Two Days After

Ho ricevuto questo commento al post precedente dal mio amico Pino Gangemi, che ringrazio. Siccome è un commento piuttosto articolato, e credo meriti di essere letto, ne ho fatto un post.


Dissento e proverò a motivarne le ragioni con pacatezza, sulla falsariga di quanto hai scritto tu.

Il grande saggio

Mi sento anch’io in lutto, nel dopo voto, perché non mi piace affatto questa Italia che vota Lega perfino a Lampedusa e Riace o, più in generale, in tutto il Sud. Fino a qualche anno addietro, il “capitano” cantava canzoncine sui napoletani che “puzzano come cani” e invocava un intervento risolutivo del Vesuvio. Se è lecito cambiare idea, a me risulta insopportabile la troppo corta memoria dei miei conterranei che farebbero bene a rileggere lo statuto del partito ex padano che, però, non ha affatto ripudiato la secessione. Chi pagherà un prezzo molto alto se saranno approvate le nuove regole per l’autonomia regionale saranno proprio i meridionali, masochisti per scelta o per ignoranza.

Perché intristirsi delle reazioni di molti a causa del risultato delle elezioni, sia pure ampiamente prevedibile? Limitarsi alla sola curiosità e non evidenziare il proprio disagio mi sembrerebbe davvero bizzarro, come se potessimo asetticamente partecipare al contributo di nuova conoscenza che ne deriva, mettendo da parte ogni altro sentimento: un cicinin disumano, a mio parere. Il voto, semplificando, è davvero una gara, nel senso che determina vincitori e sconfitti nonostante i voli pindarici di molti politicanti che trionfano persino quando perdono. Esattamente come prevede la democrazia che assegna l’esercizio del potere ai primi e la facoltà di controllo ai secondi. Come non preoccuparsi ancor di più se il partito vittorioso persegue obiettivi e traduce in leggi dello Stato argomenti quali la “legittima difesa preventiva”, la “flat tax” che, se fosse davvero piatta, risulterebbe anticostituzionale, l’utilizzo della ruspa per eliminare i campi rom senza minimamente preoccuparsi di una qualche soluzione alternativa, l’interdizione a priori dei porti a qualunque nave che salva esseri umani? La netta vittoria di un partito il cui leader, capo del governo “de facto”, mira all’ulteriore aumento del nostro colossale debito pubblico e risponde “Chi se ne frega?” quando qualcuno gli fa notare il conseguente incremento dello spread dei nostri titoli di Stato?

Mi domando: chi stabilisce, a partire da una presunta saggezza collettiva, quali siano le idee migliori o le soluzioni più adatte? Un algoritmo che non è asettico poiché qualcuno l’ha implementato o lo implementerà seguendo criteri difficilmente verificabili e condivisibili?

L’ondata nera e la sicurezza

La paura di un ritorno del fascismo, in una forma storicamente diversa, non è solo legittima ma, addirittura, doverosa. Lo dobbiamo a quelli che il fascismo, o qualunque altro tipo di dittatura, ha ucciso, incarcerato, torturato, esiliato. La paura, se motivata e non indotta o fomentata da un ministro degli interni, è lo strumento indispensabile per intravedere un pericolo e, possibilmente, prevenirlo. Purché non degeneri in immotivata ossessione, naturalmente.

Restando nell’ambito della semplificazione economica “destra-sinistra”, non è affatto vero, purtroppo, che la ridistribuzione della ricchezza avvenga in modo automatico, anzi: la forbice della disuguaglianza si allarga sempre di più. Basta leggere il “Rapporto Oxfam” discusso a gennaio di quest’anno durante l’Economic Forum di Davos. Nel 2018, la ricchezza dei 3,8 miliardi di persone più povere della terra è diminuita dell’11% contro un incremento del 12% dei più ricchi. Una situazione analoga si registra in Italia, particolare trascurato anche dalla sinistra – o meglio, dal centro-sinistra – al governo nel nostro Paese negli ultimi anni. Ma quest’argomento, certo, riguarda più il capitalismo che il fascismo.

Ridurre a folklore le manifestazioni degli attuali gruppi neofascisti e, di contro, le “reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra” significa dimenticare cosa è accaduto in Italia non solo durante il ventennio ma anche a partire dalla strage di Piazza Fontana in poi, gli anni del terrorismo nero che è stato una concausa della nascita del terrorismo rosso. Personalmente non ritengo efficace partecipare alle proteste contro Casa Pound o Forza Nuova ma non mi sento affatto di giudicare coloro che lo fanno come persone animate da preconcetti e prive di un reale oggetto del contendere.

