La Santissima Trinità

Amor mio, amor mio

Per amico c’è rimasto solo Dio

Ma lui lo sa

E sorride

Lui ci guarda e sorride

(Amor mio – Mina, Battisti, Mogol)

Mi ero ripromesso di scrivere più che altro di temi religiosi o spirituali in questo blog e non l’ho ancora fatto, se non prendendola un po’ alla lontana. E’ ora di cominciare.

In questo post vorrei parlare di un aspetto particolare della religione cristiana, quello della Santissima Trinità, ma merita fare una piccola premessa per far capire con che tipo di atteggiamento mi avvicino al discorso.

Da quando, tanti anni fa, ho sentito parlare per la prima volta della visione buddista del mondo, ho iniziato a considerare quella cristiana un po’ grezza e stonata. Il buddismo, per come l’ho capito allora, descriveva il rapporto tra l’uomo e l’assoluto come un mare che si increspa, creando delle onde, le coscienze degli esseri viventi, che temporaneamente si dimenticano di essere mare esse stesse, e vivono un oggi illusorio, separato dal tutto di cui fanno parte e a cui torneranno appena ripresa consapevolezza. Era un immagine per me molto bella. In contrasto la visione tradizionale del cristianesimo (o delle altre religioni monoteistiche) suonava falsa. L’idea di un rapporto personale tra Dio e ogni uomo, con associata la promessa di un paradiso o di un inferno sembrava richiamare alla mente una qualche forma di Matrix, un universo finto, creato al solo scopo di mettere l’uomo su un banco di prova per vedere se superava il test. E questa impressione toglieva molta attrattiva alla spiegazione del mondo cristiana.

Il Dio che ti guarda e sorride

Con gli anni, però, mi sono progressivamente reso conto di provare una forte nostalgia per questo Dio che ti conosce, che ti guarda e sorride, che ti vuol bene, che non necessariamente interviene per renderti la vita più facile, ma che forse ha un piano che ti riguarda.

Trovo che questo aspetto, sia importante e si integri senza problemi con la visione buddista, come descritto, ad esempio, da Paul Knitter nel suo bellissimo Senza Buddha non potrei essere cristiano.

Sull’onda di questo pensiero ho poi anche rivalutato un concetto, quello della trinità, che viene in genere presentato dalla chiesa con ridicoli arzigogoli teologici (l’uomo è sempre ridicolo quando usa la ragione per parlare di Dio), che in genere si concludono con un Ghe pensi mi ! da addetti ai lavori: “Guarda, questa è roba che non puoi capire, ti dico io che è così, fidati, Dio è uno e trino, è un mistero ed è un dogma”.

Gesù non sapeva di essere la seconda persona della Trinità

La Santissima Trinità non c’era ai tempi di Gesù. Qualcuno ha cominciato a parlarne nel secondo secolo, ed è solo quattrocento e più anni dopo la morte di Gesù che la chiesa ha confezionato quest’idea con tutti gli orpelli teologici atti a sconfessare le varie eresie. In effetti la trinità è stata più che altro un modo di affermare un altro concetto, anch’esso non presente nei primi anni successivi alla morte di Gesù: quello che Gesù fosse Dio.

Raccontato meglio

Benché probabilmente non facesse parte del messaggio evangelico originario, e sia parto di riflessioni successive, il concetto di trinità ha perfettamente senso per l’uomo di oggi, e non c’è bisogno di ricorrere a nessun mistero per capirlo.

Hans Kung nel libro Ciò che credo lo spiega più o meno nel modo che segue.

Una volta deciso/accettato che un Dio esiste e vuole bene all’uomo (il Dio Padre di Gesù) va da sé che con l’uomo voglia comunicare. Ma questa comunicazione è ostacolata da un paio di problemi: un limite intrinseco nell’uomo (quanto l’uomo è in grado di capire è limitato, rispetto all’enormità dell’assoluto), e il fatto che l’uomo stesso non sia un target molto preciso. L’uomo racchiude almeno un paio di entità fuse insieme: un essere razionale che analizza le cose, le elabora, le cataloga e uno o più altri esseri che si manifestano sotto forma di sensazioni, emozioni, per lo più inconsce che popolano la scena del primo come le bolle o i fumi di un vulcano in attività. Questo Dio che vuole comunicare con l’uomo, lo fa con entrambi gli aspetti dell’uomo.

