Muscoli, Cervello e Cuore

I muscoli

Votare credo sia una versione raffinata della guerra.

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Anzichè scannarci di brutto ci contiamo, decidiamo che, più o meno, i più numerosi avrebbero vinto, ed evitiamo spargimenti di sangue ed energia fingendo che la guerra l’abbiano vinta gli uni o gli altri. Una bella conquista, dopo tutto.

Personalmente avrei preferito la soluzione Orazi e Curiazi. Spargimento di sangue vero, ma minimo. Qualità contro quantità. E poi lo spettacolo! Vuoi mettere col calcio? Ma tant’è, oggi il sangue ci fa orrore. I talk-show penso siano ispirati da quest’altra modalità. Purtroppo, in genere, si fermano alle invettive.

Comunque muscoli, sublimati o no. La politica di oggi è estremamente muscolare, e quando risolvi i problemi con la forza viene il dubbio, più che lecito, ovviamente, che l’oggetto del contendere siano interessi di parte e non idee, checchè poi se ne dica.

Il cervello

No, c’è di meglio.

Da grillino della prima ora (subito deluso, tengo a dire, dalla faccenda con Bersani, e ancora più deluso in seguito dalla pochezza e arroganza dei rappresentanti eletti) ho avuto modo di dare un’occhiata alla piattaforma Rousseau. Se ne son dette tante a riguardo, e penso che i sospetti di scarsa integrità e sicurezza fossero più che giustificati. Quello che ho notato, però, e che nessuno sottolinea, è il fatto che non si tratta semplicemente di un meccanismo digitale di supporto al voto. Gli stessi 5S ne stanno dando questa immagine, ricorrendo pubblicamente al verdetto dell’oracolo a fronte di ogni decisione che non hanno il coraggio di prendere. Ma Rousseau è, secondo me, principalmente un posto in cui le idee, le proposte, nascono, si mescolano, si raffinano, emergono. Su Rousseau ogni iscritto può presentare soluzioni che vengono lette, commentate e, infine sì, votate, ma l’importante è quello che è successo prima del voto.

Ho l’impressione che il PD stia pensando di replicare la parte muscolare e non cerebrale dell’idea. Le primarie in fondo sono questo: “scegli A o b” (notare la A maiuscola). Negli altri partiti encefalogramma piatto, direi, non credo che le varie sedi locali ospitino di meglio in termini di democrazia interna. Forse i Radicali sono un’eccezione, lì ci sono posti per dire la propria (ho l’impressione che in quei contesti si parli molto più di quanto si ascolti, ma è un’impressione dall’esterno).

Comunque questo è il cervello. La politica deve essere confronto di idee, dialogo, elaborazione, generazione di soluzioni possibili, soprattutto nel senso di abbastanza condivise. Il voto, alla fine, deve diventare quasi una formalità.

Il nostro ordinamento prevede, almeno sulla carta, questo bellissimo metodo di prendere le decisioni collettive. Eleggiamo dei rappresentanti che in parlamento, in teoria, sono chiamati a fare esattamente questo: fare proposte (a nome nostro), ascoltare le proposte degli altri, capire se ci sono punti di convergenza e creare leggi che rappresentino compromessi accettabili per gli elettori. Forse nelle commissioni parlamentari avviene davvero questo, non so. Ascoltando i lavori del parlamento su Radio Radicale l’impressione che ne ho ricavato è più disarmante: parlamentari che fanno i loro interventi più a beneficio dei media che dei loro colleghi, schieramenti preconfezionati su ogni tema, voto finale che ha inevitabilmente l’esito pre-deciso dalla maggioranza. Insomma, il dialogo non si vede, quel “Ah sì, in effetti, considerando questo, magari hai ragione tu”, quel “Oh, bella idea! Mette d’accordo tutti” non si vedono. Spero di sbagliarmi, almeno un po’.

Questo degrado è l’inevitabile conseguenza dell’esistenza dei partiti, diceva bene Simone Weil nel suo Appunti sulla soppressione dei partiti politici. L’opinione di bandiera è essenziale alla definizione stessa del partito. Noi siamo quelli che votano così. Spesso non è chiaro in anticipo cos’è quel “così”. L’unica cosa chiara è che le decisioni sono prese altrove, non in parlamento.

Potrebbe andare bene comunque, potremmo farcene una ragione. Siamo troppi: non è possibile un dialogo tra 50 milioni di persone, forse neanche tra 900 (600 adesso, ma il problema peggiora, direi, se questi rappresentano i pensieri dei 50 milioni). Quei 600 rappresentano idee troppo diverse per essere fuse, e soprattutto non hanno un collegamento serio all’indietro, verso la loro base, per avere un feedback sulla disponibilità dei 50 milioni ad accettare le nuove proposte. L’unico feedback esistente sono i media, e il risultato è un continuo buttare lì proposte e guardare le reazioni sui social, sui sondaggi. È la nostra nuova democrazia, facciamocene una ragione. E forse è meglio di niente.

