L’Hallelujah di Leonard Cohen

Davide guarda Betsabea che fa il bagno. Louis-Jean-François Lagrenée, Public domain, via Wikimedia Commons
Davide guarda Betsabea che fa il bagno. Louis-Jean-François Lagrenée, Public domain, via Wikimedia Commons

Buon 2022. Wow, prima volta che lo scrivo.

Se non altro come proposito di inizio anno vale la pena scrivere qualcosa su questo blog, abbandonato a se stesso ormai da troppo tempo.

Parleremo di una canzone: Hallelujah di Leonard Cohen.

In questi giorni ho riascoltato diverse volte questo bellissimo brano. Credo di essermela ritrovata in qualche playlist natalizia che mettevo per inondare la casa di aria di feste.

Una canzone stranamente/vagamente religiosa. Pare sia molto usata per matrimoni e funerali (al mio la metterei). Finora, avendone capito qualche parola qui e là, ho avuto l’impressione che questo uso pseudo religioso fosse per lo meno incauto. Ho dovuto in qualche modo ricredermi.

A furia di riascoltarla mi è venuta voglia di capire bene di cosa parla, ho cercato il testo, e ho letto un bell’articolo di Alan Light, sulla rivista RollingStones che ne parla.

L’articolo è un estratto di un intero libro che l’autore ha dedicato alla canzone. Voglio raccontare qui quello che mi ha colpito e qualche mia riflessione.

Versioni

La canzone è stata incisa per la prima volta nell’album Various Positions nel 1984. È stata poi cantata da tantissimi altri, compreso lo stesso Cohen in varie occasioni. Quello che stupisce immediatamente è che il testo della prima incisione è diverso da quello delle altre, sembra che l’autore si sia sforzato di rendere il significato della canzone un po’ più comprensibile nelle versioni successive. In alcune versioni ci sono strofe rimosse.

La versione che preferisco è la prima, sia come testo che per la parte musicale (viene eseguita molto lentamente, sembra una meditazione, coi colpi di basso che aggiungono un cuore pulsante alla voce sensuale e sognante di Cohen).

Questa versione si può ascoltare qui.

Struttura e traduzione

Anzitutto si tratta di uno di quei bellissimi pezzi di musica che raccontano se stessi, un po’ come Si Re Si Re Si Mi Si Mi, solo che qui il testo non narra la melodia ma l’armonia, la progressione degli accordi, che è quello che rende la canzone così bella. Infatti piaceva addirittura a Dio, dice l’autore, ma andiamo con ordine.

Davide e la musica

Gerard van Honthorst, Public domain, via Wikimedia Commons
Gerard van Honthorst, Public domain, via Wikimedia Commons

Quasi tutte le versioni iniziano con una citazione biblica (Primo libro di Samuele, capitolo 16 versetto 23), il racconto di Davide che scaccia gli spiriti cattivi da Saul con la sua musica.

Now I’ve heard there was a secret chord

That David played, and it pleased the Lord

Ho sentito di questo accordo segreto che suonava Davide e piaceva al Signore

But you don’t really care for music, do you?

Ma a te non interessa tanto la musica, vero ?

Qui Cohen sembra parlare a una ragazza che cerca di sedurre con la sua musica, ma scopre che lei è interessata ad altro. E comunque ci prova a coinvolgerla in questa sua passione musicale e le racconta com’era questo accordo, come fosse stato lì, come se lui stesso fosse Davide.

It goes like this

The fourth, the fifth

The minor fall, the major lift

Fa così: la quarta, la quinta, casca sul minore, risale sul maggiore

Gli accordi qui sono, in tonalità Do maggiore (ho trovato sia una partitura per chitarra in Do che una per piano in Do#, non so quale sia quella originale): FA maggiore (che è la quarta del Do), Sol maggiore (la quinta), La minore, FA maggiore.

The baffled king composing Hallelujah

Il re sorpreso, sconcertato mentre compone l’Alleluia

Qui sembra riferirsi al processo creativo in sé. Il compositore, l’artista non crea la sua opera, questa appare quasi casualmente, lui ne è solo il tramite, e ne è il giudice, la riconosce come buona e la solidifica, la condivide, ma lui stesso ne rimane stupito.

