Two Days After

Ho ricevuto questo commento al post precedente dal mio amico Pino Gangemi, che ringrazio. Siccome è un commento piuttosto articolato, e credo meriti di essere letto, ne ho fatto un post.


Dissento e proverò a motivarne le ragioni con pacatezza, sulla falsariga di quanto hai scritto tu.

Il grande saggio

Mi sento anch’io in lutto, nel dopo voto, perché non mi piace affatto questa Italia che vota Lega perfino a Lampedusa e Riace o, più in generale, in tutto il Sud. Fino a qualche anno addietro, il “capitano” cantava canzoncine sui napoletani che “puzzano come cani” e invocava un intervento risolutivo del Vesuvio. Se è lecito cambiare idea, a me risulta insopportabile la troppo corta memoria dei miei conterranei che farebbero bene a rileggere lo statuto del partito ex padano che, però, non ha affatto ripudiato la secessione. Chi pagherà un prezzo molto alto se saranno approvate le nuove regole per l’autonomia regionale saranno proprio i meridionali, masochisti per scelta o per ignoranza.

Perché intristirsi delle reazioni di molti a causa del risultato delle elezioni, sia pure ampiamente prevedibile? Limitarsi alla sola curiosità e non evidenziare il proprio disagio mi sembrerebbe davvero bizzarro, come se potessimo asetticamente partecipare al contributo di nuova conoscenza che ne deriva, mettendo da parte ogni altro sentimento: un cicinin disumano, a mio parere. Il voto, semplificando, è davvero una gara, nel senso che determina vincitori e sconfitti nonostante i voli pindarici di molti politicanti che trionfano persino quando perdono. Esattamente come prevede la democrazia che assegna l’esercizio del potere ai primi e la facoltà di controllo ai secondi. Come non preoccuparsi ancor di più se il partito vittorioso persegue obiettivi e traduce in leggi dello Stato argomenti quali la “legittima difesa preventiva”, la “flat tax” che, se fosse davvero piatta, risulterebbe anticostituzionale, l’utilizzo della ruspa per eliminare i campi rom senza minimamente preoccuparsi di una qualche soluzione alternativa, l’interdizione a priori dei porti a qualunque nave che salva esseri umani? La netta vittoria di un partito il cui leader, capo del governo “de facto”, mira all’ulteriore aumento del nostro colossale debito pubblico e risponde “Chi se ne frega?” quando qualcuno gli fa notare il conseguente incremento dello spread dei nostri titoli di Stato?

Mi domando: chi stabilisce, a partire da una presunta saggezza collettiva, quali siano le idee migliori o le soluzioni più adatte? Un algoritmo che non è asettico poiché qualcuno l’ha implementato o lo implementerà seguendo criteri difficilmente verificabili e condivisibili?

L’ondata nera e la sicurezza

La paura di un ritorno del fascismo, in una forma storicamente diversa, non è solo legittima ma, addirittura, doverosa. Lo dobbiamo a quelli che il fascismo, o qualunque altro tipo di dittatura, ha ucciso, incarcerato, torturato, esiliato. La paura, se motivata e non indotta o fomentata da un ministro degli interni, è lo strumento indispensabile per intravedere un pericolo e, possibilmente, prevenirlo. Purché non degeneri in immotivata ossessione, naturalmente.

Restando nell’ambito della semplificazione economica “destra-sinistra”, non è affatto vero, purtroppo, che la ridistribuzione della ricchezza avvenga in modo automatico, anzi: la forbice della disuguaglianza si allarga sempre di più. Basta leggere il “Rapporto Oxfam” discusso a gennaio di quest’anno durante l’Economic Forum di Davos. Nel 2018, la ricchezza dei 3,8 miliardi di persone più povere della terra è diminuita dell’11% contro un incremento del 12% dei più ricchi. Una situazione analoga si registra in Italia, particolare trascurato anche dalla sinistra – o meglio, dal centro-sinistra – al governo nel nostro Paese negli ultimi anni. Ma quest’argomento, certo, riguarda più il capitalismo che il fascismo.

Ridurre a folklore le manifestazioni degli attuali gruppi neofascisti e, di contro, le “reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra” significa dimenticare cosa è accaduto in Italia non solo durante il ventennio ma anche a partire dalla strage di Piazza Fontana in poi, gli anni del terrorismo nero che è stato una concausa della nascita del terrorismo rosso. Personalmente non ritengo efficace partecipare alle proteste contro Casa Pound o Forza Nuova ma non mi sento affatto di giudicare coloro che lo fanno come persone animate da preconcetti e prive di un reale oggetto del contendere.