Ma si potrebbe fare molto meglio. La tecnologia potrebbe aiutare di più. Non tanto per fornire piattaforme digitali di voto, quanto per fornire uno spazio di discussione che permetta a numeri sempre maggiori di persone di esprimersi, di manifestare i propri bisogni anzitutto (non servono particolari competenze per raccontare il proprio disagio) e anche le proprie proposte. Il contenitore, lo spazio per questo dialogo digitale potrebbero essere i partiti stessi, che dovrebbero dotarsi di forme di democrazia interna più al passo coi tempi (e, diciamocelo, con tutte le loro contraddizioni i 5S qualche passo in questo senso l’hanno fatto) o, io preferirei, un’arena globale in cui si discute di temi concreti e serve come base per conoscere/scegliere singoli rappresentanti non pre-coalizzati in partiti.

Se escludiamo la difesa di interessi di casta e di ideologie, entrambi fattori che considero deleteri e/o sorpassati, non c’è davvero più nessun motivo serio di esistenza di formazioni politiche. Sono solo il parto (e la premessa) di una politica muscolare e non intelligente.

Il cuore

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Se questo era il cervello, mi piace pensare che ci sia anche un cuore. Il cervello, la razionalità, servono per condividere le proposte, per esprimerci e dialogare, raffinare. Le idee, quello che ognuno di noi porta in questo dialogo bisogna pescarle altrove, altrimenti questa elaborazione si riduce a ribadire i concetti già espressi da altri, si riduce a una serie di mi piace. Il cuore è individuale, non collettivo, le idee, anche quelle politiche, arrivano da un profondo non esprimibile a cui ognuno di noi è in grado di accedere. Un profondo che etichettiamo di volta in volta con termini come spiritualità, filosofia, arte, amore per la conoscenza, per la natura.

In definitiva, credo debba partire tutto da qui, dal cuore. Senza di questo il resto è un vuoto blaterare. E al cuore devono arrivarci tutti. Oggi relativamente poche persone, gli esperti, i saggi, sono in grado di partorire pensieri originali, un gruppo più ampio discrimina, veicola queste idee e la massa non può che subirle. Purtroppo il cuore, soprattutto l’amore per il cuore, non si insegna granchè a scuola. Siamo impregnati di razionalità, di ricerca dell’efficienza e nascondiamo i tesori alle nuove generazioni. Formiamo greggi di schiavi/consumatori e, in politica, li illudiamo di poter “condividere la sovranità”. Quello che abbiamo di fatto realizzato è un’elite che manovra eserciti di consensi, e ci accorgiamo che non funziona, che le leggi non sono che traballanti stampelle se l’humus che ha partorito le idee alla base di quelle leggi non è condiviso da tutti. Se no non lamentiamoci ci dover poi votare Lapo.

Day After

Qualche considerazione sui risultati delle europee.

Il grande saggio

La maggior parte delle persone che conosco è in lutto, scrive disperata sui social che vuole emigrare, che la gente è scema o ignorante, qualcuno sparge colpe verso questo o quell’altro che doveva fare o non fare qualcosa che lui aveva detto da sempre. Qualcuno, della lega, gongola.

A me intristisce più questo tipo di reazione che il risultato in sé (peraltro ampiamente prevedibile). Finché non riusciremo ad aspettare il risultato elettorale con curiosità piuttosto che trepidazione, finché non riusciremo a guardare l’esito del voto come indicazione delle aree da migliorare, come giudizio di un saggio sulle nostre idee, piuttosto che come benedizione o maledizione, non saremo pronti per la democrazia.

Perché di un saggio, un grande saggio, si tratta. Il voto non è una gara. È un affidare ad un’intelligenza superiore una scelta che nessuno di noi ha gli strumenti per compiere con cognizione di causa. La visibilità sugli eventi, la conoscenza dei dettagli, la capacità di elaborazione di ognuno di noi è estremamente limitata. La saggezza collettiva, il merge dei mille punti di vista, non è solo un modo per mettersi d’accordo, è uno strumento potente per fare emergere le idee migliori, le soluzioni più adatte. Lo sperimentiamo ormai tutti i giorni: le pagine che le ricerche su internet portano alla nostra attenzione sono frutto di miliardi di micro votazioni. Quello che chiamiamo intelligenza artificiale non è altro che la cristallizzazione di miliardi di decisioni prese da esseri umani su vari problemi.

Funziona !

Sarà da migliorare, certo. Tutto è migliorabile, ma fidiamoci dello strumento che abbiamo ora: è il migliore possibile.

L’ondata nera

Nelle reazioni noto in particolare la paura di un ritorno al fascismo. Non la condivido. Anzitutto distinguerei bene gli spostamenti a destra dal fascismo. I primi sono assolutamente leciti e, in alcuni casi, auspicabili. Sono convinto che l’alternanza destra/sinistra sia semplicemente un motore con cui riusciamo a procedere. Nei periodi di stagnazione economica c’è bisogno di destra, di dare corda a chi ha l’entusiasmo di fare (certo, per guadagno personale, ma è la spinta a fare più potente che conosciamo), la destra accumula risorse, in mano a pochi, ma le accumula. Raggiunto un certo livello di ricchezza di pochi e di accresciuta tensione sociale, c’è bisogno di sinistra, c’è bisogno di ridistribuzione, ci si può permettere una maggiore attenzione ai più deboli.

