Scienza, Omeopatia e Fedi

Photo by Artem Maltsev on Unsplash
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Nel Post precedente ho accennato all’Omeopatia, più come spunto per parlare di altro che con la reale intenzione di parlare della sua validità o meno. Vic e PG hanno fatto commenti, piuttosto vivaci direi, su questo secondo aspetto. Visto che non sono d’accordo con la loro visione della faccenda provo a dire quello che penso a riguardo.

ciarlatani

La critica più forte che viene fatta all’Omeopatia, come a tutte le Medicine Alternative è quella di sfruttare l’ingenuità delle persone per propinare tecniche di guarigione che non guariscono o, guariscono quello che si sarebbe comunque messo a posto da solo o con un miglioramento dovuto all’effetto placebo. Questo in contrasto con la Medicina Ufficiale che cura secondo pratiche sancite come valide dalla comunità medico scientifica.

Se la guardiamo in questi termini la validità di un sistema rispetto all’altro risiede nell’affidabilità dell’ente che sancisce quali cure sono efficaci e quali no.

Proverò a parlare anche della validità oggettiva della Medicina, e di quello che la Scienza può effettivamente dire di sapere o non sapere, in generale e in particolare sul funzionamento del corpo umano. Ma ci tengo a far notare qui che non stiamo parlando di quello. Chi giudica se una pratica medica è da considerarsi lecita o meno non è un’oggettività scientifica. Chi giudica sono istituzioni umane, con interessi economici, politici, di ambizioni personali, di rivalità con altre istituzioni. Siamo né più né meno sullo stesso livello delle leggi. Le decisioni sono prese in gran parte in base ai rapporti di forza tra le parti.

Ma guardiamo più da vicino i vari aspetti.

guariscono ?

I medici tradizionali guariscono ?

Se mi fratturo una gamba o mi viene una polmonite o peggio, sicuramente non vado da un omeopata. Vado da un dottore, faccio le analisi del caso e seguo le cure. E sono anche contento che esista un organismo che si è assunto il compito di verificare che i farmaci che mi danno siano appropriati e non facciano danni eccessivi. Questo per premettere in chiaro che non voglio buttare merda sulla medicina ufficiale o sulla classe medica e neanche sulle istituzioni legali che governano il loro agire.

Detto questo ci sono parecchie patologie rispetto alle quali la Medicina sembra dover fare ancora molti passi avanti.

Visto che questo è il mio blog personale e sto parlando di una mia opinione voglio citare un caso personale. Da qualche mese ho un problema a un occhio, un opacità del vitreo, farfalle nere che svolazzano e rendono la visione fastidiosa, il tutto, a volte, accompagnato da lampi di luce a fronte di movimenti bruschi.

Sono andato da un oculista. A pagamento perché prenotando col servizio sanitario nazionale si andava troppo per le lunghe. Visita non conclusiva, serviva un esame della retina. Fatto a pagamento anche questo, sempre per i tempi lunghi. Di nuovo visita e il responso è stato che non c’era distacco della retina, sulla causa dei lampi la risposta è stato qualche borbottio indistinto, il problema delle farfalle volanti liquidato con un “deve bere tanto”.

Nessun accenno al perché due problemi a suo dire slegati si siano presentati nello stesso momento. Nessun accenno a una possibile causa sistemica del problema, una patologia di altri organi o mentale che finisce per manifestarsi sull’occhio prima che da altre parti.

Dopo aver bevuto per due mesi un sacco di acqua e averne tratto scarso giovamento sono partito per il Camino de Santiago. Il problema è completamente scomparso nei primi giorni e me n’ero completamente dimenticato. Ora che son tornato da qualche settimana accenna a ripresentarsi.

Da tutto questo mi viene da estrarre una serie di dubbi:

  • Magari questo medico non era abbastanza competente. Cosa dovrei fare ? Provarne un altro ? Devo provarli tutti ? Le istituzioni che dichiarano ciarlatani gli omeopati non dovrebbero bacchettare sulle mani anche i medici incapaci e indicarmi quelli bravi ?
  • Sul Camino accadono veramente i miracoli ?
  • Ha davvero fondamento il proverbio “Nasciamo tutti con due dottori: la gamba destra e la gamba sinistra” ?
  • Non è che il problema è proprio l’esistenza degli specialisti ? O che questi prima, o oltre, il cercare malfunzionamenti degli organi di cui sono più esperti dovrebbero ipotizzare anche problemi generali, non escludendo quelli psicologici. Insomma i medici tradizionali non dovrebbe imparare dagli omeopati a essere più olistici ?
  • Non è che la medicina è capace di curare solo le malattia gravi ? Quelle in cui anche un intervento grossolano e con side effects notevoli sull’organismo è preferibile a tenersi il problema ?
  • Non è che la medicina non ha capito molto del funzionamento del corpo umano ? Soprattutto delle interazioni tra corpo e mente ? E se è così ha davvero il diritto di ergersi a giudice di chi cerca strade parallele ?

le medicine alternative guariscono ?

Non ho grandi aneddoti da citare a questo proposito. Mi sono rivolto a guaritori non ufficiali in svariate occasioni per problemi minori e devo dire di averne sempre tratto giovamento, se non altro perché ho sempre trovato persone che ti trattavano come un essere completo non come un lego in cui cercare il mattoncino rotto. La guarigione può essere stata frutto di effetto placebo, non lo so. Ma se così fosse non è una cosa che anche la medicina ufficiale dovrebbe imparare ad usare ? Se l’effetto placebo guarisce non dovrebbe essere studiato e usato ?

il ruolo della scienza

La Scienza come la intendiamo oggi nasce nel 1500 da un profondo atto di umiltà dell’essere umano. Nasce dall’avere qualcuno finalmente ammesso che non sapevamo niente e che dovevamo costruire il sapere partendo dall’osservazione dei fenomeni, dalla formulazione di ipotesi che le spiegassero e prove empiriche che confermassero o smentissero queste ipotesi.

Può questo processo avere una fine ? Può arrivare un momento in cui dichiareremo di aver compreso tutto ? Qualcuno è convinto di sì, ma si tratta di una Fede, non di un’evidenza scientifica. E se non è così, o finché non sia così, finché non si arrivi a dar conto di tutto, quanto possiamo considerare certo di quello che abbiamo imparato ? Non dobbiamo essere sempre pronti a buttar via tutte le conoscenze acquisite perché un fatto nuovo mette in crisi l’intera struttura ? Non è successa una cosa del genere con Einstein rispetto alla fisica Newtoniana ?

