Omelia di Pasqua 2020

Resurrezione
Resurrezione

Se non credi che Gesù sia risorto è dura scrivere un’omelia di Pasqua. Ma ci provo.

Il racconto della morte

La celebrazione che la chiesa fa nel giorno di Pasqua è incentrata sulla resurrezione di Gesù di Nazareth.

giovanni

Le letture proposte in questo giorno raccontano della scoperta della tomba aperta, lo sconcerto iniziale e l’atto di fede conseguente, in cui accettano l’idea che sia davvero risorto.

Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

In effetti ci mettono un po’ a decidersi per quella spiegazione.

La domenica di Pasqua per i primi discepoli non è stato un giorno di festa. È stata la scena iniziale di un giallo. Trovano la tomba vuota e non sanno cosa pensare. Belli i dettagli raccontati da Giovanni: le bende per terra, il sudario ripiegato in un angolo, il correre dei discepoli ad avvertire l’un l’altro, il correre al sepolcro a vedere coi propri occhi. Cosa ? Una tomba vuota.

Giovanni è piuttosto stringato nel racconto.

matteo

Matteo è più ricco di particolari: racconta che già il giorno prima Pilato aveva fatto mettere una guardia di fronte alla tomba, sigillata, “perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E’ risuscitato dai morti”. Quasi un’excusatio non petita.

Matteo racconta poi che le donne, al mattino della domenica vedono un angelo che fa rotolare la pietra della tomba, tramortisce la guardia e racconta loro che Gesù è risorto.

Matteo ci racconta poi il subdolo piano dei sacerdoti:

si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia». Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi.

marco e luca

Il racconto di Marco è meno roboante. L’angelo c’è anche qui, ma non ha l’aspetto di Superman, è un giovincello vestito di bianco, ben lavato e mite, che racconta alle donne che Gesù è risorto, e raccomanda loro di andarlo a raccontare agli altri. Guardie non ce ne sono.

Il racconto di Luca è molto simile, ma gli angeli sono due.

Il dopo resurrezione

All’inizio, quindi, sembra che a credere nella resurrezione siano state solo le donne. Anche Pietro in tutti i racconti è piuttosto perplesso.

Dai brani che nei vari vangeli raccontano il dopo resurrezione si vede che i discepoli cominciano a credere nella resurrezione perché, in vari modi, incontrano, molti di loro almeno, il Gesù risorto. E sono racconti strani, perché, in genere in questi incontri Gesù non è riconoscibile. Parlano con lui e non si rendono conto che è lui, fino a quando, nel loro intimo, non si rendono conto di averlo incontrato.

Il significato

Anche nei vangeli, quindi, la resurrezione avviene in un’altra dimensione. Avviene nel cuore delle persone. Ha un significato molto particolare. Sintetizza davvero l’insegnamento di Gesù, la fiducia in un Dio buono, che parla con gli uomini. Ma parla loro nel profondo del cuore.

Quello che ci resta oggi sono questi frammenti disaggregati di un racconto. Immagini confuse, suggestioni a cui possiamo dare un senso, se lo vogliamo, solo risalendo a quella fede (brutta parola, consumata), a quella fiducia che il mondo intorno a noi ha un senso, che c’è un intelligenza che non possiamo comprendere, se non in piccola parte, che governa le cose.

Alla fiducia che questa comprensione del mondo è maggiore nella parte non razionale del nostro pensare.

La possiamo sentire questa fiducia. C’è un Dio e ci parla, ma parla molto più forte nel nostro intimo che nella nostra razionalità.

carte false

Credo che la chiesa, soprattutto da San Paolo in poi, abbia fatto letteralmente carte false per dimostrare eventi sorprendenti, che sfidano le leggi fisiche.

Ma tutto questo sforzo immane di dimostrare l’indimostrabile ha finito per offuscare la bellezza di quello che era veramente successo.

guardare il dito e non la luna

Gesù, secondo me è stato un grande uomo, che ci ha mostrato un Dio di cui ci si può fidare.

Ci ha mostrato un modo di essere umani molto bello, in sintonia con questa fiducia.

Ma Gesù era il dito, non la luna.

Che lui sia veramente morto quel venerdì, e che il suo corpo abbia seguito il naturale corso degli eventi biologici, niente toglie alla bellezza di quello che ha detto, allo splendido esempio della sua vita.

