La religione dei pazzi e l’amore

Photo by David Clode on Unsplash
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Provo ad avventurarmi su un terreno minato. Finora ho cercato di evitarlo, perché è piuttosto insidioso, ma forse è venuto il momento. Parlo del rapporto tra spiritualità e altruismo, amore per il prossimo.

In un post precedente sulla spiritualità ho accennato di sfuggita agli altri come compagni di viaggio.

Gli altri, intorno, sono dei compagni di viaggio. Sono immersi nello stesso plasma, stanno svolgendo un ruolo analogo al nostro. Hanno punti di vista complementari. Gli eventuali conflitti con loro sono parte del meccanismo di cui facciamo parte, non c’è bisogno di demonizzarli. L’eventuale amore (parola sbagliata, qui, forse meglio attrazione/con-passione) che proviamo nei loro confronti pure, non c’è bisogno di divinizzarlo.

Penso che in fondo sia tutto lì. Ma è una riflessione che mi riempie di interrogativi, perché sembra stridere leggermente con l’importanza data all’altruismo dalle varie religioni.

Ma andiamo con ordine.

Ingredienti: un pentolone, un termometro e una manciata di istinti

Prendiamo un bel calderone e iniziamo a versarci dentro vari elementi, e guardiamo come si alza o si abbassa la temperatura all’interno. Per convenzione diciamo che a temperatura alta corrisponde alto altruismo, alto amore.

adamo ed eva

Anzitutto dobbiamo metterci gli elementi base, quelli che derivano dalla nostra evoluzione. Niente religione per ora, e neanche ragione, solo istinti.

Siamo, in quanto individui, il campo di battaglia di geni in competizione. Il banco di prova in cui associazioni di geni si confrontano. E la regola di base è che vince il più adatto. Lo scopo è di selezionare i geni migliori, e non c’è esclusione di colpi, niente prigionieri.

Temperatura bassissima. Se il criterio fosse solo questo ognuno di noi avrebbe tutto l’interesse a uccidere tutti gli altri per far primeggiare il proprio gruppo di geni.

Dopodiché, alla sua morte la nostra specie sarebbe estinta. Quindi nel calderone non ci può stare solo quello. Lo scopo della competizione genetica non può essere il primeggiare di un individuo. Dobbiamo permettergli di avere dei figli perché il gioco continui.

E allora dobbiamo metter nel crogiolo anche qualche istinto a lasciare in vita qualcun altro di sesso opposto con cui produrre una discendenza. Siamo arrivati ad Adamo e Eva.

Proviamo a chiamare amore questo istinto a lasciare altri in vita. Così, tanto per capirci.

la tribù

Ma ancora non basta. I figli devono anch’essi restare vivi, se no il gioco finisce comunque. E allora amore anche per i figli.

Ma comunque non basta. Il mondo è pieno di insidie. Una singola famiglia potrebbe morire accidentalmente. L’evoluzione non può correre il rischio. È necessario per i geni accettare anche qualche piano B.

Quali sono i gruppi di geni che comunque vorremmo salvare se noi fossimo costretti a lasciare il tavolo ?

Probabilmente quelli dei nostri genitori e dei nostri fratelli (perché i loro geni sono i più simili ai nostri). Quindi amore, ancora, un po’ di meno, anche per loro. E via così. Ancora amore, sempre un po’ di meno, per i cugini, poi per i parenti meno prossimi e avanti così. 50 sfumature di amori.

i conoscenti

Ma non basta ancora. Una famiglia, anche grande, da sola non basta. Ci servono individui con mix diversi di geni con cui noi, e i nostri figli e parenti, possiamo incrociarci per produrre altri esperimenti genetici, combinazioni più ricche. Altre sfumature di amore.

Avete presente quel proverbio arabo,

io contro mio fratello,

io e mio fratello contro mio cucino,

io, mio fratello e mio cugino contro …

Ecco, siamo lì.

il villaggio

E non basta ancora. Abbiamo bisogno di difenderci, trovare cibo, imparare, modificare la natura, gestire rapporti sociali in strutture, a questo punto, complesse.

Ci servono gli altri. C’è poco da fare. In teoria ci servono tutti.

Anzi, ci servono anche i geni delle specie diverse dalla nostra, gli animali, le piante, i microorganismi, i virus. L’ecologia è una forma di amore, in questo senso.

La temperatura nel calderone sembra diventata altissima. Ma la raffreddiamo subito.

gli amici

Il numero di persone con cui possiamo interagire, quelle con cui riusciamo a mantenere un contatto personale sembra sia limitato a 150 unità (il famoso numero di Dumbar). Pare sia funzione delle dimensioni della neocorteccia cerebrale.

Quindi dobbiamo sfoltire il gruppo delle persone con cui mantenere relazioni (ovviamente un presupposto per questo amore). Dobbiamo scegliere quelli che ci servono di più. Dosare il nostro amore in modo disomogeneo.

Possiamo tra quelli di sesso opposto scegliere solo i più belli, ad esempio. Tra i nostri figli quelli più promettenti, tra i parenti i più generosi.

Tra i conoscenti quelli più in sintonia con noi. Li chiamiamo amici.

Tra i batteri quelli che fanno lo yogurt e la birra, i virus li escludiamo tutti.

con gli istinti arriviamo qui

Direi che mettendo solo elementi istintivi nel calderone arriviamo fin qui.

La temperatura non è bassissima, ma neanche troppo alta. Il nostro amore abbraccia una cerchia di persone limitata a quelli di cui percepiamo un utilità immediata.

Gli altri diventano rivali.

Istintivamente manteniamo questo livello dinamico. Il risultato di forze antagoniste.

