Poesia, whisky e intelligenza artificiale

Poesia come whisky
Poesia come whisky

ignoranza

Connie mi ha inviato la lista degli albergue in cui ci siamo fermati nei 650 km percorsi insieme. L’ho aggiunta alla pagina che riassume i post scritti durante il Camino. Visto che ero lì mi è venuta voglia di rileggere quello che avevo scritto per vedere l’effetto che faceva a freddo. Ho scoperto con orrore di aver scritto da qualche parte

ho scuotuto la polvere dai miei calzari

Lo so che si dice scosso. Ogni tanto parlo in modo sgrammaticato un po’ per vezzo, un po’ per sperimentare varianti della lingua e vedere come suonano. A scriverli questi esperimenti, non fanno lo stesso effetto. Scuotuto non suona neanche tanto male, ma, insomma, ci tenevo a far notare che sono ignorante, ma non proprio fino a quel punto.

Ignorante, invece, lo sono moltissimo rispetto alla poesia.

cavalli

L’altro giorno ascoltavo su Morning Luca Sofri che parlava di Patrizia Cavalli, morta in questi giorni. Non sapevo chi era.

Mi ha incuriosito una frase (non so se l’ha citata Sofri o se l’ho trovata da qualche altra parte) che pare abbia pronunciato questa poetessa:

scrivo per essere amata

Che è già una poesia. E con me ha funzionato.

Insomma, ho comprato un suo libro, “Vita Meravigliosa”, e lo sto leggendo.

Lo leggo lentamente, non credo si possa fare altrimenti. È davvero bello.

Non si possono leggere più di tante poesie in un dato arco di tempo, almeno io non ci riesco, mi fanno l’effetto di un superalcolico. Una sferzata di energia che richiede un lungo tempo di assimilazione.

E qui, volendo dare un assaggio della poesia di Patrizia Cavalli, non si può non sceglierne una sul whisky:

Avere il whisky in casa è un gran vantaggio,

in quattro sorsi passi dal peggio al meglio,

ogni parola splende e ne convieni

e i destini sfortunati li sollevi

all’esistenza nella gloria, o almeno

semplicemente a esistere cosí.

Questo dimostra che noi non siamo

quel che siamo, che il nostro essere

si accende quando è caldo, o si disperde

nel freddo buio della sobrietà.

Ma in ogni caso qui non si conclude

niente, è questo il bello, non si conclude

niente, per quanto vorrei dire

che sono soddisfatta di aver aperto

la bottiglia buonissima di whisky

che mi è costata tanto e che altrettanto

mi restituisce quel che deve – si tratta

di un Benrinnes novantasei, sedici

anni soli di vecchiaia, che non è niente

per un whisky con pretese, ma

che vi devo dire, a me mi ha steso

quasi felice, anzi, direi mi ha acceso

senza limite inoltrata non so

dove, di certo ora ubriaca.

Cavalli, Patrizia. Vita meravigliosa (Collezione di poesia) (Italian Edition) (p. 22). EINAUDI. Kindle Edition.

autoqualcosa

Mi viene spontaneo riprendere il discorso iniziato qui, sull’effetto delle parole nella nostra mente. Su quel qualcosa che le storie raccontate con immagini, ma soprattutto parole, scatenano dentro di noi. Le storie che auto produciamo in risposta a quelle che arrivano dall’esterno.

Credo che questo effetto trovi il suo massimo se quello che ci stimola è una poesia. Tornando alle diluizioni omeopatiche le poesie sono i 30 CH, quelle così diluite che siamo sicuri di non trovare più nessuna traccia della sostanza iniziale, quelle che paradossalmente scatenano la reazione più grande nel nostro organismo.

Midjourney

Ho scoperto Midjourney. Un software che usa l’intelligenza artificiale per creare immagini partendo da un testo.

Ne stanno nascendo parecchi, ogni tanto trovo un articolo su Medium che ne annuncia uno nuovo. Ho aderito alla Beta di Midjourney (non so quanto costerà a pagamento) e sono rimasto davvero impressionato.

Ho fatto qualche esperimento.

Questa immagine è stata prodotta dal testo “Mario Draghi as Mona Lisa”. È la mia sintesi delle ultime vicende politiche.

Quest’altra è partita dal testo: “a sick man being cured by a doctor and a wizard” e avrei potuta usarla nel post precedente.

L’immagine in cima a questo post viene invece dal testo “Poetry as whiskey”. (Ma si dice whisky o whiskey ? Ancora ignoranza)

Non credo sia in grado di digerire poesie come testo di input. Chissà, potrebbe forse in futuro produrre poesie sullo stile di un dato autore …

Certo si va verso tempi interessanti.