Passioni Pericolose

Peter Paul Rubens, Public domain, via Wikimedia Commons
Peter Paul Rubens, Public domain, via Wikimedia Commons

Di nuovo una strofa presente in tutte le versioni. Di nuovo due citazioni bibliche, fuse tra loro, come fossero la stessa vicenda. E lo sono, in qualche modo: due uomini potenti che perdono la testa per due donne bellissime. Un po’ Kennedy/Monroe o Clinton/Lewinsky, o Berlusconi/Ruby.

Le citazioni parlano di Davide che vede dal tetto la bella Betsabea che fa il bagno e si innamora di lei (Secondo libro di Samuele, capitolo 11 versetto 2) e di Sansone (Libro dei Giudici, capitolo 16, versetti 4-21) che viene sedotto da Dalila e le rivela che il segreto della sua forza sta nel non essersi mai tagliato i capelli. Dalila, pagata dai Filistei, lo addormenta, lo lega, gli taglia i capelli.

Your faith was strong but you needed proof

You saw her bathing on the roof

Her beauty and the moonlight overthrew you

La tua fede era forte, ma volevi delle prove. L’hai vista dal tetto che faceva il bagno. La sua bellezza e la luce della luna ti hanno rovesciato

She tied you to a kitchen chair

She broke your throne, and she cut your hair

And from your lips she drew the Hallelujah

Ti ha legato alla sedia della cucina. Ha spaccato il tuo trono, ti ha tagliato i capelli. E dalle tue labbra ha tirato fuori un Alleluja

In quella sedia da cucina c’è forse un ricordo personale. Bellissimo quell’Alleluia tirato fuori dalle labbra di un uomo umiliato, sconfitto, ma comunque estatico, felice.

Cohen sembra qui sottolineare che l’estasi passionale è di per sé il colmo dell’espressione umana, al di là delle conseguenze, al di là del fatto che sia un Alleluia sacro o profano (holy o broken, vedremo dopo), quella gioia tirata fuori dalle labbra è una delle cose più importanti che possiamo avere.

Versione originale

Quelle che seguono sono le due strofe presenti solo nella versione originale del 1984.

Qui Cohen fa una riflessione sull’operazione che ha fatto, quella di unire l’Alleluia sacro (Davide che prega) con quello profano. Sembra rivolgersi a un credente che lo accusa di blasfemia.

You say I took the name in vain

I don’t even know the name

But if I did, well really, what’s it to you?

Tu dici che l’ho nominato invano. Ma io nemmeno lo conosco quel nome. Ma anche se fosse, perché è così importante per te ?

There’s a blaze of light

In every word

It doesn’t matter which you heard

The holy or the broken Hallelujah

C’è una fiammata di luce in ogni parola. Non importa quale Alleluia hai sentito, quello sacro o quello rotto

Sta dicendo:

“Non posso essere un blasfemo, sono un ateo. Non ho nominato il nome di Dio invano, perché quel nome neanche lo conosco.

Ma anche se lo conoscessi, perché guardi a cosa significa per me e non piuttosto a cosa significa per te ?.

Ho scritto delle parole bellissime, sei tu che scegli se sono un inno al Signore o semplicemente all’essere umano”

I did my best, it wasn’t much

I couldn’t feel, so I tried to touch

I’ve told the truth, I didn’t come to fool you

Ho fatto del mio meglio, non era tanto. Non potevo sentire, così ho provato a toccare. Ho detto il vero, non sono venuto a prenderti in giro

And even though

It all went wrong

I’ll stand before the Lord of Song

With nothing on my tongue but Hallelujah

E anche se fosse tutto andato male, se l’operazione non mi fosse riuscita. Starò davanti al Dio delle canzoni con nient’altro sulla lingua che Alleluia

Trovo bellissimo questo accenno al sentire o toccare. Sentire Dio, si parla di questo. Non è da tutti, forse è genetico. Ma chi non può sentire Lui può toccare la Sua creazione, e comunque gridare un’Alleluia.

Alla fine la canzone dice questo

Non ti parlo di Dio perché non lo conosco, non son sicuro che esista.

Non ti parlo dell’amore perché quello che ne ho capito è che puoi uccidere chi ti attira di più (da una delle versioni alternative).

Ti posso parlare della musica, che forse riesce a collegare il meglio dell’amore per Dio e dell’amore umano.

E a raccontarli.