I migranti

Xenofobia, egoismo e paura immotivata non sono sufficienti per etichettare come fascista chi li prova ma costituiscono una buona base per avviarsi su quella strada. Il fenomeno della migrazione rappresenta un problema davvero enorme che l’Europa dovrà affrontare più seriamente di quanto non abbia fatto e non faccia. Davvero la soluzione è quella di Salvini e dei suoi amici di Visegrad che vogliono, semplicemente, impedire gli arrivi a tutti i costi? Le azioni messe in pratica dal ministro della paura, colpevolmente supportato dai 5S, non si sono limitate alla fantomatica chiusura dei porti ma hanno sistematicamente smantellato ogni simulacro di accoglienza. Negli ultimi anni in Germania sono arrivate milioni di persone mentre l’Italia non ha neppure firmato il “Global Migration Compact” dell’Onu, una semplice dichiarazione dei principi che dovrebbero regolare il flusso mondiale dei migranti. E, ancora: immaginiamo, per un momento, che nel nostro Paese scompaiano tutti gli extra comunitari irregolari ad oggi presenti e non ne arrivi più nemmeno uno. Si risolverebbero, per incanto, tutti i veri problemi degli italiani quali la disoccupazione, la criminalità organizzata, la corruzione, la decrescita economica, il debito pubblico, la burocrazia, le lungaggini della giustizia e … chi più ne ha più ne metta?

La difesa delle forze di polizia, sempre e comunque, come lavoratori che fanno il loro mestiere è molto “pasoliniana” e sarebbe anche del tutto legittima se non fossero mai accaduti, ad esempio, i fatti di Genova, della scuola Diaz e di Bolzaneto. In quei luoghi la violenza è venuta da una parte sola, pianificata e costruita ad arte come costruite ad arte e del tutto false erano le prove per giustificarla. Ammiro i non violenti ma non sono, e non aspiro ad essere, il Mahatma Gandhi.

Antifascisti

Il prefisso “anti”, nelle sue diverse accezioni, significa “contro”. Rispetto al fascismo, che sia solo propaganda ideologica o regime totalitario, non si può essere “non” ma decisamente “anti”. Sarebbe bastato un cicinin di “anti”, a partire dal primo dopoguerra fino alla marcia su Roma, per evitarci vent’anni di dittatura ed una seconda guerra mondiale. L’illuminata classe dirigente liberale dell’epoca ha considerato il fascismo, nonostante tutte le sue innumerevoli manifestazioni violente, poco più che un fenomeno temporaneo e, soprattutto, controllabile. Conosciamo bene le conseguenze e, se la Storia davvero insegna qualcosa, dovremmo aver imparato l’importanza, in certe occasioni, di essere “anti”. Questo non significa impedire ad una casa editrice di partecipare al Salone del Libro ma, se fossi stato costretto a scegliere – come è accaduto – tra Casa Pound e la partecipazione di Halina Birenbaum, una delle ultime sopravvissute alla Shoah, non avrei avuto dubbi. Non cerco affatto nemici “a priori” ma questo non significa che i “nemici” da cui stare in guardia non ci siano e che, nel caso, vadano combattuti.

Le alternative

La sinistra paga, ancora oggi, un suo difetto atavico e devastante: come in una religione, ogni partito, gruppo, persona che ne fa parte ritiene di possedere la sua propria verità. Quando, ovviamente, tali verità tutt’altro che oggettive, contrastano fra di loro, ci si massacra allegramente all’interno della sinistra stessa, dimenticando del tutto quali siano i veri avversari. Al momento lo stanno facendo i simpatizzanti del PD e quelli che, all’interno del M5S, si ritengono di sinistra. Trovare una sintesi è difficile, così come difficile è proporre soluzioni di problemi complessi che siano semplici e immediatamente comprensibili.

La riduzione dell’utilizzo del contante, ad esempio, è stata proposta in più occasioni, a partire da Bersani, e, pur essendo semplice e comprensibile, è stata accolta con scarso riscontro e scarsissimo entusiasmo. Considererei un passo avanti significativo se la sinistra riuscisse, finalmente, a formulare e mettere in pratica qualche concreta proposta per migliorare, almeno un poco, la vita dei meno abbienti. Istruzione e asili nido davvero gratuiti per tutti, ad esempio.

