I 21 comandamenti

Il diavolo non esiste

Il Diavolo è sicuramente un soggetto interessante, ed è stato protagonista di straordinarie opere figurative e letterarie. Mi vengono in mente Dante e soprattutto Saramago col suo bellissimo “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”.

Ma, guardandolo dal punto di vista teologico/filosofico credo sia la prima cosa che uno rifiuta della religione Cristiana, appena inizia ad applicare un po’ di spirito critico.

Se si arriva da un’educazione cattolica è un po’ più difficile. Se ti riempiono la testa da piccolo con un sacco di dogmi senza senso, ma vedi tanti adulti intorno darle per scontate, la reazione immediata è del tipo “non capisco ancora, prima o poi capirò”. Poi, crescendo, ti accorgi che neanche gli adulti intorno capiscono davvero, semplicemente si fidano di qualcos’altro. Questo qualcos’altro inizialmente pensi, accetti, che sia Dio che ha rivelato a qualcuno tanto tempo fa delle cose che si sono tramandate nel tempo. Se cerchi di capire un po’ di più ti accorgi presto che molti di questi dogmi sono nati nel corso del tempo. Sono stati aggiunti al corpo dogmatico principale, non senza controversie, e che spesso sono frutto di atti legislativi tesi più a tenere in piedi un’organizzazione molto terrena, la Chiesa, che a interpretare il pensiero di un Dio.

In effetti il concetto del Diavolo è visto con sospetto da molti anche all’interno della Chiesa. Che lo si immagini come essere con le corna e gli zoccoli e padrone di un inferno incandescente, come vuole la cultura popolare e molta iconografia, o che lo si guardi in maniera più filosofica come potenza, Dio alternativo, che giustifica la presenza del male nel mondo, è un concetto che fa acqua da tutte le parti.

È un’idea che serve in tutte le religioni (o almeno quelle con qualche elemento di dualismo) a giustificare l’esistenza della sofferenza e delle tentazioni.

Se vogliamo pensare a Dio come a un essere immensamente buono, che ci ama, da dove nasce la sofferenza ? Come giustifichiamo un Dio che ci ha creati con la possibilità di soffrire ? Allora tanto buono non deve essere. E se ci ha creati lui perché è così difficile seguire le sue prescrizioni ? Deve essere colpa di qualcun altro. Inventiamolo.

Libertà

La risposta ufficiale a queste domande (l’ha data anche Papa Francesco nella sua recente intervista in TV, che non mi è piaciuta), è che Dio ha voluto lasciarci liberi di scegliere.

È una risposta che non condivido. Ma dai, Dio, mi metti davvero a giocare per qualche decennio in un videogame e, se perdo, mi fai vivere tutta l’eternità nella sofferenza ? Ma chi ti ha chiesto di farmi giocare ?

Senza contare che questa presunta libertà è tutta da dimostrare. Gli scienziati tendono a trovare un sacco di conferme all’idea che le nostre scelte siano perlopiù il risultato di reazioni chimiche tra gli elementi del nostro organismo. Queste reazioni sono condizionate dall’ambiente circostante, dalla nostra eredità genetica, dal microbioma (l’insieme dei batteri all’interno del corpo), dal viroma (l’insieme dei virus al nostro interno), dalla nostra educazione e posizione sociale.

Penso che la nostra libertà spesso si riduca a prendere coscienza di quali meccanismi, o stimoli, abbiano ispirato una determinata scelta.

Dualismo

Il dualismo poi crea problemi filosofici non da poco. Ammettiamo anche che esista il Diavolo e che il male sia opera sua, mentre Dio resta quello che vuole solo il nostro bene. Ok, ma quel Diavolo chi l’ha creato ? Se è davvero allo stesso livello di Dio, non creato da lui, vuol dire che Dio non è onnipotente, se l’ha creato lui mi ricorda Putin che dice “no, non voglio invadere l’Ucraina” mentre manda agenti provocatori a far scoppiare disordini per avere la scusa per l’invasione.

Insomma non se ne esce.

Ma serve

Però un Diavolo ci servirebbe.

Nelle religioni dualiste, o dualiste mascherate come il Cristianesimo, il Diavolo serve a giustificare la sofferenza e le tentazioni. A noi, agli uomini del nostro tempo, forse non serve più a quello.