Serial Bach

Sto ascoltando il preludio in Re minore del Clavicembalo Ben Temperato di Bach. Per la dodicesima volta di seguito. Ogni tanto ho bisogno di questo ascolto ossessivo. Un certo brano mi cattura e devo ascoltarlo e riascoltarlo di nuovo e ancora di nuovo, finché si sfibra, o mi sfibro io. Con questo particolare brano lo faccio di frequente.

A volte, come ora, non riascolto esattamente lo stesso brano: cerco il nome su Spotify, che mi propone una lista di interpretazioni di autori diversi e le ascolto tutte. Oggi ho cercato “d minor prelude Bach we”, nella lista c’è finito anche qualche pezzo che non c’entra, neanche Spotify è perfetto, ma, nell’insieme, ci ha dato.

Bach mi piace molto in generale. Mi sembra che faccia uno strano gioco col cervello dell’ascoltatore, con la sua percezione. Propone spesso, questo brano ne è un esempio lampante, una sequenza di note piatta, tutte di lunghezza uguale, che l’ascoltatore tende a raggruppare come sequenza di parole più lunghe, triplette di note nel mio caso. Ma il suggerimento è tenue, per cui la sequenza ABC-ABC-ABC può, ad un certo punto diventare nella tua testa BCA-BCA-BCA o CAB-CAB … e quando succede la musica cambia. La mente fluttua, si aggancia alla melodia principale e inconsapevolmente viene catturata dal contrappunto, dalla melodia dei bassi, che dopo un po’ di riconsegna a quella principale. Ẻ un giro in ottovolante, mai uguale.

Questo trasformare la sequenza monotona di note in parole mi ricorda il problema della trasmissione seriale nel mondo dei computer. Questi, al loro interno ragionano a gruppetti di informazioni, in genere byte, gruppetti di otto notine, che possono valere 0 o 1, i bit. Con otto bit si fa un byte, che può avere 256 combinazioni, 256 parole, che rappresentano di volta in volta altre cose: numeri, lettere, note, pixel in una fotografia o un video. Ma quando queste informazioni devono passare ad un altro computer bisogna metterle su un filo. Si è tentato, per un po’ di usare tanti fili, se ne uso almeno 8 il problema di cui sto parlando non si pone, il gruppetto di otto viene spedito e ricomposto nello stesso ordine. Si chiama trasmissione parallela, ma ha diversi problemi. All’aumentare della velocità di trasmissione, della frequenza, i fili si trasformano in antenne e l’informazione viene facilmente trasmessa da un filo all’altro via radio. Diventa necessario proteggere ogni filo con una gabbia che impedisca alle informazioni di uscire o entrare nel filo stesso, con conseguente aumento del costo e dell’ingombro. Per cui diventa più pratico usare meno fili. I gruppetti di otto bit vengono spediti un po’ alla volta, in sequenza, su un unico filo. Trasmissione seriale.

Ad esempio, immaginiamo di dover spedire la sequenza “ABC”. I caratteri all’interno di praticamente ogni computer di questo mondo sono codificati da una tabella detta American Standard Code for Information Interchange. In effetti oggi si usa l’Unicode, di cui però l’ASCII è un sottoinsieme. Bene, la sequenza “ABC” corrisponde, in questa tabella, alla sequenza di numeri 65,66,67, che vengono rappresentati, in pancia al computer, con la sequenza di bit 010000010100001001000011. Per cui il computer che spedisce muoverà i segnali elettrici sul filo in modo da rappresentare all’istante 0 uno zero, all’istante uno un uno, all’istante due di nuovo uno zero e così via, fino ai due uno finali. Detta così sembrerebbe funzionare, il problema è che il computer che ascolta non sa quando cominciare ad ascoltare. Su quanto dura ogni singolo bit sul filo ci si può mettere d’accordo (e non è facile), ma quando inizia il primo carattere devo dirglielo, se no l’ascoltatore potrebbe mettersi ad ascoltare all’istante 2 e ricevere una sequenza che inizia con 1000010100001001000011,che verrebbe interpretata come sequenza di caratteri incomprensibili.

Nei computer si usa qualche filo in più o altri espedienti, per trasmettere l’inizio di ogni carattere, la lunghezza di ogni bit, magari l’inizio della frase. Nella musica Bach crea volutamente questa ambiguità. E l’ambiguità stessa diventa messaggio, sembra dirci che le cose non possiamo capirle, che possiamo solo esserne parte, fluttuare con loro.