Davvero la Scienza può affermare che una determinata spiegazione di un fenomeno non può essere vera ? O non si deve limitare a dire per quanto ne sappiamo oggi non è dimostrabile ? E se è così non assume un peso rilevante nella costruzione del castello di sapere, che di fatto governa le vite di tutti, come viene deciso quali fenomeni indagare ?

Ho la sensazione che il nocciolo della questione stia davvero qui.

In uno dei libri di Harari si accenna al problema facendo l’esempio di un ricercatore che voglia studiare la sofferenza degli animali (purtroppo non dei sassi Vic 😂). Questo ricercatore non riceverà mai un finanziamento. Quello che può fare è presentare la sua ricerca facendo notare che la sofferenza degli animali ha un impatto diretto sulla produttività degli allevamenti.

Rupert Sheldrake

The Science Delusion di Rupert Sheldrake (in italiano è uscito col titolo Le illusioni della scienza ) è pieno di esempi di questo tipo. È un libro che dovreste assolutamente leggere se condividete una fede cieca nella Scienza.

È un libro scritto da uno scienziato, un biologo con importanti ricerche e scoperte alle spalle, che critica la Scienza dall’interno, in nome della Scienza stessa. Fa notare i molti dogmi di cui la comunità scientifica è pervasa, dogmi che derivano da filosofie materialiste del XIX secolo e che l’autore vorrebbe trasformare in domande da sottoporre a verifica con il metodo scientifico stesso. Le domande, una per capitolo, sono: “La natura è meccanica ?”, “La quantità totale di materia ed energia è sempre la stessa?”, “Le leggi della natura sono costanti?”, “La materia è priva di coscienza?” (Vic 😜), “La natura è priva di obiettivi?”, “Tutta l’eredità biologica è materiale?”, “I ricordi sono conservati come tracce materiali?”, “Il pensiero è confinato nel cervello?”, “I fenomeni psichici sono illusori?”.

Il capitolo 10, intitolato “La medicina meccanicistica è l’unica che funziona davvero?” È completamente dedicato all’oggetto di questo post, ne faccio una breve sintesi.

autoguarigione e igiene pubblica

Animali e piante hanno sviluppato da millenni meccanismi di autoguarigione, e che anche l’essere umano sia dotato di questa capacità è noto da secoli. Gli ateniesi, cinquecento anni prima di cristo, ma anche arabi e cinesi usavano pratiche molto simili ai vaccini odierni per prevenire epidemie.

I grandi successi della medicina nel XIX sono dovuti al miglioramento delle condizioni igieniche a fronte anche della scoperta dell’esistenza dei germi da parte di Pasteur. Nè questa scoperta ne le pratiche igieniche e le vaccinazioni derivavano dalla teoria meccanicistica della vita e dalla concezione materialistica del mondo.

penicillina e farmaci

La scoperta della penicillina è stato un evento casuale e inaspettato, non frutto di una ricerca mirata. Le capacità curative delle piante officinali sono note da secoli e il 70 per cento dei medicinali odierni è basato sui principi attivi delle piante, derivati da fonti naturali o sintetizzate in laboratorio. La restante parte dei medicinali è prodotta per tentativi. Si prendono sostanze più o meno a caso e si testa il loro effetto sulle cellule e, in caso di effetti interessanti, successivamente su organismi più complessi, fino alla sperimentazione sugli umani.

Benché si siano spesi ingenti capitali in ricerche tese a scoprire nuovi farmaci sulla base della comprensione dei genomi e dei dettagli molecolari delle cellule i risultati sono stati molto deludenti.

I nostri farmaci non derivano dalla conoscenza che la medicina ha del corpo umano.

Le case farmaceutiche spendono tantissimo in pubblicità e promozione, per far apparire i propri farmaci più sicuri ed efficaci di quanto non siano in realtà, compreso in molti casi il fenomeno del ghostwriting, articoli scientifici firmati da scienziati pagati, ma in realtà scritti dalle case farmaceutiche stesse (l’autore cita uno scandalo della DesignWrite e della casa farmaceutica Wyeth).

Le case farmaceutiche spendono tantissimo in lobbying (900 milioni di dollari tra il 1998 e il 2004). Molti enti regolatori sono finanziati dalle case farmaceutiche che dovrebbero controllare.

effetto placebo

Il successo di un farmaco o di una terapia è notevolmente influenzato dalle aspettative sia del paziente che del terapeuta. Per questo motivo gli esperimenti in questi campi avvengono in condizioni di cecità, in cui né i medici, né i pazienti sanno chi assume il farmaco e chi il placebo.

Il sistema a doppio cieco ha dei limiti, per esempio nel caso in cui il farmaco abbia dei forti effetti collaterali. In questi casi i pazienti a cui è stato dato il placebo vengono facilmente smascherati dall’assenza di questi effetti (i test del Prozac hanno evidenziato questo problema, ad esempio. L’indagine sui dati della ricerca, pubblicati su imposizione di un tribunale dalla Ely Lilly sembrano dimostrare che il Prozac non fosse meglio del placebo).

L’effetto placebo funziona non solo per i farmaci, ma anche nel caso di finte operazioni chirurgiche (test effettuati negli anni cinquanta nei casi di angina).

Per molti anni, la maggior parte dei ricercatori in campo medico ha considerato le risposte placebo come un’irritante complicazione degli studi clinici, un intralcio nella ricerca delle vere cure. L’atteggiamento però sta cambiando: la risposta placebo mostra che le credenze e le speranze dei pazienti hanno una parte importante nel processo di guarigione.

L’impatto di un trattamento collaudato è sempre rafforzato dall’effetto placebo. Non solo il trattamento darà un beneficio standard, ma avrà anche un beneficio aggiunto, perché il paziente si aspetta che la cura sia efficace. I migliori dottori sfruttano appieno l’impatto placebo, mentre i peggiori aggiungono solo un minimo rafforzamento placebo alle loro cure.

Nel 2009, si è scoperto che le risposte placebo stavano aumentando, in particolare negli Stati Uniti. Negli studi clinici, sono sempre meno numerosi i farmaci che battono i placebo. In altre parole, è cresciuto il numero dei farmaci che non superano i trial clinici, il che provoca gravi problemi alle case farmaceutiche.