Quanto alla sofferenza direi che la scienza ha ampiamente spiegato che il dolore, a livello del singolo organismo, è semplicemente la nostra bussola biologica per evitare situazioni dannose. La sofferenza, come il piacere, ci serve da rotaia per muoverci lungo il percorso su cui la nostra macchina organica funziona meglio. A livello sociale la sofferenza, intesa come tensione tra gli individui, la morte degli individui stessi, è la base del meccanismo evolutivo biologico. I singoli individui possono soffrire, vedere le loro possibilità restringersi fino a scomparire, per il bene della specie.

Ma non solo. L’umanità, con la sua evoluzione culturale prende in mano questi meccanismi ancestrali, e li migliora. La sofferenza dei singoli viene diminuita dalla medicina, dalla solidarietà, dall’educazione, la diplomazia e il commercio che evitano le guerre.

Quindi non ci serve più il concetto di Diavolo per giustificare la sofferenza, sappiamo cos’è e abbiamo un’idea su come gestirla.

Per quanto riguarda le tentazioni la cosa è più complicata.

Se accettiamo l’idea che il bene dell’umanità nel suo insieme è più importante di quello dei singoli individui, abbiamo bisogno di re-introdurre il concetto di peccato. Ci servono regole per comportamentali per il singolo per fare in modo che questo si adegui agli interessi della collettività.

Potremmo definire peccato qualsiasi comportamento individuale che favorisca il bene dell’individuo a scapito di quello della specie.

La cultura laica ha già accettato questa idea da secoli. I peccati più gravi sono puniti dalle leggi. Se ammazzo qualcuno perché ostacola i miei interessi, se rubo, se violento donne o bambini, se anche solo metto a rischio il benessere degli altri, ad esempio guidando un’auto troppo velocemente, vengo punito dalle leggi.

Altri peccati sono veicolati dal senso comune. Se non mi lavo e puzzo o non mi vesto decentemente, se non imparo un mestiere e non cerco un lavoro, se anziché dialogare urlo, se non ho un minimo di cultura, se non mi informo, se non dimostro un minimo di benevolenza e gentilezza verso gli altri, vengo automaticamente classificato dalla maggior parte delle persone che mi circondano come un sub umano. Vengo gradatamente estraniato dal contesto civile.

Ma chi definisce cosa è peccato e cosa no ?

Le religioni hanno giocato storicamente un ruolo importante in questo. Molti dei comportamenti sanzionati dalle leggi e dal senso comune arrivano direttamente da quello che la religione dominante in quel dato territorio riteneva peccato.

Quindi il Diavolo ci serve, non tanto per giustificare il concetto di tentazione (il fatto che l’individuo senta il proprio benessere in conflitto con quello della comunità), ma per analizzare queste dinamiche e definire quali comportamenti sono da considerare buoni e quali cattivi.

Forse Mosè sul Sinai ha parlato col Diavolo non con Dio, è più facile derivare norme comportamentali dal concetto di Male che da quello di Bene assoluto.

E allora ricreiamolo

Proviamo, allora, a ridefinire il concetto di Diavolo.

Guardando la storia umana dall’alto possiamo scorgere una direzione abbastanza definita su cui l’umanità si sta muovendo.

Vi consiglierei, a questo proposito, di leggere il libro “Sapiens. Da animali a dèi” di Yuval Noah Harari. Parlerò di questo libro in uno dei prossimo post, sto ancora mettendo a posto le mie note. È una carrellata dell’evoluzione della nostra specie negli ultimi 100 mila anni.

Harari identifica in questa evoluzione diversi filoni che, insieme, stanno portando l’umanità a diventare sempre più unita e sempre più sganciata dall’evoluzione biologica.

Credo che questa visione del sentiero che stiamo percorrendo possa essere accettata sia da un punto di vista laico che da quello di un credente. La direzione verso cui ci stiamo muovendo possiamo vederla sia come frutto di una casualità, sia come etero guidata da qualche intelligenza superiore. La percepiamo come incerta in entrambi i casi.

Se è oscuro il punto di arrivo è però abbastanza chiaro da cosa ci stiamo allontanando. Abbiamo favorito:

  • i comportamenti individuali che hanno portato all’unificazione di gruppi di individui in organizzazioni sempre più vaste.
  • i comportamenti dettati più dall’evoluzione culturale che dagli istinti di cui ci ha fornito l’evoluzione genetica.

Quindi definirei il Diavolo come uno dei poli che determina questa direzione. Ci stiamo allontanando da lì. Qualsiasi comportamento che ci riporti verso quel punto di partenza è da definire ispirato dal Diavolo e quindi peccato.

Qualsiasi comportamento che divida anziché unire.

Qualsiasi comportamento dovuto a scelte istintive, non mediate dalla consapevolezza di dove stiamo andando tutti insieme.