Stiamo chiamando amore qualcosa di istintivo, chimico. Reazioni governate da ormoni. La tenerezza verso i partner sessuali, i bambini, gli anziani. Il senso di compassione verso quello che soffre e, contemporaneamente, il senso di repulsione, magari verso la stessa persona, che può metterci al riparo da malattie. L’aggressività verso i concorrenti sul piano sessuale o quello della sopravvivenza, verso chi non sentiamo parte della nostra tribù.

Temperatura media, quindi, al livello istintuale.

Un po’ di razionalità …

Ok, era il cervello da rettile e da mammifero. Poi è arrivata la corteccia cerebrale. La razionalità.

La temperatura tende a muoversi con movimenti più ampi. Si può alzare molto o abbassarsi drasticamente.

… che scalda …

Si alza perché razionalmente ci rendiamo conto che far parte di un gruppo più ampio ci dà dei vantaggi. Essere parte di un villaggio è meglio che essere una famiglia nomade. Una città grande è meglio di un villaggio, è più ricca, offre opportunità, anche di incontri, di ricombinazioni genetiche, di commercio. Ci rendiamo conto che commerciare può essere più vantaggioso che fare guerre. Insomma, ci sono tensioni razionali che tendono ad allargare il gruppo di persone verso cui proviamo almeno rispetto (difficile chiamarlo amore se si allarga troppo).

Il linguaggio, la scrittura, i media, ci permettono di creare gruppi sempre più allargati, alla faccia di Dumbar. Abbiamo inventato il pettegolezzo (e i social) per avere una misura del giudizio di utilità per la comunità di persone con cui non abbiamo relazioni dirette. “Quello è uno competente”.

… e che raffredda

Allo stesso tempo, con la razionalità arriva la paura, e con essa la guerra. La razionalità delinea l’ego, e crea l’idea di poter sfruttare gli altri. Forme nuove di disamore. Nuovi veleni, razzismo.

Il pettegolezzo funziona nei due sensi. “Di quello non ci si può fidare”

ma il bilancio è positivo

Anche qui bilanciamenti tra forze antagoniste. Ma per il solo effetto di raffinamenti della razionalità la temperatura mediamente si alza.

Noi accettiamo, parlo degli individui di questo secolo, quelli più maturi almeno, che sia un bene includere nel nostro cerchio di amore più persone possibile. Nascono organismi di accordo tra le nazioni, trattati.

Non siamo ancora in una situazione idilliaca: le guerre continuano a esserci, lo sfruttamento dei popoli e delle singole persone pure. Ma stiamo procedendo nella direzione giusta. Anche senza religioni sono convinto che si arriverà a una situazione in cui ideali di pace e uguaglianza saranno linee guida scontate.

La spiritualità come guida a risolvere i conflitti in termini collaborativi

Cosa aggiunge al calderone la spiritualità allora ?

La prima idea che vien in mente è che la persona con una vita interiore più ricca tenda ad andare oltre. Tenda, diciamo, a strafare, ad annullare, in misura più o meno forte il proprio ego a vantaggio del suo prossimo.

Ma di nuovo, questo non è esclusivo appannaggio delle persone aperte ad un ascolto interiore. Ci sono tante persone, al di fuori del perimetro delle spiritualità e delle religioni, che manifestano questa sorta di eroismo, e lo fanno in forza di sensibilità e considerazioni che derivano dalla sfera della razionalità, o semplicemente dalle consuetudini del contesto di appartenenza.

E quindi, di nuovo, qual’è la peculiarità che deriva dalla spiritualità ?

ci arriva prima

Secondo me che tende a farlo prima. Parlo di epoche storiche.

Ho detto sopra che stiamo migliorando. Siamo passati, nel corso della storia, da momenti in cui la prevaricazione e la violenza potevano essere considerate la norma, ad altri in cui quel tipo di comportamento viene stigmatizzato come inappropriato. Da epoche in cui un uomo poteva vedere un suo simile solo come un nemico o un utilità, a forme sociali, via via più complesse, in cui rispetto, altruismo, compassione sono diventate leggi, le insegnamo ai giovani, puniamo chi non le rispetta.

Guerre e prevaricazione esistono ancora, ma ci sono forti tensioni, anche nel mondo laico, per ridurle.

impalcature spirituali

Ma questa costruzione, questa tessitura è molto faticosa. La situazione in cui due persone, due gruppi, decidono di fidarsi l’uno dell’altro, è un equilibrio instabile.

Solo una volta che è stato sperimentato ha qualche probabilità di durare. Se le due parti provano i vantaggi del rispetto reciproco hanno un motivo razionale per restare in quella condizione. Ma, prima di arrivarci, la paura e la diffidenza dovute ai nostri istinti tendono ad avere la meglio. L’uomo con la sola razionalità non riesce a tessere questa tela.

In questa situazione il pazzo, la persona che vede il mondo con occhi diversi, che intravede la pochezza dell’ego, la pochezza del singolo rispetto al tutto, diventa l’ago che guida il filo nella direzione giusta. Il sarto che tesse l’imbastitura. Il sale della terra.

Una volta che quel fragile filo è stato tessuto, altri ne seguiranno, altri intuiranno la forma di quel mondo come potrebbe essere, e metteranno altri fili.

Generazioni dopo generazioni, fino a che uccidere o rubare diventeranno da peccato reato. Fino a che il commercio sostituirà la guerra. Fino a che l’aiuto ai deboli e ai bisognosi, il rispetto per la dignità umana saranno scritti in qualche costituzione. Fino ad un governo mondiale, e, chissà, fino all’abolizione di qualsiasi legge o esercito o polizia, perché le persone si regolamenteranno autonomamente.

La spiritualità come freno all’arroganza della ragione

Ho letto di recente questa Intervista ad Edgar Morin su Avvenire. È molto bella. Parla dell’imprevedibilità della storia. Dell’essere quello che ci accade determinato da fattori troppo complessi per essere capiti in termini razionali.

