Fede

K. Gibran

La fede è il senso del cuore, come la vista è il senso dell’occhio.

Forse sono un po’ infastidito proprio dalla parola Fede. La frase citata sopra, di K. Gibran, me la fa un po’ rivalutare. Il senso del cuore. Proprio bello. Ma credo che non venga intesa così dalle persone che si professano religiose. Credo che per loro non sia un senso del cuore, ma un parto del cervello. La fede, come è comunemente intesa è una decisione razionale. Provo ad indagare tra i miei ricordi, visto che ci sono passato. Direi che era uno scommettere su una cosa o un’altra. Pascal. Sarà vero quello che mi stanno raccontando o no ? E su che elementi baso questa decisione ? Persone che stimo ci credono. Migliaia di anni di storia, milioni di persone nel corso dei secoli. Elaborazioni infinite. Autorità, gerarchie, regni. D’altra parte milioni non ci hanno creduto. Eroi e martiri su entrambe le barricate. Santi ed eretici.

Anche gli eretici hanno avuto fede, sono morti per quello in cui credevano. Qual’è la differenza ? Che quelli che oggi detengono la versione ufficiale, quelli che hanno ereditato il simbolo del partito, hanno vinto. E quindi ti raccontano la storia dal loro punto di vista. Raccontano che la Chiesa è stata fondata direttamente da Dio, dire che quello era un uomo la sminuirebbe, traballerebbe tutto il castello. Per carità, tutto il rispetto per chi si sente di aderire a questo tipo di spiegazione. A me non dice più niente. Anzi, penso che faccia del male. Perchè lo confronto con la fede-senso-del-cuore. Probabilmente non ce l’hanno tutti questo senso. Anzi, credo decisamente in pochi. Forse è genetico: o lo senti o no. C’è chi non distingue il rosso dal verde, e c’è chi non sente il bisogno di chiedersi che ci facciamo qui. O gli viene facile accettare una spiegazione di comodo, il caso forse. Ma la storia di un Dio che in milioni di anni di storia, milioni di pianeti forse abitabili, abbia scelto un posto specifico nel tempo e nello spazio, un popolo di pastori, e in quell’ambito un uomo particolare. Abbia scelto di veicolare la storia di quell’uomo infiltrando organizzazioni terrene, come l’impero romano, creando infine uno stato, con una banca, e abbia stabilito che il capo di quello stato fosse il tramite diretto verso di lui … per favore ! Sembra la trama di qualche pessimo film su qualche dittatura sudamericana. La fede-senso-del-cuore, non può accettare queste cose. Brucia. Vuole capire. Capire col cuore, non col cervello. La razionalità qui non può avere il primato. Il cuore lo sente il Dio che parla. Qualche cuore, almeno: genetico.

Homecoming

Tempo fa ho letto un meraviglioso romanzo di Orson Scott Card (in effetti una serie di cinque romanzi, una saga). Si chiama Homecoming. Purtroppo sembra sia stato tradotto in italiano solo il primo libro. Parla di un pianeta, Harmony, popolato da gente fuggita dalla Terra per evitare qualche catastrofe incombente. Gente con tecnologie molto avanzate. Arrivati sul pianeta decidono che il problema più grosso dell’umanità, quello che ha provocato la distruzione del pianeta nativo, è l’incapacità di coniugare il progresso tecnologico con l’armonia tra i popoli. L’istinto di prevalere, la guerra, unita a capacità di distruzione oltre misura condannano l’umanità all’estinzione. Per ovviare a questo rischio pianificano un esperimento sociale: manipolano geneticamente i loro discendenti in modo che le loro decisioni e l’acquisizione stessa di conoscenze sia sottomessa all’approvazione di un computer.