Possiamo ridefinire Dio nello stesso modo ?

Credo di no. L’evoluzione culturale ha lavorato per un tempo molto limitato, circa 50 mila anni, negli ultimi due o tre mila ha avuto una grande accelerazione che è diventata spaventosa nell’ultimo paio di secoli. Non è una linea retta e predire il futuro da quello che leggiamo nel passato è impossibile.

Secondo Harari tra non molte generazioni gli individui potrebbero essere talmente diversi da ora (grazie a biotecnologie, possibilità di impiantare coscienze su organismi non biologici etc.) che è impossibile immaginare il futuro dell’umanità (tenendo anche in conto la possibilità che la nostra specie si estingua in un disastro ecologico).

Quindi no, non possiamo definire Dio in questo modo. Come credenti possiamo accettare l’idea che esista, che parli nelle nostre coscienze, che ci guidi su un cammino che ha un senso, ma non possiamo capire più di questo. Come non credenti possiamo solo incrociare le dita.

I comandamenti

 

Stabilito qual’è la bussola, visto che negli ultimi 500 anni ci siamo mossi parecchio forse è il caso di riguardare la mappa e decidere da che parte andare. Potremmo risalire sul Sinai e riscrivere le tavole della legge, questa volta in digitale (Mosè si è limitato a 10 perché doveva scoprire sulla pietra con un martello, qui possiamo metterne un po’ di più).

Una lista stilata oggi potrebbe comprendere:

  1. Paga le tasse. Senza barare. Servono per migliorare la vita di tutti. Se sei uno dei fortunati che ha di più della media non sentirti sminuito dal dover dare di più a tua volta. Il mondo è stato generoso con te, ricambia con entusiasmo.
  2. Controlla come vengono usate le risorse comuni. Non firmare assegni in bianco ai politici, esigi trasparenza, informati, controlla, eleggi chi fa meglio per il bene di tutti.
  3. Esigi che i politici che eleggi lavorino per cedere sovranità, dove è possibile, a organizzazioni sempre più ampie. E controlla anche i politici di queste organizzazioni.
  4. Partecipa alla vita politica, se ne hai le capacità anche in prima persona.
  5. Coltiva il tuo potenziale. Studia, non solo a scuola, ma per tutta la vita.
  6. Cerca un lavoro, non farti mantenere se puoi. Cerca un lavoro che ti dia pienezza, che ti faccia usare tutte le tue capacità.
  7. Non sgomitare, cerca di non prevaricare sugli altri. In una disputa cerca il miglior compromesso per tutti. Nella contesa per un incarico riconosci il valore di chi è meglio di te e sostieni il tuo valore se sei tu il migliore. Cerca il bene comune non il tuo, devi comprendere il punto di vista degli altri e le loro capacità. E accetta che le decisioni prese insieme possano non essere sempre le migliori, una decisione sbagliata presa insieme è meglio di un conflitto perenne o di una scissione.
  8. Trovati degli amici. Non vivere senza relazioni. Un legame forte con alcune persone è un buon allenamento per creare legami con tutte le persone del mondo.
  9. Non accumulare ricchezze per paura del futuro. Il denaro, le risorse servono a spingere avanti il mondo e non possono farlo se non vengono scambiati. Rischia i tuoi averi, anche con l’obiettivo di moltiplicarli, ma mettili in gioco, finanzia imprese che ritieni utili. Se hai una casa in cui non abiti, anche per un periodo, affittala.
  10. Se hai un’idea per un progetto non partire da solo. Parlane ad altri e realizzatelo insieme. Condividi i guadagni e i rischi.
  11. Mira a comprendere sempre meglio te stesso. La tua salute, le tue capacità, i tuoi limiti.
  12. Ama l’arte. Leggi, ascolta musica, visita musei, impara a suonare uno strumento.
  13. Non nasconderti. Non fingerti diverso da quello che sei. Odia la privacy e spingi perché vengano cancellate le leggi che la sostengono. Quanto più gli individui sono trasparenti ed esposti al reciproco controllo/aiuto tanto più facile sarà creare una società che funzioni più come organismo che come insieme di individui isolati. Permetti che i tuoi averi, le tue scelte, anche il tuo DNA siano visibili ai ricercatori. E controlla che uso viene fatto di questi dati.
  14. Non sindacare sulle scelte politiche, sessuali, etiche altrui. Se hai idee diverse dialoga, cerca di trovare insieme agli altri le soluzioni migliori. Ma tieni presente che solo comportamenti individuali liberi (non costretti o inibiti dagli altri) hanno l’energia per sostenere una macchina sociale funzionante. In generale un comportamento scorretto è meglio di un individuo depresso, finché il danno che reca alla comunità non è elevato.
  15. Ridi, rilassati, divertiti, perdi tempo. Ed evita l’eccesso di tutte queste cose.
  16. Evita l’ansia, la fretta di raggiungere risultati, l’ambizione. Evita anche l’eccesso di pigrizia.
  17. Cammina molto. Non usare l’auto per andare dove basta una bici.
  18. Cerca momenti di riflessione. Medita regolarmente. La meditazione ti rimette in fase col mondo, e, se ci credi, con Dio.
  19. Non restare soffocato in una situazione, un lavoro, una relazione. Ma non gettare la spugna troppo in fretta. Anche riuscire a salvare un rapporto con una persona, trovare nuovi punti di intesa, migliorare un posto di lavoro è un bel risultato.
  20. Non fare più figli di quelli a cui puoi dare una vita decente e una buona educazione. Ai figli bisogna dedicare tempo, valuta quanto ne hai. Ma se possiedi risorse e tempo fanne.
  21. Cerca di capire quando la tua vita diventa solo più fonte di sofferenza per te e per gli altri. Quando ti rendi conto non hai più nulla da dare comincia a disfarti dei tuoi averi e lascia spazio agli altri.

