Deve comandare lui o noi ?

Mi è venuta voglia di parlare di Dittatura e Democrazia dopo aver visto alcuni dei commenti alla favola di “Anna, Marco e Raffaello”. Mi sembra di aver inavvertitamente toccato il nervo scoperto della voglia di dittatura che coviamo un po’ tutti. Riflettendoci, poi, credo che questo tema possa far parte a pieno titolo del discorso sul contrasto tra Evoluzione e Cultura, insomma è uno dei punti focali della nostra esistenza.

Il mio nemico non ha divisa
Ama le armi ma non le usa
Nella fondina tiene le carte visa
E quando uccide non chiede scusa
Il mio nemico non ha nome
Non ha nemmeno religione
E il potere non lo logora
Il potere non lo logora
Il mio nemico mi somiglia
È come me
Lui ama la famiglia
E per questo piglia più di ciò che da
E non sbaglierà
Ma se sbaglia un altro pagherà
E il potere non lo logora
Il potere non lo logora

Daniele Silvestri (Il mio nemico)

Photo by Felix Mittermeier on Unsplash

Il Re.

Decisamente l’esistenza, nei vari gruppi di persone in cui da sempre si è strutturata l’umanità, di un regnante, di una persona che prende decisioni per tutti è un meccanismo evolutivo. L’Evoluzione aveva bisogno di raggiungere due obiettivi apparentemente contrastanti:

  • selezionare i geni migliori.
  • assicurarsi che il maggior numero possibile di individui della specie sopravviva.

Se avesse puntato solo sul primo obiettivo, il maschio alfa di ogni gruppo avrebbe potuto semplicemente sterminare i concorrenti maschi, perpetuando la specie attraverso le femmine rimaste. Questo modello ovviamente non avrebbe mai funzionato: il gruppo sarebbe restato indifeso da attacchi di predatori animali o umani, sarebbe mancato il sostentamento, e in definitiva, i figli stessi del maschio alfa sarebbero presto diventati i suoi concorrenti.

L’unico modello che l’evoluzione lasciava aperto era che i competitors del re sopravvivessero (diventando tra l’altro anche dei backup in caso di morte del primo), e restassero subordinati a lui, sotto il profilo riproduttivo, ma anche sotto quello decisionale. L’Evoluzione operava anche selezionando i vari gruppi, per cui la bontà delle decisioni del re veniva premiata con la sopravvivenza del suo gruppo rispetto agli altri.

Ma come fa il maschio alfa a dominare gli altri ? Forse non è una domanda così banale. La prima risposta che viene in mente è “li mena”. Ed è vero: la brutalità fisica è la sua arma, ma il sottomettersi degli altri è legato ad altro. E’ un calcolo. Ed è anch’esso un meccanismo evolutivo. Gli animali e gli esseri umani non passano il loro tempo a farsi guerra, se non in casi eccezionali: hanno un meccanismo di simulazione per cui capiscono in anticipo come andrebbe a finire un eventuale scontro e si comportano di conseguenza. Orazi e Curiazi all the way insomma. Quindi i sudditi si assoggettano volontariamente perché hanno precalcolato che in un eventuale scontro col capo soccomberebbero.

Il popolo

A questo punto la domanda sorge spontanea: “Ok, il singolo suddito soccomberebbe alla lotta col capo, ma se lo affrontassero tutti insieme, il calcolo darebbe sicuramente per perdente il boss. Perché non succede ?”.

Beh, per succedere succede. Magari non frequentemente, ma le rivoluzioni accadono. In genere, però, accadono quando il popolo è portato all’esasperazione. Finché il governante riesce a mantenere una forma di benessere anche moderato per i sudditi, o finché il suo Divide et imperat funziona, è difficile che il popolo si ribelli.