L’Oversoul, questo è il nome che viene dato dai loro discendenti al computer, controlla tutti i cervelli umani del pianeta. Raggiunge queste antenne biologiche nella corteccia cerebrale di ognuno attraverso una rete di satelliti che circonda il pianeta. Per gli umani, per la percezione che ne hanno, l’Oversoul è Dio, con tanto di ordini religiosi da cui viene venerato,e riti e credenze varie. La missione dell’Oversoul è di impedire all’uomo di sviluppare qualsiasi cosa possa servire a scatenare guerre su scala geograficamente ampia. L’uomo non può inventare/costruire armi, ma neanche mezzi di trasporto di massa, perchè permetterebbero a truppe di un paese di assalirne un altro. In compenso il mondo è avanzatissimo, esistono i computer e le università dialogano attraverso una rete. Questo stato di cose deve durare fino a che l’uomo non sviluppi la capacità di evitare la violenza, di scegliere il dialogo come mezzo di risoluzione dei conflitti. La narrazione della vicenda si svolge 40 milioni di anni dopo. L’uomo è ancora come prima, Scott Card è molto pessimista. L’Oversoul dovrebbe continuare il suo compito, ma non può più. I coloni originari non pensavano ci potesse volere tutto questo tempo. I satelliti cominciano a rompersi o a cadere, gli organismi umani evolvono geneticamente sviluppando individui sempre più sordi a questa ingerenza dell’Oversoul. Il computer elabora un piano per uscire dalla situazione. Nel corso di diverse generazioni manovra le persone in cui queste antenne biologiche sono più sensibili, in modo che si incontrino e generino figli sempre più capaci di comunicare con questa macchina-Dio. Tutto questo si scopre tardi nel romanzo. La storia viene raccontata con gli occhi dei protagonisti, che sono l’apice di questa selezione genetica. Nafai, il personaggio principale, può dialogare direttamente con l’Oversoul. Io trovo che questa fantareligione costruita da Scott Card sia un buon paradigma di quello che avviene in realtà. Non so se ci sia un Dio che direttamente seleziona la gente per amplificare queste antenne, non sono neanche sicuro che questa sensibilità per il trascendente costituisca un vantaggio evolutivo, ma mi piace pensarlo. Penso che qualcuno abbia queste antenne più sviluppate di altri, e chiami Fede una cosa diversa dalla scommessa di Pascal. Per queste persone il mondo spirituale è una cosa che si sperimenta, che ha a che fare con l’arte, con l’intuito. Insomma col cuore.

See

Un’altra bellissima parabola di questo concetto di fede come risultato della combinazione genetica, è una serie tv apparsa in questi giorni su Apple TV Plus, la piattaforma di streaming lanciata da Apple. La serie si chiama See.

La storia racconta di un virus che ha decimato l’umanità lasciando i pochi superstiti completamente ciechi. Tantissimi anni dopo esiste una civiltà di gente che ha completamente dimenticato il senso della vista. Qualche leggenda ne parla, ma nessuno riesce a immaginare cosa davvero potesse essere. Molti non ci credono. Chi ne parla viene bollato come eretico. Ci sono state evoluzioni genetiche che hanno portato alcuni individui ad amplificare la portata degli altri sensi. Persone con udito finissimo o un olfatto particolarmente sensibile vengono usate nelle guerre per sentire l’avvicinarsi di eserciti nemici. Qualcuno è in grado di percepire a distanza sentimenti come l’odio. Quasi tutti sono in grado di muoversi agevolmente anche in ambienti non conosciuti, sanno percepire un burrone sul loro tragitto. Quasi tutti riescono a capire se un interlocutore mente.

In questo mondo nasce per caso un uomo che ci vede. Dà vita a due bambini anche loro in grado di vedere. E devono nascondersi dal resto del mondo che ne ha paura, perchè non capisce cosa possa essere questo vedere.

Credere

Penso che, almeno in parte, queste due storie non colgano esattamente il punto. La fede, questo senso-del-tutto di cui qualcuno è più dotato di altri, non rappresenta un vantaggio evolutivo individuale, almeno non così diretto. I protagonisti vedenti di See possono usare armi come l’arco e le freccie che sono preclusi agli altri, i protagonisti di Homecoming ricevono direttamente dall’Oversoul indicazioni che li proteggono dai pericoli e li guidano nel raggiungimento della loro missione. É bello pensare che vantaggi simili siano in qualche modo offerti anche ai credenti, ma il punto principale non è questo. La fede non serve a diventare superman.

Mi piace pensare che il vantaggio evolutivo ci sia, ma sia di gruppo. Una società ricca di individui che regolano le loro scelte tenendo conto di una visione più ampia è destinata a prosperare rispetto ad una in cui prevale una visione egocentrica.