Mi ha fatto pensare che, in fondo, questo è un altro aspetto importante della spiritualità. Quello di ridare dignità alla pazzia, torno lì. Ridare dignità alle intuizioni, all’accettare che il mondo “ha le sue ragioni”, che non capiremo mai fino in fondo.

Provate a pensare all’amore per i più deboli. È una cosa che razionalmente è piuttosto inconcepibile. È piuttosto facile, anzi, trovare ragioni per sterminare popolazioni intere che riteniamo inferiori. È piuttosto facile trovare motivi per mettere ai margini le persone meno belle, meno intelligenti, meno capaci, meno produttive, meno sane, troppo diverse da noi. In fondo, anche una volta accettato che la cosa importante non è il mio benessere personale, ma il futuro dell’umanità, non sarebbe giusto investire di meno (se non uccidere) quelli che alla costruzione di questo futuro non sono in grado di partecipare ?

Secondo me, anche se magari inconsciamente, chi agisce in senso contrario a questa egemonia degli utili al futuro, sta asserendo che quello che serve alla costruzione di un mondo migliore semplicemente non possiamo saperlo.

La spiritualità può mettere argine a certe follie della ragione.

La spiritualità permea gradualmente la cultura

È interessante vedere che è il metodo stesso della spiritualità che si diffonde. Questo pescare risposte nella nostra irrazionalità interiore. Questo intravedere un mondo migliore, e crederci, creare utopie, passa lentamente, per osmosi, dai pazzi agli altri. Viene accettato come parte della cultura di massa. L’arte ne è un buon esempio, la stessa religione, per certi versi è parte di questo processo.

Ne vediamo tracce in posti insospettati. Avete presente la famosa affermazione di Marx “la religione è l’oppio dei popoli”. Peraltro assolutamente condivisibile: la religione è stata davvero, per lungo tempo, strumento in mano agli oppressori per tenere buono il popolo degli oppressi. Forse non tutti hanno letto la frase completa a cui questa citazione appartiene:

La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli.

Come dire: la religione è un male perché partecipa a soffocare la spiritualità. L’uomo non oppresso, quello i cui bisogni di base sono soddisfatti, compreso quello della libertà, è naturalmente portato a una vita interiore ricca. La religione sostituisce artificialmente questo ossigeno con una finzione, con un aria viziata appena sufficiente a tenere la gente viva e tranquilla.

I profeti che vedono il passato

La religione racconta spesso scoperte spirituali del passato, che ormai sono state, almeno in parte, digerite dalla cultura, e suonano prive di novità.

Come una guida alpina che descrive passaggi più in basso, quelli che buona parte della cordata ha già attraversato.

Un esempio fra i tanti possibili: avete presente il famoso passo del vangelo (questo è Matteo)

se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?

Non vi suona un po’ banale ?

Non voglio dire che tutte le persone di questo mondo vivano secondo questi principi. Non è difficile individuare molti, anche tra i nostri politici, che sembra non li abbiano capiti (e paradossalmente sono tra quelli che difendono un certo tipo di religione). Ma, a parte questi casi perversi, oggi è facile trovare tantissimi laici e atei che guardano ai rivali, ai nemici cercando di capire le loro motivazioni. La gentilezza, il salutare tutti, “mi casa es tu casa”, sono tratti ormai caratteristici dell’uomo moderno. Magari non è proprio amore, ma basta a togliere alla frase sopra il potere esplosivo che quelle stesse parole potevano avere duemila anni fa.

Il tesoro sepolto in un campo

Ecco, credo che tutto questo ci aiuti a capire un po’ di più di cosa è davvero la spiritualità. Di cosa quei pazzi che mettono insieme i loro sogni stanno vedendo.

Vedono un mondo in cammino e vedono che la destinazione non è visibile. Che siamo guidati, ma non sappiamo verso dove.

Vedono, un’umanità che può diventare diventare alveare.

Vedono gli individui assaporare questa situazione di equilibrio instabile perdurare.

Vedono un mondo in cui ogni singolo potrebbe facilmente bloccare l’ingranaggio. Ma non lo fa, perché nessuno può più rinunciare alla bellezza di quell’ormai assaporato regno di Dio.

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Omelia di Pasqua 2020

Resurrezione
Resurrezione

Se non credi che Gesù sia risorto è dura scrivere un’omelia di Pasqua. Ma ci provo.

Il racconto della morte

La celebrazione che la chiesa fa nel giorno di Pasqua è incentrata sulla resurrezione di Gesù di Nazareth.

giovanni

Le letture proposte in questo giorno raccontano della scoperta della tomba aperta, lo sconcerto iniziale e l’atto di fede conseguente, in cui accettano l’idea che sia davvero risorto.

Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

In effetti ci mettono un po’ a decidersi per quella spiegazione.

La domenica di Pasqua per i primi discepoli non è stato un giorno di festa. È stata la scena iniziale di un giallo. Trovano la tomba vuota e non sanno cosa pensare. Belli i dettagli raccontati da Giovanni: le bende per terra, il sudario ripiegato in un angolo, il correre dei discepoli ad avvertire l’un l’altro, il correre al sepolcro a vedere coi propri occhi. Cosa ? Una tomba vuota.

Giovanni è piuttosto stringato nel racconto.

matteo

Matteo è più ricco di particolari: racconta che già il giorno prima Pilato aveva fatto mettere una guardia di fronte alla tomba, sigillata, “perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E’ risuscitato dai morti”. Quasi un’excusatio non petita.

Matteo racconta poi che le donne, al mattino della domenica vedono un angelo che fa rotolare la pietra della tomba, tramortisce la guardia e racconta loro che Gesù è risorto.