Se il materialismo fosse un fondamento adeguato per la medicina, le risposte placebo non dovrebbero verificarsi. Il fatto che invece si verifichino mostra che le credenze e le speranze delle persone possono avere effetti positivi sulla loro salute e la loro guarigione. Viceversa, disperazione e senso di impotenza possono avere effetti negativi. Esiste addirittura un campo di ricerca dedicato a questo tema, la psiconeuroimmunologia. Stress, ansia e depressione sopprimono l’attività del sistema immunitario e lo rendono meno in grado di resistere alle malattie e di inibire la crescita di cellule tumorali. Perciò le persone ansiose o depresse hanno maggiori probabilità di ammalarsi o di contrarre un cancro. Le risposte placebo dicono che salute e malattia non sono solo questione di fisica e chimica, ma dipendono anche da speranze, significati e credenze. Le risposte placebo sono parte integrante della guarigione.

(Sheldrake, Rupert. Le illusioni della scienza (Italian Edition) . Feltrinelli Editore.)

ipnosi, verruche e stili di vita

L’autore qui passa in rassegna vari casi in cui si evidenziano effetti fisici, come la cura delle verruche ottenuti attraverso l’ipnosi o pratiche simili.

Prende poi in considerazione altri fattori che influenzano la salute, come le motivazioni, gli atteggiamenti e i fattori sociali. Le persone che hanno credenze religiose, che hanno una rete di parenti o amici o animali domestici godono di una salute migliore.

terapie alternative

Si parla principalmente di agopuntura, una pratica inspiegabile dal punto di vista scientifico e che ha al suo attivo parecchi successi. Non è testabile in doppio cieco (non si possono usare aghi finti 😁).

ricerca comparata di efficacia e conclusioni

L’autore qui propone come alternativa, o in aggiunta, al doppio cieco un sistema per confrontare l’efficacia di cure diverse per una data malattia. Riporto qualche paragrafo significativo.

Immaginatevi, per esempio, che l’omeopatia risulti il trattamento migliore per l’herpes labiale. Gli scettici sosterrebbero che sarebbe solo grazie al fatto che l’omeopatia ha un effetto placebo più forte delle altre cure. Ma se l’omeopatia liberasse effettivamente una risposta placebo maggiore, questo sarebbe un pregio, non uno svantaggio. L’omeopatia funzionerebbe davvero e probabilmente sarebbe anche meno costosa.

Uno dei problemi della medicina meccanicista è la sua visione a tunnel, con la sua ossessione per i metodi chimici e chirurgici e con l’esclusione di tutti gli altri. Per decenni, la concezione materialista del mondo ha plasmato il modo in cui si insegna medicina nelle università, ha sbilanciato il finanziamento della ricerca medica e ha dato forma alle politiche dei servizi sanitari nazionali e delle compagnie di assicurazione private. Nel frattempo la medicina è diventata ancora più costosa. La ricerca sull’efficacia comparata può portare a un sistema di medicina realmente basato sulle prove, che includerebbe, anziché escludere, terapie che non sono coerenti con il sistema di credenze materialista.

Al momento abbiamo un sistema medico ufficiale finanziato dallo Stato che è costoso, restrittivo e fortemente influenzato dalle grandi case farmaceutiche, la cui preoccupazione principale è quella di fare grandi profitti. Questo sistema ha avuto un successo spettacolare, ma la maggior parte dei suoi progressi si è verificata prima degli anni Ottanta. Il ritmo dell’innovazione va rallentando e la maggior parte delle promesse della medicina genetica e della biotecnologia restano inadempiute. Nel frattempo i costi delle cure e della ricerca aumentano.

Se il monopolio del materialismo sponsorizzato dallo Stato fosse meno forte, la ricerca scientifica e clinica potrebbe considerare il ruolo di credenze, fedi, speranze, paure e influenze sociali sulla salute e sulla guarigione. Si potranno confrontare i sistemi di terapia sulla base della loro efficacia e le persone potranno scegliere quello che, probabilmente, funzionerà meglio per loro, con l’aiuto di consiglieri informati. Dieta, esercizio fisico e programmi di medicina preventiva si potranno a loro volta confrontare sulla base della loro efficacia. La natura delle risposte placebo e il potere della mente potranno diventare campi di ricerca validi, come gli effetti della preghiera, della meditazione e di altre pratiche spirituali. Un sistema medico integrativo darebbe alle persone la possibilità di condurre una vita più sana. Medici e pazienti potrebbero diventare più consapevoli della capacità innata del corpo di guarirsi e potrebbero riconoscere l’importanza della speranza e della fede. Si potrebbe chiedere a un maggior numero di persone come preferirebbe morire, se a casa, in una casa di riposo o in un reparto di terapia intensiva. Un approccio integrativo alla medicina farebbe affidamento sugli enormi progressi degli ultimi due secoli e li includerebbe in una forma più aperta di medicina, che potrebbe essere più efficace e costare meno.

(Sheldrake, Rupert. Le illusioni della scienza (Italian Edition) . Feltrinelli Editore.)

La religione dei pazzi e l’amore

Photo by David Clode on Unsplash
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Provo ad avventurarmi su un terreno minato. Finora ho cercato di evitarlo, perché è piuttosto insidioso, ma forse è venuto il momento. Parlo del rapporto tra spiritualità e altruismo, amore per il prossimo.

In un post precedente sulla spiritualità ho accennato di sfuggita agli altri come compagni di viaggio.

Gli altri, intorno, sono dei compagni di viaggio. Sono immersi nello stesso plasma, stanno svolgendo un ruolo analogo al nostro. Hanno punti di vista complementari. Gli eventuali conflitti con loro sono parte del meccanismo di cui facciamo parte, non c’è bisogno di demonizzarli. L’eventuale amore (parola sbagliata, qui, forse meglio attrazione/con-passione) che proviamo nei loro confronti pure, non c’è bisogno di divinizzarlo.

Penso che in fondo sia tutto lì. Ma è una riflessione che mi riempie di interrogativi, perché sembra stridere leggermente con l’importanza data all’altruismo dalle varie religioni.

Ma andiamo con ordine.

