzi, penso che faccia del male. Perchè lo confronto con la fede-senso-del-cuore. Probabilmente non ce l’hanno tutti questo senso. Anzi, credo decisamente in pochi. Forse è genetico: o lo senti o no. C’è chi non distingue il rosso dal verde, e c’è chi non sente il bisogno di chiedersi che ci facciamo qui. O gli viene facile accettare una spiegazione di comodo, il caso forse. Ma la storia di un Dio che in milioni di anni di storia, milioni di pianeti forse abitabili, abbia scelto un posto specifico nel tempo e nello spazio, un popolo di pastori, e in quell’ambito un uomo particolare. Abbia scelto di veicolare la storia di quell’uomo infiltrando organizzazioni terrene, come l’impero romano, creando infine uno stato, con una banca, e abbia stabilito che il capo di quello stato fosse il tramite diretto verso di lui … per favore ! Sembra la trama di qualche pessimo film su qualche dittatura sudamericana. La fede-senso-del-cuore, non può accettare queste cose. Brucia. Vuole capire. Capire col cuore, non col cervello. La razionalità qui non può avere il primato. Il cuore lo sente il Dio che parla. Qualche cuore, almeno: genetico.
Homecoming
Tempo fa ho letto un meraviglioso romanzo di Orson Scott Card (in effetti una serie di cinque romanzi, una saga). Si chiama Homecoming. Purtroppo sembra sia stato tradotto in italiano solo il primo libro. Parla di un pianeta, Harmony, popolato da gente fuggita dalla Terra per evitare qualche catastrofe incombente. Gente con tecnologie molto avanzate. Arrivati sul pianeta decidono che il problema più grosso dell’umanità, quello che ha provocato la distruzione del pianeta nativo, è l’incapacità di coniugare il progresso tecnologico con l’armonia tra i popoli. L’istinto di prevalere, la guerra, unita a capacità di distruzione oltre misura condannano l’umanità all’estinzione. Per ovviare a questo rischio pianificano un esperimento sociale: manipolano geneticamente i loro discendenti in modo che le loro decisioni e l’acquisizione stessa di conoscenze sia sottomessa all’approvazione di un computer.
L’Oversoul, questo è il nome che viene dato dai loro discendenti al computer, controlla tutti i cervelli umani del pianeta. Raggiunge queste antenne biologiche nella corteccia cerebrale di ognuno attraverso una rete di satelliti che circonda il pianeta. Per gli umani, per la percezione che ne hanno, l’Oversoul è Dio, con tanto di ordini religiosi da cui viene venerato,e riti e credenze varie. La missione dell’Oversoul è di impedire all’uomo di sviluppare qualsiasi cosa possa servire a scatenare guerre su scala geograficamente ampia. L’uomo non può inventare/costruire armi, ma neanche mezzi di trasporto di massa, perchè permetterebbero a truppe di un paese di assalirne un altro. In compenso il mondo è avanzatissimo, esistono i computer e le università dialogano attraverso una rete. Questo stato di cose deve durare fino a che l’uomo non sviluppi la capacità di evitare la violenza, di scegliere il dialogo come mezzo di risoluzione dei conflitti. La narrazione della vicenda si svolge 40 milioni di anni dopo. L’uomo è ancora come prima, Scott Card è molto pessimista. L’Oversoul dovrebbe continuare il suo compito, ma non può più. I coloni originari non pensavano ci potesse volere tutto questo tempo. I satelliti cominciano a rompersi o a cadere, gli organismi umani evolvono geneticamente sviluppando individui sempre più sordi a questa ingerenza dell’Oversoul. Il computer elabora un piano per uscire dalla situazione. Nel corso di diverse generazioni manovra le persone in cui queste antenne biologiche sono più sensibili, in modo che si incontrino e generino figli sempre più capaci di comunicare con questa macchina-Dio. Tutto questo si scopre tardi nel romanzo. La storia viene raccontata con gli occhi dei protagonisti, che sono l’apice di questa selezione genetica. Nafai, il personaggio principale, può dialogare direttamente con l’Oversoul. Io trovo che questa fantareligione costruita da Scott Card sia un buon paradigma di quello che avviene in realtà. Non so se ci sia un Dio che direttamente seleziona la gente per amplificare queste antenne, non sono neanche sicuro che questa sensibilità per il trascendente costituisca un vantaggio evolutivo, ma mi piace pensarlo. Penso che qualcuno abbia queste antenne più sviluppate di altri, e chiami Fede una cosa diversa dalla scommessa di Pascal. Per queste persone il mondo spirituale è una cosa che si sperimenta, che ha a che fare con l’arte, con l’intuito. Insomma col cuore.
See
Un’altra bellissima parabola di questo concetto di fede come risultato della combinazione genetica, è una serie tv apparsa in questi giorni su Apple TV Plus, la piattaforma di streaming lanciata da Apple. La serie si chiama See.
