La religione dei pazzi

Mi è venuta voglia di scrivere qualche riflessione sulla religione rimuginando su un commento di Vic all’Omelia di Pasqua. Ho risposto al suo commento, ma ho continuato a pensarci. E lo sto ancora facendo.

Pazzia e spiritualità

Provate a pensare a una persona, la definiremmo psicologicamente disturbata, che è convinta che non bisogna pestare le fughe tra le piastrelle mentre si cammina su un marciapiede. Se lo fai ti succedono cose brutte. O se non lo fai te ne succedono di belle, non so, forse è lo stesso.

Ci sono persone persone così. Credo sia un tipo di pazzia comune. Se non sono le fughe tra le piastrelle è qualcos’altro, ma magari tutti abbiamo qualche momento del genere.

Mi viene in mente un episodio di Don Juan, di Carlos Castaneda, in cui l’autore e lo stregone sono seduti su una panchina del parco e Don Juan vede una bella ragazza e dice all’altro: “Se quella ragazza verrà a salutarci sarà un buonissimo segno”. Cose così. Secondo me siamo tutti più o meno immersi, o almeno esposti a queste cose che razionalmente definiremmo pazzie.

Perché succedono ? Perché ogni tanto clicchiamo il “Mi sento fortunato” di Google ? Perché compriamo un gratta e vinci sapendo che è praticamente impossibile non rimetterci ? Perché cerchiamo quadrifogli, perché ci fidiamo istintivamente di una persona e non di un’altra senza conoscere nessuna delle due ?

Un mondo oscuro e magico

Perché notiamo continuamente parallelismi, coincidenze ?

C’è una parte di noi, una grossa parte del nostro pensare, del nostro vivere, che lavora così. Siamo stati programmati, siamo evoluti, per lavorare con questo pattern matching, con questa capacità, bisogno, di fare associazioni. Tra qualsiasi e cosa e qualsiasi altra. E alcune di queste associazioni assumono un significato importante, e non riusciamo a capire perché. Sono il risultato di un elaborazione che non possiamo controllare e si impongono con una forza propria, non derivata da nessun ragionamento.

La nostra razionalità tende a fornirci delle certezze, un mondo definito, stabile, ma nel profondo, anzi, appena sotto la superficie, viviamo in un mondo sconosciuto, in cui la magia è la norma.

La spiritualità vive in quest’altro mondo, ha le sue radici lì. Vive della nostra percezione, più o meno inconscia, più o meno rimossa, più o meno relegata al rango di sintomo di insanità mentale, di questo mondo che non sappiamo spiegare. Di questo mondo che non si accontenta di nessuna spiegazione razionale.

Un mondo ricco

È un mondo ricco quello interiore. Ed è il nostro vero mondo.

Quello razionale è solo una facciata che creiamo per permettere la vita sociale, l’avatar con cui ci presentiamo in pubblico.

C’è di tutto nel mondo interiore, ci sono le pulsioni necessarie a garantire la continuità della nostra esistenza come individui e come specie, la fame, la paura, il sesso. C’è la pace o il terrore di territori che vanno oltre i nostri limiti, il bisogno di un senso, di indicazioni, ci sono ricordi. C’è la nostra storia passata, soprattutto interiore. Il senso di quello che siamo tradotto in sensazione, in emozione. C’è il calore delle persone che amiamo. L’angoscia di quello che non riusciamo a capire. Ci sono le persone che sono morte. Quelle importanti che non abbiamo mai conosciuto e le cui opere hanno comunque lasciato tracce, altre emozioni in quel paesaggio. C’è un giudizio continuo su noi stessi, una bussola che ci indica, di nuovo sotto forma di emozioni, come la tristezza o l’euforia, se siamo sulla strada giusta.

E noi con questo mondo dialoghiamo costantemente, anche senza rendercene conto. Ogni evento che si presenta ai nostri sensi, ogni incontro, ogni accadimento del mondo razionale viene tuffato in quel marasma e ne esce sotto forma di altre emozioni, intuizioni. Notare una coincidenza non è cosa da poco, è il risultato di una digestione avvenuta lì dentro.