Comunica con la parte razionale per mezzo della scienza, della storia. Dio arriva a noi racchiuso nel ricordo degli eventi trascorsi, nelle memorie, negli scritti delle persone che hanno riflettuto su di lui prima di noi. Tra queste persone una è stata eletta a simbolo di tutte, questo Gesù di Nazareth vissuto un paio di migliaia di anni fa, ma il messaggio di Dio che ci arriva razionalmente contiene il pensiero di tutti quelli che ci hanno tramandato questa buona novella e anche di quelli vissuti prima, che l’hanno preparata.

Ma Dio parla soprattutto alla parte inconscia dell’uomo. Tutti i profeti di questo mondo non avrebbero saputo cosa dire se non avessero saputo ascoltare questo altro dialogo. Dio parla direttamente con la parte più preziosa, più potente dell’uomo: la parte inconscia, non razionale, istintiva, quella che una volta si chiamava spirito.

E’ questa alla fine la trinità:

  • Un Dio buono (Padre) ma a noi incomprensibile.
  • Un suo discorso che percepiamo con la nostra Razionalità e che proiettiamo in un “Dio Razionale”, chiamandolo Logos, Parola.
  • Un altro discorso che intuiamo col nostro spirito e proiettiamo in un “Dio Emotivo”, chiamandolo Spirito di Dio, Spirito Santo.

Tu chiamale se vuoi Emozioni

Un piccolo inciso sull’inconscio.

Viviamo in un’epoca dominata dalla razionalità, sembra che le grandi conquiste della scienza siano da considerare il trionfo di una mente analitica e di un metodo, quello scientifico, che unico può garantire il benessere e il progresso dell’umanità. In effetti si tratta dell’ennesimo mito che l’umanità si crea. La razionalità della scienza è il mito dei tempi moderni.

In nessun campo, scientifico o altro, nessun successo è mai raggiunto senza una forte partecipazione dell’intuizione, dell’istinto, insomma della parte dell’uomo che niente ha a che vedere con la razionalità.

Lo stesso metodo scientifico è una balla paurosa:

Fate caso ai punti sopra, in particolare ai punti 2 e soprattutto 3. Formulare ipotesi ? Detta in altre parole potremmo dire: “Aspetta che ti venga un intuizione”, nessun processo razionale produce ipotesi.

Qualsiasi attività di problem solving è un inno all’intuizione. Qualsiasi scoperta è frutto di curiosità, di meraviglia, tutti aspetti non razionali. Le cose che consideriamo più importanti, l’amore, l’amicizia,la musica, l’arte sono espressioni dell’inconscio. Anche la buona salute non è frutto della razionalità, influenzata com’è dalle emozioni.

La razionalità ha un ruolo, altrettanto importante, ed è quello di catalogare, correlare, comunicare (ma qui anche le emozioni hanno un ruolo cruciale), consolidare, ma è importante considerare l’uomo come l’insieme, non sempre armonioso, di queste diverse entità.

Ma tutto questo il prete non lo sa

Non mi è più capitato, da parecchi decenni ormai, di parlare di teologia, in particolare della trinità con un prete, per cui metto le mani avanti: magari le cose sono cambiate. Ma dal ricordo che ne ho dall’ultima volta che è successo la spiegazione che la chiesa dà della trinità è racchiusa in formule vuote (“Dio è uno e trino”, “Lo Spirito Santo discende dal Padre e dal Figlio”) seguite da parole come mistero e dogma.