La storia racconta di un virus che ha decimato l’umanità lasciando i pochi superstiti completamente ciechi. Tantissimi anni dopo esiste una civiltà di gente che ha completamente dimenticato il senso della vista. Qualche leggenda ne parla, ma nessuno riesce a immaginare cosa davvero potesse essere. Molti non ci credono. Chi ne parla viene bollato come eretico. Ci sono state evoluzioni genetiche che hanno portato alcuni individui ad amplificare la portata degli altri sensi. Persone con udito finissimo o un olfatto particolarmente sensibile vengono usate nelle guerre per sentire l’avvicinarsi di eserciti nemici. Qualcuno è in grado di percepire a distanza sentimenti come l’odio. Quasi tutti sono in grado di muoversi agevolmente anche in ambienti non conosciuti, sanno percepire un burrone sul loro tragitto. Quasi tutti riescono a capire se un interlocutore mente.
In questo mondo nasce per caso un uomo che ci vede. Dà vita a due bambini anche loro in grado di vedere. E devono nascondersi dal resto del mondo che ne ha paura, perchè non capisce cosa possa essere questo vedere.
Credere
Penso che, almeno in parte, queste due storie non colgano esattamente il punto. La fede, questo senso-del-tutto di cui qualcuno è più dotato di altri, non rappresenta un vantaggio evolutivo individuale, almeno non così diretto. I protagonisti vedenti di See possono usare armi come l’arco e le freccie che sono preclusi agli altri, i protagonisti di Homecoming ricevono direttamente dall’Oversoul indicazioni che li proteggono dai pericoli e li guidano nel raggiungimento della loro missione. É bello pensare che vantaggi simili siano in qualche modo offerti anche ai credenti, ma il punto principale non è questo. La fede non serve a diventare superman.
Mi piace pensare che il vantaggio evolutivo ci sia, ma sia di gruppo. Una società ricca di individui che regolano le loro scelte tenendo conto di una visione più ampia è destinata a prosperare rispetto ad una in cui prevale una visione egocentrica.
La Chiesa e la sua crisi
Ultimamente la crisi della Chiesa è visibile a tutti. In genere, soprattutto dai cattolici, viene attribuita a fatti recenti, come la pedofilia, qualcuno la vede come risultato del non aver saputo adattarsi ai tempi moderni (sacerdozio femminile negato, celibato non più attuale/sostenibile). Probabilmente questi aspetti hanno contribuito all’accelerazione del fenomeno dell’abbandono di tanti fedeli, ma secondo me la questione ha radici più profonde e antiche.
La chiesa ha sempre avuto tante correnti, e tanti sono stati nel corso della sua linga storia i tentativi di rinnovamento, di riscoperta del valore fondante, ma bisogna dire che la chiesa main-stream ha da sempre avuto un carattere ben lontano da qualsiasi cosa chiunque possa capire del messaggio a cui la chiesa stessa si ispira leggendo un qualsiasi vangelo.
Gesù di Nazareth predicava la precarietà, la povertà nel senso di abbandono delle preoccupazioni legate alla sopravvivenza (“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?”, Matteo 6), di abbandono addirittura delle preoccupazioni legate alla diffusione del messaggio (pensate al discorso sui servi inutili in Luca 17, o al “non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” in Matteo 10).
A fronte di questa preoccupazione la Chiesa si è sempre data un gran daffare per accumulare denari (per la propria sopravvivenza), ad accumulare potere (per diffondere il messaggio), ad accumulare pensieri, dogmi (perchè il messaggio trasmesso fosse solo quello delle gerarchie, perchè lo Spirito neanche si sognasse di parlare per bocca di qualcun altro). Insomma, se c’è una cosa che la Chiesa non ha mai avuto è stata la Fede.
La dottrina cristiana, in particolare quella cattolica (la riforma protestante ha avuto il merito di provare a scrollarsi di dosso alcune di queste incrostazioni) è un castello di insensatezze, partorite da anime cupe, spaventate dalla natura umana, in particolare dalla sessualità, e in genere tese a giustificare sè stesse e la struttura terrena e di potere temporale della Chiesa.
Il concetto base di questo castello di idee è il concetto di salvezza. Secondo la dottrina ufficiale l’uomo nasce dannato, per una colpa commessa dai suoi progenitori, e la persona di Gesù è il Dio mandato tra gli uomini a compiere un estremo sacrificio per togliere questa colpa, per salvarci da questa macchia originale. Perchè un Dio (che si suppone sano di mente e soprattutto buono) avrebbe dovuto architettare una cosa così strampalata non è dato di saperlo. Come questi concetti trovino radice nei pochi scritti che ci sono arrivati della predicazione di Gesù non è chiaro, come non è chiaro dove avrebbe detto ai suoi discepoli di fondare una Chiesa con struttura feudale. Se da un lato la famosa frase “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa” è quanto meno una traduzione sbagliata (il termine greco tradotto come pietra è in effetti ciotolo, non roccia, il termine corretto avrebbe avuto tutt’altro senso) poco si concilia con tutto il resto della predicazione di Gesù (vedi ad esempio frasi come “Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.” Matteo 23).
Non possiamo sorprenderci oggi che questo edificio di assurdità (in mancanza di un messaggio sensato lo si è sostituito con formule vuote ammantate di dogmatismo e imposte alla religiosità popolare con l’infallibilità della gerarchia) collassi. La cosa triste è che essendo stata percepita come l’emblema, il fulcro della religiosità rischia di portarsi dietro, in questo crollo, tutto quanto di bello c’è nel messaggio dei vangeli e nella spiritualità in generale.