Ingredienti: un pentolone, un termometro e una manciata di istinti

Prendiamo un bel calderone e iniziamo a versarci dentro vari elementi, e guardiamo come si alza o si abbassa la temperatura all’interno. Per convenzione diciamo che a temperatura alta corrisponde alto altruismo, alto amore.

adamo ed eva

Anzitutto dobbiamo metterci gli elementi base, quelli che derivano dalla nostra evoluzione. Niente religione per ora, e neanche ragione, solo istinti.

Siamo, in quanto individui, il campo di battaglia di geni in competizione. Il banco di prova in cui associazioni di geni si confrontano. E la regola di base è che vince il più adatto. Lo scopo è di selezionare i geni migliori, e non c’è esclusione di colpi, niente prigionieri.

Temperatura bassissima. Se il criterio fosse solo questo ognuno di noi avrebbe tutto l’interesse a uccidere tutti gli altri per far primeggiare il proprio gruppo di geni.

Dopodiché, alla sua morte la nostra specie sarebbe estinta. Quindi nel calderone non ci può stare solo quello. Lo scopo della competizione genetica non può essere il primeggiare di un individuo. Dobbiamo permettergli di avere dei figli perché il gioco continui.

E allora dobbiamo metter nel crogiolo anche qualche istinto a lasciare in vita qualcun altro di sesso opposto con cui produrre una discendenza. Siamo arrivati ad Adamo e Eva.

Proviamo a chiamare amore questo istinto a lasciare altri in vita. Così, tanto per capirci.

la tribù

Ma ancora non basta. I figli devono anch’essi restare vivi, se no il gioco finisce comunque. E allora amore anche per i figli.

Ma comunque non basta. Il mondo è pieno di insidie. Una singola famiglia potrebbe morire accidentalmente. L’evoluzione non può correre il rischio. È necessario per i geni accettare anche qualche piano B.

Quali sono i gruppi di geni che comunque vorremmo salvare se noi fossimo costretti a lasciare il tavolo ?

Probabilmente quelli dei nostri genitori e dei nostri fratelli (perché i loro geni sono i più simili ai nostri). Quindi amore, ancora, un po’ di meno, anche per loro. E via così. Ancora amore, sempre un po’ di meno, per i cugini, poi per i parenti meno prossimi e avanti così. 50 sfumature di amori.

i conoscenti

Ma non basta ancora. Una famiglia, anche grande, da sola non basta. Ci servono individui con mix diversi di geni con cui noi, e i nostri figli e parenti, possiamo incrociarci per produrre altri esperimenti genetici, combinazioni più ricche. Altre sfumature di amore.

Avete presente quel proverbio arabo,

io contro mio fratello,

io e mio fratello contro mio cucino,

io, mio fratello e mio cugino contro …

Ecco, siamo lì.

il villaggio

E non basta ancora. Abbiamo bisogno di difenderci, trovare cibo, imparare, modificare la natura, gestire rapporti sociali in strutture, a questo punto, complesse.

Ci servono gli altri. C’è poco da fare. In teoria ci servono tutti.

Anzi, ci servono anche i geni delle specie diverse dalla nostra, gli animali, le piante, i microorganismi, i virus. L’ecologia è una forma di amore, in questo senso.

La temperatura nel calderone sembra diventata altissima. Ma la raffreddiamo subito.

gli amici

Il numero di persone con cui possiamo interagire, quelle con cui riusciamo a mantenere un contatto personale sembra sia limitato a 150 unità (il famoso numero di Dumbar). Pare sia funzione delle dimensioni della neocorteccia cerebrale.

Quindi dobbiamo sfoltire il gruppo delle persone con cui mantenere relazioni (ovviamente un presupposto per questo amore). Dobbiamo scegliere quelli che ci servono di più. Dosare il nostro amore in modo disomogeneo.

Possiamo tra quelli di sesso opposto scegliere solo i più belli, ad esempio. Tra i nostri figli quelli più promettenti, tra i parenti i più generosi.

Tra i conoscenti quelli più in sintonia con noi. Li chiamiamo amici.

Tra i batteri quelli che fanno lo yogurt e la birra, i virus li escludiamo tutti.

con gli istinti arriviamo qui

Direi che mettendo solo elementi istintivi nel calderone arriviamo fin qui.

La temperatura non è bassissima, ma neanche troppo alta. Il nostro amore abbraccia una cerchia di persone limitata a quelli di cui percepiamo un utilità immediata.

Gli altri diventano rivali.

Istintivamente manteniamo questo livello dinamico. Il risultato di forze antagoniste.

Stiamo chiamando amore qualcosa di istintivo, chimico. Reazioni governate da ormoni. La tenerezza verso i partner sessuali, i bambini, gli anziani. Il senso di compassione verso quello che soffre e, contemporaneamente, il senso di repulsione, magari verso la stessa persona, che può metterci al riparo da malattie. L’aggressività verso i concorrenti sul piano sessuale o quello della sopravvivenza, verso chi non sentiamo parte della nostra tribù.

Temperatura media, quindi, al livello istintuale.

Un po’ di razionalità …

Ok, era il cervello da rettile e da mammifero. Poi è arrivata la corteccia cerebrale. La razionalità.

La temperatura tende a muoversi con movimenti più ampi. Si può alzare molto o abbassarsi drasticamente.

… che scalda …

Si alza perché razionalmente ci rendiamo conto che far parte di un gruppo più ampio ci dà dei vantaggi. Essere parte di un villaggio è meglio che essere una famiglia nomade. Una città grande è meglio di un villaggio, è più ricca, offre opportunità, anche di incontri, di ricombinazioni genetiche, di commercio. Ci rendiamo conto che commerciare può essere più vantaggioso che fare guerre. Insomma, ci sono tensioni razionali che tendono ad allargare il gruppo di persone verso cui proviamo almeno rispetto (difficile chiamarlo amore se si allarga troppo).

Il linguaggio, la scrittura, i media, ci permettono di creare gruppi sempre più allargati, alla faccia di Dumbar. Abbiamo inventato il pettegolezzo (e i social) per avere una misura del giudizio di utilità per la comunità di persone con cui non abbiamo relazioni dirette. “Quello è uno competente”.

… e che raffredda

Allo stesso tempo, con la razionalità arriva la paura, e con essa la guerra. La razionalità delinea l’ego, e crea l’idea di poter sfruttare gli altri. Forme nuove di disamore. Nuovi veleni, razzismo.