Quello che ostacola questa ribellione, secondo me, è la difficoltà, per i sudditi, di immaginarsi un ordine diverso da quello gerarchico. Se la presa del potere da parte del popolo si traduce in una nuova dittatura (come normalmente succede) dove sta il guadagno? E se non è un nuovo singolo a prendere le redini cosa succede ? Come viene regolato il nostro stare insieme ?

Il fatto è che non abbiamo meccanismi evolutivi che ci guidino nella realizzazione di questo nuovo tipo di organizzazione. La Democrazia è davvero un faticoso frutto della Cultura, di quel qualcosa che stiamo creando in sostituzione dei meccanismi evolutivi. E siamo ben lontani dall’averla realizzata la Democrazia, i problemi sono tanti. Ma andiamo con ordine: vediamo prima di capire di cosa stiamo parlando.

Giochi

Conoscete il Dilemma del prigioniero ? E’ un gioco in cui viene simulata la situazione di due carcerati, che si suppone abbiano compiuto un crimine insieme. I due vengono tenuti separati, non possono quindi mettersi d’accordo, e a ciascuno viene proposto di confessare (inguaiando in tal modo il compagno) con le seguenti regole:

  • Se uno dei due confessa e l’altro no, il primo esce subito e all’altro vengono dati 7 anni.
  • Se tutti e due confessano si beccano 6 anni ciascuno.
  • Se nessuno dei due confessa escono entrambi dopo 1 anno.

La soluzione razionale, dal punto di vista del singolo, è di confessare, e il risultato normale è quello tutto sommato non ottimale in cui entrambi stanno sei anni in carcere.

La soluzione migliore, se consideriamo la coppia nel suo insieme, è che nessuno dei due confessi, ma questo richiede una grande fiducia nell’altro. La costruzione della democrazia, secondo me, passa dalla capacità di un gruppo di vincere a questo gioco.

Ma mettiamo altra carne al fuoco: il gioco dell’ultimatum. A due persone viene data una somma di 100 euro da dividersi con le seguenti regole:

  • A fa una proposta di divisione (ad esempio “Mi tengo 60 euro e ne do 40 a te”)
  • Se B accetta si dividono i soldi come proposto da A
  • Se B non accetta nessuno prende niente.

E’ chiaro che se B reagisse solo razionalmente accetterebbe qualsiasi cifra superiore a 0. Sapendo questo la proposta più ovvia per A sarebbe “Ti do 0.1 e mi tengo 99.9”. Sembra invece che il risultato sia spesso che offerte minori del 30% vengono rifiutate, qualcuno spiega la cosa dicendo che consideriamo l’equità un obiettivo più importante del guadagno, secondo me è solo il nostro senso del derby: la cosa importante è misurarsi con l’altro e uscirne vincenti, perdere molto tutti e due è meno peggio del caso in cui io perda poco ma l’altro guadagni molto.

Gossip

Leggevo tempo fa, credo in un libro che ho già citato in questo blog “The Happiness Hypothesis”, che tra le ipotesi sul perché la specie umana abbia sviluppato un linguaggio così sofisticato c’è quella che servisse uno strumento per fare gossip. Oggi la predisposizione a fare o ascoltare pettegolezzi è considerata un tratto deteriore di una persona, almeno tra le persone che frequento, e almeno a parole, ma ha avuto una funzione importante nel progresso dell’umanità. E continua ad averla, magari in altre forme, come la reputazione dei profili sui social networks.

Il pettegolezzo serve a costruire una reputazione. La reputazione è la base della possibilità di cooperazione. Se decidiamo di mettere insieme il raccolto di un gruppo di famiglie o le catture di un gruppo di cacciatori o pescatori e dividerle equamente come forma assicurativa contro i momenti meno fortunati di qualcuno, è importante assicurarsi che tutti collaborino davvero. Se uno non lavora, perché tanto la pappa è assicurata dal lavoro degli altri, il gossip lo smaschera. La reputazione permette di estendere il gruppo: possiamo fare affari con persone che personalmente non conosciamo perchè la loro reputazione fa da garanzia.