Il fascismo mi sembra un’altra cosa. Non conosco l’ideologia che sta dietro ai gruppi neofascisti, se c’è. Mi son fatto l’idea che sia grosso modo folklore. Di cattivo gusto, certo, ma, visti anche i numeri, non mi sembrano fenomeni preoccupanti. Mi sembra, anzi, che si nutrano dello scandalo che danno, delle reazioni che suscitano sulle persone genericamente di sinistra. Molte di queste, a loro volta (non me ne vogliano), mi sembrano esibire semplicemente un folklore di natura opposta. Sono abbastanza convinto che entrambi i gruppi, spogliati dei preconcetti e degli opposti simboli, faticherebbero a trovare il reale oggetto del contendere.

I migranti

No, non penso che ci sia voglia di fascismo in chi ha votato lega. Certo c’è xenofobia, egoismo, paura. Certo abilmente amplificati e pilotati. Ma anche sottovalutati e, passatemelo, disprezzati dalla sinistra. Disprezzare il sentimento di paura verso l’immigrato è un modo sicuro per buttare chi questo sentimento ce l’ha nelle braccia di chi invece lo coccola. Credo sia stato un grosso sbaglio della sinistra, e dovrebbe essere ora un grosso tema di riflessione. Prendersela con Minniti che provava a risolvere un problema comunque reale (anche se abilmente amplificato) ha dato più forza agli untori.

La sicurezza

Continuo a pensare al video di quella signora che inveiva, in una manifestazione contro Casa Pound, verso i poliziotti urlando “Voi da che parte state?”. La faccia del poliziotto in prima fila lo diceva molto chiaramente da che parte stava: dalla parte di quello che ha bisogno di portare a casa uno stipendio a fine mese, e in quel momento si chiede perché non ha fatto il bidello.

“Sì, ma quelli inneggiavano alla violenza, stavano facendo apologia di reato e la polizia non faceva niente”, direte voi. Ma l’unico modo sensato di reagire alle idee violente è con idee non violente, e queste ultime non le puoi imporre con la violenza. L’unico modo sensato di reagire è manifestare pacificamente, dialogare con gli indifferenti, questo sposta i voti nella direzione giusta.

Quel video, diffuso e ridiffuso da militanti si sinistra per dimostrare la cattiveria della polizia, ha di fatto spostato molti voti verso chi invece la polizia la difendeva dicendo che i delinquenti erano gli antifascisti.

Antifascisti

Perché anti ? Perché non si dice non fascisti ? Anche accettando che il fascismo non sia un periodo storico finito quasi ottant’anni fa, ma un veleno ancora circolante e pronto a contaminarci, ha davvero un opposto ? Un solo opposto ? Non so cosa viene in mente a voi, ma se esiste un distillato di fascismo che, al di là del richiamo folkloristico o della nostalgia/rievocazione storica, può ancora albergare nel cuore delle persone, e contro cui ha assolutamente senso lottare, è semplicemente questo: Fascismo è imporre le proprie idee con la violenza e non col dialogo. Ma non è esattamente quello che fanno gli antifascisti ? Cosa voleva fare quella signora in quella manifestazione se non imporre la sua idea con la forza? Si illudeva di convincere qualcuno che già non la pensava come lei? Cos’è stato impedire ad una casa editrice di esporre al salone del libro ? (una casa editrice, non un’armeria !). Perchè anti ? Non è che è già segno di fascismo questa ansia di trovare nemici ?

Le alternative

E che alternative c’erano ? Una sinistra che non riesce ad aggregarsi su niente ? Preda di personalismi e lotte interne ? Che non ha democrazia interna ? Immagino che molti non siano d’accordo su questo, mi piacerebbe parlarne, ma mi sembra che quel poco di dialogo interno limitato e zoppicante che sono riusciti a mettere su i cinque stelle sia più di quello che offre il PD ai propri iscritti (non ditemi che la democrazia interna sono le primarie, please).

Le proposte economiche della sinistra, quando ci sono, sono blande e poco attraenti. Non credo ci vorrebbe molto. Ad esempio non abbiamo un partito che propone l’eliminazione del denaro contante per eliminare evasione, corruzione e malaffare, sarebbe una proposta assolutamente di sinistra e spopolerebbe: perché diavolo non la fanno ?

Insomma

Questa per la sinistra deve essere una sfida, non una maledizione. Una splendida occasione per una riflessione autocritica.

E per i leghisti c’è poco da gongolare: l’Europa non è come la sognavano loro e per l’Italia isolarsi rischia di essere un boomerang. Si stanno mettendo al timone di una barchetta nella tempesta, spero ne siano consapevoli.