Matteo ci racconta poi il subdolo piano dei sacerdoti:

si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia». Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi.

marco e luca

Il racconto di Marco è meno roboante. L’angelo c’è anche qui, ma non ha l’aspetto di Superman, è un giovincello vestito di bianco, ben lavato e mite, che racconta alle donne che Gesù è risorto, e raccomanda loro di andarlo a raccontare agli altri. Guardie non ce ne sono.

Il racconto di Luca è molto simile, ma gli angeli sono due.

Il dopo resurrezione

All’inizio, quindi, sembra che a credere nella resurrezione siano state solo le donne. Anche Pietro in tutti i racconti è piuttosto perplesso.

Dai brani che nei vari vangeli raccontano il dopo resurrezione si vede che i discepoli cominciano a credere nella resurrezione perché, in vari modi, incontrano, molti di loro almeno, il Gesù risorto. E sono racconti strani, perché, in genere in questi incontri Gesù non è riconoscibile. Parlano con lui e non si rendono conto che è lui, fino a quando, nel loro intimo, non si rendono conto di averlo incontrato.

Il significato

Anche nei vangeli, quindi, la resurrezione avviene in un’altra dimensione. Avviene nel cuore delle persone. Ha un significato molto particolare. Sintetizza davvero l’insegnamento di Gesù, la fiducia in un Dio buono, che parla con gli uomini. Ma parla loro nel profondo del cuore.

Quello che ci resta oggi sono questi frammenti disaggregati di un racconto. Immagini confuse, suggestioni a cui possiamo dare un senso, se lo vogliamo, solo risalendo a quella fede (brutta parola, consumata), a quella fiducia che il mondo intorno a noi ha un senso, che c’è un intelligenza che non possiamo comprendere, se non in piccola parte, che governa le cose.

Alla fiducia che questa comprensione del mondo è maggiore nella parte non razionale del nostro pensare.

La possiamo sentire questa fiducia. C’è un Dio e ci parla, ma parla molto più forte nel nostro intimo che nella nostra razionalità.

carte false

Credo che la chiesa, soprattutto da San Paolo in poi, abbia fatto letteralmente carte false per dimostrare eventi sorprendenti, che sfidano le leggi fisiche.

Ma tutto questo sforzo immane di dimostrare l’indimostrabile ha finito per offuscare la bellezza di quello che era veramente successo.

guardare il dito e non la luna

Gesù, secondo me è stato un grande uomo, che ci ha mostrato un Dio di cui ci si può fidare.

Ci ha mostrato un modo di essere umani molto bello, in sintonia con questa fiducia.

Ma Gesù era il dito, non la luna.

Che lui sia veramente morto quel venerdì, e che il suo corpo abbia seguito il naturale corso degli eventi biologici, niente toglie alla bellezza di quello che ha detto, allo splendido esempio della sua vita.

La vera resurrezione

Ho messo in cima quell’immagine del soffione. L’ho scattata stamattina nel prato davanti a casa.

Mi piace molto perché credo sia quella la vera Resurrezione. Quella che avviene tutte le primavere. Le piante che credevamo morte che tornano a sorprenderci con la loro bellezza, gli animali e gli uomini che nascono. Le idee che si accavallano confuse e ne producono altre, sempre più belle.

Il corpo di Gesù sarà stato divorato e rimescolato come quello di tutti, dai piccoli animali e dai batteri. Qualche pianta se ne sarà avvantaggiata. Qualche animale avrà mangiato quelle piante, e, dopo duemila anni, è quasi sicuro che qualche atomo che ha fatto parte del suo corpo giri oggi nel nostro sangue, nei nostri muscoli.

Non è già una bellissima Resurrezione ?

Fede

K. Gibran

La fede è il senso del cuore, come la vista è il senso dell’occhio.

Forse sono un po’ infastidito proprio dalla parola Fede. La frase citata sopra, di K. Gibran, me la fa un po’ rivalutare. Il senso del cuore. Proprio bello. Ma credo che non venga intesa così dalle persone che si professano religiose. Credo che per loro non sia un senso del cuore, ma un parto del cervello. La fede, come è comunemente intesa è una decisione razionale. Provo ad indagare tra i miei ricordi, visto che ci sono passato. Direi che era uno scommettere su una cosa o un’altra. Pascal. Sarà vero quello che mi stanno raccontando o no ? E su che elementi baso questa decisione ? Persone che stimo ci credono. Migliaia di anni di storia, milioni di persone nel corso dei secoli. Elaborazioni infinite. Autorità, gerarchie, regni. D’altra parte milioni non ci hanno creduto. Eroi e martiri su entrambe le barricate. Santi ed eretici.

Anche gli eretici hanno avuto fede, sono morti per quello in cui credevano. Qual’è la differenza ? Che quelli che oggi detengono la versione ufficiale, quelli che hanno ereditato il simbolo del partito, hanno vinto. E quindi ti raccontano la storia dal loro punto di vista. Raccontano che la Chiesa è stata fondata direttamente da Dio, dire che quello era un uomo la sminuirebbe, traballerebbe tutto il castello. Per carità, tutto il rispetto per chi si sente di aderire a questo tipo di spiegazione. A me non dice più niente. Anzi, penso che faccia del male. Perchè lo confronto con la fede-senso-del-cuore. Probabilmente non ce l’hanno tutti questo senso. Anzi, credo decisamente in pochi. Forse è genetico: o lo senti o no. C’è chi non distingue il rosso dal verde, e c’è chi non sente il bisogno di chiedersi che ci facciamo qui. O gli viene facile accettare una spiegazione di comodo, il caso forse. Ma la storia di un Dio che in milioni di anni di storia, milioni di pianeti forse abitabili, abbia scelto un posto specifico nel tempo e nello spazio, un popolo di pastori, e in quell’ambito un uomo particolare. Abbia scelto di veicolare la storia di quell’uomo infiltrando organizzazioni terrene, come l’impero romano, creando infine uno stato, con una banca, e abbia stabilito che il capo di quello stato fosse il tramite diretto verso di lui … per favore ! Sembra la trama di qualche pessimo film su qualche dittatura sudamericana. La fede-senso-del-cuore, non può accettare queste cose. Brucia. Vuole capire. Capire col cuore, non col cervello. La razionalità qui non può avere il primato. Il cuore lo sente il Dio che parla. Qualche cuore, almeno: genetico.