La Chiesa e la sua crisi

Ultimamente la crisi della Chiesa è visibile a tutti. In genere, soprattutto dai cattolici, viene attribuita a fatti recenti, come la pedofilia, qualcuno la vede come risultato del non aver saputo adattarsi ai tempi moderni (sacerdozio femminile negato, celibato non più attuale/sostenibile). Probabilmente questi aspetti hanno contribuito all’accelerazione del fenomeno dell’abbandono di tanti fedeli, ma secondo me la questione ha radici più profonde e antiche.

La chiesa ha sempre avuto tante correnti, e tanti sono stati nel corso della sua linga storia i tentativi di rinnovamento, di riscoperta del valore fondante, ma bisogna dire che la chiesa main-stream ha da sempre avuto un carattere ben lontano da qualsiasi cosa chiunque possa capire del messaggio a cui la chiesa stessa si ispira leggendo un qualsiasi vangelo.

Gesù di Nazareth predicava la precarietà, la povertà nel senso di abbandono delle preoccupazioni legate alla sopravvivenza (“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?”, Matteo 6), di abbandono addirittura delle preoccupazioni legate alla diffusione del messaggio (pensate al discorso sui servi inutili in Luca 17, o al “non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” in Matteo 10).

A fronte di questa preoccupazione la Chiesa si è sempre data un gran daffare per accumulare denari (per la propria sopravvivenza), ad accumulare potere (per diffondere il messaggio), ad accumulare pensieri, dogmi (perchè il messaggio trasmesso fosse solo quello delle gerarchie, perchè lo Spirito neanche si sognasse di parlare per bocca di qualcun altro). Insomma, se c’è una cosa che la Chiesa non ha mai avuto è stata la Fede.

La dottrina cristiana, in particolare quella cattolica (la riforma protestante ha avuto il merito di provare a scrollarsi di dosso alcune di queste incrostazioni) è un castello di insensatezze, partorite da anime cupe, spaventate dalla natura umana, in particolare dalla sessualità, e in genere tese a giustificare sè stesse e la struttura terrena e di potere temporale della Chiesa.

Il concetto base di questo castello di idee è il concetto di salvezza. Secondo la dottrina ufficiale l’uomo nasce dannato, per una colpa commessa dai suoi progenitori, e la persona di Gesù è il Dio mandato tra gli uomini a compiere un estremo sacrificio per togliere questa colpa, per salvarci da questa macchia originale. Perchè un Dio (che si suppone sano di mente e soprattutto buono) avrebbe dovuto architettare una cosa così strampalata non è dato di saperlo. Come questi concetti trovino radice nei pochi scritti che ci sono arrivati della predicazione di Gesù non è chiaro, come non è chiaro dove avrebbe detto ai suoi discepoli di fondare una Chiesa con struttura feudale. Se da un lato la famosa frase “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa” è quanto meno una traduzione sbagliata (il termine greco tradotto come pietra è in effetti ciotolo, non roccia, il termine corretto avrebbe avuto tutt’altro senso) poco si concilia con tutto il resto della predicazione di Gesù (vedi ad esempio frasi come “Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.” Matteo 23).

Non possiamo sorprenderci oggi che questo edificio di assurdità (in mancanza di un messaggio sensato lo si è sostituito con formule vuote ammantate di dogmatismo e imposte alla religiosità popolare con l’infallibilità della gerarchia) collassi. La cosa triste è che essendo stata percepita come l’emblema, il fulcro della religiosità rischia di portarsi dietro, in questo crollo, tutto quanto di bello c’è nel messaggio dei vangeli e nella spiritualità in generale.

Il Vangelo di Marco

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono, di chi penso non fu altri che un uomo, come Dio passato alla Storia.

Ma inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore, perdonando con l’ultima voce chi lo uccise tra le braccia di una croce.

(Si chiamava Gesù – Fabrizio De Andrè)

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Riprendo la chiacchierata sulla religione cristiana iniziata con la Trinità. Dicevo lì che mi piaceva l’idea di un Dio che volesse comunicare con l’uomo, e scegliesse di farlo attraverso due meccanismi che riflettono due dimensioni concentriche dell’uomo: la parola, la storia, il racconto, per parlare alla razionalità umana e lo spirito, l’intuizione, per parlare al nostro inconscio.

Vorrei ora cercare di indagare su quello che questo Dio sta cercando di dirci partendo dalla più ufficiale di queste comunicazioni: i Vangeli, l’annuncio della Buona Novella.