Il pettegolezzo funziona nei due sensi. “Di quello non ci si può fidare”

ma il bilancio è positivo

Anche qui bilanciamenti tra forze antagoniste. Ma per il solo effetto di raffinamenti della razionalità la temperatura mediamente si alza.

Noi accettiamo, parlo degli individui di questo secolo, quelli più maturi almeno, che sia un bene includere nel nostro cerchio di amore più persone possibile. Nascono organismi di accordo tra le nazioni, trattati.

Non siamo ancora in una situazione idilliaca: le guerre continuano a esserci, lo sfruttamento dei popoli e delle singole persone pure. Ma stiamo procedendo nella direzione giusta. Anche senza religioni sono convinto che si arriverà a una situazione in cui ideali di pace e uguaglianza saranno linee guida scontate.

La spiritualità come guida a risolvere i conflitti in termini collaborativi

Cosa aggiunge al calderone la spiritualità allora ?

La prima idea che vien in mente è che la persona con una vita interiore più ricca tenda ad andare oltre. Tenda, diciamo, a strafare, ad annullare, in misura più o meno forte il proprio ego a vantaggio del suo prossimo.

Ma di nuovo, questo non è esclusivo appannaggio delle persone aperte ad un ascolto interiore. Ci sono tante persone, al di fuori del perimetro delle spiritualità e delle religioni, che manifestano questa sorta di eroismo, e lo fanno in forza di sensibilità e considerazioni che derivano dalla sfera della razionalità, o semplicemente dalle consuetudini del contesto di appartenenza.

E quindi, di nuovo, qual’è la peculiarità che deriva dalla spiritualità ?

ci arriva prima

Secondo me che tende a farlo prima. Parlo di epoche storiche.

Ho detto sopra che stiamo migliorando. Siamo passati, nel corso della storia, da momenti in cui la prevaricazione e la violenza potevano essere considerate la norma, ad altri in cui quel tipo di comportamento viene stigmatizzato come inappropriato. Da epoche in cui un uomo poteva vedere un suo simile solo come un nemico o un utilità, a forme sociali, via via più complesse, in cui rispetto, altruismo, compassione sono diventate leggi, le insegnamo ai giovani, puniamo chi non le rispetta.

Guerre e prevaricazione esistono ancora, ma ci sono forti tensioni, anche nel mondo laico, per ridurle.

impalcature spirituali

Ma questa costruzione, questa tessitura è molto faticosa. La situazione in cui due persone, due gruppi, decidono di fidarsi l’uno dell’altro, è un equilibrio instabile.

Solo una volta che è stato sperimentato ha qualche probabilità di durare. Se le due parti provano i vantaggi del rispetto reciproco hanno un motivo razionale per restare in quella condizione. Ma, prima di arrivarci, la paura e la diffidenza dovute ai nostri istinti tendono ad avere la meglio. L’uomo con la sola razionalità non riesce a tessere questa tela.

In questa situazione il pazzo, la persona che vede il mondo con occhi diversi, che intravede la pochezza dell’ego, la pochezza del singolo rispetto al tutto, diventa l’ago che guida il filo nella direzione giusta. Il sarto che tesse l’imbastitura. Il sale della terra.

Una volta che quel fragile filo è stato tessuto, altri ne seguiranno, altri intuiranno la forma di quel mondo come potrebbe essere, e metteranno altri fili.

Generazioni dopo generazioni, fino a che uccidere o rubare diventeranno da peccato reato. Fino a che il commercio sostituirà la guerra. Fino a che l’aiuto ai deboli e ai bisognosi, il rispetto per la dignità umana saranno scritti in qualche costituzione. Fino ad un governo mondiale, e, chissà, fino all’abolizione di qualsiasi legge o esercito o polizia, perché le persone si regolamenteranno autonomamente.

La spiritualità come freno all’arroganza della ragione

Ho letto di recente questa Intervista ad Edgar Morin su Avvenire. È molto bella. Parla dell’imprevedibilità della storia. Dell’essere quello che ci accade determinato da fattori troppo complessi per essere capiti in termini razionali.

Mi ha fatto pensare che, in fondo, questo è un altro aspetto importante della spiritualità. Quello di ridare dignità alla pazzia, torno lì. Ridare dignità alle intuizioni, all’accettare che il mondo “ha le sue ragioni”, che non capiremo mai fino in fondo.

Provate a pensare all’amore per i più deboli. È una cosa che razionalmente è piuttosto inconcepibile. È piuttosto facile, anzi, trovare ragioni per sterminare popolazioni intere che riteniamo inferiori. È piuttosto facile trovare motivi per mettere ai margini le persone meno belle, meno intelligenti, meno capaci, meno produttive, meno sane, troppo diverse da noi. In fondo, anche una volta accettato che la cosa importante non è il mio benessere personale, ma il futuro dell’umanità, non sarebbe giusto investire di meno (se non uccidere) quelli che alla costruzione di questo futuro non sono in grado di partecipare ?

Secondo me, anche se magari inconsciamente, chi agisce in senso contrario a questa egemonia degli utili al futuro, sta asserendo che quello che serve alla costruzione di un mondo migliore semplicemente non possiamo saperlo.

La spiritualità può mettere argine a certe follie della ragione.

La spiritualità permea gradualmente la cultura

È interessante vedere che è il metodo stesso della spiritualità che si diffonde. Questo pescare risposte nella nostra irrazionalità interiore. Questo intravedere un mondo migliore, e crederci, creare utopie, passa lentamente, per osmosi, dai pazzi agli altri. Viene accettato come parte della cultura di massa. L’arte ne è un buon esempio, la stessa religione, per certi versi è parte di questo processo.

Ne vediamo tracce in posti insospettati. Avete presente la famosa affermazione di Marx “la religione è l’oppio dei popoli”. Peraltro assolutamente condivisibile: la religione è stata davvero, per lungo tempo, strumento in mano agli oppressori per tenere buono il popolo degli oppressi. Forse non tutti hanno letto la frase completa a cui questa citazione appartiene:

La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli.

Come dire: la religione è un male perché partecipa a soffocare la spiritualità. L’uomo non oppresso, quello i cui bisogni di base sono soddisfatti, compreso quello della libertà, è naturalmente portato a una vita interiore ricca. La religione sostituisce artificialmente questo ossigeno con una finzione, con un aria viziata appena sufficiente a tenere la gente viva e tranquilla.