Insomma

All’interno del Movimento 5 stelle, per quanto mi sforzi, non riesco a vedere neppure un indizio di dialogo interno: al primo accenno di dissenso le espulsioni sono immediate come dimostrano i casi, ad esempio, di Pizzarotti e di De Falco. Mi è insopportabile che l’ultima parola sia stata sempre e comunque riservata a quel sovrano senza trono che è Beppe Grillo, il garante unico, indiscusso e indiscutibile. Possiamo considerare davvero come terreno di confronto l’incontrollabile piattaforma Rousseau sulla quale perfino la formulazione del quesito riguardo a Salvini e la nave Diciotti risultava quanto meno equivoca? È sintomo di reale dibattito interno affidare agli iscritti, con un voto on line, la conferma o meno di Di Maio come capo politico o, invece, è solo un rifuggire la propria responsabilità individuale di fronte ad una catastrofe elettorale? Il PD ha molti difetti ma ritengo le primarie e lo svolgimento di un regolare congresso un “minimo sindacale” che va comunque difeso e preservato.

Ad una seria riflessione autocritica dovrà seguire la ricostruzione di un’alternativa credibile. Un’impresa non da poco e che, nei fatti, non potrà che passare da nuove elezioni e da un periodo in cui le carte le avrà probabilmente in mano il centro-destra o, addirittura, la destra-destra. Sempre che non ci si scatafasci prima, a causa della situazione economica e dell’aria che tira. Speruma bin …

Day After

Qualche considerazione sui risultati delle europee.

Il grande saggio

La maggior parte delle persone che conosco è in lutto, scrive disperata sui social che vuole emigrare, che la gente è scema o ignorante, qualcuno sparge colpe verso questo o quell’altro che doveva fare o non fare qualcosa che lui aveva detto da sempre. Qualcuno, della lega, gongola.

A me intristisce più questo tipo di reazione che il risultato in sé (peraltro ampiamente prevedibile). Finché non riusciremo ad aspettare il risultato elettorale con curiosità piuttosto che trepidazione, finché non riusciremo a guardare l’esito del voto come indicazione delle aree da migliorare, come giudizio di un saggio sulle nostre idee, piuttosto che come benedizione o maledizione, non saremo pronti per la democrazia.

Perché di un saggio, un grande saggio, si tratta. Il voto non è una gara. È un affidare ad un’intelligenza superiore una scelta che nessuno di noi ha gli strumenti per compiere con cognizione di causa. La visibilità sugli eventi, la conoscenza dei dettagli, la capacità di elaborazione di ognuno di noi è estremamente limitata. La saggezza collettiva, il merge dei mille punti di vista, non è solo un modo per mettersi d’accordo, è uno strumento potente per fare emergere le idee migliori, le soluzioni più adatte. Lo sperimentiamo ormai tutti i giorni: le pagine che le ricerche su internet portano alla nostra attenzione sono frutto di miliardi di micro votazioni. Quello che chiamiamo intelligenza artificiale non è altro che la cristallizzazione di miliardi di decisioni prese da esseri umani su vari problemi.

Funziona !

Sarà da migliorare, certo. Tutto è migliorabile, ma fidiamoci dello strumento che abbiamo ora: è il migliore possibile.

L’ondata nera

Nelle reazioni noto in particolare la paura di un ritorno al fascismo. Non la condivido. Anzitutto distinguerei bene gli spostamenti a destra dal fascismo. I primi sono assolutamente leciti e, in alcuni casi, auspicabili. Sono convinto che l’alternanza destra/sinistra sia semplicemente un motore con cui riusciamo a procedere. Nei periodi di stagnazione economica c’è bisogno di destra, di dare corda a chi ha l’entusiasmo di fare (certo, per guadagno personale, ma è la spinta a fare più potente che conosciamo), la destra accumula risorse, in mano a pochi, ma le accumula. Raggiunto un certo livello di ricchezza di pochi e di accresciuta tensione sociale, c’è bisogno di sinistra, c’è bisogno di ridistribuzione, ci si può permettere una maggiore attenzione ai più deboli.