Cosa sono i Vangeli ? parlano alla nostra razionalità o al nostro inconscio ? Credo parlino a entrambi: sono razionalità in quanto racconti, in quanto documenti storici, sono intuizione perché li hanno scritti uomini inspirati, con un messaggio, una passione da comunicare.

Piccola premessa

Prima di iniziare vorrei esprimere chiaramente il mio punto di vista su Gesù di Nazareth e sul cristianesimo in generale. Quello che farò, sarà cercare conferme a questa tesi, o comunque elementi che analizzerò con questi occhiali. Mi sembra giusto, quindi, esplicitarli.

Non credo che Gesù sia stato un Dio incarnato, non più di quanto lo possa essere ognuno di noi. Non credo abbia fatto miracoli, se non quelli nelle corde di un bravo guaritore, non credo sia risorto fisicamente. Credo sia risorto come presenza, ricordo, come qualsiasi persona cara continua a vivere in chi l’ha amato. Non credo abbia voluto creare una Chiesa e non credo abbia voluto istituire l’eucarestia se non come ricordo di lui.

Credo ad un disegno divino, mi piace pensare a Gesù come persona ispirata che ha voluto comunicarci la sua, preziosa, percezione di Dio.

E, d’altra parte, credo che tutto quello che succede faccia parte di questo disegno, compresa la Chiesa, con i suoi sbagli e i suoi ravvedimenti.

Marco

Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

(Marco 50-52)

Probabilmente Marco era quel ragazzo, che da giovane ha partecipato ad un evento straordinario. Uno straordinario momento di terrore. Non ci sarebbe stato altro motivo per inserire il particolare della presenza alla crocifissione di questo ragazzino, se non il desiderio di firmare il suo lavoro, di dire “io ero lì”.

Questo vangelo pare sia stato scritto dopo il 70 d.c., più di quarant’anni dopo i fatti che racconta, o forse dopo ancora. È il vangelo più antico, in parte gli altri due vangeli storici, quello di Matteo e Luca hanno copiato di qui.

Il Vangelo di Marco è lungo 22 pagine (pdf, traduzione CEI), si legge molto in fretta, e leggerlo è come maneggiare un antico vaso, frantumato e ricostruito mille volte, con inserti e materiali diversi.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

(Marco 20)

Quella sopra è la fine del racconto. Sembra dire che la Parola è centrale, ma, paradossalmente non si trova granché traccia del messaggio di Gesù nel racconto stesso. Sembra stato scritto con l’intento di inanellare alcuni fatti importanti, quasi un Bignami ad uso della comunità. È destinato a gente che sapeva già tutto, aveva solo bisogno di un manuale, un testo di riferimento, lo scheletro di un racconto che veniva fatto oralmente.

Lettura

Volevo provare a sintetizzare il racconto, ma è già talmente stringato e conciso che diventa difficile. Mi limito ad accennare ad alcuni aspetti che mi hanno colpito.

Gesù appare dal niente, l’unica notizia su di lui è che arriva da Nazareth. Il ritmo del racconto è molto concitato, succedono un sacco di cose già nella prima pagina.

Sembra che Gesù passi il tempo a nascondersi, a fuggire dalla folla che lo assedia continuamente per le sue abilità di guaritore. Sembra che lui però, consideri più importante guarire la gente dai mali interiori (Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati) che da quelli fisici, le guarigioni fisiche servono “affinché voi crediate”.

Ci sono molti passi assai poco comprensibili. Molte cose hanno un qualche senso col senno di poi, sembrano confermare la dottrina che maturerà in seguito la Chiesa, ma all’epoca non si spiegano. Aggiunte successive, probabilmente, come quando chiedono a Gesù perché i suoi discepoli non digiunano e lui risponde che finché lo sposo è presente si festeggia.

Quasi da subito i farisei (la Chiesa dell’epoca) cominciano ad accusarlo di nefandezze con la storia del sabato (perché raccoglievano spighe camminando) e il Nostro risponde che il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. Curiosa espressione “figlio dell’uomo”. Alla terza pagina farisei e erodiani hanno già deciso di farlo morire. Da quelle parti erano tosti già allora.

A ritmo serrato Gesù si porta avanti col lavoro e dei tanti che lo seguivano ne scegli dodici (il salotto buono), è uno lo sbaglia, Marco crea la suspance da subito (“… e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.”).