Pensando a questa strana trasmissione del pensiero che è la musica, mi viene da pensare a quell’altra forma di trasmissione, la parola. La parola scritta e quella letta. Ho finito di ascoltare “Il sistema periodico” di Primo Levi e riflettevo sulla lettura di Elio De Capitani. Bravissimo, come bravissima ho trovato Daniela Falcone, l’altra sera al Circolo dei Lettori, che leggeva le poesie di Alda Merini. In entrambi i casi però mi è venuto da pensare che forse io quei testi non li avrei letti in quel modo. In entrambi i casi per me c’era troppa enfasi, il lettore aggiungeva al testo una sua emozione, il risultato di una sua elaborazione del testo, una pre digestione che, in qualche modo mi urtava.

Quelle parole, se lette da me, sarebbero risultate più piane, più spente. Credo sia proprio del linguaggio scritto, almeno per me, per come leggo io. Le parole le faccio arrivare ad una zona particolare della mia mente senza digerirle in emozioni, come un medicinale orale (😄) che attraversa lo stomaco indenne, grazie a qualche involucro protettivo, perché è destinato a fare effetto altrove, più in profondità. Le parole, quando raggiungono quella parte della mente, fanno qualcosa, se generano emozioni sono molto profonde, quasi impercettibili alla coscienza. Omeopatiche. Diventano in qualche modo un dialogo con l’autore, davvero trasmissione del pensiero a distanza, anche temporale.

Ascoltare qualcuno, bravo, che legge e interpreta un testo, che rende teatro la narrazione, è una cosa molto diversa dalla lettura. Mi dice cose del narratore stesso, mi costringe a smontare, faticosamente, il suo operato, a riprodurre il testo piatto e risuonarlo per conto mio, riavvolgerlo in qualche capsula protettiva e inviarlo a quella zona della mente che fa queste magie, diventa insieme dialogo con l’autore e col narratore. Bello, ma un’altra cosa.

Bleib mit deiner Gnade bei uns

(resta con la tua grazia con noi)

Forse c’entra con la magia delle colline della Borgogna, ci sono posti magici, dove ti senti immerso nella bellezza e non sai dov’è. In fondo da quelle parti era già nata l’abbazia di Cluny, tanti anni prima. La storia della comunità di Taizé secondo me è una storia di bellezza. Bellezza sempre a metà tra il terreno e il soprannaturale, ma forse non esistono bellezze d’altro tipo.

Se provate a leggere qualcosa sulla vita di Roger Shutz troverete il racconto di quello che ha fatto durante la guerra per accogliere chi scappava dai nazisti, i passi che hanno portato alla costruzione della comunità, e troverete qualcosa sul suo impegno per l’ecumenismo, per riconciliare le varie confessioni in cui si è oscenamente diviso il cristianesimo (frere Roger era protestante). Ma secondo me per cogliere chi era veramente e capire perché la sua comunità abbia attirato così tante persone bisogna provare a leggere qualcosa che ha scritto, o, ancora meglio, sentirlo parlare.

Roger Shutz non era un grande teologo o un grande scrittore, non era un trascinatore di folle, non era neanche un grande organizzatore, o uno che costruisce cattedrali con l’eredità lasciatagli dalle vecchie contesse. Era chiaramente un uomo innamorato di qualcosa di profondo che sentiva dentro di sé, e riusciva, parlando con gli altri, ad aprire un canale che permettesse anche a loro di condividere quest’esperienza interiore.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».

(Vangelo di Luca, capitolo 24)

Non è la stessa bellezza ? Questo brano del vangelo parla di una persona che faceva ardere il cuore in petto agli altri quando parlava. I discepoli di Emmaus hanno riconosciuto Gesù perché ricordavano questa sensazione. Non è questo che chiamereste grazia ?

La musica

La bellezza attira altra bellezza, o la crea se non ce n’è. Se fate un salto Taizé, e girate per il posto, vedrete la semplicità, la povertà, l’essenzialità delle cose che magicamente si adorna della cura disinteressata di tanti, soprattutto ragazzi, che passano di là. Entrate nella chiesa, spartana e con queste meravigliose vetrate, e l’esplosione di colori e luci dell’altare, la gente che se ne sta lì in silenzio a tutte le ore del giorno e della notte. Guardate le poterie e gli oggetti artistici fatti da alcuni monaci come lavoro.

E tutto questo non è nulla rispetto alla musica.