I profeti che vedono il passato

La religione racconta spesso scoperte spirituali del passato, che ormai sono state, almeno in parte, digerite dalla cultura, e suonano prive di novità.

Come una guida alpina che descrive passaggi più in basso, quelli che buona parte della cordata ha già attraversato.

Un esempio fra i tanti possibili: avete presente il famoso passo del vangelo (questo è Matteo)

se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?

Non vi suona un po’ banale ?

Non voglio dire che tutte le persone di questo mondo vivano secondo questi principi. Non è difficile individuare molti, anche tra i nostri politici, che sembra non li abbiano capiti (e paradossalmente sono tra quelli che difendono un certo tipo di religione). Ma, a parte questi casi perversi, oggi è facile trovare tantissimi laici e atei che guardano ai rivali, ai nemici cercando di capire le loro motivazioni. La gentilezza, il salutare tutti, “mi casa es tu casa”, sono tratti ormai caratteristici dell’uomo moderno. Magari non è proprio amore, ma basta a togliere alla frase sopra il potere esplosivo che quelle stesse parole potevano avere duemila anni fa.

Il tesoro sepolto in un campo

Ecco, credo che tutto questo ci aiuti a capire un po’ di più di cosa è davvero la spiritualità. Di cosa quei pazzi che mettono insieme i loro sogni stanno vedendo.

Vedono un mondo in cammino e vedono che la destinazione non è visibile. Che siamo guidati, ma non sappiamo verso dove.

Vedono, un’umanità che può diventare diventare alveare.

Vedono gli individui assaporare questa situazione di equilibrio instabile perdurare.

Vedono un mondo in cui ogni singolo potrebbe facilmente bloccare l’ingranaggio. Ma non lo fa, perché nessuno può più rinunciare alla bellezza di quell’ormai assaporato regno di Dio.

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Fede

K. Gibran

La fede è il senso del cuore, come la vista è il senso dell’occhio.

Forse sono un po’ infastidito proprio dalla parola Fede. La frase citata sopra, di K. Gibran, me la fa un po’ rivalutare. Il senso del cuore. Proprio bello. Ma credo che non venga intesa così dalle persone che si professano religiose. Credo che per loro non sia un senso del cuore, ma un parto del cervello. La fede, come è comunemente intesa è una decisione razionale. Provo ad indagare tra i miei ricordi, visto che ci sono passato. Direi che era uno scommettere su una cosa o un’altra. Pascal. Sarà vero quello che mi stanno raccontando o no ? E su che elementi baso questa decisione ? Persone che stimo ci credono. Migliaia di anni di storia, milioni di persone nel corso dei secoli. Elaborazioni infinite. Autorità, gerarchie, regni. D’altra parte milioni non ci hanno creduto. Eroi e martiri su entrambe le barricate. Santi ed eretici.

Anche gli eretici hanno avuto fede, sono morti per quello in cui credevano. Qual’è la differenza ? Che quelli che oggi detengono la versione ufficiale, quelli che hanno ereditato il simbolo del partito, hanno vinto. E quindi ti raccontano la storia dal loro punto di vista. Raccontano che la Chiesa è stata fondata direttamente da Dio, dire che quello era un uomo la sminuirebbe, traballerebbe tutto il castello. Per carità, tutto il rispetto per chi si sente di aderire a questo tipo di spiegazione. A me non dice più niente. Anzi, penso che faccia del male. Perchè lo confronto con la fede-senso-del-cuore. Probabilmente non ce l’hanno tutti questo senso. Anzi, credo decisamente in pochi. Forse è genetico: o lo senti o no. C’è chi non distingue il rosso dal verde, e c’è chi non sente il bisogno di chiedersi che ci facciamo qui. O gli viene facile accettare una spiegazione di comodo, il caso forse. Ma la storia di un Dio che in milioni di anni di storia, milioni di pianeti forse abitabili, abbia scelto un posto specifico nel tempo e nello spazio, un popolo di pastori, e in quell’ambito un uomo particolare. Abbia scelto di veicolare la storia di quell’uomo infiltrando organizzazioni terrene, come l’impero romano, creando infine uno stato, con una banca, e abbia stabilito che il capo di quello stato fosse il tramite diretto verso di lui … per favore ! Sembra la trama di qualche pessimo film su qualche dittatura sudamericana. La fede-senso-del-cuore, non può accettare queste cose. Brucia. Vuole capire. Capire col cuore, non col cervello. La razionalità qui non può avere il primato. Il cuore lo sente il Dio che parla. Qualche cuore, almeno: genetico.

Homecoming

Tempo fa ho letto un meraviglioso romanzo di Orson Scott Card (in effetti una serie di cinque romanzi, una saga). Si chiama Homecoming. Purtroppo sembra sia stato tradotto in italiano solo il primo libro. Parla di un pianeta, Harmony, popolato da gente fuggita dalla Terra per evitare qualche catastrofe incombente. Gente con tecnologie molto avanzate. Arrivati sul pianeta decidono che il problema più grosso dell’umanità, quello che ha provocato la distruzione del pianeta nativo, è l’incapacità di coniugare il progresso tecnologico con l’armonia tra i popoli. L’istinto di prevalere, la guerra, unita a capacità di distruzione oltre misura condannano l’umanità all’estinzione. Per ovviare a questo rischio pianificano un esperimento sociale: manipolano geneticamente i loro discendenti in modo che le loro decisioni e l’acquisizione stessa di conoscenze sia sottomessa all’approvazione di un computer.