Omelia di domenica 29 marzo 2020

Stavo leggendo quella di Padre Antonio Menegon (ma perché usa FaceBook ?) e, siccome mi ha lasciato un po’ perplesso, ho pensato di scrivere alcune considerazioni. Una mia omelia diciamo. Capitasse mai che qualcuno voglia leggerla …

Le letture

Le letture di domani parlano di miracoli. Parlano di vita e di morte dice Antonio. Secondo me parlano più di promesse, di aspettative.

La prima lettura di domani è tratta dal libro di Ezechiele (non il lupo, credo). Ed è una promessa fatta agli israeliti di farli uscire dai sepolcri e di condurli alla terra promessa. La seconda, bruttissima come quasi tutto quello che ha scritto Paolo di Tarso, è dalla lettera ai Romani, e parla, come al solito, di peccati, di dominio della carne etc.

Più interessante, e ricco di spunti su cui riflettere, è il brano, tratto dal vangelo di Giovanni, che parla della resurrezione di Lazzaro.

Gesù e i miracoli

Me l’ha inviato Vic dopo aver letto il post. Molto azzeccato !

Quello che più mi mette in crisi nella mia personale ricerca spirituale è l’aspetto miracolistico (i super poteri) dei racconti della vicenda umana di Gesù di Nazareth.

Ne avevo già scritto parlando del Vangelo di Marco. Mi piace pensare a Gesù come ad un guaritore molto bravo, magari ben oltre l’ordinario, ma senza aspetti soprannaturali. Mi piace pensare a quelli che sono passati alla storia come interventi diretti di Dio, che stravolgono le leggi naturali, più come fatti non ancora spiegabili con le conoscenze di allora, e magari neanche con quelle di adesso, ma sempre molto umani e terreni. Come eventi che forse un giorno capiremo e saremo in grado di replicare.

Volendo guardare le cose da questo punto di vista, racconti come quello della resurrezione di Lazzaro lasciano perplessi, perché sarebbero molto difficilmente spiegabili. Potremmo ricorrere alla scappatoia della distanza che ci separa dall’epoca in cui avvengono i fatti narrati. Ai possibili rimaneggiamenti di un racconto orale giunto a noi attraverso l’opera di una organizzazione che ha avuto tutto l’interesse a sostenere la tesi dell’intervento divino. Ma preferisco qui fare un altro tipo di considerazioni.

Un Dio enigmista

Qualsiasi cosa sia successa duemila anni fa non ci è dato di conoscerla per certo. Che istintivamente pendiamo verso una spiegazione o l’altra, ogni dubbio rimane lecito. Io tendo a non crederci, ma non ho elementi per escludere che le cose siano andate davvero come racconta il vangelo, e, direi, nessun credente può garantire che sia andata, invece, come descritto. Quindi qual’è l’unica cosa su cui ci possiamo trovare d’accordo? Parto dall’ipotesi che un Dio esista e ci voglia parlare, se escludiamo anche questo, il discorso diventa un altro, e altra la sede per affrontarlo. Se crediamo che Dio ci sia, quello che diventa importante è il significato che questo e altri racconti simili possono avere per noi.