E queste emozioni si rituffano in quel calderone e ne escono sotto forma di idee, di programmi, necessità, di bisogno di agire.

Ponti

La spiritualità ha le sue radici lì, ma non resta immersa in quel mondo. Viene a galla nel mondo razionale e tenta di fare un ponte.

La spiritualità è un ragionamento sul mondo interiore.

Tenta di recuperare una qualche unità del nostro essere. Tenta di fornire spiegazioni che soddisfino sia la razionalità che questa inconoscibilità sotterranea, questo senso del mistero.

Tenta, soprattutto, di comunicare. La spiritualità vive della percezione degli altri come compagni di viaggio. Come ombre, sconosciute anche loro, in questo mondo interiore, ma che sentiamo persi come noi. Altri che si muovono a tentoni nel buio, come noi, e a cui vogliamo tendere la mano per cercare una strada insieme. E non solo gli altri di adesso, gli altri vicini. Anche quelli lontani, o quelli delle stagioni trascorse. Confrontiamo i racconti delle ombre che abbiamo visto. Le leggende di città in grotte sconosciute, di fiumi di lava, laghi sotterranei, di vento fresco che scaturisce da qualche roccia.

Le religioni sono l’insieme di questi racconti tramandati. Le prendiamo con le pinze, molti di noi, altri le prendono per oro colato, ma per gli uni e per gli altri sono mappe consumate, più o meno attendibili, di quel mondo oscuro.

Mappe

La spiritualità ha tante forme. Ha la forma dell’arte soprattutto. La poesia, la musica, sono altri modi di far vibrare queste antenne interiori, di sentire queste radici.

Le religioni sono cose più strane. Credo siano nate come mappe. Qualcuno che ha navigato più a lungo in quel mondo interiore avrà provato a scrivere delle guide, per permettere ad altri di orientarsi. Qualcuno che ha costruito qualche ponte tra il mondo oscuro e la razionalità ha provato a mettere dei paletti, una segnaletica. A raccontare le sue esperienze. Col tempo quei paletti che spuntavano dal terreno sono diventati importanti, ci si è costruito sopra. Credo che ci abbia costruito molto qualcuno che in quel mondo non ci si era granché avventurato. Sono diventati racconti di racconti.

O peggio, qualcuno a cui quel mondo, là sotto faceva troppa paura, li ha usati per impedire che altri ci finissero. Le religioni, unite al culto della razionalità, hanno sbarrato la porta a quel mondo interiore. Soprattutto le religioni dell’occidente. Hanno dipinto dei bei disegni su quella porta.

I tesori

Io credo che millenni di questa elaborazione collettiva abbiano effettivamente prodotto tanto. Dei tesori, dei ponti, che sarebbe un peccato sprecare. Ma credo sia estremamente importante conservare il senso di precarietà, di non-certezza, almeno dal punto di vista razionale, di queste costruzioni.

Cos’è che si è scoperto, quali sono le indicazioni più importanti che ci offre questo bagaglio che ci è stato tramandato, cosa hanno in comune tutte le correnti spirituali che abbiamo ereditato ?

il mondo interiore esiste

Anzitutto che questo mondo interiore esiste, che è importante e non dobbiamo averne paura.

Che in questo mondo interiore possiamo trovare spiegazioni a cose che nel mondo di sopra, quello razionale, ci appaiono minacciose.

Perché moriamo ? Perché ci ammaliamo ? Perché, in generale, abbiamo bisogni, aspettative che non vengono soddisfatte ? Perché esistiamo ?

Tutte le grandi correnti spirituali e religiose danno risposte a queste domande. Alcune di queste risposte, peraltro, risultano accettabilissime anche sul piano razionale. Partono in generale dal constatare che le domande sopra sono malattie dell’ego.

Ci facciamo quelle domande perché ci sentiamo al centro del mondo. Appena cambiamo prospettiva, appena proviamo a vederci come cellule di un organismo più complesso quelle domande diventano ridicole.

Noi non moriamo, se per noi intendiamo la nostra specie, la vita biologica di cui siamo espressione, il mondo. Siamo solo una fase di una continua trasformazione.