Homecoming

Tempo fa ho letto un meraviglioso romanzo di Orson Scott Card (in effetti una serie di cinque romanzi, una saga). Si chiama Homecoming. Purtroppo sembra sia stato tradotto in italiano solo il primo libro. Parla di un pianeta, Harmony, popolato da gente fuggita dalla Terra per evitare qualche catastrofe incombente. Gente con tecnologie molto avanzate. Arrivati sul pianeta decidono che il problema più grosso dell’umanità, quello che ha provocato la distruzione del pianeta nativo, è l’incapacità di coniugare il progresso tecnologico con l’armonia tra i popoli. L’istinto di prevalere, la guerra, unita a capacità di distruzione oltre misura condannano l’umanità all’estinzione. Per ovviare a questo rischio pianificano un esperimento sociale: manipolano geneticamente i loro discendenti in modo che le loro decisioni e l’acquisizione stessa di conoscenze sia sottomessa all’approvazione di un computer.

L’Oversoul, questo è il nome che viene dato dai loro discendenti al computer, controlla tutti i cervelli umani del pianeta. Raggiunge queste antenne biologiche nella corteccia cerebrale di ognuno attraverso una rete di satelliti che circonda il pianeta. Per gli umani, per la percezione che ne hanno, l’Oversoul è Dio, con tanto di ordini religiosi da cui viene venerato,e riti e credenze varie. La missione dell’Oversoul è di impedire all’uomo di sviluppare qualsiasi cosa possa servire a scatenare guerre su scala geograficamente ampia. L’uomo non può inventare/costruire armi, ma neanche mezzi di trasporto di massa, perchè permetterebbero a truppe di un paese di assalirne un altro. In compenso il mondo è avanzatissimo, esistono i computer e le università dialogano attraverso una rete. Questo stato di cose deve durare fino a che l’uomo non sviluppi la capacità di evitare la violenza, di scegliere il dialogo come mezzo di risoluzione dei conflitti. La narrazione della vicenda si svolge 40 milioni di anni dopo. L’uomo è ancora come prima, Scott Card è molto pessimista. L’Oversoul dovrebbe continuare il suo compito, ma non può più. I coloni originari non pensavano ci potesse volere tutto questo tempo. I satelliti cominciano a rompersi o a cadere, gli organismi umani evolvono geneticamente sviluppando individui sempre più sordi a questa ingerenza dell’Oversoul. Il computer elabora un piano per uscire dalla situazione. Nel corso di diverse generazioni manovra le persone in cui queste antenne biologiche sono più sensibili, in modo che si incontrino e generino figli sempre più capaci di comunicare con questa macchina-Dio. Tutto questo si scopre tardi nel romanzo. La storia viene raccontata con gli occhi dei protagonisti, che sono l’apice di questa selezione genetica. Nafai, il personaggio principale, può dialogare direttamente con l’Oversoul. Io trovo che questa fantareligione costruita da Scott Card sia un buon paradigma di quello che avviene in realtà. Non so se ci sia un Dio che direttamente seleziona la gente per amplificare queste antenne, non sono neanche sicuro che questa sensibilità per il trascendente costituisca un vantaggio evolutivo, ma mi piace pensarlo. Penso che qualcuno abbia queste antenne più sviluppate di altri, e chiami Fede una cosa diversa dalla scommessa di Pascal. Per queste persone il mondo spirituale è una cosa che si sperimenta, che ha a che fare con l’arte, con l’intuito. Insomma col cuore.

See

Un’altra bellissima parabola di questo concetto di fede come risultato della combinazione genetica, è una serie tv apparsa in questi giorni su Apple TV Plus, la piattaforma di streaming lanciata da Apple. La serie si chiama See.

La storia racconta di un virus che ha decimato l’umanità lasciando i pochi superstiti completamente ciechi. Tantissimi anni dopo esiste una civiltà di gente che ha completamente dimenticato il senso della vista. Qualche leggenda ne parla, ma nessuno riesce a immaginare cosa davvero potesse essere. Molti non ci credono. Chi ne parla viene bollato come eretico. Ci sono state evoluzioni genetiche che hanno portato alcuni individui ad amplificare la portata degli altri sensi. Persone con udito finissimo o un olfatto particolarmente sensibile vengono usate nelle guerre per sentire l’avvicinarsi di eserciti nemici. Qualcuno è in grado di percepire a distanza sentimenti come l’odio. Quasi tutti sono in grado di muoversi agevolmente anche in ambienti non conosciuti, sanno percepire un burrone sul loro tragitto. Quasi tutti riescono a capire se un interlocutore mente.

In questo mondo nasce per caso un uomo che ci vede. Dà vita a due bambini anche loro in grado di vedere. E devono nascondersi dal resto del mondo che ne ha paura, perchè non capisce cosa possa essere questo vedere.

Credere

Penso che, almeno in parte, queste due storie non colgano esattamente il punto. La fede, questo senso-del-tutto di cui qualcuno è più dotato di altri, non rappresenta un vantaggio evolutivo individuale, almeno non così diretto. I protagonisti vedenti di See possono usare armi come l’arco e le freccie che sono preclusi agli altri, i protagonisti di Homecoming ricevono direttamente dall’Oversoul indicazioni che li proteggono dai pericoli e li guidano nel raggiungimento della loro missione. É bello pensare che vantaggi simili siano in qualche modo offerti anche ai credenti, ma il punto principale non è questo. La fede non serve a diventare superman.