Una comunità religiosa formata da persone di confessioni diverse deve ridurre all’essenziale le parole usate durante le preghiere. Deve prediligere una preghiera silenziosa. E quando centinaia e poi migliaia di persone ogni anno da così tanti paesi iniziano a radunarsi intorno alla collina e a voler partecipare alla preghiera dei monaci, la differenza delle lingue parlate rende l’uso delle parole ancora più difficoltoso. Persino l’escamotage di alternare le diverse lingue nelle varie letture ha l’effetto di spogliare la lingua della sua razionalità e ridurla a musica: ci sono parole a Taizé, ma per la maggior parte non le capisci. E allora resta il silenzio, e soprattutto la musica.

I canti di Taizè sono molto belli. Si tratta in genere di corali a quattro voci, o canoni in cui la stessa melodia si accavalla sfasata. Il testo è, in genere, una breve frase che viene ripetuta in modo ossessivo per tante volte, un mantra. Ogni ripetizione ornata in modo differente dagli strumenti e dalle diverse voci.

L’effetto è straordinario: se sei in chiesa durante uno di questi canti, dopo poche ripetizioni cominci a cantare la melodia principale, anche se non conoscevi la musica, anche se non capisci le parole perché sono in una lingua che magari neanche identifichi.

Tante persone restano affascinate da questi canti: spesso, alla fine della preghiera, specialmente di quelle serali, tanti si fermano in chiesa e continuano a cantare, fino a notte fonda, un canto dietro l’altro. Qualcuno si addormenta lì, un’esperienza mistica improvvisata, un perdere il confine ben definito tra esperienza religiosa e amicizia e star bene lì, in quel momento, a fare una cosa bella che non ti aspettavi.

Le preghiere nelle città

Credo siano sensazioni come queste che hanno fatto in modo che molti, tornati a casa volessero ricreare questo tipo di esperienza nelle proprie città. Sono nate così quasi ovunque delle “Preghiere di Taizé” tenute, in genere, una volta al mese, in cui viene riproposto questo modo di pregare senza tanti discorsi, fatto di canti in tante lingue e di molto silenzio.

A Torino la preghiera di Taizé si tiene il primo venerdì di ogni mese, alle 21 nella chiesa di San Domenico, almeno nella stagione bella. A Genova anni fa era al Porto Antico, forse c’è ancora, ma non ricordo il giorno. L’estate scorsa ho provato ad andare a quella di Barcellona, casualmente ero lì nel giorno giusto del mese, ma una gentile parrocchiana mi ha detto che “a l’agost no hi és”. In quella di Torino a metà inseriscono uno spazio dedicato a qualche realtà locale, qualcuno che racconta una sua esperienza, in genere è un po’ noioso ed è un po’ una nota stonata nel contesto della preghiera, ma si sopporta e, per il resto, vale la pena di partecipare.

E ora fatevi un piacere

Trovatevi dieci minuti e un posto tranquillo, e magari qualcuno con cui condividere l’esperimento. Ascoltate qualcuno dei brani qui sotto, ho cercato di scegliere i più belli, leggete il testo e provate a cantare. Provateci anche se siete stonati e anche se non credete in niente1, giusto un breve viaggio in un posto bello.

A me piace in particolare De Noche, è l’ultima. Se siete di quelli, credo sia genetico: magari un giorno provo a parlarne, che ogni tanto si chiedono che ci facciamo qui, apprezzerete quest’idea che se immagini che l’acqua ci sia, basti la tua sete a indicarti dove cercarla.


Bleib mit deiner Gnade

Bleib mit deiner Gnade bei uns, Herr Jesu Christ.

Ach, bleib mit deiner Gnade bei uns, du treuer Gott!

(Resta con la tua grazia con noi, Gesù Cristo. Resta con la tua grazia con noi, Dio degno di fiducia)

In manus tuas Pater

In manus tuas Pater, commendo spiritum meum,

in manus tuas Pater, commendo spiritum meum.

(Nelle tue mani Padre consegno il mio spirito)

Bleibet hier und wachet mit mir

Bleibet hier und wachet mit mir.

Wachet und betet,

wachet und betet.

(Restate qui e vegliate con me. Vegliate e pregate, vegliate e pregate)

Laudate dominum

Laudate dominum laudate dominum omnes gentes alleluja

(Lodate il Signore genti tutte alleluia)

Laudate omnes gentes

Laudate omnes gentes,

Laudate Dominum.