Noi non ci ammaliamo, abbiamo meccanismi che reagiscono a dei cambiamenti, quelle che sentiamo come gioie/sofferenze sono forze regolatrici che ci guidano nel compimento della nostra parte in questo grande sistema.

Quanto al perché esistiamo la risposta è che non lo possiamo capire, non più di quanto possiamo immaginare che una cellula del nostro sangue capisca quanto è bella la serie “Tales From the Loop” che stanno dando su Amazon in questi giorni.

siamo parte di qualcosa di grande e buono

La gioia che questi sguardi, anche sporadici, nell’intimo del nostro essere può darci ci fa sentire immersi in qualcosa di buono, non è una citazione di Ambrogio e dei suoi cioccolatini, chiamatelo amore se volete.

i compagni di viaggio

Gli altri, intorno, sono dei compagni di viaggio. Sono immersi nello stesso plasma, stanno svolgendo un ruolo analogo al nostro. Hanno punti di vista complementari. Gli eventuali conflitti con loro sono parte del meccanismo di cui facciamo parte, non c’è bisogno di demonizzarli. L’eventuale amore (parola sbagliata, qui, forse meglio attrazione/con-passione) che proviamo nei loro confronti pure, non c’è bisogno di divinizzarlo.

Metafore diverse

Tutto questo lo possiamo raccontare con metafore diverse. Possiamo dire che siamo come onde in un mare e diventeremo di nuovo acqua o possiamo dire che siamo figli dello stesso padre, che ci ama. Ma se riusciamo a capire che queste due formulazioni dicono la stessa cosa credo sia meglio.

Verità rivelate

Le religioni sono piene di Verità Rivelate. Qualche essere superiore, o qualche grande saggio del passato che ha parlato con lui, ci ha trasmesso delle cose. E dobbiamo crederci perché arrivano da quel canale privilegiato. Da quel telefono rosso.

Non è una cosa del tutto campata in aria. Quello che arriva dal mondo interiore appare necessariamente come rivelato alla razionalità. Sbuca dal nulla e ha la capacità di imporsi come vero, lo sentiamo dentro che è vero, che è importante.

“Non calpestare le fughe” è una verità rivelata per il pazzo.

Ma adesso immaginate più pazzi che condividano la stessa intuizione, e sappiano raccontarsela l’un l’altro, confrontarne le sfaccettature, mettere il risultato in relazione col mondo razionale. Che sappiano trasformare quell’intuizione in indicazioni concrete sul come vivere meglio. Ecco che nasce una Verità Rivelata condivisa, da tramandare ai discendenti. Una saggezza di popolo.

Ai nipoti racconteremo che ce le ha dette un Dio davanti ad un roveto ardente quelle cose. È più facile così.

12 risposte a “La religione dei pazzi”

  1. Considero religione e spiritualità due concetti profondamente diversi che la cultura ha spesso, nel corso della storia, mescolato insieme al preciso scopo di condizionare la seconda tramite la prima. Che gli esseri umani siano un disomogeneo coagulo di carne e “spirito”, senza forzate implicazioni religiose, l’ha ipotizzato Freud, quasi due secoli addietro: conscio e inconscio, apparenza concreta e profondo mistero che indirizzano e condizionano i nostri comportamenti sono ormai accettati e studiati mentre rimangono ancora notevoli dosi di ignoranza riguardo al profondo allo “spirito”, a partire da una sua deterministica definizione, fino al dualismo: solo correlazioni chimiche ed elettriche del cervello o, di contro, qualcosa d’altro – la “mente”? – ancora da esplorare quanto e più della materia oscura nella fisica delle particelle elementari.