Mi piace pensare che il vantaggio evolutivo ci sia, ma sia di gruppo. Una società ricca di individui che regolano le loro scelte tenendo conto di una visione più ampia è destinata a prosperare rispetto ad una in cui prevale una visione egocentrica.

La Chiesa e la sua crisi

Ultimamente la crisi della Chiesa è visibile a tutti. In genere, soprattutto dai cattolici, viene attribuita a fatti recenti, come la pedofilia, qualcuno la vede come risultato del non aver saputo adattarsi ai tempi moderni (sacerdozio femminile negato, celibato non più attuale/sostenibile). Probabilmente questi aspetti hanno contribuito all’accelerazione del fenomeno dell’abbandono di tanti fedeli, ma secondo me la questione ha radici più profonde e antiche.

La chiesa ha sempre avuto tante correnti, e tanti sono stati nel corso della sua linga storia i tentativi di rinnovamento, di riscoperta del valore fondante, ma bisogna dire che la chiesa main-stream ha da sempre avuto un carattere ben lontano da qualsiasi cosa chiunque possa capire del messaggio a cui la chiesa stessa si ispira leggendo un qualsiasi vangelo.

Gesù di Nazareth predicava la precarietà, la povertà nel senso di abbandono delle preoccupazioni legate alla sopravvivenza (“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?”, Matteo 6), di abbandono addirittura delle preoccupazioni legate alla diffusione del messaggio (pensate al discorso sui servi inutili in Luca 17, o al “non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” in Matteo 10).

A fronte di questa preoccupazione la Chiesa si è sempre data un gran daffare per accumulare denari (per la propria sopravvivenza), ad accumulare potere (per diffondere il messaggio), ad accumulare pensieri, dogmi (perchè il messaggio trasmesso fosse solo quello delle gerarchie, perchè lo Spirito neanche si sognasse di parlare per bocca di qualcun altro). Insomma, se c’è una cosa che la Chiesa non ha mai avuto è stata la Fede.

La dottrina cristiana, in particolare quella cattolica (la riforma protestante ha avuto il merito di provare a scrollarsi di dosso alcune di queste incrostazioni) è un castello di insensatezze, partorite da anime cupe, spaventate dalla natura umana, in particolare dalla sessualità, e in genere tese a giustificare sè stesse e la struttura terrena e di potere temporale della Chiesa.

Il concetto base di questo castello di idee è il concetto di salvezza. Secondo la dottrina ufficiale l’uomo nasce dannato, per una colpa commessa dai suoi progenitori, e la persona di Gesù è il Dio mandato tra gli uomini a compiere un estremo sacrificio per togliere questa colpa, per salvarci da questa macchia originale. Perchè un Dio (che si suppone sano di mente e soprattutto buono) avrebbe dovuto architettare una cosa così strampalata non è dato di saperlo. Come questi concetti trovino radice nei pochi scritti che ci sono arrivati della predicazione di Gesù non è chiaro, come non è chiaro dove avrebbe detto ai suoi discepoli di fondare una Chiesa con struttura feudale. Se da un lato la famosa frase “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa” è quanto meno una traduzione sbagliata (il termine greco tradotto come pietra è in effetti ciotolo, non roccia, il termine corretto avrebbe avuto tutt’altro senso) poco si concilia con tutto il resto della predicazione di Gesù (vedi ad esempio frasi come “Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.” Matteo 23).

Non possiamo sorprenderci oggi che questo edificio di assurdità (in mancanza di un messaggio sensato lo si è sostituito con formule vuote ammantate di dogmatismo e imposte alla religiosità popolare con l’infallibilità della gerarchia) collassi. La cosa triste è che essendo stata percepita come l’emblema, il fulcro della religiosità rischia di portarsi dietro, in questo crollo, tutto quanto di bello c’è nel messaggio dei vangeli e nella spiritualità in generale.

Il Vangelo di Marco

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono, di chi penso non fu altri che un uomo, come Dio passato alla Storia.

Ma inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore, perdonando con l’ultima voce chi lo uccise tra le braccia di una croce.

(Si chiamava Gesù – Fabrizio De Andrè)

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Riprendo la chiacchierata sulla religione cristiana iniziata con la Trinità. Dicevo lì che mi piaceva l’idea di un Dio che volesse comunicare con l’uomo, e scegliesse di farlo attraverso due meccanismi che riflettono due dimensioni concentriche dell’uomo: la parola, la storia, il racconto, per parlare alla razionalità umana e lo spirito, l’intuizione, per parlare al nostro inconscio.

Vorrei ora cercare di indagare su quello che questo Dio sta cercando di dirci partendo dalla più ufficiale di queste comunicazioni: i Vangeli, l’annuncio della Buona Novella.

Cosa sono i Vangeli ? parlano alla nostra razionalità o al nostro inconscio ? Credo parlino a entrambi: sono razionalità in quanto racconti, in quanto documenti storici, sono intuizione perché li hanno scritti uomini inspirati, con un messaggio, una passione da comunicare.

Piccola premessa

Prima di iniziare vorrei esprimere chiaramente il mio punto di vista su Gesù di Nazareth e sul cristianesimo in generale. Quello che farò, sarà cercare conferme a questa tesi, o comunque elementi che analizzerò con questi occhiali. Mi sembra giusto, quindi, esplicitarli.

Non credo che Gesù sia stato un Dio incarnato, non più di quanto lo possa essere ognuno di noi. Non credo abbia fatto miracoli, se non quelli nelle corde di un bravo guaritore, non credo sia risorto fisicamente. Credo sia risorto come presenza, ricordo, come qualsiasi persona cara continua a vivere in chi l’ha amato. Non credo abbia voluto creare una Chiesa e non credo abbia voluto istituire l’eucarestia se non come ricordo di lui.