L’Oversoul, questo è il nome che viene dato dai loro discendenti al computer, controlla tutti i cervelli umani del pianeta. Raggiunge queste antenne biologiche nella corteccia cerebrale di ognuno attraverso una rete di satelliti che circonda il pianeta. Per gli umani, per la percezione che ne hanno, l’Oversoul è Dio, con tanto di ordini religiosi da cui viene venerato,e riti e credenze varie. La missione dell’Oversoul è di impedire all’uomo di sviluppare qualsiasi cosa possa servire a scatenare guerre su scala geograficamente ampia. L’uomo non può inventare/costruire armi, ma neanche mezzi di trasporto di massa, perchè permetterebbero a truppe di un paese di assalirne un altro. In compenso il mondo è avanzatissimo, esistono i computer e le università dialogano attraverso una rete. Questo stato di cose deve durare fino a che l’uomo non sviluppi la capacità di evitare la violenza, di scegliere il dialogo come mezzo di risoluzione dei conflitti. La narrazione della vicenda si svolge 40 milioni di anni dopo. L’uomo è ancora come prima, Scott Card è molto pessimista. L’Oversoul dovrebbe continuare il suo compito, ma non può più. I coloni originari non pensavano ci potesse volere tutto questo tempo. I satelliti cominciano a rompersi o a cadere, gli organismi umani evolvono geneticamente sviluppando individui sempre più sordi a questa ingerenza dell’Oversoul. Il computer elabora un piano per uscire dalla situazione. Nel corso di diverse generazioni manovra le persone in cui queste antenne biologiche sono più sensibili, in modo che si incontrino e generino figli sempre più capaci di comunicare con questa macchina-Dio. Tutto questo si scopre tardi nel romanzo. La storia viene raccontata con gli occhi dei protagonisti, che sono l’apice di questa selezione genetica. Nafai, il personaggio principale, può dialogare direttamente con l’Oversoul. Io trovo che questa fantareligione costruita da Scott Card sia un buon paradigma di quello che avviene in realtà. Non so se ci sia un Dio che direttamente seleziona la gente per amplificare queste antenne, non sono neanche sicuro che questa sensibilità per il trascendente costituisca un vantaggio evolutivo, ma mi piace pensarlo. Penso che qualcuno abbia queste antenne più sviluppate di altri, e chiami Fede una cosa diversa dalla scommessa di Pascal. Per queste persone il mondo spirituale è una cosa che si sperimenta, che ha a che fare con l’arte, con l’intuito. Insomma col cuore.

See

Un’altra bellissima parabola di questo concetto di fede come risultato della combinazione genetica, è una serie tv apparsa in questi giorni su Apple TV Plus, la piattaforma di streaming lanciata da Apple. La serie si chiama See.

La storia racconta di un virus che ha decimato l’umanità lasciando i pochi superstiti completamente ciechi. Tantissimi anni dopo esiste una civiltà di gente che ha completamente dimenticato il senso della vista. Qualche leggenda ne parla, ma nessuno riesce a immaginare cosa davvero potesse essere. Molti non ci credono. Chi ne parla viene bollato come eretico. Ci sono state evoluzioni genetiche che hanno portato alcuni individui ad amplificare la portata degli altri sensi. Persone con udito finissimo o un olfatto particolarmente sensibile vengono usate nelle guerre per sentire l’avvicinarsi di eserciti nemici. Qualcuno è in grado di percepire a distanza sentimenti come l’odio. Quasi tutti sono in grado di muoversi agevolmente anche in ambienti non conosciuti, sanno percepire un burrone sul loro tragitto. Quasi tutti riescono a capire se un interlocutore mente.

In questo mondo nasce per caso un uomo che ci vede. Dà vita a due bambini anche loro in grado di vedere. E devono nascondersi dal resto del mondo che ne ha paura, perchè non capisce cosa possa essere questo vedere.

Credere

Penso che, almeno in parte, queste due storie non colgano esattamente il punto. La fede, questo senso-del-tutto di cui qualcuno è più dotato di altri, non rappresenta un vantaggio evolutivo individuale, almeno non così diretto. I protagonisti vedenti di See possono usare armi come l’arco e le freccie che sono preclusi agli altri, i protagonisti di Homecoming ricevono direttamente dall’Oversoul indicazioni che li proteggono dai pericoli e li guidano nel raggiungimento della loro missione. É bello pensare che vantaggi simili siano in qualche modo offerti anche ai credenti, ma il punto principale non è questo. La fede non serve a diventare superman.

Mi piace pensare che il vantaggio evolutivo ci sia, ma sia di gruppo. Una società ricca di individui che regolano le loro scelte tenendo conto di una visione più ampia è destinata a prosperare rispetto ad una in cui prevale una visione egocentrica.

La Chiesa e la sua crisi

Ultimamente la crisi della Chiesa è visibile a tutti. In genere, soprattutto dai cattolici, viene attribuita a fatti recenti, come la pedofilia, qualcuno la vede come risultato del non aver saputo adattarsi ai tempi moderni (sacerdozio femminile negato, celibato non più attuale/sostenibile). Probabilmente questi aspetti hanno contribuito all’accelerazione del fenomeno dell’abbandono di tanti fedeli, ma secondo me la questione ha radici più profonde e antiche.

La chiesa ha sempre avuto tante correnti, e tanti sono stati nel corso della sua linga storia i tentativi di rinnovamento, di riscoperta del valore fondante, ma bisogna dire che la chiesa main-stream ha da sempre avuto un carattere ben lontano da qualsiasi cosa chiunque possa capire del messaggio a cui la chiesa stessa si ispira leggendo un qualsiasi vangelo.

Gesù di Nazareth predicava la precarietà, la povertà nel senso di abbandono delle preoccupazioni legate alla sopravvivenza (“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?”, Matteo 6), di abbandono addirittura delle preoccupazioni legate alla diffusione del messaggio (pensate al discorso sui servi inutili in Luca 17, o al “non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” in Matteo 10).

A fronte di questa preoccupazione la Chiesa si è sempre data un gran daffare per accumulare denari (per la propria sopravvivenza), ad accumulare potere (per diffondere il messaggio), ad accumulare pensieri, dogmi (perchè il messaggio trasmesso fosse solo quello delle gerarchie, perchè lo Spirito neanche si sognasse di parlare per bocca di qualcun altro). Insomma, se c’è una cosa che la Chiesa non ha mai avuto è stata la Fede.

La dottrina cristiana, in particolare quella cattolica (la riforma protestante ha avuto il merito di provare a scrollarsi di dosso alcune di queste incrostazioni) è un castello di insensatezze, partorite da anime cupe, spaventate dalla natura umana, in particolare dalla sessualità, e in genere tese a giustificare sè stesse e la struttura terrena e di potere temporale della Chiesa.