Il fascismo mi sembra un’altra cosa. Non conosco l’ideologia che sta dietro ai gruppi neofascisti, se c’è. Mi son fatto l’idea che sia grosso modo folklore. Di cattivo gusto, certo, ma, visti anche i numeri, non mi sembrano fenomeni preoccupanti. Mi sembra, anzi, che si nutrano dello scandalo che danno, delle reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra. Molte di queste, a loro volta (non me ne vogliano), mi sembrano esibire semplicemente un folklore di natura opposta. Sono abbastanza convinto che entrambi i gruppi, spogliati dei preconcetti e degli opposti simboli, faticherebbero a trovare il reale oggetto del contendere.

I migranti

No, non penso che ci sia voglia di fascismo in chi ha votato lega. Certo c’è xenofobia, egoismo, paura. Certo abilmente amplificati e pilotati. Ma anche sottovalutati e, passatemelo, disprezzati dalla sinistra. Disprezzare il sentimento di paura verso l’immigrato è un modo sicuro per buttare chi questo sentimento ce l’ha nelle braccia di chi invece lo coccola. Credo sia stato un grosso sbaglio della sinistra, e dovrebbe essere ora un grosso tema di riflessione. Prendersela con Minniti che provava a risolvere un problema comunque reale (anche se abilmente amplificato) ha dato più forza agli untori.

La sicurezza

Continuo a pensare al video di quella signora che inveiva, in una manifestazione contro Casa Pound, verso i poliziotti urlando “Voi da che parte state?”. La faccia del poliziotto in prima fila lo diceva molto chiaramente da che parte stava: dalla parte di quello che ha bisogno di portare a casa uno stipendio a fine mese, e in quel momento si chiede perché non ha fatto il bidello.

“Sì, ma quelli inneggiavano alla violenza, stavano facendo apologia di reato e la polizia non faceva niente”, direte voi. Ma l’unico modo sensato di reagire alle idee violente è con idee non violente, e queste ultime non le puoi imporre con la violenza. L’unico modo sensato di reagire è manifestare pacificamente, dialogare con gli indifferenti, questo sposta i voti nella direzione giusta.

Quel video, diffuso e ridiffuso da militanti si sinistra per dimostrare la cattiveria della polizia, ha di fatto spostato molti voti verso chi invece la polizia la difendeva dicendo che i delinquenti erano gli antifascisti.

Antifascisti

Perché anti ? Perché non si dice non fascisti ? Anche accettando che il fascismo non sia un periodo storico finito quasi ottant’anni fa, ma un veleno ancora circolante e pronto a contaminarci, ha davvero un opposto ? Un solo opposto ? Non so cosa viene in mente a voi, ma se esiste un distillato di fascismo che, al di là del richiamo folkloristico o della nostalgia/rievocazione storica, può ancora albergare nel cuore delle persone, e contro cui ha assolutamente senso lottare, è semplicemente questo: Fascismo è imporre le proprie idee con la violenza e non col dialogo. Ma non è esattamente quello che fanno gli antifascisti ? Cosa voleva fare quella signora in quella manifestazione se non imporre la sua idea con la forza? Si illudeva di convincere qualcuno che già non la pensava come lei? Cos’è stato impedire ad una casa editrice di esporre al salone del libro ? (una casa editrice, non un’armeria !). Perchè anti ? Non è che è già segno di fascismo questa ansia di trovare nemici ?

Le alternative

E che alternative c’erano ? Una sinistra che non riesce ad aggregarsi su niente ? Preda di personalismi e lotte interne ? Che non ha democrazia interna ? Immagino che molti non siano d’accordo su questo, mi piacerebbe parlarne, ma mi sembra che quel poco di dialogo interno limitato e zoppicante che sono riusciti a mettere su i cinque stelle sia più di quello che offre il PD ai propri iscritti (non ditemi che la democrazia interna sono le primarie, please).

Le proposte economiche della sinistra, quando ci sono, sono blande e poco attraenti. Non credo ci vorrebbe molto. Ad esempio non abbiamo un partito che propone l’eliminazione del denaro contante per eliminare evasione, corruzione e malaffare, sarebbe una proposta assolutamente di sinistra e spopolerebbe: perché diavolo non la fanno ?

Insomma

Questa per la sinistra deve essere una sfida, non una maledizione. Una splendida occasione per una riflessione autocritica.

E per i leghisti c’è poco da gongolare: l’Europa non è come la sognavano loro e per l’Italia isolarsi rischia di essere un boomerang. Si stanno mettendo al timone di una barchetta nella tempesta, spero ne siano consapevoli.

