Smart Pray

Stamattina ho partecipato alla messa di Padre Antonio Menegon. Via Facebook. Mi ha invitato Antonio e io ho invitato, a mia volta, Umberto, Lorella e Top. Era tanto che non entravo in una chiesa, entrarci in questo modo è stato curioso, e anche bello. Bello anche scambiare un segno di pace con le faccette di Whatsapp, o mettendo dei “mi piace” sui commenti degli altri.

La reclusione da pandemia porta tutti a cercare nuovi modi, inevitabilmente informatici, per continuare a fare le cose di prima, o a riprendere a fare cose che si erano lasciate da parte. Ma, forse, questa del pregare, soprattuto del pregare insieme, assume di questi tempi una qualità particolare. Non è solo una continuazione, non è solo un ritrovarsi. C’è, in fondo, una domanda di fondo che facciamo a Dio, un perchè in più da approfondire, una richiesta di aiuto particolare.

Si sta diffondendo molto questo modo di pregare. Molte sono le parrocchie che organizzano messe in questo modo. Molti i gruppi di preghiera, i rosari. Oggi ho sentito un pezzo di un’altra omelia in cui il prete parlava del “Corano Virus”, lapsus freudiano.

Alla sera alle 8 si può persino partecipare alla Preghiera di Taizè, coi bellissimi canti dei monaci, ieri mi ci sono collegato, e credo ne farò un appuntamento costante nei prossimi giorni.

In fondo, in giro è tutto un chattare, un fare video party con i vari gruppi di amici. Stiamo scoprendo questa incredibile voglia, enfatizzata dall’isolamento, di sentirsi, vedersi, scambiarsi amenità, notizie, consigli, preoccupazioni. Mi chiedo se non siano tutte altrettante liturgie.

dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.

Chissà, forse il suo nome può essere anche implicito.

Padre Antonio pubblica le sue omelie anche su Facebook. Alla fine questa partecipazione a distanza può diventare anche meglio, almeno per me, di quella reale. Mi dà modo di approfondire le cose con più calma.

Per esempio, in questa omelia ho notato una cosa su cui non sono troppo d’accordo. Dice ad un certo punto:

Il coronavirus, semmai, è una conseguenza del scellerato uso del pianeta e della natura da parte dell’uomo

Mi sembra un altro modo di dire che la malattia è il risultato di un nostro peccato. Un peccato di massa, o di una parte più avida dell’umanità, ma comunque un peccato degli uomini che Dio punisce. Insomma, sembra, con questo commento, smentire quello che ha detto poche righe sopra:

Oggi si sente dire in giro che questa epidemia è il castigo di Dio per i peccati dell’umanità. Questa è una bestemmia! Dio non castiga, non si vendica, Dio ama sempre e ama tutti!

Forse questa malattia dovrebbe farci capire che semplicemente non siamo i padroni di questo mondo. Siamo ospiti temporanei, e lo sono anche i virus. Anzi loro sono qui, abitavano quelle foreste, da milioni di anni prima che arrivassimo noi. Questo nostro incontro recente ha solo bisogno di un riassestamento, come quando ti trovi dei nuovi vicini di casa, o dei nuovi compagni di lavoro, e devi riprendere le misure, trovare un nuovo modo di convivere. Noi non possiamo fare del male al pianeta, si difende benissimo da solo, e lo sta facendo.

La coscienza ecologica è importante, perchè ci spinge a tenere pulito il nostro giardino, ad amarne i fiori. Non va trasformata in un nuovo senso di colpa. Il numero crescente di esseri umani sicuramente crea scompensi, ci mette di fronte a queste crisi, a chissà quante crisi future. Ci spingerà a cercare soluzioni, forse a controllare le nostre nascite, o a cercare nuovi mondi da popolare, o a stiparci in spazi più regolati, ma non possiamo usare anche questo pretesto per trovarci dei nemici. Io Dio me lo immagino come un padre che guarda i suoi bimbi un po’ discoli, che si azzuffano, che imparano, ma nessun padre dice a una parte dei suoi figli: “voi siete quelli che sbagliano, loro sono i migliori”.

L’omelia finisce così:

Forse questa epidemia ci costringe nell’isolamento e nel silenzio a riflettere sulla nostra vita, sulla verità delle nostre azioni, sul senso autentico da dare ai nostri giorni e alle nostre scelte

Bello. Aggiungerei che ci sta facendo anche trovare forme nuove di convivenza. Ci sta spingendo ad usare di più e meglio questo strumento meraviglioso che abbiamo creato. Internet. Ci aiuterà, forse, dopo un periodo buio, in cui molti di noi se ne andranno, a creare un mondo un tantino migliore.

Amen

6 risposte a “Smart Pray”

  1. Non sono credente per cui non riesco a capire e condividere appieno quello che scrivi. Mi permetto solo di evidenziare una frase che mi ha lasciato perplesso, per usare un eufemismo: “… Noi non possiamo fare del male al pianeta …”: e cosa gli staremmo facendo, allora?