    1. Senza nulla togliere alla psicanalisi, all’affrontare la conoscenza della psiche, e soprattutto i suoi problemi, con metodi razionali, penso che tutto quello che ruota intorno all’inconscio sia il campo in cui la razionalità mostra tutti i suoi limiti.
      Lo dici tu stesso, con quel “notevoli dosi di ignoranza”. Però sembra che tu ti attenda che prima o poi quell’ignoranza venga colmata, che una deterministica definizione di cosa è lo spirito alla fine si trovi. Io penso di no. Penso che la razionalità che studia l’inconscio sia come un dito del piede che studia il corpo umano. Ci sta un po’ di più l’inverso.
      Stranamente il fatto che la razionalità abbia campi in cui non è possibile applicarla oggi è accettato per l’arte, ma non per la spiritualità o la pazzia (quello che ho provato a dire in questo post è che sono cose molto simili). Oggi nessuno sano di mente si metterebbe a cercare un modo di dare una valutazione oggettiva della bellezza di un quadro, mentre si accetta l’idea di indagare nella pazzia e nella spiritualità con metodi razionali.
      Secondo me è uno dei grossi disastri creati dalle religioni: l’essersi impossessate della spiritualità e averla trasformata in fede, in salto nel buio, accettazione di regole etiche, gerarchie sacerdotali. Questo ha messo le persone di fronte a un aut aut. O il lato spirituale ti interessa e accetti tutta questa tristezza o la rifiuti e tenti di ricondurre tutto alla scienza che, alla fine, è diventata una grande Chiesa alternativa.
      Io penso ci siano vasti territori inesplorati e belli al di fuori di quei due recinti.

      1. Riprendo ciò che hai scritto: ” … penso che tutto quello che ruota intorno all’inconscio sia il campo in cui la razionalità mostra tutti i suoi limiti.
        … Penso che la razionalità che studia l’inconscio sia come un dito del piede che studia il corpo umano. Ci sta un po’ di più l’inverso …”

        La domanda che ti propongo è la seguente: “Con cos’altro, con quale strumento, un essere umano può esplorare un qualunque argomento che non sia la sua, propria razionalità o, se preferisci, la sua “ragione”? Grazie.

        1. Non pensi che un bambino, quando inizia a muoversi nel mondo, comincia a collezionare i dati che gli arrivano dai suoi neoacquisiti sensi, stia esplorando il mondo ? Lo fa senza razionalità di sicuro, quella verrà molto dopo. La razionalità gli farà dimenticare quell’altro modo di imparare, di esplorare, ma è ancora lì … basta provare a usarlo ogni tanto, e a fidarsene (in fondo nei nostri primi mesi ha fatto egregiamente il proprio lavoro).

          1. Un bambino, per conoscere il mondo, utilizza i sensi: trasmissione ed elaborazione di informazioni dalla periferia al cervello che, tra l’altro, la scienza ha dimostrato essere del tutto ingannevoli. Senza un qualcosa che vada oltre, grazie alla ragione, ci saremmo estinti quasi subito o, comunque, la nostra evoluzione avrebbe seguito altre strade. Qualunque cosa un essere umano provi, siano sensazioni, emozioni, odio, amore, desiderio di metafisica o quant’altro, va sempre indagato con razionalità, se si vuole capirlo: l’istinto, soprattutto quello ancestrale di quando eravamo poco più che bestie, ci porta ad usare la “pancia” piuttosto che la “testa” e le conseguenze mi sembrano evidenti e disastrose per tutti!

          2. Se non ricordo male, Jung, nella sua bellissima introduzione al Libro dei Ching, metteva in guardia da questa adorazione della ragione. Faceva notare che nessuna nostra decisione è veramente razionale. Noi, la nostra ragione, non possiamo essere mai veramente sicuri di niente: qualsiasi decisione razionale richiederebbe un numero infinito di considerazioni, e ovviamente non abbiamo il tempo di farle. Per cui ad un certo punto interrompiamo il processo e la nostra “pancia” ci dice cosa fare, in qualsiasi campo. Di fatto non smettiamo mai di decidere come il bambino o l’animale, semplicemente ci illudiamo di aver fatto qualcosa di diverso. Saranno sempre le nostre emozioni a decidere, per questo vale la pena di approfondire quel mondo, e lo si può fare solo al livello delle emozioni stesse. La meditazione, ad esempio, è un bel metodo per fare questo “ragionamento senza ragione”. Ma va sperimentato per apprezzarlo.