Democrazia Assistita

Photo by Bonnie Kittle on Unsplash

Un mio amico che in gioventù frequentava ambasciatori e nobiltà varie, mi raccontava di non so quale contessa che sosteneva che le tre cose di cui non bisogna mai parlare in società sono: sesso, religione e politica. Delle prime due un po’ ho già accennato. Per allontanare definitivamente questo blog dai conviti sociali mi mancava la terza, e l’occasione possono essere le imminenti elezioni europee.

Software che ti consiglia il partito

L’idea per questa chiacchierata arriva dal fatto di aver trovato, via FaceBook, un link ad un sito (euandi2019) che ti suggerisce quale partito votare in base alle risposte che dai ad una serie di domande proposte. Un software divinatorio simile è presente sul sito de LaStampa, ne ha uno anche Repubblica e c’è anche questo (isidewith), che non è male. Perlomeno offre link di approfondimento sui temi che ti propone.

Dopo aver giocato un po’ con tutti ed aver visto i risultati e i commenti di qualche amico che ha fatto lo stesso, la sensazione generale è che questi test proiettino una visione appiattita della politica: i partiti sembrano tutti uguali. Sensazione anche più acuta nel caso i test emettano percentuali di aderenza ad un partito o all’altro: ti viene detto, in genere, di essere allineato a partiti da cui ti senti molto distante.

Il test de LaStampa produce meno questo effetto, ma c’è il trucco. Credo che per ogni argomento abbiano chiesto ai vari partiti la domandina/filtro da mettere. Il risultato è che a seconda della formulazione della domanda scelta, si seleziona molto nettamente un partito o l’altro, ma spesso è solo uno scherzo retorico: le risposte non sono poi così diverse. Guardate, ad esempio, le domande sul problema migranti:

  • Le leggi sull’immigrazione le fa l’Italia, non l’Ue. Protezione frontiere e respingimenti dei migranti
  • Redistribuire migranti, strategia comune per bloccare irregolari e rimpatriare chi non ha diritto. Piano Marshall per l’Africa
  • Ricollocazione obbligatoria dei migranti, rimpatri volontari e più fondi all’Africa
  • Ingresso per ricerca lavoro, canali per richiedenti asilo, soldi per inclusione sociale, chiusura Cie, abolizione norme contro soccorso in mare
  • Ripartire migranti tra Stati, sanzioni per chi non li accetta, gestione comune delle frontiere, vie legali per profughi e più fondi per l’Africa
  • Difendere propri confini aumenta conflitto tra Stati. Serve piano europeo per ingressi, espulsioni, garanzie, integrazione

Si delineano bene i due schieramenti opposti di chi vuole il totale respingimento da una parte o la incondizionata accoglienza dall’altra, e in mezzo varie proposte moderate che di fatto non si escludono a vicenda. Francamente non saprei attribuirle ad un partito o all’altro, ma sembrano destinate a riconoscere un’appartenenza di pancia più che una posizione su cui ha senso esprimere un parere.

Insomma, mi piace l’idea di questi orientatori al voto, ma la si potrebbe realizzare meglio. Ho apprezzato il fatto che il test euandi 2019 si prenda la briga di dirti da chi è fatto, e con quale metodologia.1.

Forse il problema è che le differenze tra i partiti non sono davvero così evidenti, o, più probabilmente, fanno tutti attenzione a non dire con troppa precisione come la pensano davvero. Ma allora su che base votiamo? Riusciremo mai ad uscire davvero dal tifo calcistico e decidere su cose concrete? Paradossalmente la ventata populista sembra produrre un effetto positivo in questo: almeno riesci a trovare delle posizioni da cui nettamente ti senti respinto. Insomma, si ha un po’ la sensazione di stare scegliendo qualcosa, ma è una magra consolazione.

Come lo si potrebbe fare

Credo che Il software applicato al voto, alla democrazia in generale, potrebbe fare molto di più. Proviamo a ragionarci un po’, e magari a stendere delle specifiche preliminari.

Di cosa abbiamo bisogno? Il problema di fondo è come permettere ad un gruppo numeroso (50 milioni se consideriamo l’Italia o 400 milioni per l’Europa) di persone di prendere decisioni per il bene collettivo.

Queste decisioni possono riguardare:

  • direttamente i vari temi
  • le persone a cui delegare queste scelte
  • i gruppi (partiti) a cui deleghiamo la scelta delle persone a cui verranno delegate le scelte
  • varie sfumature tra le tre.