Credo ad un disegno divino, mi piace pensare a Gesù come persona ispirata che ha voluto comunicarci la sua, preziosa, percezione di Dio.

E, d’altra parte, credo che tutto quello che succede faccia parte di questo disegno, compresa la Chiesa, con i suoi sbagli e i suoi ravvedimenti.

Marco

Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

(Marco 50-52)

Probabilmente Marco era quel ragazzo, che da giovane ha partecipato ad un evento straordinario. Uno straordinario momento di terrore. Non ci sarebbe stato altro motivo per inserire il particolare della presenza alla crocifissione di questo ragazzino, se non il desiderio di firmare il suo lavoro, di dire “io ero lì”.

Questo vangelo pare sia stato scritto dopo il 70 d.c., più di quarant’anni dopo i fatti che racconta, o forse dopo ancora. È il vangelo più antico, in parte gli altri due vangeli storici, quello di Matteo e Luca hanno copiato di qui.

Il Vangelo di Marco è lungo 22 pagine (pdf, traduzione CEI), si legge molto in fretta, e leggerlo è come maneggiare un antico vaso, frantumato e ricostruito mille volte, con inserti e materiali diversi.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

(Marco 20)

Quella sopra è la fine del racconto. Sembra dire che la Parola è centrale, ma, paradossalmente non si trova granché traccia del messaggio di Gesù nel racconto stesso. Sembra stato scritto con l’intento di inanellare alcuni fatti importanti, quasi un Bignami ad uso della comunità. È destinato a gente che sapeva già tutto, aveva solo bisogno di un manuale, un testo di riferimento, lo scheletro di un racconto che veniva fatto oralmente.

Lettura

Volevo provare a sintetizzare il racconto, ma è già talmente stringato e conciso che diventa difficile. Mi limito ad accennare ad alcuni aspetti che mi hanno colpito.

Gesù appare dal niente, l’unica notizia su di lui è che arriva da Nazareth. Il ritmo del racconto è molto concitato, succedono un sacco di cose già nella prima pagina.

Sembra che Gesù passi il tempo a nascondersi, a fuggire dalla folla che lo assedia continuamente per le sue abilità di guaritore. Sembra che lui però, consideri più importante guarire la gente dai mali interiori (Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati) che da quelli fisici, le guarigioni fisiche servono “affinché voi crediate”.

Ci sono molti passi assai poco comprensibili. Molte cose hanno un qualche senso col senno di poi, sembrano confermare la dottrina che maturerà in seguito la Chiesa, ma all’epoca non si spiegano. Aggiunte successive, probabilmente, come quando chiedono a Gesù perché i suoi discepoli non digiunano e lui risponde che finché lo sposo è presente si festeggia.

Quasi da subito i farisei (la Chiesa dell’epoca) cominciano ad accusarlo di nefandezze con la storia del sabato (perché raccoglievano spighe camminando) e il Nostro risponde che il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato. Curiosa espressione “figlio dell’uomo”. Alla terza pagina farisei e erodiani hanno già deciso di farlo morire. Da quelle parti erano tosti già allora.

A ritmo serrato Gesù si porta avanti col lavoro e dei tanti che lo seguivano ne scegli dodici (il salotto buono), è uno lo sbaglia, Marco crea la suspance da subito (“… e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.”).

Il racconto è infarcito di concetti dati per scontati, ma mai introdotti o spiegati. Si parla ad esempio di “bestemmie contro lo Spirito Santo”, ma cosa sia questo Spirito Santo non viene detto. Si parla di Satana, ma non ci viene detto chi è. È da notare che Satana è pochissimo presente nella Bibbia ebraica, dove non ha questo ruolo centrale di oppositore ufficiale di Dio. Solo nel nuovo testamento diventa protagonista.

Gesù si esprime in parabole, che è un bel modo di dire le cose. Racconta delle storie. Stranamente ci tiene a presentare la cosa come se fosse un linguaggio criptico, che può comprendere solo quello a cui viene spiegato. E infatti comincia a spiegare le parabole al suo salotto buono dopo averle dette a tutti. L’idea che mi son fatto è che Gesù presentasse davvero qualcosa di difficile da capire, talmente difficile che neanche i suoi discepoli, nonostante le spiegazioni, l’abbiano davvero compreso. A noi quindi è arrivato il meccanismo ma non il contenuto, rimpiazzato, quest’ultimo, da qualcosa di più banale, quello che i discepoli sono riusciti effettivamente a capire.

Comincia qui a parlare del Regno di Dio, che parte come piccolo seme e cresce, ma, a parte illustrarci il meccanismo di crescita non ci dice cos’è questo regno di Dio. Sembra comunque una cosa destinata a succedere in tempi brevi.

Episodi come quello dell’indemoniato lasciano perplessi. Il diavolo si fa chiamare Legione perché sono in molti lì dentro. Chiedono e ottengono, i demoni, di potersi insediare in una mandria di maiali lì vicino, e i maiali si buttano nel lago. Difficile dare un senso a questa cosa, salvo voler mostrare un Gesù che fa cose straordinarie (anche se poco sensate) e comanda su mondi oscuri. Di segno opposto, ma ugualmente incomprensibile è l’episodio della trasfigurazione.

Intanto gli apostoli cominciano ad andare in giro per conto loro, a predicare e guarire e tornano da Gesù a raccontare com’è andata. Arriva tanta gente, moltiplicano pani e pesci per sfamarla. I farisei fanno notare che non si lavano le mani prima di mangiare e Gesù fa loro notare che il loro rispetto delle regole è più formale che sostanziale. Alcune situazioni sembrano andare oltre le capacità degli apprendisti guaritori e Gesù spiega che «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». Sia questa catalogazione dei demoni che la cura vengono lasciati sul vago.