Ora, se Dio fossi io (ma in parte lo sono, ricordate? sono fatto a sua immagine e somiglianza) e volessi far capire a qualcuno che l’ho infilato in un mondo con determinate leggi fisiche, ma mi riservo il diritto di cambiarle quando voglio, lo farei continuamente. Metterei, che so, dei neon la notte in cielo, con scritto “quelli che voglio li faccio risorgere”, e ogni tanto ne farei davvero risorgere qualcuno, tipo un gratta e vinci, metti. Ogni tot che muoiono uno risorge, e gli angeli in cielo intonano “Uno su mille ce la fa”.

Ok, lo so, molto blasfemo, ma avete capito il concetto. Il fatto stesso che non sia tutto così lampante implica, anche per un credente, che Dio stesso qualche dubbio vuole che ce l’abbiamo.

L’unico miracolo che merita

Vado oltre.

Penso che quelli narrati nei Vangeli siano miracolicchi. Sì, anche la resurrezione di Lazzaro. In fondo sarà poi ri-morto pochi anni dopo, non è comunque più tra noi. Cosa resta allora se non un simbolo, un significato da scoprire, un racconto.

Secondo me questi miracolicchi rischiano di farci perdere di vista un miracolo ben più grande, che, questo sì, è certamente opera di Dio, ed è sotto i nostri occhi continuamente, molto meglio dei neon la notte. È la vita stessa.

Siamo immersi in un mondo magico. Magico nel senso che non riusciamo a spiegarlo, comprenderlo. Ogni cosa che guardiamo non può che essere fonte di meraviglia. La complessità e bellezza del mondo che possiamo assaporare tutti i giorni, la nostra razionalità, la nostra scienza, non riescono a spiegarla. Continuiamo a scavare, continuiamo a scoprire gemme, ma non riusciremo a spiegare il mondo. Non riusciremo a descrivere un insieme che contiene noi stessi (forse lo diceva già Gödel). A mio modesto parere non troveremo mai una teoria unificante, non ci sarà mai un novello Archimede che potrà dire: “Datemi questi ingredienti e il mondo non lo sollevo semplicemente, lo creo”.

Mi immagino il lavoro degli scienziati come quello di qualcuno che ingrandisce sezioni di un insieme di Mandelbrot, per ritrovare, ad ogni passo, nuovi infiniti da scoprire, senza rendersi conto che è proprio questo ripetersi infinito di infiniti la cosa su cui merita porre attenzione.

Oltre la rassegnazione, e Don Bosco

Padre Antonio, nella sua omelia, parla di questa pietra tombale che Gesù fa rimuovere, come metafora dell’atteggiamento di rassegnazione da cui spesso ci lasciamo seppellire davanti alle difficoltà. Bello.

Mi è venuto in mente in mente, visto che siamo in tempi (e anche Antonio ne parla) di epidemia, quell’episodio della vita di Don Bosco durante il colera del 1854. Sono andato a cercare il racconto, lo trovate qui, nel caso. E’ bello da leggere, molto attuale, di questi tempi. Una narrazione della Torino ottocentesca, ma la Torino dei poveri, dei diseredati. Mi è venuto in mente perché vi si parla di un altro miracolo. Don Bosco, dopo aver preso “per non tentare Dio” precauzioni molto umane, come imporre maggiore igiene personale e sanificazione di locali e vestiti, chiede ai suoi ragazzi di impegnarsi nell’assistenza ai malati, offrendo l’intervento divino come protezione. Pare non si sia ammalato nessuno di questi volontari.

Mi ha fatto pensare ai nostri medici e infermieri, in questi giorni, e a quanto l’atteggiamento mentale possa incidere nel difenderci dalle malattie.

Forse in questa terra promessa di cui parla la prima lettura ci siamo già, basta rendercene conto.

Ancora sui miracoli

Ma torniamo al discorso miracoli. Sopra ho implicitamente accennato al miracolo della fisica, la nostra possibilità di comprendere i meccanismi della materia, o del cosmo.

Se credete che un giorno riusciremo a padroneggiare quei misteri provate a pensare alla biologia, alla comprensione di cos’è la vita. Alla complessità delle cellule, degli organismi.

E se non vi basta pensate alla psiche umana, all’infinito celato dentro le nostre menti, e, ancora, pensate alla complessità dei rapporti sociali, alle organizzazioni degli uomini, al nostro lento diventare alveare, all’egoismo che diventa coscienza di essere cellule di un apparato più grande, pensate alla storia, ai milioni di anni che hanno lasciato tracce infinite da scoprire.