L’idea che mi son fatto è che il motivo per cui i preti non sanno spiegare in modo sensato questo concetto, che, ripeto, sensato lo è, ed è anche molto bello, sia che non ci credono. La chiesa ha rifiutato il concetto di trinità quasi dai suoi albori. L’ha strumentalizzato per veicolare il concetto di divinità di Cristo, ma l’ha immediatamente svuotato di significato, perché l’ultima cosa che la chiesa, almeno quella cattolica, vuole è un Dio che parli direttamente all’uomo, né razionalmente né, anzi meno che mai, intuitivamente. La chiesa, dal Papa in giù, ha da sempre inteso il suo ruolo come interprete di Dio. Se c’è qualcuno con cui Dio deve parlare sarà bene che siamo noi, ragazzi non scherziamo che qua si perde il posto.

I mistici

Misticismo è il nome che, storicamente, è stato dato al dialogo emozionale, esperienziale, tra lo Spirito di Dio e quello dell’uomo. La pratica fondamentale di questo tipo di approccio spirituale è la meditazione. In questo ritroviamo un parallelismo con moltissime altre forme di spiritualità: Dio non parla solo ai cristiani. Il misticismo è stato presente nel cristianesimo fin dall’inizio, e costituiva, secondo me, il vero fascino dell’insegnamento di Gesù. Ci sono molti episodi dei vangeli che richiamano la pratica di meditazione di Gesù, dai giorni nel deserto fino alla meditazione prima della morte nel giardino del Getsemani, ma un episodio in particolare, quello della trasfigurazione, sembra raccontare una vera esperienza mistica.

I mistici cristiani hanno convissuto, o forse è meglio dire lottato, con i teologi, i razionalizzatori, per quasi tutta la storia della chiesa, fino a che i secondi hanno preso il sopravvento e hanno consegnato al rinascimento e quindi all’età moderna una chiesa in cui quello che lo Spirito di Dio aveva da dire all’uomo non era più così importante. E’ stata un po’ come la lotta tra chi si accontenta di leggere il menu e chi vuole assaggiare i piatti: hanno vinto i primi. Gli ultimi mistici cristiani risalgono al medioevo e avevano nomi come Meister Eckhart o Ildegarda da Bingen

La spiritualità del creato

Oggi c’è chi ripesca queste tradizioni.

Matthew Fox, è stato un domenicano statunitense che nel 1983 ha scritto un bellissimo libro “Original Blessing” (“In principio era la gioia”). In questo libro recupera il pensiero della tradizione mistica, tra l’altro fondendolo con numerosi altri fermenti culturali tra cui l’attenzione all’ambiente, il femminismo, il recupero della spiritualità dei nativi americani, e rifiutando la cupa visione del peccato originale (“original sin”). A seguito della pubblicazione di questo libro Fox è stato allontanato dall’ordine domenicano dalla congregazione per la dottrina della fede, allora guidata da Joseph Ratzinger. Un eretico diplomato, insomma, in anni più antichi sarebbe stato pronto per il rogo.

Nel suo libro propone una spiritualità in cui prevale l’aspetto emozionale, descrive un vero dialogo con Dio, secondo me. La sua proposta si dipana su quattro viae che raggruppano ed esplorano in qualche modo le nostre emozioni, facendole diventare canali di comunicazione con l’assoluto. Queste vie sono:

  1. La meraviglia, la gioia di fronte al creato. L’esplorazione, la scienza, ma anche il gustare tutto quello che di buono la vita ci offre continuamente.
  2. La profondità del dolore e del silenzio. L’accettazione o la contemplazione dei nostri limiti, delle nostre tensioni e contraddizioni.
  3. L’euforia della creatività, dello scoprirsi capaci di magia, di capacità non solo di assaporare la bellezza, ma di produrla.
  4. La passione per rinnovare, migliorare il mondo. Per l’aiuto ai più deboli o per l’impegno politico.

C’è in Italia un’associazione che si propone di diffondere questa idea mediante seminari esperienziali in cui si cerca di creare le condizioni per sentire più che capire la spiritualità.

Insomma

La Trinità è viva e lotta insieme a noi, ma forse va cercata dove non vi aspettereste.