Il racconto è infarcito di concetti dati per scontati, ma mai introdotti o spiegati. Si parla ad esempio di “bestemmie contro lo Spirito Santo”, ma cosa sia questo Spirito Santo non viene detto. Si parla di Satana, ma non ci viene detto chi è. È da notare che Satana è pochissimo presente nella Bibbia ebraica, dove non ha questo ruolo centrale di oppositore ufficiale di Dio. Solo nel nuovo testamento diventa protagonista.

Gesù si esprime in parabole, che è un bel modo di dire le cose. Racconta delle storie. Stranamente ci tiene a presentare la cosa come se fosse un linguaggio criptico, che può comprendere solo quello a cui viene spiegato. E infatti comincia a spiegare le parabole al suo salotto buono dopo averle dette a tutti. L’idea che mi son fatto è che Gesù presentasse davvero qualcosa di difficile da capire, talmente difficile che neanche i suoi discepoli, nonostante le spiegazioni, l’abbiano davvero compreso. A noi quindi è arrivato il meccanismo ma non il contenuto, rimpiazzato, quest’ultimo, da qualcosa di più banale, quello che i discepoli sono riusciti effettivamente a capire.

Comincia qui a parlare del Regno di Dio, che parte come piccolo seme e cresce, ma, a parte illustrarci il meccanismo di crescita non ci dice cos’è questo regno di Dio. Sembra comunque una cosa destinata a succedere in tempi brevi.

Episodi come quello dell’indemoniato lasciano perplessi. Il diavolo si fa chiamare Legione perché sono in molti lì dentro. Chiedono e ottengono, i demoni, di potersi insediare in una mandria di maiali lì vicino, e i maiali si buttano nel lago. Difficile dare un senso a questa cosa, salvo voler mostrare un Gesù che fa cose straordinarie (anche se poco sensate) e comanda su mondi oscuri. Di segno opposto, ma ugualmente incomprensibile è l’episodio della trasfigurazione.

Intanto gli apostoli cominciano ad andare in giro per conto loro, a predicare e guarire e tornano da Gesù a raccontare com’è andata. Arriva tanta gente, moltiplicano pani e pesci per sfamarla. I farisei fanno notare che non si lavano le mani prima di mangiare e Gesù fa loro notare che il loro rispetto delle regole è più formale che sostanziale. Alcune situazioni sembrano andare oltre le capacità degli apprendisti guaritori e Gesù spiega che «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». Sia questa catalogazione dei demoni che la cura vengono lasciati sul vago.

A questo punto iniziano le beghe tra i discepoli su chi deve primeggiare, non sono ancora finite ora. Gesù prova a dire che il primo deve essere il servitore di tutti, ma deve essere una delle tante cose che non son state capite.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

Altro passo strano: non viene spiegato questo scandalo in cosa consiste, ne come fanno una mano, un occhio, un piede a provocarlo. Però interessante questa menzione di un luogo di pena eterno e molto caldo. La Geènna era semplicemente una discarica vicino a Gerusalemme, paragona quindi l’inferno ad un immondezzaio.