Pensate alla cultura, all’arte, alla tecnologia, al fatto che ogni giorno creiamo più tesori da conoscere (più libri, più musica, più innovazione tecnologica) di quanto una singola mente umana potrà essere in gradi di digerire in tutta la vita, anche se si concentra su un settore estremamente specifico.

Questo è il grande miracolo che abbiamo intorno.

Poi, vabbè, qualcuno sarà anche risorto duemila anni fa. Ma sarebbe davvero il meno.

Il Vangelo di Marco

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono, di chi penso non fu altri che un uomo, come Dio passato alla Storia.

Ma inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore, perdonando con l’ultima voce chi lo uccise tra le braccia di una croce.

(Si chiamava Gesù – Fabrizio De Andrè)

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Riprendo la chiacchierata sulla religione cristiana iniziata con la Trinità. Dicevo lì che mi piaceva l’idea di un Dio che volesse comunicare con l’uomo, e scegliesse di farlo attraverso due meccanismi che riflettono due dimensioni concentriche dell’uomo: la parola, la storia, il racconto, per parlare alla razionalità umana e lo spirito, l’intuizione, per parlare al nostro inconscio.

Vorrei ora cercare di indagare su quello che questo Dio sta cercando di dirci partendo dalla più ufficiale di queste comunicazioni: i Vangeli, l’annuncio della Buona Novella.

Cosa sono i Vangeli ? parlano alla nostra razionalità o al nostro inconscio ? Credo parlino a entrambi: sono razionalità in quanto racconti, in quanto documenti storici, sono intuizione perché li hanno scritti uomini inspirati, con un messaggio, una passione da comunicare.

Piccola premessa

Prima di iniziare vorrei esprimere chiaramente il mio punto di vista su Gesù di Nazareth e sul cristianesimo in generale. Quello che farò, sarà cercare conferme a questa tesi, o comunque elementi che analizzerò con questi occhiali. Mi sembra giusto, quindi, esplicitarli.

Non credo che Gesù sia stato un Dio incarnato, non più di quanto lo possa essere ognuno di noi. Non credo abbia fatto miracoli, se non quelli nelle corde di un bravo guaritore, non credo sia risorto fisicamente. Credo sia risorto come presenza, ricordo, come qualsiasi persona cara continua a vivere in chi l’ha amato. Non credo abbia voluto creare una Chiesa e non credo abbia voluto istituire l’eucarestia se non come ricordo di lui.

Credo ad un disegno divino, mi piace pensare a Gesù come persona ispirata che ha voluto comunicarci la sua, preziosa, percezione di Dio.

E, d’altra parte, credo che tutto quello che succede faccia parte di questo disegno, compresa la Chiesa, con i suoi sbagli e i suoi ravvedimenti.

Marco

Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

(Marco 50-52)

Probabilmente Marco era quel ragazzo, che da giovane ha partecipato ad un evento straordinario. Uno straordinario momento di terrore. Non ci sarebbe stato altro motivo per inserire il particolare della presenza alla crocifissione di questo ragazzino, se non il desiderio di firmare il suo lavoro, di dire “io ero lì”.

Questo vangelo pare sia stato scritto dopo il 70 d.c., più di quarant’anni dopo i fatti che racconta, o forse dopo ancora. È il vangelo più antico, in parte gli altri due vangeli storici, quello di Matteo e Luca hanno copiato di qui.

Il Vangelo di Marco è lungo 22 pagine (pdf, traduzione CEI), si legge molto in fretta, e leggerlo è come maneggiare un antico vaso, frantumato e ricostruito mille volte, con inserti e materiali diversi.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

(Marco 20)

Quella sopra è la fine del racconto. Sembra dire che la Parola è centrale, ma, paradossalmente non si trova granché traccia del messaggio di Gesù nel racconto stesso. Sembra stato scritto con l’intento di inanellare alcuni fatti importanti, quasi un Bignami ad uso della comunità. È destinato a gente che sapeva già tutto, aveva solo bisogno di un manuale, un testo di riferimento, lo scheletro di un racconto che veniva fatto oralmente.

Lettura

Volevo provare a sintetizzare il racconto, ma è già talmente stringato e conciso che diventa difficile. Mi limito ad accennare ad alcuni aspetti che mi hanno colpito.

Gesù appare dal niente, l’unica notizia su di lui è che arriva da Nazareth. Il ritmo del racconto è molto concitato, succedono un sacco di cose già nella prima pagina.

Sembra che Gesù passi il tempo a nascondersi, a fuggire dalla folla che lo assedia continuamente per le sue abilità di guaritore. Sembra che lui però, consideri più importante guarire la gente dai mali interiori (Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati) che da quelli fisici, le guarigioni fisiche servono “affinché voi crediate”.