I migranti

Xenofobia, egoismo e paura immotivata non sono sufficienti per etichettare come fascista chi li prova ma costituiscono una buona base per avviarsi su quella strada. Il fenomeno della migrazione rappresenta un problema davvero enorme che l’Europa dovrà affrontare più seriamente di quanto non abbia fatto e non faccia. Davvero la soluzione è quella di Salvini e dei suoi amici di Visegrad che vogliono, semplicemente, impedire gli arrivi a tutti i costi? Le azioni messe in pratica dal ministro della paura, colpevolmente supportato dai 5S, non si sono limitate alla fantomatica chiusura dei porti ma hanno sistematicamente smantellato ogni simulacro di accoglienza. Negli ultimi anni in Germania sono arrivate milioni di persone mentre l’Italia non ha neppure firmato il “Global Migration Compact” dell’Onu, una semplice dichiarazione dei principi che dovrebbero regolare il flusso mondiale dei migranti. E, ancora: immaginiamo, per un momento, che nel nostro Paese scompaiano tutti gli extra comunitari irregolari ad oggi presenti e non ne arrivi più nemmeno uno. Si risolverebbero, per incanto, tutti i veri problemi degli italiani quali la disoccupazione, la criminalità organizzata, la corruzione, la decrescita economica, il debito pubblico, la burocrazia, le lungaggini della giustizia e … chi più ne ha più ne metta?

La difesa delle forze di polizia, sempre e comunque, come lavoratori che fanno il loro mestiere è molto “pasoliniana” e sarebbe anche del tutto legittima se non fossero mai accaduti, ad esempio, i fatti di Genova, della scuola Diaz e di Bolzaneto. In quei luoghi la violenza è venuta da una parte sola, pianificata e costruita ad arte come costruite ad arte e del tutto false erano le prove per giustificarla. Ammiro i non violenti ma non sono, e non aspiro ad essere, il Mahatma Gandhi.

Antifascisti

Il prefisso “anti”, nelle sue diverse accezioni, significa “contro”. Rispetto al fascismo, che sia solo propaganda ideologica o regime totalitario, non si può essere “non” ma decisamente “anti”. Sarebbe bastato un cicinin di “anti”, a partire dal primo dopoguerra fino alla marcia su Roma, per evitarci vent’anni di dittatura ed una seconda guerra mondiale. L’illuminata classe dirigente liberale dell’epoca ha considerato il fascismo, nonostante tutte le sue innumerevoli manifestazioni violente, poco più che un fenomeno temporaneo e, soprattutto, controllabile. Conosciamo bene le conseguenze e, se la Storia davvero insegna qualcosa, dovremmo aver imparato l’importanza, in certe occasioni, di essere “anti”. Questo non significa impedire ad una casa editrice di partecipare al Salone del Libro ma, se fossi stato costretto a scegliere – come è accaduto – tra Casa Pound e la partecipazione di Halina Birenbaum, una delle ultime sopravvissute alla Shoah, non avrei avuto dubbi. Non cerco affatto nemici “a priori” ma questo non significa che i “nemici” da cui stare in guardia non ci siano e che, nel caso, vadano combattuti.

Le alternative

La sinistra paga, ancora oggi, un suo difetto atavico e devastante: come in una religione, ogni partito, gruppo, persona che ne fa parte ritiene di possedere la sua propria verità. Quando, ovviamente, tali verità tutt’altro che oggettive, contrastano fra di loro, ci si massacra allegramente all’interno della sinistra stessa, dimenticando del tutto quali siano i veri avversari. Al momento lo stanno facendo i simpatizzanti del PD e quelli che, all’interno del M5S, si ritengono di sinistra. Trovare una sintesi è difficile, così come difficile è proporre soluzioni di problemi complessi che siano semplici e immediatamente comprensibili.

La riduzione dell’utilizzo del contante, ad esempio, è stata proposta in più occasioni, a partire da Bersani, e, pur essendo semplice e comprensibile, è stata accolta con scarso riscontro e scarsissimo entusiasmo. Considererei un passo avanti significativo se la sinistra riuscisse, finalmente, a formulare e mettere in pratica qualche concreta proposta per migliorare, almeno un poco, la vita dei meno abbienti. Istruzione e asili nido davvero gratuiti per tutti, ad esempio.

Insomma

All’interno del Movimento 5 stelle, per quanto mi sforzi, non riesco a vedere neppure un indizio di dialogo interno: al primo accenno di dissenso le espulsioni sono immediate come dimostrano i casi, ad esempio, di Pizzarotti e di De Falco. Mi è insopportabile che l’ultima parola sia stata sempre e comunque riservata a quel sovrano senza trono che è Beppe Grillo, il garante unico, indiscusso e indiscutibile. Possiamo considerare davvero come terreno di confronto l’incontrollabile piattaforma Rousseau sulla quale perfino la formulazione del quesito riguardo a Salvini e la nave Diciotti risultava quanto meno equivoca? È sintomo di reale dibattito interno affidare agli iscritti, con un voto on line, la conferma o meno di Di Maio come capo politico o, invece, è solo un rifuggire la propria responsabilità individuale di fronte ad una catastrofe elettorale? Il PD ha molti difetti ma ritengo le primarie e lo svolgimento di un regolare congresso un “minimo sindacale” che va comunque difeso e preservato.

Ad una seria riflessione autocritica dovrà seguire la ricostruzione di un’alternativa credibile. Un’impresa non da poco e che, nei fatti, non potrà che passare da nuove elezioni e da un periodo in cui le carte le avrà probabilmente in mano il centro-destra o, addirittura, la destra-destra. Sempre che non ci si scatafasci prima, a causa della situazione economica e dell’aria che tira. Speruma bin …