L’intervista

  • Grazie di aver accettato.
  • Figurati, mi è sembrata una cosa interessante. Non capita spesso.
  • Parliamo di Marco. L’hai conosciuto ? L’ha scritto davvero lui questo testo ?
  • Era un ragazzino che seguiva il nostro gruppo. Non mi ricordo di lui, erano in tanti. È stato, come tanti, scioccato da tutto quello che è successo: il passaggio brusco da un momento di euforia alla tragedia. Stavamo costruendo un bel momento. Un modo di vivere diverso, che dava un senso alla vita, un posto in cui diventava più importante il senso dello stare insieme rispetto ai drammi, alle pulsioni dei singoli. Ma questo si è scontrato con quelli che di mestiere dicevano agli altri come si vive. Si sono sentiti defraudati del loro potere e ci hanno fermati.
  • Beh, non ci sono riusciti, in fondo.
  • Ci sono riusciti eccome. La Chiesa di oggi è una perfetta replica di quella di allora. Comunque, tornando al testo, l’ha inizialmente scritto lui, ed era giusto una serie di note che usavano nella comunità come traccia per raccontare quello che era successo. In pochi avevano davvero iniziato a capire di cosa parlavo, ma sentivano che c’era qualcosa di importante e avevano voglia di diffonderlo. Alla fine il racconto si è impregnato di quello che via via hanno creduto di capire.
  • Quindi è da buttar via ?
  • Niente è da buttar via. Riflette comunque la storia di un pensiero, tutto sommato pieno di buone intenzioni. Certo, di quello che ho provato a insegnare c’è rimasto poco.
  • Facevi davvero miracoli ?
  • Guarivo la gente, ai tempi i dottori non erano granché bravi.
  • Ma i modi in cui li guarivi sono oggi incomprensibili alla scienza.
  • La medicina di oggi ha esplorato alcune strade, impensabili allora, ma ne ha accantonate altre, che pure erano promettenti. Credo che, per paura dei ciarlatani, abbia buttato un po’ il bambino con l’acqua sporca. L’essere umano ha capacità immense di autoguarigione, capacità che la medicina, finora, non ha analizzato granché. E ci sono anche potenzialità per una persona di guarirne un’altra. Non siamo organismi singoli, neanche fisicamente, siamo un tessuto. Ci influenziamo l’un l’altro. Non noti mai che vicino a certe persone “stai bene”? Questa capacità di guarirsi e di guarire può essere incrementata, la meditazione è un elemento fondamentale, ad esempio, come lo star bene insieme, anche a fare festa.
  • Ma tu queste cose dove le hai imparate ?
  • Ho viaggiato parecchio, soprattutto verso est. Da quelle parti avevano già fatto molta strada in questo senso. E c’erano gruppi dalle mie parti che approfondivano quel tipo di cultura.
  • Gli Esseni ?
  • Anche. Non sono mai stato parte di nessun gruppo, è un ambito in cui il progresso è sempre molto individuale, ma li frequentavo, sì.
  • Sei davvero risorto ?
  • Direi di sì, visto che sto parlando con te …
  • No, voglio dire fisicamente
  • Quale delle due cose pensi sia più importante ?
  • Mmm. Perché pensi che la Chiesa abbia insistito così tanto su questo punto ?
  • La morte fa molta paura se ti identifichi completamente con la tua individualità. Non tanto quella fisica, anche quella mentale, le tue percezioni. Noi non vediamo le percezioni, i pensieri, degli altri. Vediamo la loro fisicità e deduciamo i loro pensieri basandoci sulle espressioni dei loro corpi. Quando i corpi cessano di muoversi e si disgregano non sappiamo più cosa dedurre rispetto ai pensieri. Stiamo solo guardando dalla parte sbagliata. Di fatto siamo circondati da resurrezione da tutte le parti. I semi che marciscono e fanno rinascere le piante, gli animali e gli uomini che fanno figli, le idee che si mescolano e ne fanno nascere di nuove.
  • E quest’idea di Dio Padre come ti è venuta ?
  • Se inizi a percepire il mondo come una cosa bella, ricca. Se cominci a cogliere il tessuto di cui parlavo prima, le relazioni tra le persone, tra le cose, questa magia che respiriamo, non puoi né pensare che venga fuori dal nulla, né che non abbia un fine buono. Il minimo che possiamo pensare di questo assoluto è che abbia un senso.
  • Hai visto Matrix ? E’ un altro tipo di spiegazione
  • Sì, è quella di Kant, per altro. Ma non nega la mia, se ci pensi. Da una parte le macchine sono state create da qualcuno, quindi, indirettamente, torniamo al concetto di Creatore, e poi il fatto di vivere in un mondo illusorio è esattamente il centro della mia predicazione: smettere di percepirsi come individualità e accorgersi di quanto invece siamo parte di un organismo è la vera pillola rossa.
  • Bene. Grazie della chiacchierata. Posso invitarti a proseguirla con i prossimi vangeli? Ci sono tanti altri aspetti che vorrei affrontare.
  • Molto volentieri.

Franza o Spagna

La prima volta che ho provato a guardare la puntata di Report sul Russiagate mi sono addormentato a metà. Ci ho riprovato qualche giorno dopo, stavolta prendendo appunti, per capirci qualcosa. Il risultato è questo schemino fatto con Xmind. Già solo il colpo d’occhio dà l’idea della quantità di informazioni: ha più personaggi di un romanzo di Garcia Marquez.

L’idea di scrivere questo post nasce da una riflessione sul mezzo televisivo, sul modo di raccontare un’inchiesta di questo tipo, e, più nel merito, sulle aspettative, reazioni, che ha generato.