Tutti i test elencati sopra sembrano indirizzare la scelta sui temi, il che, per inciso, è strano. Se alla fine quello che voto sono nomi di persone, quello che veramente mi servirebbe per decidere seriamente è l’Anagrafe degli Eletti proposta dai Radicali e la voglia/il tempo per analizzarli. E magari giornali/blog/social networks che predigeriscano per me le informazioni che contiene.

Sicurezza, trasparenza … ca va sans dire.

Ma torniamo al software: un requisito fondamentale dovrà ovviamente essere l’identificazione univoca del votante, e la sicurezza che non voti sotto coercizione. L’anonimità del voto potrebbe non essere un requisito fondamentale: se voto persone o partiti è importante, per evitare voti di scambio o rappresaglie, ma se voto idee, diventa fondamentale non solo l’appoggio ad un’idea altrui, ma la discussione, la partecipazione a crearla, modificarla. Tutte cose che sembrano quasi in contrasto con l’anonimato. Il voto palese (o meglio la discussione palese) sembra, tra l’altro, di per sé una soluzione all’identificazione del chiamante: se quello che esprimo non è solo un sì o un no, ma un pensiero un minimo più elaborato, è difficile che qualcuno lo possa fare al mio posto, per lo meno in massa.

Altri requisiti di carattere generale dovrebbero essere l’assoluta trasparenza: il codice deve essere open source, le basi dati devono essere ispezionabili da chiunque. Deve essere robusto, a prova di hacker, ospitato su server pubblici (altro inciso: non è strano che i 5S, anche una volta al potere, non abbiano reso statale ed estesa a tutti la piattaforma Rousseau ?).

Niente partiti precostituiti

Supponiamo di eliminare i partiti. Lo scopo del partito in fondo è proprio quello che assumerebbe questo software: identificare i contorni di insiemi di idee che possano essere votati da una maggioranza di votanti e realizzati da un gruppo di eletti.

Fermiamoci a questo “identificare un insieme di idee”. E’ questo che dovremmo fare: dato un pool di idee, possibili soluzioni a problemi, sceglierne un sottoinsieme che sia appoggiato da una maggioranza. O forse, meglio: scegliere più sottoinsiemi appoggiati da gruppi significativi.

La differenza tra queste due formulazioni è la differenza tra democrazia diretta e rappresentativa (vedi sotto).

Le idee

Immaginiamo di essere riusciti, in qualche modo, ad inserire in una base dati una serie di proposte politiche. Non so, cose del tipo: “Liberalizziamo le droghe leggere”, “Fermiamo la TAV”, “Spariamo ai migranti quando li vediamo in mare”, “Diamo 10000 euro al mese a quelli che si chiamano Vincenzo” etc.. Il tutto magari affiancato da un insieme di link a documenti, discussioni (ad es. su Kialo) che ne permettano l’approfondimento.

La base dati e il software permettono ad ognuno di esprimere la sua preferenza o avversione verso un insieme molto ampio di queste idee. E’ già una sfida di per sé, soprattutto la formulazione, l’inserimento, la discussione, l’evitare doppioni lasciando però respiro alle diverse sfumature. Supponiamo, però, di esserci riusciti: le idee sono lì e sono solo più da votare.

I votanti

Supponiamo a questo punto di aver trovato il modo per far votare tutto a tutti (in realtà è il votare stesso a definire l’insieme utile delle idee: quelle che nessuno vota è come non esistessero).

Supponiamo anche di essere stati capaci di dare pesi diversi ai diversi votanti in modo sensato (potreste non essere d’accordo, ma a me sembra che, come per l’anonimato, passare dal votare persone al votare idee comporti il superamento di qualche tabù: se voto idee sarebbe davvero triste se non tenessi in qualche modo conto di quanto un votante ha davvero capito l’argomento, ad esempio).

Ma supponiamo di aver superato anche questo ostacolo e di avere in questa base dati l’elenco delle idee e, associato ad ogni idea, la valutazione di ogni singolo votante, assieme all’importanza che il votante dà alla questione, e alla competenza del votante stesso.

Democrazia diretta o partiti dinamici

A questo punto può partire un’elaborazione con due obbiettivi abbastanza diversi:

  • posso cercare di individuare un’insieme di idee appoggiato dalla maggioranza più ampia e qualificata possibile.
  • posso cercare di identificare gruppi di votanti coesi e più ampi possibile.