A questo punto iniziano le beghe tra i discepoli su chi deve primeggiare, non sono ancora finite ora. Gesù prova a dire che il primo deve essere il servitore di tutti, ma deve essere una delle tante cose che non son state capite.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

Altro passo strano: non viene spiegato questo scandalo in cosa consiste, ne come fanno una mano, un occhio, un piede a provocarlo. Però interessante questa menzione di un luogo di pena eterno e molto caldo. La Geènna era semplicemente una discarica vicino a Gerusalemme, paragona quindi l’inferno ad un immondezzaio.

L’intervista

  • Grazie di aver accettato.
  • Figurati, mi è sembrata una cosa interessante. Non capita spesso.
  • Parliamo di Marco. L’hai conosciuto ? L’ha scritto davvero lui questo testo ?
  • Era un ragazzino che seguiva il nostro gruppo. Non mi ricordo di lui, erano in tanti. È stato, come tanti, scioccato da tutto quello che è successo: il passaggio brusco da un momento di euforia alla tragedia. Stavamo costruendo un bel momento. Un modo di vivere diverso, che dava un senso alla vita, un posto in cui diventava più importante il senso dello stare insieme rispetto ai drammi, alle pulsioni dei singoli. Ma questo si è scontrato con quelli che di mestiere dicevano agli altri come si vive. Si sono sentiti defraudati del loro potere e ci hanno fermati.
  • Beh, non ci sono riusciti, in fondo.
  • Ci sono riusciti eccome. La Chiesa di oggi è una perfetta replica di quella di allora. Comunque, tornando al testo, l’ha inizialmente scritto lui, ed era giusto una serie di note che usavano nella comunità come traccia per raccontare quello che era successo. In pochi avevano davvero iniziato a capire di cosa parlavo, ma sentivano che c’era qualcosa di importante e avevano voglia di diffonderlo. Alla fine il racconto si è impregnato di quello che via via hanno creduto di capire.
  • Quindi è da buttar via ?
  • Niente è da buttar via. Riflette comunque la storia di un pensiero, tutto sommato pieno di buone intenzioni. Certo, di quello che ho provato a insegnare c’è rimasto poco.
  • Facevi davvero miracoli ?
  • Guarivo la gente, ai tempi i dottori non erano granché bravi.
  • Ma i modi in cui li guarivi sono oggi incomprensibili alla scienza.
  • La medicina di oggi ha esplorato alcune strade, impensabili allora, ma ne ha accantonate altre, che pure erano promettenti. Credo che, per paura dei ciarlatani, abbia buttato un po’ il bambino con l’acqua sporca. L’essere umano ha capacità immense di autoguarigione, capacità che la medicina, finora, non ha analizzato granché. E ci sono anche potenzialità per una persona di guarirne un’altra. Non siamo organismi singoli, neanche fisicamente, siamo un tessuto. Ci influenziamo l’un l’altro. Non noti mai che vicino a certe persone “stai bene”? Questa capacità di guarirsi e di guarire può essere incrementata, la meditazione è un elemento fondamentale, ad esempio, come lo star bene insieme, anche a fare festa.
  • Ma tu queste cose dove le hai imparate ?
  • Ho viaggiato parecchio, soprattutto verso est. Da quelle parti avevano già fatto molta strada in questo senso. E c’erano gruppi dalle mie parti che approfondivano quel tipo di cultura.
  • Gli Esseni ?
  • Anche. Non sono mai stato parte di nessun gruppo, è un ambito in cui il progresso è sempre molto individuale, ma li frequentavo, sì.
  • Sei davvero risorto ?
  • Direi di sì, visto che sto parlando con te …
  • No, voglio dire fisicamente
  • Quale delle due cose pensi sia più importante ?
  • Mmm. Perché pensi che la Chiesa abbia insistito così tanto su questo punto ?
  • La morte fa molta paura se ti identifichi completamente con la tua individualità. Non tanto quella fisica, anche quella mentale, le tue percezioni. Noi non vediamo le percezioni, i pensieri, degli altri. Vediamo la loro fisicità e deduciamo i loro pensieri basandoci sulle espressioni dei loro corpi. Quando i corpi cessano di muoversi e si disgregano non sappiamo più cosa dedurre rispetto ai pensieri. Stiamo solo guardando dalla parte sbagliata. Di fatto siamo circondati da resurrezione da tutte le parti. I semi che marciscono e fanno rinascere le piante, gli animali e gli uomini che fanno figli, le idee che si mescolano e ne fanno nascere di nuove.
  • E quest’idea di Dio Padre come ti è venuta ?
  • Se inizi a percepire il mondo come una cosa bella, ricca. Se cominci a cogliere il tessuto di cui parlavo prima, le relazioni tra le persone, tra le cose, questa magia che respiriamo, non puoi né pensare che venga fuori dal nulla, né che non abbia un fine buono. Il minimo che possiamo pensare di questo assoluto è che abbia un senso.
  • Hai visto Matrix ? E’ un altro tipo di spiegazione
  • Sì, è quella di Kant, per altro. Ma non nega la mia, se ci pensi. Da una parte le macchine sono state create da qualcuno, quindi, indirettamente, torniamo al concetto di Creatore, e poi il fatto di vivere in un mondo illusorio è esattamente il centro della mia predicazione: smettere di percepirsi come individualità e accorgersi di quanto invece siamo parte di un organismo è la vera pillola rossa.
  • Bene. Grazie della chiacchierata. Posso invitarti a proseguirla con i prossimi vangeli? Ci sono tanti altri aspetti che vorrei affrontare.
  • Molto volentieri.