Omeopatia della mente

Photo by Clay Banks on Unsplash
Photo by Clay Banks on Unsplash

L’omeopatia è oggi vista con un certo sospetto da chi ha un minimo di cultura scientifica. Anzi, diciamoci pure che viene bollata come pratica oscurantista, o strumento per turlupinare anime semplici disposte a pagare soldoni per rimedi che dal punto di vista scientifico contengono solo acqua o zucchero.

guarire con poco

Personalmente non condivido l’astio con cui spesso se ne parla. Sono convinto che, fossero i suoi successi anche solo dovuti a effetto placebo, meriterebbe comunque attenzione e studio. Successi, ovviamente, tutti da dimostrare, ma, anche qui, i metodi statistici usati per i farmaci allopatici potrebbero semplicemente non essere adatti.

Comunque ne parlo oggi non per difendere l’omeopatia in sé quanto perché mi incuriosisce il suo mito, la sua poesia. Nell’immaginario collettivo omeopatico è sinonimo di quantità minuscola che fa effetto. E basterebbe già per dire che è un concetto potente. I concetti come questo, che finiscono per dotare il nostro linguaggio di un modo per dire una cosa complessa in meno parole sono degni di nota.

Ma guardiamo meglio in questo mito, c’è di più.

Intanto c’è una scala: non è solo è poco ma funziona, piuttosto il concetto è quanto minore è la quantità tanto meglio funziona. Ma la cosa ancora più importante è perché funziona.

Sempre stando al mito, che possiamo accettare o no, l’omeopatia funziona perché tira in campo una capacità di autoguarigione del nostro corpo. Non è il farmaco che ci cura, è il nostro corpo che usa un suggerimento del farmaco per mettere in atto strategie in qualche modo dimenticate per provocare un cambiamento, per farci guarire.

Simenon

Sto ascoltando un audiolibro di un romanzo di George Simenon, credo sia uno dei primi Maigret, molto dark. Ne leggeva uno Patrizia al corso di Feldenkrais e mi ha incuriosito. Abbiamo parlato un po’ di Simenon.

Lei ne conosceva la biografia e lo descriveva come un uomo non solo immorale, ma decisamente cattivo verso le donne, mogli e figlia, che hanno accompagnato la sua esistenza. Secondo Patrizia il successo letterario di questo autore è dovuto alla capacità di trasferire questo suo demone interiore nei personaggi che popolano i suoi romanzi. I cattivi, in queste vicende, incarnano le nefandezze di cui l’autore stesso è capace e Maigret semplicemente guarda questo mondo distorto accettandolo senza giudicare.

Ho appena finito di ascoltare Pista nera di Manzini. Il confronto Rocco Schiavone Maigret è d’obbligo. Anche Schiavone è decisamente immorale, e tratta le sue donne di merda, come dice il suo amico Sebastiano. C’è un’unica donna che Schiavone rispetta, la moglie morta che lui rivede come fantasma nei momenti di solitudine, e con cui dialoga. Schiavone è anche un ladro, un ufficiale di polizia che non esita a infrangere qualsiasi legge pur di conseguire risultati dettati non dai doveri del suo ruolo, ma da un suo personale concetto di giustizia.

Capisco che con normali e ligi rappresentanti delle forze dell’ordine non ci faresti un granché di romanzi, ma trovo interessante che i nostri eroi abbiano spesso caratteristiche così trasgressive. È come se la maggior parte di noi non si fidasse della possibilità che col progredire normale degli strumenti che governano il nostro ordine sociale, cose come le leggi o l’educazione, si possa mai arrivare a risolvere qualcosa. Solo chi le leggi non le osserva, chi non è soggetto ai condizionamenti morali, può effettivamente migliorare la società.

epoche

Una differenza molto evidente tra Schiavone e Maigret è l’epoca in cui vieni trasportato. Nel mondo di Maigret per inviare un messaggio urgente a una persona bisogna recarsi all’ufficio postale e inviare un telegramma. Si fanno fotografie con il lampo al magnesio invece del flash. Ci si muove lungo strade di paese prive di illuminazione. I responsabili dei porti sanno dove sono le navi perché hanno ricevuto telefonate dal porto vicino e hanno segnato i dati su una lavagnetta.

Potreste pensare che Schiavone proietti, invece, l’epoca contemporanea, ma vi ricredereste subito appena fatto caso al fatto che usa un Black Berry. Il mondo corre in fretta.

libri e omeopatia

Sia dei romanzi su Schiavone che su Maigret avevo ovviamente visto le riduzioni televisive, ma come al solito il libro è un’altra cosa. C’è una ricchezza nel libro che nessun film riesce a trasmettere. E, a pensarci, è strano.