    1. Niente, il giorno che non ci saremo più non avremo lasciato nessuna traccia sensibile. Tutto l’inquinamento che creiamo non si avvicina neanche lontanamente a quello che può fare un vulcano o una glaciazione.

  2. Lascio anch’io un paio di commenti a caldo.

    Anche a me ha colpito quella tua frase “il pianeta, si difende benissimo da solo, e lo sta facendo.”
    Se questa è la tua opinione, mi sembra in contraddizione rispetto a poco prima, quando stigmatizzavi (giustamente, aggiungo!) l’affermazione dell’omeliante: “Il coronavirus è una conseguenza dello scellerato uso del pianeta e della natura da parte dell’uomo”.

    Cioè, lasciando per un attimo l’intervento o la volontà di Dio in tutto ciò: secondo te questa epidemia è una reazione del pianeta agli attacchi dell’uomo, oppure non c’è nessuna relazione del coronavirus con l’inquinamento operato dall’uomo?

    Altro commento, tirando in ballo questa volta a buon conto la religione e Dio:
    la partecipazione a distanza è un fare-di-necessità-virtù, ma non sono assolutamente d’accordo che sia meglio di quella reale.
    Manca il contatto (OPS! si può dire contatto oggi?), la vicinanza, la comunanza, che rende appunto Comunità un gruppo di fedeli.
    La famiglia della chiesa deve riunirsi (appena sarà possibile, certo, e spero presto) perché sennò che famiglia è?
    Infine, manca la dimensione principale: l’accostarsi ai sacramenti.
    Per chi ci crede, certo. 🙂

    1. > è una reazione del pianeta agli attacchi dell’uomo, oppure non c’è nessuna relazione del coronavirus con l’inquinamento operato dall’uomo?
      Mah, secondo me nè uno nè l’altro. Stiamo personalizzando un processo di cui facciamo parte e che capiamo solo per sommi capi. E’ chiaro che l’epidemia attuale c’entra col comportamento dell’uomo (forse più con la sua numerosità), ma non ne è la conseguenza diretta, e sicuramente non si può/deve parlare di colpe. Da che la vita esiste ci sono stati ambienti che hanno avuto evoluzioni separate e quando finalmente sono venuti a contatto hanno richiesto adattamenti rapidi. Anche durante la breve storia umana abbiamo avuto popolazioni che sono evolute separate per millenni e quando sono venute a contatto (pensa all’arrivo degli europei in america) hanno portato virus sconosciuti che hanno scatenato crisi. Anche la dott. Capua dice che il problema è la velocità e densità degli umani più che la deforestazione. E comunque anche quest’ultima è un fenomeno temporaneo: si troveranno nuovi equilibri. Equilibri senza umani magari …
      Quello che volevo dire è che il pianeta sopravvive anche senza di noi.
      Sulla partecipazione via internet non so. Resto convinto che, anche in tempi normali, ti permette di cercarti quelli con cui stai meglio, quelli più simili a te, che non sono necessariamente i vicini di casa. Questo credo debba impattare anche la religione. I sacramenti, so che la pensiamo diversamente, per me sono un simbolo di qualcosa, un modo di non verbale di dire delle cose, e magari su internet possono cambiare senza perdere questo loro significato …

  3. ” … il pianeta sopravvive anche senza di noi …“ è ben diverso da “… Noi non possiamo fare del male al pianeta …”, cosa che, più o meno fare di un vulcano o una glaciazione, gli esseri umani stanno certamente facendo!

    1. Tendo a pensare, contrariamente alla posizione oggi più diffusa, che il riscaldamento del pianeta non sia da imputare all’opera dell’uomo, ma faccia parte di cicli che semplicemente non abbiamo modo di misurare.
      Al di là di questo, comunque, è ovvio che l’uomo, per effetto semplicemente dell’aumento della popolazione, sta rendendo il suo ambiente peggiore. D’altra parte il peggioramento stesso dell’ambiente limiterà l’aumento della popolazione. In questo senso dico che il pianeta si difende (sarebbe forse più giusto dire che si autoregola).
      Non so se per pianeta intendiamo la stessa cosa. Quando dico che il pianeta (la vita sul pianeta) si difende da solo, penso ad esempio ai milioni di anni in cui un’enorme quantità di microorganismi ha prosperato in un ambiente senza ossigeno, e proprio il loro prosperare, l’avvelenamento del loro habitat, ha prodotto l’atmosfera che per noi oggi è respirabile. Cicli di questo genere li puoi vedere come “una specie che fa male al pianeta” se vuoi. Se li guardi nel loro insieme sono un’altra cosa. Forse il nostro inquinamento è solo la preparazione a quello che ci sarà dopo, che sarà ancora vita.
      Ray Kurzweil, nel suo bellissimo “La singolarità è vicina” immagina umani che si automodificano per restare in sella a questo tipo di cambiamenti, potrebbe andare così, o forse impareremo ad avere un impatto minore, o forse ci estingueremo, chissà. Comunque il pianeta, e la vita, continueranno ad esistere.

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