Il modo

Partiamo dalle modalità della narrazione.

Ranucci è molto bravo. Il racconto scorre liscio e insieme cattura. Mentre i vari fatti vengono sciorinati riesce a creare un senso di suspense che ti tiene incollato al televisore, aspettando la rivelazione epocale, quella del “tutti in galera”, quella che fa scoppiare l’indignazione. Il fatto è che poi non arriva, o, almeno, non è del tipo che ti aspetti. Ma su questo ci torniamo.

Ranucci è bravo anche perché si rende conto che il racconto è complesso. Fa frequenti ricapitolazioni, piccoli riassunti di quanto si è detto fino a quel momento. “Cosa abbiamo capito finora”. E’ bravo perché riesce a dosare bene la narrazione, ad alternare lo scatenare emozioni, con la presentazione di fatti, di relazioni.

Detto questo, personalmente, preferirei un media diverso dal video per digerire questo tipo di informazioni. Soprattuto in casi di questa complessità. Avrei gradito, ad esempio, che lo schema del racconto che ho faticosamente provato a ricostruire, mi fosse stato dato all’inizio, dal giornalista stesso. Che i tempi del racconto non fossero quelli del narratore, che incalza e ti guida lungo un suo percorso, ma fossero i miei, quelli della mia curiosità. La possibilità di scantonare, seguire i rivoli che di volta in volta mi sembrassero più interessanti. Insomma, penso che un sito web, con i link ai vari materiali di approfondimento, una rappresentazione schematica della struttura dell’argomentazione, sarebbe stato più adatto.

Dopodiché, se esistesse, e magari esiste pure sul sito di Report, non sono andato a guardare, non avrei avuto né il tempo né la voglia di dedicarmi a quell’approfondimento.

E allora? Allora, secondo me, siamo semplicemente di fronte a un’altra forma di delega. Come deleghiamo ai politici professionisti la responsabilità di prendere decisioni per nostro conto, deleghiamo ai giornalisti quella di approfondire gli argomenti, di presentarci il risultato della loro elaborazione. La loro opinione. Si ha un bel parlare di fatti, ma il semplice presentare certi dati e non altri, di inanellarli in un certo modo e non in un altro costituisce un’interpretazione. E noi scegliamo certe fonti, certe interpretazioni, e non altre, sulla base di una decisione a priori, necessariamente dettata dalla nostra emotività.

Forse, in tutto questo, l’unica euristica possibile sarebbe di non alzare i toni. Di non essere convinti, qualsiasi idea abbiamo, che sia necessariamente quella giusta. Di avere il massimo rispetto per le conclusioni a cui sono arrivati altri e, comunque, di smascherare con forza i manipolatori, gli urlatori, quelli che, subdolamente, orchestrano ad arte i flussi di informazione per convincere i più deboli delle loro idee.

I reati

E qui cominciamo ad entrare nel merito del servizio di Report, che anche di questo parla.

Ci sono due filoni importanti nel racconto. Due potenziali reati che vengono in qualche modo smascherati: la violazione delle regole di finanziamento dei partiti, e un vero e proprio tradimento della nostra nazione (alla faccia del sovranismo): viene permesso ad esponenti di altri paesi di influenzare la nostra vita politica mediante finanziamenti e know how di manipolazione delle masse.

La tesi del racconto di Report è che ci sia una enorme massa di denaro che finanzia partiti di estrema destra, principalmente in Europa. Tra questi partiti la Lega e, più marginalmente, FdI hanno un ruolo di spicco. Questo denaro parte da Malofeev, un oligarca russo amico di Putin. Inizialmente gli aiuti vengono devoluti direttamente, poi, a causa di sanzioni dell’Unione Europea che ha individuato la cosa, attraverso fondazioni di stampo tradizionalista religioso.

Queste fondazioni sono particolarmente adatte ad evitare la tracciabilità di questi aiuti. Infatti, pur tenendo i bilanci in chiaro, se A, B, e C finanziano la fondazione e X, Y, Z ne ricevono aiuti, non si può affermare che l’oligarca B finanzi il partito Z, se A e C sono finanziatori in buona fede e X e Y sono persone bisognose di aiuto.