Ci sono molti passi assai poco comprensibili. Molte cose hanno un qualche senso col senno di poi, sembrano confermare la dottrina che maturerà in seguito la Chiesa, ma all’epoca non si spiegano. Aggiunte successive, probabilmente, come quando chiedono a Gesù perché i suoi discepoli non digiunano e lui risponde che finché lo sposo è presente si festeggia.

Quasi da subito i farisei (la Chiesa dell’epoca) cominciano ad accusarlo di nefandezze con la storia del sabato (perché raccoglievano spighe camminando) e il Nostro risponde che il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. Curiosa espressione “figlio dell’uomo”. Alla terza pagina farisei e erodiani hanno già deciso di farlo morire. Da quelle parti erano tosti già allora.

A ritmo serrato Gesù si porta avanti col lavoro e dei tanti che lo seguivano ne scegli dodici (il salotto buono), è uno lo sbaglia, Marco crea la suspance da subito (“… e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.”).

Il racconto è infarcito di concetti dati per scontati, ma mai introdotti o spiegati. Si parla ad esempio di “bestemmie contro lo Spirito Santo”, ma cosa sia questo Spirito Santo non viene detto. Si parla di Satana, ma non ci viene detto chi è. È da notare che Satana è pochissimo presente nella Bibbia ebraica, dove non ha questo ruolo centrale di oppositore ufficiale di Dio. Solo nel nuovo testamento diventa protagonista.

Gesù si esprime in parabole, che è un bel modo di dire le cose. Racconta delle storie. Stranamente ci tiene a presentare la cosa come se fosse un linguaggio criptico, che può comprendere solo quello a cui viene spiegato. E infatti comincia a spiegare le parabole al suo salotto buono dopo averle dette a tutti. L’idea che mi son fatto è che Gesù presentasse davvero qualcosa di difficile da capire, talmente difficile che neanche i suoi discepoli, nonostante le spiegazioni, l’abbiano davvero compreso. A noi quindi è arrivato il meccanismo ma non il contenuto, rimpiazzato, quest’ultimo, da qualcosa di più banale, quello che i discepoli sono riusciti effettivamente a capire.

Comincia qui a parlare del Regno di Dio, che parte come piccolo seme e cresce, ma, a parte illustrarci il meccanismo di crescita non ci dice cos’è questo regno di Dio. Sembra comunque una cosa destinata a succedere in tempi brevi.

Episodi come quello dell’indemoniato lasciano perplessi. Il diavolo si fa chiamare Legione perché sono in molti lì dentro. Chiedono e ottengono, i demoni, di potersi insediare in una mandria di maiali lì vicino, e i maiali si buttano nel lago. Difficile dare un senso a questa cosa, salvo voler mostrare un Gesù che fa cose straordinarie (anche se poco sensate) e comanda su mondi oscuri. Di segno opposto, ma ugualmente incomprensibile è l’episodio della trasfigurazione.

Intanto gli apostoli cominciano ad andare in giro per conto loro, a predicare e guarire e tornano da Gesù a raccontare com’è andata. Arriva tanta gente, moltiplicano pani e pesci per sfamarla. I farisei fanno notare che non si lavano le mani prima di mangiare e Gesù fa loro notare che il loro rispetto delle regole è più formale che sostanziale. Alcune situazioni sembrano andare oltre le capacità degli apprendisti guaritori e Gesù spiega che «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». Sia questa catalogazione dei demoni che la cura vengono lasciati sul vago.

A questo punto iniziano le beghe tra i discepoli su chi deve primeggiare, non sono ancora finite ora. Gesù prova a dire che il primo deve essere il servitore di tutti, ma deve essere una delle tante cose che non son state capite.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

Altro passo strano: non viene spiegato questo scandalo in cosa consiste, ne come fanno una mano, un occhio, un piede a provocarlo. Però interessante questa menzione di un luogo di pena eterno e molto caldo. La Geènna era semplicemente una discarica vicino a Gerusalemme, paragona quindi l’inferno ad un immondezzaio.

