Seconda Crociata

Mercato

Siamo andati al Mahanè Yehuda Maeket. In teoria c’eravamo già stati ieri sera perché abbiamo cenato lì vicino, ma il mercato era chiuso.

Io ho sempre avuto un rapporto conflittuale coi mercati, come con tutti i posti in cui le code non sono ben definite e la gente urla, ma devo dire che sia questo che quello di Barcellona mi sono piaciuti. Vendono molto street food, in effetti c’è più quello che prodotti da portar via. Ed è molto dedicato ai turisti, anche se gente locale ce n’è tanta. Un sacco di semi, noci, fragole enormi, melograni ancora più enormi e pompelmoni. E coppolette di lana, e succhi d’arancia e melograno, e dolci molto invitanti.

Commozione

Comunque ripensando al museo, sono uscito con gli occhi lucidi, anche altri.

Non mi sembra cosa da poco, per un evento così lontano nel tempo e di cui si è ormai sentito parlare in tutte le salse. Ma rimangono impressi gli oggetti appartenuti alle persone, le foto che avevano in tasca. La vasca con le scarpe delle vittime colpisce molto. La struttura stessa dell’edificio trasmette angoscia: questo lungo procedere verso l’uscita che vedi dall’inizio, ma il cammino è ostacolato da mille trincee che dovrai attraversare. Bravi, davvero bravi.

Anche il procedere del racconto è un crescendo di angoscia e orrore: l’incredulità, all’inizio, per la teoria sulla razza, che bolleresti come semplicemente ridicola, poi i ghetti, le deportazioni, i campi di sterminio, la marcia della morte, gli uomini scheletro recuperati dai lager.

Ho comprato una graphic novel basata sul diario di Anna Frank.

Muro del pianto

Doveva esserci una preghiera per l’inizio dello shabat. L’abbiamo mancata credo, perché siamo stati un po’ lì, non succedeva granché e siamo andati via. Eravamo già lontani che abbiamo sentito dei canti, anche belli, dagli altoparlanti in giro per la città, peccato.

Comunque mentre eravamo lì abbiamo assistito a quella che, capisco ora, era la preparazione.

C’era gente che pregava contro il muro. Uno che si buttava contro il muro, facendosi male direi, e un altro che cercava di fermarlo.

Un gruppo numeroso era disposto in due cerchi concentrici e danzava cantando. Bello vedere gente che canta e danza, anche se è stato inquietante accorgersi che la metà dei danzanti era in tuta mimetica, con un mitra appeso alla spalla e una pistola alla cintura.

Mitra

La visione dei mitra è ricorrente. Nella piazza del muro del pianto c’era un discreto numero di soldati, senza contare che devi attraversare un controllo di sicurezza per entrare (ti aprono zaini e borse senza farsi problemi). Girando per la città vecchia è frequente trovare coppie di soldati, giovani, in genere un ragazzo e una ragazza col mitra in spalla e uno schermo dietro cui rifugiarsi in caso di attacco. Una delle ragazze non dimostrava più di quindici anni.

Santo sepolcro

Sono davanti al santo sepolcro. Fa un’impressione simile a quella di Lourdes o altri luoghi dove la religiosità popolare impera. Per lo meno gli addobbi sono kitsch allo stesso modo.

Sarei contento di vedere davvero i posti in cui Gesù di Nazareth ha vissuto, i luoghi di cui si parla nei vangeli. Non so quanto possano essere questi. Ho idea che i primi cristiani avessero altre preoccupazioni, e dubbi su quello che era davvero successo, e non reputassero così importante il feticismo delle vestigia fisiche della vita di Gesù. Tutto qui è diventato luogo di culto in anni successivi.

Una nota positiva è che è uno dei pochi posti in cui tutta la cristianità si riconosce, in cui non è divisa per sottigliezze teologiche o di potere.

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