Perché abbiamo questo tipo di leggi

Perché il legislatore si è preso la briga di regolamentare il finanziamento dei partiti? Semplicemente per evitare che chi ha più denaro possa influenzare la cosa pubblica maggiormente rispetto a chi ne ha di meno, vanificando, in questo modo, il concetto di voto democratico. Il politico iper finanziato avrebbe un debito verso il donatore, sarebbe ricattabile, e questo di fatto metterebbe il potere nelle mani del finanziatore. Ovviamente la legge non può fare molto per evitare questo, ma il limite alla quantità di donazioni, e, soprattutto, la trasparenza, possono mitigare questa inevitabile degenerazione del meccanismo.

Quando poi il finanziatore è uno stato estero il problema si complica. Putin che, anche se indirettamente, finanzia un politico europeo può influenzare scelte strategiche di politica internazionale, ad esempio le sanzioni contro la Russia, e, soprattutto, può orchestrare la perdita di coesione dell’unione stessa.

E quindi, dopo la puntata di Report, era logico che la Lega perdesse consensi ?

Sfogliando i vari social all’indomani di questa puntata di Report era estremamente frequente imbattersi in persone stupite che “non succedesse niente”. La frase più ricorrente era “in un paese normale la Lega passerebbe al due per cento”. Molto sottolineata era l’affermazione di Murelli di aver scelto la Lega per questa infiltrazione perché è un ambiente culturalmente debole.

Io conosco a stento cinque o sei persone che dichiaratamente votano Lega. Almeno tre di loro sono professionisti di successo, laureati. Gente che si informa e legge anche molto. Se devo dare un significato a quel culturamente debole, se devo identificare qualche tratto comune in queste persone, direi che sono animate da un certo egoismo. Non un tratto negativo in sé, piuttosto una diffidenza verso quelli che egoisti non paiono. Potremmo definirla una tendenza a voler smascherare l’ipocrisia. Comunque persone che guardano vicino, nel tempo e nello spazio, che privilegiano i problemi pratici rispetto ai sogni. Persone che guardando ai grandi ideali vedono più facilmente il tornaconto di qualche protagonista, rispetto al potenziale di miglioramento della società. Insomma, penso sia solo una questione di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.

Mi chiedo quanto queste persone possano interiorizzare le leggi che riguardano il finanziamento pubblico o il rischio che la politica venga eterodiretta.

La reazione che immagino a queste regole è il “Franza o Spagna purché se magna”. Se sei diffidente sul fatto che qualcuno possa davvero fare politica per gli interessi collettivi. Se sei diffidente sul fatto che lo stato di cui fai parte, o le alleanze di cui il tuo stato fa parte, siano davvero una proiezione dei tuoi interessi, se non percepisci la spinta ideale che sta dietro a queste cose, perché ti dovresti preoccupare della violazione di quelle leggi ?

Il bello è che chi la pensa in questo modo ha ottimi motivi per farlo.

C’è un’innegabile distanza tra la classe politica, di qualsiasi appartenenza politica, e la gente comune. C’è un’innegabile mancanza di trasparenza. Giustificate o no, ci sono innegabili manovre di palazzo dietro a qualsiasi decisione, soprattutto quelle riguardanti la politica internazionale. La sensazione, rispetto alla politica, del cittadino comune è, quando va davvero bene, uno “speriamo sappiano quello che fanno”, “speriamo agiscano davvero per il nostro interesse”. Quanto ognuno di noi si sente partecipe, o anche solo informato, delle alleanze tra l’Italia e gli altri paesi ? Quanti di noi non hanno il minimo dubbio che in qualche misura qualsiasi governo venga manovrato da interessi economici o geopolitici ?

Comunque si scelga di percepirlo è innegabile che quel bicchiere pieno non è. Se è questa la definizione che si può dare ad ambiente culturalmente debole non credo sia esclusivo appannaggio degli elettori della Lega.

La cura per questi problemi, il riavvicinare i cittadini alla politica, non può che passare per una maggior partecipazione, per una maggior democrazia interna e dialogo all’interno delle forze politiche. Un partito o movimento sano dovrebbe poter attirare consensi perché “lì mi ascoltano”, “lì posso dire la mia, e discuterla”, “lì mi fanno capire le cose”.

Ad oggi non vedo germi di questo rinnovamento, ma non dispero (io i bicchieri li vedo sempre mezzo pieni).