La reputazione è quello che permette ad un gruppo di ottenere la soluzione migliore al dilemma del prigioniero. Letteralmente: il senso dell’onore, il non essere additato come spia, sono le forze che fanno si che una persona faccia la scelta meno individualmente razionale in quel gioco: rischio di farmi 7 anni di carcere e lasciare l’altro libero perché so che il gruppo fuori me la farebbe pagare se facessi una scelta diversa, e il sapere che anche l’altro è sotto lo stesso tipo di pressione facilita questa scelta.

Ma funziona anche fuori dagli ambienti malavitosi: negli stati un po’ più avanti di noi, credo, sulla strada della democrazia, atteggiamenti come non pagare le tasse, sporcare o rovinare beni pubblici, non riciclare, in alcuni casi anche usare l’auto quando una bici sarebbe sufficiente, sono viste come riprovevoli e sono oggetto di sanzione sociale. Il vicino non ti saluta più, nessuno ti presta qualcosa, nessuno vuol fare affari con te, se hai un negozio chiudi e i tuoi figli hanno vita difficile a scuola. E questo funziona: anche qui il dilemma del prigioniero viene tendenzialmente vinto dal gruppo: le tasse le pagano tutti e quindi ognuno deve pagare meno, i beni pubblici e le strade sono funzionanti e puliti, la corruzione è molto minore e via dicendo.

Ccà nisciuno è fesso

Nei paesi come il nostro, che, credo, sono un po’ più indietro su questa strada, il pensiero dominante è d’altro tipo: il singolo che riesce a farla franca e, ad esempio, a non pagare le tasse o a far funzionare bene la propria azienda grazie alla corruzione dei politici è visto come un furbo, come un eroe che ce l’ha fatta contro lo stato tiranno.

Forse c’è anche del buono in questo: magari è un retaggio di situazioni diverse, in cui questo atteggiamento aveva più senso. Sotto una monarchia assoluta e tirannica, che depreda il popolo per mantenere la corte negli agi sfrenati, non pagare le tasse è davvero eroismo: è una sfida al tiranno, un modo di riequilibrare una situazione inefficace per il gruppo. In questo caso il gossip è giustamente premiante.

Questo atteggiamento riportato in una società democratica ci dice semplicemente che molte persone non la ritengono tale: “la politica è una cosa sporca”, chi fa politica è lì per nutrire il proprio interesse, è la nuova corte che ingrassa a spese dei poveracci. E il bello è che, almeno in parte, è vero.

In fondo è di nuovo un dilemma del prigioniero tra l’elettore e l’eletto: pago le tasse perché mi fido che una volta al potere non ruberai, gestirai al meglio le cose e alla fine io pagherò meno tasse e avrò più servizi o non mi fido, non le pago, accetto che il paese vada sempre più a ramengo, ma almeno io mi faccio tre amanti e uno yacht (tanto so che te li fai anche tu).

Il primo che ha comprato il telefono

Ma non vogliamo parlare di quello che non confessa mentre l’altro sì, e finisce per prendersi i 7 anni mentre il complice va via libero ?

In fondo è lui il vero eroe.

E’ come il primo che ha comprato il telefono: sapeva di non poter parlare con nessuno, ma se l’è comprato e l’ha tenuto lì, aspettando che qualcun altro facesse la stessa scelta, inizialmente, idiota, rischiando tra l’altro che nessuno lo seguisse nella pazzia.

Ci sono persone che fanno queste cose, persone irrazionali che si comportano come se il mondo fosse già migliore. Queste persone lo costruiscono il mondo migliore. Ogni volta che uno si becca i 7 anni sta piantando un seme nel gruppo fuori, il gossip lo farà crescere. Più pazzi di questo tipo ci saranno, più rapidamente si creerà una cultura di gruppo che indirizzerà anche la razionalità dei più pavidi a scelte più intelligenti dal punto di vista del gruppo.