  2. Quando parli così, ispirato da speranza e ottimismo, mi piaci molto.

    Però Padre Vins, a proposito di resurrezione sono ansioso di leggere la tua omelia di qs domenica!
    E ti puoi far aiutare anche da tutti i Vangeli che la liturgia ci ha proposto questa settimana “in albis”: un buon estratto di quegli innumerevoli passi a cui io accennavo in un mio precedente commento.
    Anche Emmaus, sì. 😉

  3. Signori mi chiamo Carlo e vengo da Napoli, città di folli e diavoli, dove spiritualità e superstizione sono più o meno la stessa cosa… Io sono un miscredente e provengo da una famiglia che viveva per quanto riguarda la religione una sorta di idiosincrasia: (o sincretismo) mio padre era “calvinista” e mia madre “animista”. La Santa Pasqua era tutta nel rituale della preparazione della pastiera che si svolgeva il venerdì santo e a cui partecipava tutta la famiglia. Pastiera che veniva benedetta la domrnica di Pasqua a pranzo, ma che si mangiava rigoroszmente tra le quattro e le cinqur del pomeriggio pasquale… tre giorni di attesa…

    1. Già, la supersizione. Non ne abbiamo parlato, non esplicitamente, almeno.
      Dove la metteremmo in quel disegno ? Una boccetta nella bolla ? O una bolla più piccola.
      È una verità rivelata potente, perchè risponde ai tuoi bisogni primari. Più nella religione cerchiamo risposte ai nostri bisogni fondamentali più rischia di trasformarsi in consolazione o superstizione.
      Corrono meno quei rischi quelli che cercano risposte a dei perchè, quelli che cercano significati.
      Ma i significati li cerchi quando hai la panza piena.
      A proposito, se il risultato della Pasqua è la Pastiera Napoletana già non mi sembra male.

  4. Salve, oggi non riesco a collegarmi… comunque a proposito di spiritualità e superstizione riporto ancora l’esempio di mia madre. Maria, è il nome di mia madre, ha vissuto fino al giorno del suo matrimonio nel rione dei Vergini che si trova in quel misterioso quartiere che si chiama Sanità. È un quartiere del grande Centro storico di Napoli e non è un quartiere di passaggio bisogna andarci. È un budello di vicoli, di scale che salgono verso il Bosco di Capodimone, di piazze sospese tra palazzi che forse un tempo erano stati signorili, e tra quei palazzi vi è quello dello Spagnuolo del XVIIII secolo con le scale di Vanvitelli. A me non è mai piaciuto, forse perché mi ricorda l’infanzia quando mia madre andava a trovare i suoi innumerevoli fratelli, ne aveva otto… ma a volte ci andava da sola per assolvere a un rituale tra il sacro e il profano presso il Cimitero delle Fontanelle. Era un rituale che tutte le donne del quartiere praticavno e cioè l’adozione e la cura di uno di quei teschi di cui il cimitero era pieno. Le donne dopo averlo adottato lo pulivano lo lucidavano e gli tessevano un fazzoletto di seta su cui poggiarlo poi si procuravano dei lanternini a olio e li accendevano, poi compravano un portafiori che ogni settivana veniva riempito di fiori freschi e alla fine gli costruivano una teca di vetro che veniva riempito di biglietti con richieste per l’aldilà e le anime che albergavano in quei teschi dovevano intercedere presso i Santi. Non vi erano solo biglietti, ma fotografie, rosari, collanine e braccialetti… e se la “grazia” avveniva si riempivano di ex voto. Anche mia madre aveva il suo teschio che curava e al quale chiedeva grazie. A volte mi raccontava mia madre che vi erano tante donne che parlavano tutte insieme con la loro “anima pezzentella” e un po’ il calore e un po’ la suggestione a lei sembrava che il teschio le rispondesse… io l’ho visto quel luogo, che per lungo tempo la Curia napoletana ha chiuso per paganesimo… nel XX secolo?, e precisamente con Ruben mio figlio. Le volte di questo comitero che si trova in una grotta immensa sono alte ma rimbombano. E mi sono immaginato la scena di queste donne inginocchiate impegnate nelle loro preghiere e ho dato una spiegazione razionale per le risposte dei teschi: le volte si riempivano di parole che a un certo punto ti cadevano addosso, una cascata di parole dolenti e speranzose…. questa è stata la mia educazione religiosa… materna! Ora vi saluto devo chiudere la mia tesi… a presto Carlo

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