Il concetto base di questo castello di idee è il concetto di salvezza. Secondo la dottrina ufficiale l’uomo nasce dannato, per una colpa commessa dai suoi progenitori, e la persona di Gesù è il Dio mandato tra gli uomini a compiere un estremo sacrificio per togliere questa colpa, per salvarci da questa macchia originale. Perchè un Dio (che si suppone sano di mente e soprattutto buono) avrebbe dovuto architettare una cosa così strampalata non è dato di saperlo. Come questi concetti trovino radice nei pochi scritti che ci sono arrivati della predicazione di Gesù non è chiaro, come non è chiaro dove avrebbe detto ai suoi discepoli di fondare una Chiesa con struttura feudale. Se da un lato la famosa frase “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa” è quanto meno una traduzione sbagliata (il termine greco tradotto come pietra è in effetti ciotolo, non roccia, il termine corretto avrebbe avuto tutt’altro senso) poco si concilia con tutto il resto della predicazione di Gesù (vedi ad esempio frasi come “Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.” Matteo 23).

Non possiamo sorprenderci oggi che questo edificio di assurdità (in mancanza di un messaggio sensato lo si è sostituito con formule vuote ammantate di dogmatismo e imposte alla religiosità popolare con l’infallibilità della gerarchia) collassi. La cosa triste è che essendo stata percepita come l’emblema, il fulcro della religiosità rischia di portarsi dietro, in questo crollo, tutto quanto di bello c’è nel messaggio dei vangeli e nella spiritualità in generale.

Piccoli Schrödinger crescono: il credente e l’Option<T>

È che volevo scrivere di linguaggi di programmazione, stavo raccogliendo materiale mentale per il prossimo post di quella serie, ma è anche Pasqua … insomma, mi si sono incasinati i concetti e ne è venuta fuori una cosa tecno religiosa.

Dallo spaghetti like programming all’Option<T>

Stavo riflettendo su questo Option<T>. È una piccola perla apparsa in linguaggi di programmazione piuttosto recenti 1. E’ un modo di gestire l’incertezza. Giusto un esempio, per capirsi. Supponete di dover scrivere un programma che regola un termostato, quello che deve fare è semplice: leggere la temperatura da un sensore, confrontarla con la temperatura impostata dall’utente e accendere o spegnere la caldaia in funzione del risultato del confronto. Ma nel mondo reale niente va come previsto: il sensore di temperatura potrebbe essere difettoso, ad esempio, o rotto o non esserci proprio, e il nostro povero programma il valore della temperatura potrebbe non riceverlo. È necessario quindi un controllo e questo controllo porta a diramazioni. In pratica ad ogni passo il programma dovrebbe chiedersi se tutto sta andando come previsto e, eventualmente, prendere direzioni diverse. In breve diventa illeggibile per i troppi rami di cui tenere conto.

Così nasce l’Option<T>. Si tratta semplicemente di una scatola che può contenere un valore oppure no. Ma questa scatola può essere usata per fare operazioni. Ad esempio posso prendere la scatola “Option<temperatura>”, che contiene il valore del sensore oppure no, e confrontarla con un 20 gradi e produrre la scatola “Option<accendi-o-spegni-la-caldaia>” e quest’ultima può essere vuota o contenere l’azione da fare. Alla fine posso aprire la scatola e se è piena eseguire l’azione. Se è vuota dico “pazienza” e magari segnalo la cosa a qualcuno.

Insomma l’informatica impara a lavorare con l’incertezza.

Io credo che sarebbe sano applicare un principio analogo all’esistenza di Dio.

Non c’è nessun modo, per un essere umano, di stabilire con certezza né che Dio esista né che non esista. È una scatola chiusa, che non apriremo noi. Forzarne l’apertura, e pronunciarsi sul suo contenuto, si chiama fanatismo. Possiamo decidere che sia piena o che sia vuota, ma in ogni caso stiamo facendo una scemenza: non era in nostro potere pronunciarci. Aprire la scatola è cercare la rissa, è cercare un gruppo di cui sentirsi parte o qualcuno di parte opposta da combattere.

Il punto è che siamo tutti pazzi

Ci presentiamo all’esterno come un’unica persona, anzi, come una personalità, un’astrazione di persona, quasi definita a tavolino, ma all’interno siamo vulcani in piena attività, arene su cui decine di pulsioni, esigenze, abitudini, paure, dipendenze, lottano per prendere il sopravvento e prendere la decisione del momento presente. Ma la nostra vita sociale non sarebbe possibile se ognuno di noi non proiettasse all’esterno una facciata coerente, stabile, affidabile. Abbiamo bisogno di catalogare gli altri, ridurli a concetti gestibili, e perché sia possibile gli altri devono presentarsi a noi (e di conseguenza noi a loro) con un avatar prevedibile, affidabile, coerente.

L’ipocrisia, come il pettegolezzo, non sono difetti in sé, hanno una precisa funzione nella costruzione della società, ma è importante mettere a fuoco questa loro funzione e non esserne vittime noi stessi. Invece spesso cadiamo nell’equivoco di credere di essere davvero questa finzione che costruiamo ad uso sociale: no, noi siamo altro, ben più complessi e imprevedibili di quello che vogliamo far credere.

La scatola del dubbio

Il problema, riguardo alle nostre convinzioni più profonde e’ che vogliamo inserirle in questo profilo pubblico, quello con cui ci presentiamo agli altri: vogliamo dire “io sono cristiano”, “io sono buddista”, “io sono ateo” per poter far parte di quel particolare gruppo: fingiamo di conoscere il contenuto della scatola, ma di fatto, razionalmente, nessuno può farlo.

Potremmo fare tutto quello che facciamo o non facciamo, potremmo fare del bene o fare del male, impegnare il nostro tempo approfondendo temi filosofici e religiosi o ubriacarci alla follia conservando la nostra sana dose di dubbio.

L’essenza del fatto religioso appartiene al vulcano, al tumulto interiore che processa senza sosta emozioni e ogni tanto fa affiorare alla coscienza l’aver notato qualche “coincidenza” importante, qualche eco di un assoluto che ci parla, la filigrana di un disegno di cui, per un attimo ci sentiamo parte. E tutto questo avviene all’interno della scatola del dubbio, non abbiamo bisogno di aprirla.

Secondo me fingere di conoscere il contenuto della scatola Option<Dio> e’ follia non solo per i Gentili, come diceva Paolo di Tarso, ma anche per i credenti.

Buona Pasqua.

(P.S. Il roveto ardente della foto è solo quello su cui ho appena grigliato le costine.)

  1. Ce l’hanno, ad esempio, Scala e Rust, in Swift si chiama Optional, ma e’ la stessa cosa.