7 risposte a “La Santissima Trinità”

  1. Wow! Carne al fuoco ce n’è tanta qui, e in molti casi anche di ottima qualità.
    Mi perdonerai se mi limiterò (per il momento) ad un solo aspetto, quello che mi ha colpito subito alla prima veloce lettura, …sempre durante l’incomprensibile videostreaming di Mr. James Bon.
    Lungi da me scendere sul piano di una disputa teologica sulla Ss. Trinità!
    Non vorrei (né potrei) confutare le tue asserzioni; ovviamente per miei limiti, e non perché non ti ritenga degno di una tale discussione.
    Certo la tua personale visione ha il suo fascino: è forte pensare alle 3 Persone come un padre muto, un figlio chiacchierone, a livello mentale, e uno spirito impalpabile, a livello viscerale.
    Ma è appunto una tua personalissima visione, pur se ben elaborata e argomentata.
    Da parte mia ti confesso che a me non crea particolari problemi accettare per buona una cosa talmente grande che forse la mia mente non può contenere (come l’iconografia racconta l’aneddoto di S.Agostino e il ragazzino sulla spiaggia, ricordi?).
    Pur essendo io a volte persino insopportabilmente 🙂 presuntuoso delle mie capacità razionali, è anche vero che, sulle cose “serie”, so fare esercizio di umiltà.
    (1 di 2 – to be cont’d)

    1. Ma, ripeto, non è una visione mia: l’ho trovata in un libro di Hans Kung (forse ci ho aggiunto qualcosina, ma poco). La tazza di Agostino continua a (non) funzionare, ma si riferiscono al padre, al Dio inconoscibile, anzi, la tazza stessa, e tutto agostino, fanno parte della seconda persona direi.

  2. (2 di 2)
    In sostanza, la mia fede non ritengo sia fondata su un dogma, quanto piuttosto sulla consapevolezza di essere amato da un Dio Padre, sulla bellezza di sentirmi libero di poter ricevere la Sua misericordia; hai presente la parabola del Padre Prodigo (di Amore)?
    Tornando al mio “essere razionale”, l’analogia potrebbe essere resa così:
    La bellezza del Teorema di Pitagora non è inficiata dal fatto che si basi su alcuni assiomi (ad es. che un cateto è un segmento, cioè una parte di retta delimitata da due punti).

    In conclusione: cercarla qua e là, la trinità, non è detto che sia migliore di quella col copyright, con la T maiuscola.
    E poi: qualche buon prete che ci creda davvero …ne è venuto fuori ultimamente nella Chiesa, fidati. 😉
    Magari qualcuno che riesce a vedere la Trinità nell’esperienza concreta, piuttosto che nel misticismo.

    1. Ma sì, sto cercando di essere tranchant, ma certo la chiesa ha avuto dei meriti storici. E’ un vagone che ha trasportato nei secoli un sacco di roba, e certamente non tutta cattiva, ma sarai daccordo che qualcosa è ora di buttare giù. Quanto a Pitagora, il “fascino” del teorema è un emozione, appartiene all’intuito. La matematica è un classico posto in cui l’aspetto razionale e intuitivo lavorano bene insieme.
      Immagino ci siano preti con una fede più seria, ma è proprio il copyright che mi infastidisce: credo sia ora che la gente pensi con la propria testa anche in questo campo …

      1. In effetti anche io sono stato un tantino provocatorio. O forse ho risposto a tono alla tua sottile provocazione.
        Ma del resto, se mi limitavo a dire: “che bello, sono completamente d’accordo con te!” … che gusto c’era? 🙂

  3. Secondo me, fai lo stesso errore delle chiese, cerchi di dare spiegazione logica a ciò che non lo è.
    Non è necessario che tutto quadri, a me piace lasciarmi andare nell’incomprensibile, senza cercare troppe spiegazioni, abbandonarsi nelle braccia della mamma….
    Dio è madre diceva papa Luciani…

    1. Mah, un conto è cercare spiegazioni, un altro dire frasi fatte e incomprensibili e dire che è un dogma e un mistero. Mi sembra solo di cercare un racconto che abbia un senso, e ce l’abbia potenzialmente per chiunque, non solo per un gruppo di iniziati.

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