(Lodate genti tutte, lodate il Signore)

The kingdom of God

The kingdom of God is justice and peace

And joy in the Holy Spirit

Come, Lord and open in us the gates of your kingdom

(Il regno di Dio è giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo. Vieni Signore e apri in noi le porte del tuo regno)

Bless the Lord

Bless the Lord, my soul

And bless God’s holy name

Bless the Lord, my soul

Who leads me into life

(Benedici il Signore, anima mia e benedici il suo santo nome. Benedici il Signore anima mia, lui che mi guida dentro la vita)

Nada te turbe

Nada te turbe, nada te espante;

quien a Dios tiene, nada le falta.

Nada te turbe, nada te espante:

sólo Dios basta.

(Niente ti turbi, niente ti spaventi, a chi ha Dio non manca nulla. Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio è abbastanza)

L’ajuda em vindrà del Senyor

L’ajuda em vindrà del Senyor,

Del Senyor, el nostre Déu,

Que ha fet el cel i la terra,

El cel i la terra.

(L’aiuto verrà dal Signore, il Signore nostro Dio, che ha fatto il cielo e la terra, il cielo e la terra)

Bonum est confidere

Bonum est confidere in Domino,

bonum sperare in Domino.

(È bene confidare nel Signore, è bene sperare nel Signore)

Cantarei ao Senhor

Cantarei ao Senhor, enquanto viver,

louvarei o meu Deus enquanto existir,

Nele encontro a minha alegria.

Nele encontro a minha alegria.

(Canterò al Signore finché vivrò, Loderò il mio Dio finché esisterò, In lui trovo la mia gioia, In lui trovo la mia gioia)

Behüte mich, Gott

Behüte mich, Gott

Ich vertraue, dir

Du zeigst mir den Weg zum Leben

Bei dir ist freude, freude in Fülle

(Salvami, Dio. Mi fido di te, Mi mostri la strada della vita. Con te c’è gioia, gioia in abbondanza)

Sit nomen Domini

Sit nomen Domini.

Sit benedictum.

Nunc et in saecula benedictum.

(Sia il nome del Signore, sia benedetto, ora e nei secoli benedetto)

I am sure I shall see

I am sure I shall see

the goodness of the Lord

in the land of the living.

Yes, I shall see

the goodness of our God,

hold firm, trust in the Lord.

Viešpatie, tu viską žinai

Viešpatie, tu viską žinai.

Tu žinai, kad tave myliu

(Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo)

Ubi caritas

Ubi caritas

Et amor

Ubi caritas

Deus ibi est

(Dove c’è carità e amore c’è Dio)

Dona la pace

Dona la pace, Signore,

a chi confida in te.

Dona la pace, Signore,

dona la pace.

Vieni Spirito creatore

È più bella in tedesco, ma non ho trovato lo spartitello.

El Senyor

El Senyor és la meva força,

el Senyos el meu cant.
Ell m’ ha estat la salvació,
en Ell confio i no tinc por

(Il Signore è la mia forza, il Signore è il mio canto. Lui è stato salvezza, in lui confido e non ho paura)

El alma que anda en amor

El alma que anda en amor ni cansa ni se cansa

(L’anima che cammina nell’amore non si stanca né si stanca)

Bendigo al Señor

Bendigo al Señor

porque escucha mi voz,

el Señor es mi fuerza,

confia mi corazón.

(Benedico il Signore perché ascolta la mia voce, el Signore è la mia forza, il mio cuore ha fiducia)

Wysławiajcie Pana

Wysławiajcie Pana, O

Wysławiajcie Pana, O

Spiewaj Panu cała ziemo,

Alleluja, Alleluja!

(Loda il Signore, canta il Signore terra tutta, alleluia alleluia)

Mon âme se repose

Mon âme se repose en paix sur Dieu seul:

de lui vient mon salut.

Oui, sur Dieu seul mon âme se repose,

se repose en paix.

(La mia anima riposa in pace solo su Dio: da lui viene la mia salvezza. Sì, solo su Dio la mia anima riposa, riposa in pace)

Toi, tu nous aimes

Toi, tu nous aimes

source de vie

(Tu ci ami, sorgente di vita)

De noche

De noche iremos, de noche,

que para encontrar la fuente

sólo la sed nos alumbra,

sólo la sed nos alumbra.

(Di notte andremo, di notte, per trovare la fonte, solo la sete ci illumina, solo la sete ci illumina)

  1. Dopo tutto fa bene.