Un film ha molti più strumenti per raccontare. Più canali. L’immagine trasmette molti più particolari di quanto il libro potrebbe fare. Mille volte di più dice il proverbio. E qui parliamo non di una immagine, ma di milioni di immagini che scorrono. E aggiungici i suoni ambientali, i toni delle voci, e la colonna sonora che suggerisce stati d’animo. Una mole di dati che arrivano al nostro cervello in un tempo molto corto. L’intera vicenda è raccontata nello sceneggiato televisivo nell’arco di un paio d’ore. Per contro l’audio libro, che immagino rifletta la velocità di lettura di un lettore medio, dura quattro o cinque ore.

Perché quindi una mole di stimoli inferiore che raggiunge la nostra mente nel caso della lettura provoca un effetto molto più intenso ?

Secondo me c’entra l’omeopatia.

O comunque un meccanismo analogo. Come l’omeopatia suggerisce al nostro organismo le linee guida su cui muoversi per curarsi, il libro, con i pochi dati, ben selezionati, ben energizzati, che contiene suggerisce alla nostra fantasia come ricreare un mondo molto più vivo di quello creato dal film allopatico. Anche qui poco è meglio. La magia dipende dalla qualità di quel poco.

fantasia

Ho usato il termine fantasia, ma vediamo cos’è. In altri momenti di questo blog ho usato il termine motore di simulazione per indicare lo stesso concetto. Mi piace di più questo termine di origine informatica. Sottolinea il fatto che si tratta di uno strumento, uno dei più potenti tra quelli che ci ha fornito l’evoluzione della nostra specie.

Sento spesso dire che quello che rende gli esseri umani superiori rispetto agli animali sia il fatto che, a differenza di questi, noi abbiamo coscienza di noi stessi. Mi sembra una fesseria. Intanto dimostrare che gli animali, o le piante, o i sassi non abbiano coscienza di sé è probabilmente più difficile che stabilire se l’omeopatia funzioni o meno. Ma quand’anche fosse vero che solo gli esseri umani hanno questa capacità non credo ci sia tanto da vantarsene.

La capacità di immaginare se stessi è semplicemente un sottoprodotto del motore di simulazione. E neanche il migliore, se pensiamo che tutte le religioni e le correnti di pensiero filosofiche o spirituali non fanno altro che indicare l’eccessiva attenzione all’io come l’ostacolo più grosso verso la saggezza, verso una vita più matura.

Penso che la capacità più preziosa della nostra mente sia proprio quella di sapersi trasportare all’istante in mondi e situazioni nuove, regalandoci le stesse sensazioni che proveremmo se in quei mondi e situazioni ci fossimo finiti veramente.

È alla base di tutto il nostro vivere quotidiano, non solo del sognare ad occhi aperti. Se stai guidando e prendi una curva troppo velocemente una parte della tua mente anticipa la scena del possibile incidente e la tristezza di quella situazione ti spinge a rallentare. Se al mattino non hai voglia di alzarti per andare al lavoro inizi a immaginare il momento in cui dovrai inventare qualche scusa per giustificare il ritardo e, il più delle volte, finisce che ti alzi.

Funziona anche da pilota automatico. Immaginare il buon esito di una situazione è un buon modo per far sì che questo buon esito si realizzi concretamente. È come se la fantasia prendesse il controllo, disegnasse per terra linee luminose che ti portano alla meta.

Ti permette di plasmare il mondo intorno a te come lo desideri. Ricordate la frase di Proust “Lasciamo le belle donne agli uomini senza fantasia” ? Io la trovo meravigliosa. A quegli uomini potremmo lasciare tranquillamente anche la ricchezza, o le comodità. Questo strumento ci permette di creare il paradiso o l’inferno intorno a noi a nostro piacere.

storie

Ed è alla base della capacità di raccontarci storie, e farci rivivere le fantasie degli altri.

Una storia raccontata è un canale di comunicazione tra due fantasie.

Il linguaggio, le parole, hanno un ingresso privilegiato in questo motore. Plasmato da milioni di anni di evoluzione. Il video, i suoni arrivano alla nostra mente ma non entrano facilmente in profondità. Provocano reazioni superficiali. Le parole raggiungono meccanismi più potenti. Anche la velocità è importante, il motore non accetta più di tanti stimoli in un dato periodo di tempo.

La storia che si crea nella mente dell’ascoltatore/lettore non è mai quella che è stata pronunciata/scritta. La storia che ci colpisce, che ci emoziona è autoprodotta, come la guarigione omeopatica.

La storia narrata è solo un suggerimento.