L’intervista

  • Grazie di aver accettato.
  • Figurati, mi è sembrata una cosa interessante. Non capita spesso.
  • Parliamo di Marco. L’hai conosciuto ? L’ha scritto davvero lui questo testo ?
  • Era un ragazzino che seguiva il nostro gruppo. Non mi ricordo di lui, erano in tanti. È stato, come tanti, scioccato da tutto quello che è successo: il passaggio brusco da un momento di euforia alla tragedia. Stavamo costruendo un bel momento. Un modo di vivere diverso, che dava un senso alla vita, un posto in cui diventava più importante il senso dello stare insieme rispetto ai drammi, alle pulsioni dei singoli. Ma questo si è scontrato con quelli che di mestiere dicevano agli altri come si vive. Si sono sentiti defraudati del loro potere e ci hanno fermati.
  • Beh, non ci sono riusciti, in fondo.
  • Ci sono riusciti eccome. La Chiesa di oggi è una perfetta replica di quella di allora. Comunque, tornando al testo, l’ha inizialmente scritto lui, ed era giusto una serie di note che usavano nella comunità come traccia per raccontare quello che era successo. In pochi avevano davvero iniziato a capire di cosa parlavo, ma sentivano che c’era qualcosa di importante e avevano voglia di diffonderlo. Alla fine il racconto si è impregnato di quello che via via hanno creduto di capire.
  • Quindi è da buttar via ?
  • Niente è da buttar via. Riflette comunque la storia di un pensiero, tutto sommato pieno di buone intenzioni. Certo, di quello che ho provato a insegnare c’è rimasto poco.
  • Facevi davvero miracoli ?
  • Guarivo la gente, ai tempi i dottori non erano granché bravi.
  • Ma i modi in cui li guarivi sono oggi incomprensibili alla scienza.
  • La medicina di oggi ha esplorato alcune strade, impensabili allora, ma ne ha accantonate altre, che pure erano promettenti. Credo che, per paura dei ciarlatani, abbia buttato un po’ il bambino con l’acqua sporca. L’essere umano ha capacità immense di autoguarigione, capacità che la medicina, finora, non ha analizzato granché. E ci sono anche potenzialità per una persona di guarirne un’altra. Non siamo organismi singoli, neanche fisicamente, siamo un tessuto. Ci influenziamo l’un l’altro. Non noti mai che vicino a certe persone “stai bene”? Questa capacità di guarirsi e di guarire può essere incrementata, la meditazione è un elemento fondamentale, ad esempio, come lo star bene insieme, anche a fare festa.
  • Ma tu queste cose dove le hai imparate ?
  • Ho viaggiato parecchio, soprattutto verso est. Da quelle parti avevano già fatto molta strada in questo senso. E c’erano gruppi dalle mie parti che approfondivano quel tipo di cultura.
  • Gli Esseni ?
  • Anche. Non sono mai stato parte di nessun gruppo, è un ambito in cui il progresso è sempre molto individuale, ma li frequentavo, sì.
  • Sei davvero risorto ?
  • Direi di sì, visto che sto parlando con te …
  • No, voglio dire fisicamente
  • Quale delle due cose pensi sia più importante ?
  • Mmm. Perché pensi che la Chiesa abbia insistito così tanto su questo punto ?
  • La morte fa molta paura se ti identifichi completamente con la tua individualità. Non tanto quella fisica, anche quella mentale, le tue percezioni. Noi non vediamo le percezioni, i pensieri, degli altri. Vediamo la loro fisicità e deduciamo i loro pensieri basandoci sulle espressioni dei loro corpi. Quando i corpi cessano di muoversi e si disgregano non sappiamo più cosa dedurre rispetto ai pensieri. Stiamo solo guardando dalla parte sbagliata. Di fatto siamo circondati da resurrezione da tutte le parti. I semi che marciscono e fanno rinascere le piante, gli animali e gli uomini che fanno figli, le idee che si mescolano e ne fanno nascere di nuove.
  • E quest’idea di Dio Padre come ti è venuta ?
  • Se inizi a percepire il mondo come una cosa bella, ricca. Se cominci a cogliere il tessuto di cui parlavo prima, le relazioni tra le persone, tra le cose, questa magia che respiriamo, non puoi né pensare che venga fuori dal nulla, né che non abbia un fine buono. Il minimo che possiamo pensare di questo assoluto è che abbia un senso.
  • Hai visto Matrix ? E’ un altro tipo di spiegazione
  • Sì, è quella di Kant, per altro. Ma non nega la mia, se ci pensi. Da una parte le macchine sono state create da qualcuno, quindi, indirettamente, torniamo al concetto di Creatore, e poi il fatto di vivere in un mondo illusorio è esattamente il centro della mia predicazione: smettere di percepirsi come individualità e accorgersi di quanto invece siamo parte di un organismo è la vera pillola rossa.
  • Bene. Grazie della chiacchierata. Posso invitarti a proseguirla con i prossimi vangeli? Ci sono tanti altri aspetti che vorrei affrontare.
  • Molto volentieri.