La vera resurrezione

Ho messo in cima quell’immagine del soffione. L’ho scattata stamattina nel prato davanti a casa.

Mi piace molto perché credo sia quella la vera Resurrezione. Quella che avviene tutte le primavere. Le piante che credevamo morte che tornano a sorprenderci con la loro bellezza, gli animali e gli uomini che nascono. Le idee che si accavallano confuse e ne producono altre, sempre più belle.

Il corpo di Gesù sarà stato divorato e rimescolato come quello di tutti, dai piccoli animali e dai batteri. Qualche pianta se ne sarà avvantaggiata. Qualche animale avrà mangiato quelle piante, e, dopo duemila anni, è quasi sicuro che qualche atomo che ha fatto parte del suo corpo giri oggi nel nostro sangue, nei nostri muscoli.

Non è già una bellissima Resurrezione ?

3 risposte a “Omelia di Pasqua 2020”

  1. Non fermarti al dito!

    Io sono convinto che per uno come te, per il cammino interiore che fai da tempo, sia più facile credere che no.
    Sembra invece che tu faccia di tutto per cercare le ragioni contrarie.
    Ti costringi a fermarti al dito (Gesù-uomo), bloccandoti con ostinazione, facendoti violenza, dal guardare alla luna (Gesù-dio).
    Sì, perché lo ha detto lui stesso di essere la Luna, al pari del DioPadre-Sole.
    Ci sono innumerevoli passi, affermazioni, citazioni, in tutta la Sacra Scrittura, che lo testimoniano; prima ancora dei “rimaneggiamenti” della chiesa o di un sanpaolo costruttore di fakenews (cit.).

    Dai, lo sai anche tu: è più bello credere che non credere.
    TI RENDE PIU’ LIBERO.

  2. Io trovo bello che diverse persone possano credere in cose/modi diverse/i, o anche non credere. In fondo quando parliamo di un rapporto tra uomo e assoluto siamo costretti a balbettare, nessuno può avere certezze.
    Per me è una dimensione importante, e mi sembra di capire che lo sia anche per te, ma nessuno di noi due (e anche chi dice di non credere in niente) sa esattamente di cosa sta parlando. Parliamo delle nostre sensazioni, in fondo. Della storia che abbiamo maturato, della fiducia che diamo a chi ci ha raccontato in cosa crede lui.
    Quello che sto provando a fare io qui, ma fa parte del mio percorso, ovviamente, è di cercare di capire se c’è qualcosa che riesco a salvare della religione. L’impressione che ho è di due posizioni contrapposte. Da una parte chi abbraccia il credo ufficiale di qualche religione (non solo cristiano cattolica) pretende di dare spiegazioni universali basate su argomenti difficilmente sostenibili per chi non fa già parte del club. Dall’altra, chi non ha mai avuto un esposizione a questi temi o li ha rifiutati, mi sembra abbia buttato il bambino con l’acqua sporca. Perché lì dentro qualcosa di buono c’è.
    Ecco, sto cercando quel qualcosa di buono, e ho deciso che non è buono se non è raccontabile a uno che oggi non ci crede. Una verità rivelata piena di dogmi e salti nel buio, basata su affermazioni raccontate in libri che ci sono arrivati sicuramente manipolati (io non so fino a che punto, ma non puoi saperlo nemmeno tu) non è, secondo me, presentabile a un non credente.
    Un racconto miracoloso a me va bene che qualcuno lo accetti, sono felice per lui, ma dal mio punto di vista è un ostacolo. E un ostacolo inutile, perché, come ho detto in questo post e altri della serie, ci sono tanti miracoli più grandi e più visibili su cui porre la nostra attenzione.

  3. Beh sì, devo riconoscere che hai molta ragione in ciò che esprimi in questa puntualizzazione.

    L’impressione invece che avevo avuto dal tuo articolo, e che mi ha spinto a rispondere così, era che tu avessi già una tesi precostituita da difendere, più che una “ricerca” da svolgere.

    Non so, ma ora, riflettendoci ancora su (e forse sarebbe il caso di discuterne in uno degli smart-simposi che proponevi…) mi verrebbe da dire che il rischio maggiore sarebbe buttare il bambino e tenersi gli scarti!
    Non so se ho reso l’idea. 🙂

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