L’alveare

Dicevamo, la Democrazia è una strada in salita, è la costruzione di questa pressione psicologica che premia atteggiamenti virtuosi.

Ho citato il non buttare la carta per terra, ma credo che gli atteggiamenti virtuosi più importanti riguardino la partecipazione, l’interessarsi alla cosa comune, a come viene gestita. Guardare da vicino cosa fa chi ci governa e guardare con occhio sereno a chi propone scelte diverse da quelle che ci piacciono, senza partiti presi perché nessuno ha la sfera di cristallo, e perché quello a cui stiamo giocando non è il gioco dell’ultimatum ma il dilemma del prigioniero.

Il tutto con un pizzico di ottimismo e quel pizzico di pazzia che ci permette di essere, almeno ogni tanto, eroi.

3 risposte a “Deve comandare lui o noi ?”

  1. Ok Blogger. Questa volta mi ritrovo molto in linea con i tuoi pensieri.
    Lascio però qualche commento in ordine sparso, segnato qua e là durante la lettura del tuo post.
    Appunti un po’ slegati, ma del resto non posso mica avere la tua capacità di espressione fluida e di sintesi che ormai ampiamente dimostri!
    Sono contento comunque che i nostri momenti peripatetici postprandiali, oltre ai commenti alla favola precedente, ti abbiano ispirato questo scritto.
    Parto dalla fine: la tua ottimistica conclusione. Altre volte ti ho tacciato di eccessivo pessimismo, con finali cupi e distopici.
    Questa volta mi piace il tuo ottimismo, anche se purtroppo lo vedo riposto nel potere della Rete. Almeno così mi è sembrato di cogliere dal tuo riferimento alla “reputation” guadagnata su facebook.
    Quasi che in fondo i problemi atavici dell’uomo, della sua diffidenza, egoismo, predisposizione al latrocinio, possano essere superati dalla condivisione “democratica” dei valori sulla Rete.
    Questa tua fiducia è emersa anche da altri tuoi pensieri, almeno a mia impressione.
    Beh, io penso invece che siamo ancora ben lungi da affidare le sorti dell’umanità alla reputazione guadagnata online. Senza arrivare a scomodare le piattaforme rousseau, ritengo comunque che la Rete è ancora troppo manipolabile dai vari colossi multinazionali, dai cosiddetti poteri forti, fino ad arrivare ai semplici “opinion maker”, o come preferiscono farsi chiamare ora “influencer” (un nome che è tutto un programma!).
    Per dirla a parole tue 🙂 : siamo nella fase pre-evolutiva della Rete, e la Cultura …deve ancora nascere!
    Sempre per non apparire retrogrado, voglio affermare che certamente Internet è una delle maggiori conquiste dell’Evoluzione dell’uomo moderno, ma NON è ancora Cultura.
    Insomma, la vedo ancora troppo impregnata di fake news; e di quelli che si ergono a smascherare le fake news degli altri, se si son permessi di dubitare delle proprie real news.
    Del resto, senza internet non avrebbero potuto proliferare i vari no-vax, complottisti dell’undici settembre, chemical trails, terrapiattisti, pastafariani,…