In pratica è la scelta tra democrazia diretta e rappresentativa.

Diretta

Nel primo caso ho tirato fuori dai votanti le decisioni finali: quello che mi serve sono dei tecnici che le attuino. Ho sicuramente scontentato più gente: il set di scelte che emerge sarà quello che scontenta un po’ di meno. Non genererà grandi passioni, ma sarà immediatamente chiaro cosa fare.

Rappresentativa

Nel secondo caso ho creato dei partiti. Ho selezionato gruppi di persone che la pensano in modo simile su molti temi. Ho identificato idee ben rappresentate. Gli appartenenti a questi gruppi saranno appassionati, vitali. Ma nessun singolo gruppo potrà prevalere in assoluto sugli altri. Per attuare le idee di un gruppo ho bisogno di rappresentanti che sappiano mediare con gli altri gruppi/insiemi-di-idee. I rappresentanti, in questa seconda ipotesi saranno politici, non tecnici.

Variabile

La cosa interessante è che questa distinzione, tra democrazia diretta e rappresentativa, può non essere netta, (posso dosare quanto il sistema deve cercare ampio consenso a scapito di coesione, in pratica posso scegliere a priori il numero di partiti da 1 a N) e soprattutto questa scelta può essere essa stessa oggetto di voto.

Le persone

Ovviamente bisognerà votare anche gli eletti, tecnici o politici che siano. Se uno vuole candidarsi semplicemente lo dice: io sono a disposizione. Siccome i potenziali eletti sono anche votanti il sistema potrebbe proporre ad ogni votante i candidati che hanno votato in modo simile a lui e, in puro stile social network, tirare fuori la squadra di governo o il partito in base alle reputazioni dei vari profili. La partecipazione alle discussioni, l’aver proposto le idee più votate, la competenza, diventano punti che portano ad essere eletti.

Vincoli

Nessun’idea è un’isola. Le idee si condizionano a vicenda, specialmente sul piano economico. Potrebbe non avere senso votare per il reddito di cittadinanza e contemporaneamente votare per un abbassamento delle tasse. O comunque, se auspico che determinate scelte, che comportano nell’immediato introiti minori, abbiano un effetto economico positivo nel tempo devo tenere conto della variabile temporale. Se voto per una scommessa devo tenere conto del suo piano B. Ci sono scelte che sono ambientali (non nel senso di Greta, ma nel senso che condizionano molte altre scelte). Il software che permette di votare dovrebbe tenere conto di questi vincoli, e non permettere voti incoerenti. Votare dovrebbe essere, in qualche modo, simile a giocare a Sim City.

Vincoli a lungo termine

Un ultimo aspetto che questo software dovrebbe tenere in conto è quello del tempo. Le scelte di governo hanno uno span temporale. Anche quelle che sembrano di portata immediata acquistano o perdono valore a seconda di scelte che vengono fatte prima o dopo. Le scelte economiche soffrono del debito prodotto dalle generazioni precedenti e migliorano o peggiorano il futuro delle prossime. Alcune scelte, come i piani di ricostruzione a fronte di guerre o crisi, hanno span più lunghi di quelli di un singolo governo.

Per evitare che un periodo di cattivo governo possa avere conseguenze nefaste a lungo termine, ai singoli governi vengono posti pesanti limiti, ad esempio sulla possibilità di indebitarsi. Un’altra fonte di limitazioni sono gli accordi economici tra gli stati.

Il software di voto deve tenere conto di tutto questo e permettere le scelte che ipotecano maggiormente il futuro solo sulla base di maggioranze estremamente ampie, o in casi estremi, vietarle del tutto. Potrebbe esserci un rispetto per le prossime generazioni cablato nel codice.

Photo by Markus Spiske on Unsplash

Ma si può fare ?

Direi di si, e sono pronto a scommettere che un social network con caratteristiche simili a queste verrà fuori in tempi brevi. Credo che a quel punto non sia nemmeno necessario che qualcuno lo incoroni e lo metta al potere. Milioni di persone che convergono su un insieme di idee governano. Punto. Il resto sono chiacchiere e distintivo.

  1. Dicono anche che il programma deriva da un SW su GitHub, chiamato Societly. Sono andato a vedere ed è presentato come “Web application to help university clubs and societies manage their members”. Bah …