  2. ===2 di 2===
    Spezzo in due il commento, per semplicità di scrittura, lettura e magari anche controcommento (if any…).
    In questa seconda parte vorrei esprimere la mia risposta al tuo incipit: “la voglia di dittatura che coviamo un po’ tutti”.
    Non mi dilungo sui complimenti per la tua analisi socio-biologico-storico-psico-evolutiva che ci ha portato alla Democrazia. Mi è piaciuta molto, davvero, …forse perché semplicemente la condivido! 🙂
    Però…. ecco, io arriverei ad una conclusione diversa: la mia soluzione utopica è la Monarchia Illuminata!
    Ritengo –purtroppo- che la Democrazia sia troppo soggetta a decadere nella sua forma degenerativa, la Demagogia.
    E le contromisure che auspicavi tu (gossip, reputazione, eroismi,…) le vedo lontanissime, ripeto.
    Il Monarca Illuminato invece, non deve trovare consenso nei voti, ma comanda per diritto! Non ha bisogno quindi di scivolare nel populismo.
    Ok, mi si obietterà:
    1. Chi ha dato quel diritto al Monarca?
    2. È davvero Illuminato?
    Giuste obiezioni, ma appunto ho premesso che questa è la mia soluzione utopica.
    In sostanza potrei affermare che è meno utopico sperare in un Capo che faccia davvero il bene della sua Comunità, piuttosto che puntare ad una comunità che si autoregoli, spingendo tutti, anche i più riottosi, a comportarsi come i migliori. Cioè, anche assodato che ci sia un comportamento oggettivamente migliore, i “peggiori” diranno sempre che gli altri sono solo dei manipolatori, diffusori di fake news e che …sulla Luna non ci sono mai arrivati!

    Concludo con una citazione, così dimostro che anch’io ho studiato per scrivere queste mie due parole in libertà:
    «Sono molti gli Italiani convinti che rubare allo Stato non sia un delitto disonorante: sarebbe come rubare a un ladro».
    Lo diceva Ignazio Silone mezzo secolo fa. Pensiamo davvero che ora sia diverso?

    1. Wow, quanta roba 🙂
      Mi piace molto l’idea di internet in fase pre-evolutiva e con una Cultura ancora da creare: da elaborare …
      Ma intanto, il mio ottimismo non era tanto legato alla rete quanto al percepire un generale “andiamo sempre meglio”, non so, forse solo una sensazione, ma se guardi ci sono sempre piccoli passi e miglioramente nel come si interagisce, nel come si guarda lla cosa comune …
      Internet, purgato delle sue esagerazioni (io non vedo solo urlatori, anche se ce n’è tanti) è uno strumento utile. E comunque anche gli urlatori fanno gossip (nel senso buono) e quindi provvedono ad allargare il gruppo, sintetizzano, il loro inconsapevole lavoro di squadra ti porta “le novità importante” anche se dipinte col bias dele varie fazioni.
      Comunque il mio ottimismo sulla democrazia non era tanto legato ad internet quanto al credere che sia possibile arrivarci progressivamente. Quello che ho cercato di dire (e forse non ci sono riuscito granchè) è che la democrazia funzionante non è possibile realizzarla di botto, forse su questo siamo daccordo. E’ uno stato instabile, troppo fragile, casca al primo soffio di vento. Forse una volta su dà tanti e tali benefici che si mantiene, magari una volta realizzata diventa palese a tutti che sarebbe stupido farne a meno, ma arrivarci è un altro conto.
      Ma se invece non è necessario arrivarci di colpo, ma ci si può arrivare per gradi è un altro conto: si può essere ottimisti perchè sai che ogni giorno si può fare un passettino, costruire un pezzo dell’impalcatura che terrà su l’opera finale. Ora mi sembra di poter vedere questa impalcatura nella costruzione della Cultura. Se giorno dopo giorno si riesce a creare un ambiente in cui certi comportamenti virtuosi sono considerati “buoni” da sempre più gente magari un po’ alla volta ce la facciamo.
      Insomma, non era tanto legato alla rete se non come uno dei tanti strumenti, probabilmente contano più i libri o i film.
      Fino ad allora è meglio la monarchia illuminata ? Può anche essere, a parte i rischi che sono maggiori, ma d’altra parte oggi siamo sotto una plutocrazia, e non sappiamo quanto illuminata, per cui …
      Un’ultima cosa: per me il bene o il male della monarchia o della democrazia non stanno tanto nel fatto che chi comanda voglia fare il bene di tutti, quanto sul fatto che lo capisca. E qui tra dittatura e monarchia non c’è paragone: l’insieme di più cervelli (se un minimo riescono a coordinarsi) è sicuramente meglio di un cervello solo.

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